Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 220
estate 1995


Rivista Anarchica Online

Estremizzazione del dogmatismo
di Francesco Ranci

Una base epistemologica che possa sostenere coerentemente i valori espressi dal movimento anarchico nella sua storia, fermo restando che in essa si troveranno delle contraddizioni, non si trova affatto nel cosiddetto "relativismo". L'unica strada davvero alternativa percorribile, invece, è quella della consapevolezza procedurale

Protagora, nato ad Abdera nel 480 a.C. Circa, fu un intellettuale ateniese di prestigio e ricchezza enormi. Ma scrisse un saggio, intitolato "Sugli dei", che a molti non piacque affatto. Fu processato per "ateismo", su accusa di Pitodoro (membro del gruppo politico "dei Quattrocento", che condusse la rivincita degli aristocratici sui democratici ateniesi) e fu condannato all'esilio. Pare sia morto in un naufragio, mentre cercava di trasferirsi a Siracusa, nello stesso anno 411 a.C.. Il testo incriminato fu bruciato sulla pubblica piazza di Atene.
Socrate, poco più giovane di Protagora, dovette subire la medesima violenza dodici anni più tardi, nel 399 a.C. Fu condannato a morte con l'accusa, leggermente diversa, di "non credere agli dei in cui crede la città". La differenza tra i due capi d'accusa sembrerebbe segnare il passaggio dal valore imposto come "universale" a quello imposto come "relativo".
Eduardo Colombo (Valori e cultura, "Volontà" n. 2-3, 1994) ricorda che Barres, parlando del caso Dreyfus, argomentò come segue: "abbandonate le parole altisonanti, come 'sempre' e 'universale' e, poiché siete francesi, preoccupatevi di agire secondo l'interesse francese in questo momento (sottolineatura mia)". E, nota ancora Colombo, "i relativisti di destra contemporanei sostengono le stesse posizioni", attribuendo valore positivo al gruppo "etnico" ed alla "gerarchia sociale" che esso esprimerebbe. Due valori connessi che vogliono imporre.
Enesidemo di Cnosso, vissuto nel I sec. a.C., risulta come autore dei Discorsi Pirroniani, otto libri andati perduti - salvo un estratto che rimane in Fozio (patriarca di Costantinopoli e fautore del primo scisma della Chiesa d'Oriente da quella di Roma) ed i riferimenti di Sesto Empirico (medico, vissuto nel II sec. d.C., che dando una sistemazione agli argomenti relativistici si guadagnò gli strali postumi, quanto inefficaci, dei vari Descartes, Hume, Kant e degli altri filosofi di epoca cosiddetta "moderna").

Le dimensioni del cranio
Enesidemo sosteneva che lo scettico non deve né affermare, né negare alcuna tesi e proponeva dieci modi per sospendere il giudizio - o convincere gli altri a sospenderlo.
Il giudizio andrebbe sospeso perché le percezioni muterebbero, secondo, rispettivamente:
1) le varie specie di esseri viventi; o, come diceva il comico siracusano Epicarmo "il cane sembra al cane la creatura più bella, ed il bove al bove";
2) i vari uomini;
3) i vari apparati organici dell'uomo; per esempio il miele può piacere al palato e non al tatto;
4) le condizioni del corpo umano, che mutando nel tempo giustificherebbero un mutamento di identità. Epicarmo, ad esempio, mi se in scena la vicenda di un debitore che si rifiutava di pagare, ritenendosi "un altro" rispetto a colui che aveva contratto il debito tempo addietro. Il creditore lo picchiava, per poi usare lo stesso argomento a sua discolpa di fronte al giudice;
5) il rapporto spaziale del percipiente con gli oggetti percepiti. Sembra una corda, mi avvicino ed è una biscia;
6) i mezzi interposti tra noi e gli oggetti. Metto un bastone nell'acqua e mi sembra storto e spesso, nell'aria è dritto e sottile;
7) la condizione dell'oggetto. Esempio, un albero, che cresce, è sempre lo stesso albero?
8) Il percepito sarebbe "reale" o "apparente", ma come distinguere?
9) Le abitudini di chi percepisce. Il pittore distingue più colori del ragioniere, ma ci mette molto di più a fare il 740 (argomento difficilmente distinguibile dal secondo);
10) lo sviluppo biologico di chi percepisce. Ad una certa età non si impara più degli altri con la stessa facilità dei bambini.
Tutte queste argomentazioni porterebbero, secondo gli scettici, ad escludere ogni certezza dal nostro orizzonte.
Si possono aggiungere ulteriori argomenti, ed è stato fatto anche in epoca moderna. Nel 1894, Gustave Le Bon identificava nelle dimensioni del cranio un indice dell'intelligenza e trovava che gli europei maschi avevano un cranio ben più voluminoso degli africani, cinesi, giapponesi, ecc. Nel 1936 Ludwik Fleck pubblicava la sua teoria dello "stile" di un "collettivo di pensiero"; secondo cui la tradizionale distinzione epistemologica fra "soggetto" ed "oggetto" della "conoscenza" sarebbe insufficiente, mancando di prendere in considerazione la nozione di "collettivo di pensiero". Dal saggi odi Fleck, per esempio, deriva la nozione di "paradigma" resa famosa da Thomas Kuhn, nel suo saggio sulle rivoluzioni scientifiche del 1962 che ha indubbiamente il merito di aver fatto comprendere agli storici della scienza che la loro nozione di "progresso" andava riveduta. Anche l'opera di Paul Feyerabend, che ha teorizzato l'"anarchismo epistemologico" come unica via d'uscita dal dogmatismo dell'epistemologia, si basa su presupposti di questo genere.
Tuttavia, se apparentemente si acquisiscono maggiori garanzie di libertà, individuale o per gruppi, muovendo da tali presupposti si va anche incontro ad un certo numero di problemi.
Anzitutto, sembrerebbe perduto il senso più profondo dell'antico motto protagoreo: se "l'uomo è misura di tutte le cose", infatti, può essere certo delle sue percezioni.
E proprio in questa possibile certezza è custodita la sua libertà e responsabilità.
Come osserva Giuseppe vaccarino, "l'opposizione alla filosofia è del tutto sterile finché si limita all'epoché - una sospensione del giudizio che, vietando di pronunciarsi in negativo o in positivo, accetta in linea di principio la possibilità di una datità trascendente" (La nascita della filosofia, Roma, in corso di stampa).
Dove tale accettazione - si tratti di "rivelazioni" o del rapporto tra "indice cranico" ed "intelligenza" o "razza" o altro - è la "peggior forma di dogmatismo" - proprio perché si sottrae per principio ad ogni verifica.

