Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
"Coraggio ragazzi, liberate il rock"
Mi ha fatto senz'altro piacere leggere che un importante quotidiano nazionale ed
un altrettanto importante autore
di canzoni come Lucio Dalla condividano delle preoccupazioni per lo stato di salute della musica più
diffusa
tra i giovani italiani (La Repubblica, 13 gennaio 1995, pag. 33). Il rock, s'intende. Il piacere è stato tale
che,
parlandone con voi adesso, sorvolo volentieri sul fatto che, neanche tanto velatamente, da quelle pagine si
cercasse più che altro di battere la grancassa per le prossime uscite su cd e cassetta della serie dedicata
guarda
caso al rock tricolore, o per il guarda caso imminente tour in Sudamerica del nobile cantautore. Ci sono, tuttavia,
delle perplessità così pesanti che rendono il sorvolare su tutto un po' difficile: non è
roba che non faccia dormire
la notte, siamo sinceri, quanto piuttosto l'ennesima occasione per dividere, definire, catalogare e codificare la
libera espressione artistica della forma musicale. Diamo un'occhiata a quel che dicono. Dunque ... «Dove
andrà,
anzi, dove non andrà la musica?» No, non è questo il punto. «Non è pensabile che
l'Italia si dimentichi della
melodia»: ma è la Repubblica o è Cuore? «Mi pare che molti gruppi rap siano diventati lo
stereotipo di se stessi.
Al secondo disco non hanno più nulla da dire»: scusate le macchie, ma non riesco a fermare il sangue
che mi
esce dal naso ... Ma no, ecco il passo che non sono riuscito proprio a digerire. Testualmente: «( ... ) A meno
di
cinque anni dal Duemila, dunque, la musica italiana sta cambiando, anzi è già cambiata. E si
profila una
divisione in tre grandi aree. Nella prima c'è un pugno di autorevoli grandi vecchi della canzone d'autore
che
continuano a portare avanti il loro discorso, spesso ancora molto bene. Nella seconda c'è una vasta
produzione
che potremmo definire commerciale e che occupa il lato più frivolo e disimpegnato nel mondo
giovanile. È la
zona a cui con diverse sfumature fanno capo gli 883, i Masini, Ramazzotti e compagni. È una zona
molto forte,
che oggi occupa ampie zone del mercato, ma che raramente produce novità. E poi infine c'è
l'area del nuovo
rock, dove stanno accadendo molte cose di rilievo ... ». In questa terza zona, si viene a sapere leggendo da
un'altra parte della pagina, si vengono ad ammucchiare nomi e progetti che stanno a distanze stellari tra loro:
Almamegretta e Frankie Hi Nrg, 99 Posse e Pitura Freska. Le perplessità cominciano a bollire.
Arrivo al
punto. Tre aree, tre zone ben definite. Tre mucchi, tre scatole dove cacciar dentro nomi, facce ed intenzioni,
così da fare un po' d'ordine. Per capirne qualcosa di più. È ancora la solita storia del
mondo in bianco e nero,
dei sensi unici, delle vie d'uscita obbligatorie. Sarà forse un caso, o un piano ben architettato, ma dal
nostro
osservatorio il panorama è ben diverso: questo mese (ma se andate a guardare indietro succede
così da più
di dieci anni) «Musica e Idee» si occupa di alcune proposte musicali giunte in Redazione negli ultimi tempi,
e che non sembrano rientrare in alcuna delle tre porte lasciate aperte dai giornalisti di Repubblica. Forse
sarà proprio per questo, profetizzo, che non ci sarà traccia alcuna di questi nomi nelle
compilation
iperdigitali curate da qualche futuribile megaquotidiano elettronico nel 2015, dedicate al revival cimiteriale
della musica italiana di fine millennio. Meglio bruciare che arrugginire.
Tirofisso
«E' solo una canzone, ci vogliono cinque minuti e dura anche meno. Vuol dire
più per noi che per loro, solo
un'altra stupida canzone veloce che suoniamo di nuovo. SFS suono per suono: è più di una
canzone, è un suono
che ci è stato dentro tanto a lungo, e vorrà dire più a me che a te. E' dentro a me e non
posso spegnerlo
qualunque cosa faccia. E' un suono per noi. Magari a loro non piace, ma è il suono che facciamo ... »
(da «S.
