Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
It's a hard rain Con
questo numero si chiude un ciclo di "A"/Rivista Anarchica e se ne riapre un altro. Non è la prima volta
che
succede e magari succederà ancora: cerchi che si chiudono per dare vita ad altri cerchi, nuvole che si
mescolano
nel cielo e che ricadono in pioggia. E qui viene in mento Bob Dylan: forse sarà una pioggia dura quella
che cadrà
sulle nostre teste nell'immediato futuro. Niente ci spaventa, comunque. Non ci fanno paura la pioggia, né
la
strada.
Ishi Cerchi che si
chiudono, per dare vita a nuovi cerchi. Verso la fine degli anni Settanta un gruppo di compagni
torinesi accende la scintilla che prende il nome di Franti. Un manifesto, più che un nome. Fanno musica
semplice,
che sa pensare di testa propria e non cavalca le tendenze di mercato. Per questo, e per il vizio bastardo di non
prostituirsi, di essere comunque diversi, si trovano tagliati fuori da tutti i circuiti: quello tradizionale non li vuole
perché gli sputano addosso ridendo tutte le sue contraddizioni, quello alternativo neanche, in fondo per
gli stessi
motivi. Solo, per la strada, Franti è cantante e pittore, saltimbanco e scrittore, sognatore e poeta. La
loro è poesia da
strada: cantano frasi raccolte dai manifesti, le parole della gente sull'autobus, suonano la colonna sonora della
periferia della città industriale. Non importa se Torino, Akron, Bhopal o Leverkusen: la città
di Franti è il mondo intero. Un giardino
immaginario, dentro ci sono Bob Dylan, Victor Jara e i Banshees, Robert Wyatt e John Cale, De André
e i Crass. Il rock di Franti è fatto a pezzi: sono suoni ruvidi e ritmi spigolosi, presi da un mandala di
innamoramenti ed
influenze. La confezione è sporca ma il messaggio è una luce vivida nel buio obbligatorio del
culto del non-futuro. L'avventura di Franti dura lo spazio di una stagione. Ma, a dispetto della rivoluzione
punk, che finirà in fondo
a un contratto con una major oppure suicida in un trafiletto di cronaca, Franti riprende vita in nuove forme e nuoci
suoni. Nuovi eppure diversi, come nuovi e diversi sono gli anni che si susseguono: Howth Castle, Environs,
Tirofisso,
Panico, Kina coinvolti in incroci, riunioni, collaborazioni, sovrapposizioni. Adesso c'è un nuovo
bambino in città: gira in bicicletta per le strade come Dante Di Nanni, figlio bastardo del
Franti bastardo, libero dai recinti della scuola e senza l'obbligo del catechismo, il sole nei capelli e una fionda
in tasca. E, statene certe, non appena le prime note di "Sotto la pioggia" si spargeranno per la vostra stanza,
Ishi quella
fionda la impugnerà e farà volare sassi contro le finestre appena pulite che tengono lontana l'aria
della strada e
lancerà un bullone rovente contro il tubo catodico del vostro televisore.
Detriti Una manciata
di sassi gettati nell'acqua, a creare cerchi che si muovono, si sovrappongono, si confondono. Tanti
e tanti anni fa un pugno di hippies vagabondi suonava una canzone "Bella come la luna e terribile come un
esercito schierato". Erano gli Henry Cow, metà anni Settanta, non ci giurerei ma se non ricordo male il
testo era
un inno alla guerra di classe, alla rivoluzione ed al socialismo che doveva avanzare (questa canzone la potete
trovare solo in "Concerts", un loro album registrato dal vivo in giro per l'Europa, pubblicato allora dall'indie
norvegese Compendium e in Italia dalla Cooperativa l'Orchestra, e non ancora riproposto su cd). Let end
begin,
cantava Enrico Mucca: sia l'inizio della fine. Altre storie, altri anni, altre guerre, altri cerchi. E' restato quel titolo,
scritto sul marmo dei ricordi. Il debut-album dei Detriti (uscita non recentissima, visto che il gruppo sta
già
preparando del materiale per una nuova uscita) è un disco "bello come la luna e terribile come un esercito
schierato". Forse è il più stupendo e geniale disco di free music fatto in Italia in questi anni.
