Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Cattivi e giustificati
Una tesi fra le più chiare, di quelle reperibili in Assassini nati di Oliver
Stone, - che, in omaggio al bilinguismo
«manageriale», è presentato anche con l'aggiunta pleonastica Natural born killers -
è quella che vorrebbe i mass-media produttori di mostruosità e di mostri che le esercitino con
applicazione degna di miglior causa.
L'immagine televisiva t'insegue ovunque tu ti possa rifugiare, sembra che tu non possa avere altro immaginario
che quello, l'infanzia stessa te la racconti come una grottesca e orrenda «situation comedy», ciò che
vedi in
forma di tv è bello, ciò che esce dal «canone» è praticamente deprivato del suo statuto
d'esistenza. Nella pretesa
di «riferire la realtà», il sistema televisivo la crea o la distrugge a piacere, ne fa una merce come un'altra
e, nel
buttarla sul mercato, non guarda in faccia a niente né a nessuno: la morale, il privato, la persona umana,
la
società, il pianeta ... Roba vecchia, ormai, e forse vecchia prima che la tv venisse fra noi. Con toni
più o meno apocalittici, con
analisi più o meno azzeccate e più o meno radicali, sono stati in parecchi ad affondare il bisturi
nel
«giornalismo» ed a mostrarne le nefandezze capitalistiche. Da ultimo, proprio poco prima di morire, il vecchio
Popper che ha lanciato l'ennesimo grido d'allarme sulla televisione nella contraddittoria speranza che possa venir
«repressa» (regolamentata, asetticizzata, moralizzata, deontologizzata) lasciando tale e quale la società
che l'ha
prodotta. Tuttavia, non pochi fra questi allarmi sembrano poco o nient'affatto genuini. Alcuni, anzi, suonano
falsi e furbeschi. Fra questi, Stone. Ci si racconta di una coppia di cattivi che più cattivi non si
può. Uccidono per il gusto di uccidere e senza che
la logica di un loro tornaconto superiore glielo renda necessario. Lui e lei si amano perché «è
il destino che li
ha uniti» (e già qui cala tutta una visione del mondo di stampo irrazionalistico fin troppo funzionale al
resto che
segue) e sembrerebbero confezionati su misura per un esperimento di pessimismo integrale: sono «nati»
assassini - così li definiscono gli altri e così amano definirsi loro stessi. Senonché al
regista piacciono le
«spiegazioni», esattamente come ai mass-media che dice di voler criticare. E, in cerca di queste convincenti
spiegazioni, attinge al magazzino che offre maggiore affidamento e soluzioni bell'e pronte, tradizionalmente
efficaci. Lui, bimbetto dal ciuffo indifeso, si è dovuto digerire il suicidio del padre e mille angosciose
situazioni;
lei, povera cara, è passata fra i sordidi orrori di una famiglia «normale» in cui la mammina chiudeva
un occhio
bistrato di fronte ai rapporti incestuosi di uno sporco papà. Come dire che basta grattare uno strato e
salta subito
fuori tutto: i nostri cattivi non vengono santificati dai mass-media per caso. Alle loro spalle c'è un
retroterra
giustificazionista che vale un sanguinante itinerario alla mente di Dio: mostri sì, ma perché
spinti a calcioni su
quella china. Sì, d'accordo: che le colpe ricadano sulla Società e via maledicendo, ma, allora,
che ne è
dell'assunto di base? «Assassini nati»?, Per carità: chierichetti, serafini, angeli, buoni samaritani sulle
strade
violente dell'America d'oggidì (tanto angeli che il veleno dei serpenti a sonagli, al massimo, gli provoca
un po'
di mal di testa ... ). Con il che risulta chiaro che Stone usa dei medesimi strumenti di chi parrebbe il
destinatario della sua critica.
I suoi personaggi li costruisce nello stesso modo con cui i mass-media di cui parla nel film costruiscono i loro
eroi. Il rapporto di causa e di effetto è posto con ingenuità sconcertante, ma, così
facendo - offrendo una
spiegazione compiuta e socialmente legittimata - regala una sorta di narcotica tranquillità al suo
pubblico. Il
fatto, poi, che certi sviluppi narrativi e certe stilizzazioni dei personaggi di contorno appartengano alla
letteratura «avventurosa» - non si affranchino, in altre parole, dal «genere» -, viene a conferma della sostanziale
ambiguità ideologica dell'intero film.
P.S.: C'è stato chi ha ritenuto opportuno lodare Assassini nati per il «linguaggio»
cinematografico usato. Riprese
mosse a dare il senso di una «realtà in presa diretta», alternanza di bianchi e neri e colori, tripudio di
immagini
nelle immagini, cartoni animati e tranci di «televisione spazzatura» con qualche pretesa d'introiezione nei
protagonisti e nelle loro gesta ossessionate. Poco, però, di veramente nuovo sotto il sole: sono esercizi
di
barocchismo già riusciti a tanti (Cassavetes, Coppola, Lynch, per rimanere al versante americano) e,
spesso, al
cinema meno commerciale, magari coniugandoli ad argomentazioni più coerenti.
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