F. S.»). Tirofisso/Stefano è ancora per strada. Questo è il suo terzo singolo: «Silvia
Baraldini» è un arrangiamento
della canzone che Orsi Lucille aveva distribuito gratuitamente qualche tempo fa, qui con i Tempo Zero a
pestare sugli strumenti (non sono i Green Day, ma non so se è un punto a demerito). Una voce
indipendente
che si aggiunge alla moltitudine delle proteste: «La libertà di una partigiana è un po' la
libertà di tutta
l'umanità». Gli altri pezzi sono una ballad acustica scritta e suonata con Lalli, una cover dei Mega City
Four e appunto «S. F. S.» dei Dag Nasty tradotta all'inizio. Dischi come questo stanno troppo stretti nella
camicia di forza «nuovo rock»: questa musica sa volare, è pericolosa, fa pensare. Contatti: Blu
Bus, via Consolata 5, 11100 Aosta (tel. e fax 0165-262909). Attenzione: sono disponibili alcune copie di
questo disco come sottoscrizione ad A/Rivista Anarchica. Basta
versar 5.000 lire (le spese postali sono incluse) sul c/c postale 12552204 intestato ad «Editrice A, Milano».
Grazie a Blu Bus e a voi che comprerete il disco.
Marco Giaccaria
Cominciamo bene, anzi malissimo: viene spontaneo riesumare Montale e, invece
che dire che cosa questo cd
«è», dire cosa «non è». Non certo un prodotto rock, né jazz, né blues,
né ... Come affrontare «Il mio cappello
se n'è andato», cd firmato da Marco Giaccaria di vicino Torino, senza lasciarsi disorientare, senza cadere
nella
confusione? Marco «maneggia» con abilità partiture di Zappa e Bartok, si è diplomato in flauto
al conservatorio,
studia e insegna musica e sa suonare con talento numerosi strumenti. Oltre a lavorare da solo, partecipa
all'attività di formazioni musicali dagli orientamenti più diversi, dal jazzrock alla musica
tradizionale irlandese,
dalla musica antica al blues. Questo cd, autoprodotto, è stato pubblicato un paio d'anni fa, ma gli
ingranaggi
della diffusione e della promozione sono difficili da oliare se quello che si propone non è ufficialmente
«vendibile» .. .La musica, dentro, in questi due anni non è ammuffita: «Il mio cappello» raccoglie una
manciata
di provocazioni sonore che sembrano immuni alla polvere del tempo (almeno per ora). Il tutto ha ovviamente
i suoi alti e bassi, con i bassi che non sono poi così bassi e gli alti che invece sono davvero tali e spesso
sfiorano
la genialità. Mica poco. Nel frattempo Marco ha pubblicato una raccolta di nuove registrazioni che
però non
ho sentito. Distribuzione: NuovaADieNne di Milano (tel. e fax 02-55195174). Contatto diretto: Marco
Giaccaria, via Tobanelli 3/b, 10095 Grugliasco (Torino).
Fru Aut
Se non si conta qualche demotape sparso, questo cd «A sangue freddo» è
la seconda uscita in quindici anni
d'attività per i Fru Aut. Solo David Grosby è riuscito a fare di meno. Il loro omonimo
album d'esordio era stato intercettato e segnalato su queste pagine: una discreta istantanea
che tuttavia non rendeva giustizia alle monolitiche performances del gruppo: composizioni pesanti, suoni ed
arrangiamenti accostabili al rock elettronico mitteleuropeo degli anni Settanta, testi contemporaneamente
lunari e mediterranei. Ora, a sei anni di distanza, Fru Aut modifica il formato tecnologico ma non le
strategie compositive. Questo è un lavoro introverso e spinoso, polemicamente
anti-commerciale, un collage
caleidoscopico di citazioni (un'intera pagina della copertina è riempita di ringraziamenti «per
l'ispirazione»
in ordine alfabetico, da Agitation Free e John Zorn) rimasticate e stravolte. «A sangue freddo»
è un disco
difficile da ascoltare e da analizzare: più che di canzoni qui si devono affrontare dei
veri e propri sterrati
sonori, pareti verticali di chitarra elettrica distorta con cattiveria, tenuta al guinzaglio con fatica
da Uber
Cavalli come un cane ringhiante e pericoloso. Tastiere elettroniche squisitamente fuori moda e
fuori posto.
Basso elettrico e batteria trattenuti a stento, con i chiodi. La voce di Paola Zisa, un po'
sacerdotessa new
wave, un po' albatro scuro, impenetrabile. Potete scegliere. Da evitare con cura:
dischi come questo rendono
inquieti. Da ascoltare per forza (e con attenzione): proprio per saltare addosso all'inquietudine. Contatti:
Fru Aut c/o Uber Cavalli, via Angarano 97, 36061 Bassano del Grappa (Vicenza).