Non esagero. E' musica libera
da schemi, regole, imposizioni, stili, remore. Ogni tanto non è musica: sono pallottole al cuore del
perbenismo
musicale. Ogni tanto non sono canzoni: è un cane rabbioso che morde il silenzio. Ogni tanto è
un disco
indescrivibile. Un disco indimenticabile come un incubo, irrinunciabile come l'aria, se siete ancora abbastanza
vivi da non poter fare a meno di respirare. Non c'è un titolo, le indicazioni tecniche sono poche: sulla
copertina ci sono solo dei frammenti scritti
piccolissimi, dentro i testi e una presentazione scritta da Stefano Giaccone. Presentazione che passo subito a
saccheggiare. Se ascoltate bene questo primo lavoro del gruppo Detriti potrete sentire una campana
che
ritmicamente annuncia "i signori in stazione dell'arrivo imminente d'un treno". Questa musica è scomoda,
ferisce
come il vetro nascosto nell'erba malata delle stazioni di benzina. Scomoda perché ci ricorda che il treno
non è
arrivato, non è mai arrivato. Il treno delle Grandi Attese, del Futuro più giusto è deragliato
molte stagioni fa,
carico di ideologie, riformatori, sogni barattati, compatibilità. Viviamo l'inizio d'un epoca dove i
futuri sono finiti: la planetarizzazione dei modelli di sfruttamento e dei
modelli culturali ad essi collegati parla la lingua del Nuovo Ordine Mondiale, di cogestione dei Mercati, di
luminose esistenze come clienti del merchandise, di data-banks, di know-how, di teleutenti del virtuale. Ma
è una
lingua vecchia, dal vocabolario misero come la vita che implica: dominio, lavoro, guerra, nazione, razza,
religione. Tutto ciò torna in gran spolvero visto anche lo sfacelo etico/economico del comunismo di stato.
Dai
primi '80, una sezione non indifferente di giovani delle "società occidentali" (termine che perderà
il suo
significato extra-geografico: oggi tutto è "occidente") ha disperatamente scavato nelle macerie per
ritrovare idee,
materiali, alcuni tenaci non pacificati per capire da dove veniva il filo rosso che essi avevano in mano. Filo rosso
della libertà: ovvero lo spazio, il tempo, l'energia per esprimere al massimo livello se stessi, iniziando dal
restare
in vita fino al dispiegarsi della propria felicità. Filo rosso irriducibile alla logica del Capitale e del suo
simulacro
socialstatalista. Da allora, in questo Movimento (che definisco Individualità in Lotta per Esperimenti
di Libertà Collettiva) la
frattura tra politica e Cultura, pur sussistendo, è stata scossa dal (ri)apparire d'una presenza ingombrante
dentro
le iniziative (centri sociali, dischi, libri, ecc.), presenza spesso bastonata: la nostra vita. Le giornate, una dietro
l'altra, che qualcuno ancora vorrebbe farci sacrificare per un treno che non arriverà più. E
questa lacerazione tra ciò che si pensa e ciò che si è, o meglio ciò che ci lasciano
essere, grida le mille lingue
dei mille reietti, pazzi, cercatori del Vuoto che intersecano la nostra quotidianità. Mille come le voci dei
Detriti
che cantano la babele di una lucida rabbia. Nell'attesa terribile e malinconica della Guerra come prossima
condizione, un lavoro che prosegue la magnifica teoria di gruppi frequentatori di "valichi" non turisticizzati:
Detonazione, I Refuse It, Gronge, Franti, Teatro
Quotidiano e i dionisiaci Panico. Cose quasi sepolte: anche
questo paghiamo in questa Italia culturalmente laida.
Ishi "Sotto la pioggia" è stato pubblicato da Blu Bus su LP e CD, ed è reperibile con un certa
facilità nel circuito
alternativo e in alcuni negozi illuminati che trattano produzioni indipendenti. Il debut-album dei Detriti
è prodotto dl gruppo stesso in collaborazione con Mister X e Circus, il circuito di
distribuzione è praticamente sovrapponibile a quello di Blu Bus. Blu Bus offre un enorme catalogo
di produzioni discografiche marginali, fanzines, magliette, libri. Mi sembra
tutto materiale scelto con intelligenza, cose di un certo spessore: i prezzi, infine, sono più che onesti.
Qualcosa
di molto diverso da un'impresa di vendita per corrispondenza verniciata di alternatività. Se avete dato
un'occhiata alla lista "Musica per A/Rivista Anarchica" vi sarete senz'altro accorti che Blu Bus ha
messo a nostra disposizione una fetta consistente del proprio catalogo. Quindi, se decidete di affondare artigli,
cervello e orecchie nelle proposte di Ishi e Detriti, mettetevi in viaggio per il più vicino ufficio postale
e versate
una sottoscrizione sul nostro conto corrente. Grazie in anticipo.
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