Rivista Anarchica Online
Impressioni senza tempo
"Così la giurisprudenza di ogni nazione mostrerà che, quando la legge
diventa scienza e sistema, cessa di essere
giustizia. Gli errori in cui la cieca devozione ai princìpi della classificazione ha condotto il diritto
comune
diverranno palesi, osservando quanto spesso il potere legislativo sia stato costretto a intervenire per ristabilire
l'equità che il sistema aveva disatteso» (Landor, scrittore inglese, 1775-1864). Svolgiamo con le
ragazze e i ragazzi detenuti un lavoro alternativo rispetto a quello dell'istituzione carceraria
in senso lato. Asserzione che risulta valida a tutti i livelli: in primo luogo il circuito dell'attività
è estraneo al
carcere - il vertice, direttore e quant'altri, non collaborano in alcun modo, piuttosto è portato a
disincentivare
il nostro impegno -, né l'attività stessa può in alcun modo considerarsi complementare
a quelle organizzate dal
carcere e svolte al suo interno. Gli staff di volontari sono formati dalla somma di singole persone autonome e
dotate di decisionalità, non rendono conto ad alcuno se non ai ragazzi e a loro stessi; il contatto che ci
permette
l'ingresso all'edificio carcerario sono gli assistenti sociali, che, nel panorama del personale carcerario, occupano
un posto atipico e, per la stessa funzione assunta, finiscono per costituire la base, assieme ai detenuti, di coloro
che gravitano nella sfera del carcere. Queste abbozzate condizioni particolari - da affiancare alle comuni
caratteristiche di ogni opera di volontariato -
ed altre circostanze connotano peculiarmente noi volontari; tanto che i ragazzi stessi si rendono conto
inconsciamente della valenza insolita della nostra proposta di collaborazione, dell'assenza di scopi celati o
malcelati, della nostra palese schiettezza umana: e ci manifestano riconoscenza e fiducia. Si viene infine a creare
un rapporto paritario di stima e affetto, quando più, quando meno fruttifero, al quale i minori detenuti
non sono
in alcun modo abituati né nella loro esperienza di vita nella società civile, né tantomeno
durante il periodo di
detenzione. Con certa presunzione affermerei che, per la conformazione stessa del rapporto, i momenti di
contatto con i detenuti finiscono per assumere effettiva valenza reinseritiva: prerogativa, quella del
reinserimento sociale dei detenuti, fondante delle carceri, ma sempre trascurata. O semplicemente, come penso,
velleità impossibile, disperata contraddizione in termini di ogni istituzione carceraria di sempre. Ma
approfondire questo aspetto troppo esulerebbe dai motivi di fondo di questo intervento, ossia evidenziare
l'effettiva possibilità di un'azione diretta su una socialità emarginata che solo parzialmente
è difficile da
raggiungere. Troppo bisognerebbe ancora dire: della bontà di fondo dei ragazzi che sono detenuti,
condannati da una società
costituitasi in uno stato che poi è, a conti fatti, unico responsabile dei loro necessari "errori" - laddove
si
consideri un errore rubare per vivere, come nel caso dei nomadi, che costituiscono la maggioranza dei detenuti
-; delle vittime sacrificali della katarsi di una cieca collettività, che nella reclusione di minorenni vuole
vedere
l'allontanamento dei propri misfatti perpetrati dalla stanza dei bottoni; della necessità dell'esistenza di
questa
criminalità per l'autoconservazione della nostra società; della solidarietà interna alla
piccola comunità reclusa,
che non viene meno di fronte alle bieche logiche carcerarie, né di fronte all'importanza contro
un'immotivata-immotivabile reclusione; degli abusi che i minorenni sopportano al momento del fermo. Ed altro
ancora. Chi ha privato questi ragazzi di una vita accettabile, dovrebbe essere persuaso che inalienabili
diritti quali la
Vita e la Libertà siano utopie irrealizzabili. Non credo che chicchessia possa, in tutta onestà,
affermarlo. Allora
si renda a quei ragazzi quanto è loro dovuto, e, invece, gli è stato sottratto; si cessi di chiudere
cancelli dietro
di loro, nascondendosi dietro un codice penale intrinsecamente effimero e pretestuoso, ed estrinsecamente
iniquo. Cesare Beccaria: chi era costui?
Simone Bova volontario presso il Carcere minorile "C. Beccaria" (Milano)
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