Ai confini della realtà
«( ... ) Avrò impugnato mille volte una biro e un pezzo di carta per
scrivere quattro righe a proposito del nostro
disco: nuovi e vecchi spunti si susseguono ogni giorno martellanti, come lancette implacabili che determinano
il lento rintoccare del tempo. Quasi a nessuno piace la propria città, la propria zona: ne conosce ogni
difetto,
tutte le manchevolezze, tutti gli squallori. Nessuna novità eclatante dal confine a Est, nonostante il
patetico
tentativo di elevarsi a presunti primattori della cronaca nazionale, cavalcando l'ondata necrofila che si è
abbattuta sui Balcani. Sangue, morte, distruzione, sofferenza, non speculo sulla pelle degli altri per rendere
questo disco più interessante, più aggiornato, più esclusivo. Per chi poi? Per questa
struttura repressiva, caratteristica di tutti i sistemi politici ed economici e/o per i loro
sostenitori? No, grazie. M'interessa la gente, la gente semplice. Usando un termine fuori moda, il popolo...».
"Ai confini della realtà» è uno split-lp condiviso da due gruppi della zona goriziana, Warfare?
e
Rasta&Peace Corporation. I Warfare? sono uno dei gruppi storici del punk anarchico di qui,
un'attività che
si è concentrata più sulla costruzione di una rete di contatti individuali e diretti e su concerti
e performances
più che sulla pubblicazione di dischi. La loro musica è solida, molto ben strutturata ed eseguita,
e grande
attenzione è posta anche nella stesura dei testi: veloci, taglienti, sanno non scadere nella banalità
propria
degli slogans. Un po' meno interessante il lato occupato da Rasta&Peace Corp.: qui ci si muove
in
un'ipotetica orbita dub, a parte "Fino in fondo» che sembra una vecchia (e bella) canzone dei Kina. I
Warfare? gestiscono anche un centro di distribuzione, piccolo ma ben fornito ed agguerrito, il nome NSP
Nuclear Sun Punk. Tra i materiali recentemente pubblicati il cd antologico «Drobtinice upanja» (briciole di
speranza), pubblicato allo scopo di raccogliere dei fondi da distribuire direttamente ai bambini dei campi
profughi dell'ex-Yugoslavia. Il cd raccoglie contributi internazionali (Belgio, Australia, Finlandia,
Slovenia,
etc.) di gruppi poco o niente conosciuti, e che proprio per questo modo generoso di regalare la propria
musica si fanno apprezzare. Contatti: Nuclear Sun Punk, Casella postale 114, 34170 Gorizia.
Mauro Orselli
«Navigazioni» è il nome del cd da poco pubblicato da Mauro Orselli,
percussionista di buona fama e dal
chilometrico curriculum fitto di collaborazioni, esperienze, viaggi e incontri. Questo suo lavoro sembra
muoversi un po' in disparte dai percorsi standard della nuova musica jazz contemporanea: qui c'è molta
ricerca
di suoni puri, le atmosfere sono spesso meditative e ancor più spesso inquiete ed affilate. Mauro
«naviga»
appunto su un mare di musiche libere, solo grossolanamente accostabili al riferimento jazz. Nove le
composizioni, senza titolo oppure con un nome fatto prendendo le iniziali dei musicisti partecipanti,
cioè
Giancarlo Schiaffini, Elio Martusciello e Giovanni Macciocu, oltre ovviamente al titolare. Musiche da ascoltare
con attenzione e soprattutto con voglia di lasciarsi suggestionare da suoni che, alternativamente, suggeriscono
la calma della vastità e l'incombenza dell'imprevisto. Autoprodotto, non ho idea di chi distribuisce
né del prezzo.
Inni della rivolta
Sì, è proprio «quella» cassetta. Ma aspettate un momento prima
di girare pagina o di saltare alla prossima
segnalazione. Innanzitutto, due parole per chi (e immagino siano tanti) non sa con precisione di che cosa si
tratta. La cassetta che va sotto il nome di «Inni della rivolta» è una compilation di uscita non
recentissima, che
ha fatto s/parlare di sé più che altro per i suoi contenuti sonori, ritenuti da molti «discutibili»,
come «discutibile»
è stata definita l'operazione nel suo complesso. Si tratta di una raccolta di una dozzina di canti anarchici
rivisitati
(oppure «massacrati", sempre secondo i detrattori) da altrettanti gruppi musicali italiani non per scopo di lucro
ma a fin di benefit per l'ALF. Che il risultato, o comunque l'iniziativa, sia stato malamente criticato è
un dato
di fatto: non si tratta di cover di Bruce Springsteen e dei Beatles, ma di rivisitazioni di pezzi di Storia che hanno
la forma della musica e della poesia. Un'operazione comunque non facile. È già successo nel
passato: quando
nel 1975 gli Area proposero la loro personale rilettura dell'Internazionale, pure si gridò allo scandalo.