Quale base epistemologica
Se Hitler e i nazisti hanno potuto assegnare agli "ebrei" colpe tali da sentirsi legittimati nel procedere al loro sterminio, e non molto diversamente si sono comportati nei confronti di "slavi" o altri, solo perché il relativismo "culturale" fa presto a diventare "razziale", oggi, che da una differenza di comportamento si passa senza porsi alcun problema metodologico all'ipotesi di una differenza "genetica", a maggior ragione si verificano tragedie analoghe.
Una base epistemologica che possa sostenere coerentemente i valori espressi dal movimento anarchico nella sua storia, fermo restando che in essa si troveranno delle contraddizioni, allora, non si trova affatto nel cosiddetto "relativismo".
Le opzioni che mantengono il presupposto di una "realtà" precostituita all'attività mentale - attività che consisterebbe di conseguenza in un "conoscere" inteso come un duplicare ogni cosa "esterna" in una "interna" - sono tutte esiziali, proprio perché nascondono una autocontraddizione (come verifico la corrispondenza tra "esterno" ed "interno"? Come possono essere, allo stesso tempo, la stessa cosa e due cose diverse?).
Esse, tentativi falliti di applicazione del metodo scientifico, riaprono la strada alle metafisiche, da cui - del resto - provengono.
L'unica strada davvero alternativa percorribile, invece, è quella della consapevolezza procedurale.
La verità, se vogliamo vederla come un risultato di attività nostra, potrebbe derivare da un'operazione di confronto, da cui risulti una uguaglianza, fra un termine di riferimento, da noi fissato, ed un qualcosa di riferito ad esso - se dal confronto risultasse una differenza, infatti, si parlerebbe di falsità (del riferito, di solito, del riferimento solo nei casi rivoluzionari).

Né conoscitivismo, né dogmatismo
E' chiaro che il problema irrisolto che sta a monte del rapporto tra ideologie politiche ed epistemologie è il problema della mente.
Per millenni essa è stata considerata una sorta di analogo immateriale di qualcosa di materiale che l'uomo conosceva bene.
Julian Jaynes, per fare un esempio fra i tanti, elenca numerosi fonti di descrizione metaforica della mente - dalle "caverne della memoria" di Agostino, ai modelli di stratificazione geologica dell''800, dal "cavallo a vapore" che avrebbe ispirato la teoria psicanalitica delle pulsioni insopprimibili, al più recente archivio elettronico che ha indubbiamente ritardato il superamento della concezione di una "memoria magazzino" ampiamente messa in crisi dalle scienze del cervello (Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza, Milano, 1988).
Tutte queste metafore riverniciano la teoria del "raddoppio conoscitivo", di cui abbiamo detto prima, individuata come nocciolo della filosofia da Silvio Ceccato a partire dal 1949 - e definita "conoscitivismo" perché basata su un uso metaforico del verbo "conoscere" (che comunemente designa una duplicazione nel tempo, non certo nello spazio).
Solo abbandonato lo sfondo inconsapevole del conoscitivismo, e con esso gli errori speculari del dogmatismo propriamente detto e dello scetticismo - che altro non è che una forma di conoscitivismo mistico, nel senso che ipotizza una "realtà" per principio inafferrabile e purtuttavia in qualche modo "esistente" e perciò, si suppone, vincolante (come, per fare un esempi classico, il "noumeno" kantiano, residuo dell'"essere" parmenideo come del "divenire" eracliteo) - si può far riferimento ad un sapere, nel senso comune del termine, a proposito di noi stessi. Unica base su cui, forse, è possibile costruire un'umanità diversa da quella che conosciamo.