La
differenza, probabilmente, sta in un complesso di fattori tecnici e storici: gli anni Settanta erano diversi da questi
anni Novanta, gli Area erano dei Musicisti con la m maiuscola e, quel che più conta, erano in grado di
dare uno
spessore controculturale e rivoluzionario alla loro opera mentre qui, onestamente, si tratta di una serie di episodi
(non tutti) spolverati di inconsistente spirito provocatorio. Una cosetta «punk» all'italiana, fondamentalmente
inoffensiva, per niente dissacrante. Tra l'altro, l'idea che sta alla base del progetto secondo me è geniale,
e va
ben al di là della qualità tecnica della realizzazione e del talento musicale dei singoli
partecipanti. Avevano ben
ragione i Barboncini Punk, ideatori dell'iniziativa, a farsi degli scrupoli: nel libretto allegato al nastro è
riportato
un loro intervento dagli intenti chiarificatori, nel quale, oltre a ribadire la voglia di mettere tutto e tutti in
discussione come s'usava tra sani punks d'un tempo, cercano ( ... e forse sta tutto qui l'errore) di appendere una
specie di «cartello politico giustificativo» alla loro proposta. Leggiamo. «(...) L'idea di una compilation
di canti anarchici suonati da gruppi di oggi non ha convinto diverse persone:
sia quelle abituate a pensare a queste canzoni come a qualcosa di antiquato, sia quelle che, conoscendole e
venerandole in versioni precedenti e circostanze più serie, considerano questa operazione «blasfema»
o
quantomeno irrisoria nei confronti di questi «oggetti di culto». Esiste infatti una certa concezione della
tradizione anarchica quasi religiosa, con i suoi martiri, i suoi santi, i suoi episodi mistici, i suoi luoghi sacri, un
suo aldilà e la sua liturgia, di cui questi canti fanno parte. In realtà non è nostra
intenzione creare qualcosa di
stupefacente, né riteniamo che i canti, così come li abbiamo conosciuti, fossero un vecchiume
da rinnovare;
quando li abbiamo «scoperti» ci siamo resi conto che sono una componente fondamentale della nostra storia
e della nostra lotta. Inoltre, non hanno un semplice valore di «documento storico», ma esprimono idee e
sentimenti che condividiamo e fanno parte della nostra cultura. Non abbiamo inteso far rivivere qualcosa di
morto, proprio perché la musica popolare, per definizione, vive in quanto continua ad essere
reinterpretata e
riproposta diversamente a seconda delle condizioni storiche, geografiche, sociali e culturali. I canti di lotta
esistono finché esiste l'esigenza della lotta ( ... ): se si modificano nel tempo non perdono il loro valore,
anzi
acquistano una forza che non avrebbero se ne rimanesse una versione definitiva scritta sui libri o incisa sui
dischi: questo sarebbe il vero stravolgimento del loro significato e anche delle intenzioni degli autori delle gesta
celebrative. A noi non interessa santificare il passato sminuendo le nostre potenzialità nel presente, ma
utilizzare
criticamente queste esperienze traendone spunto per le nostre attività ... ». Spostando l'attenzione dai
significati
e dalle giustificazioni ideologiche ai contenuti (musicali, stavolta), rimane da dire piuttosto poco: nella generale
mediocrità tecnica e creativa sono interessanti i contributi delle Officine Schwartz e dei
CCC.CNC.NCN, due
gruppi dediti alla sperimentazione sonora. Dalle cavie di laboratorio liberate dagli attivisti dell'ALF, agli
stornelli d'esilio di Pietro Gori: sempre di sperimentazioni, dunque, si tratta. Resta da vedere quanto possano
servire, quanto possano essere utili. Entrambe. La cassetta, come dicevo prima, circola obbligatoriamente
con un libretto che contiene, oltre agli scritti di cui
sopra (Scherza con i fanti ma lascia stare i canti...) alcune informazioni sull'Animal Liberation Front e note
tecniche sulle varie canzoni. Costa una miseria (3.500 lire più le spese postali) quindi non sarebbe poi
così
drammatico sorvolare sulle perplessità politiche e contribuire ad una giusta causa (non è
comunque obbligatorio
ascoltare la cassetta ... ). Non la troverete con facilità, quindi è meglio rivolgersi direttamente
ai promotori (così,
suggerisco io, i vostri soldi finiranno prima e senza intermediari nelle mani giuste). Contatti: Barboncini
Punk c/o C. Decanale, casella postale 144,10064 Pinerolo (Torino).
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