Rivista Anarchica Online
Coprifuoco a Bologna?
E se provassimo a ragionare sulla città modello della sinistra al potere? Ma si,
parliamo di Bologna, prima gioiello
del «comunismo municipale», oggi vanto e palestra del nuovo corso all'insegna dell'Ulivo. Parliamone partendo
dalla cronaca. L'agosto 1996 sarà ricordato come il mese degli sgomberi, della normalizzazione. Era
nell'aria da tempo e dopo
Ferragosto i triumviri della città (sindaco, questore, rettore) hanno deciso il repulisti. Basta con le
occupazioni,
basta col «disordine» che angoscia i cittadini seri, i professori timorati, i commercianti onesti, insomma la mitica
gente perbene che chiede solo «legge e ordine». Vogliamo chiamarla repressione? Ma no, forse sono troppo
cattivo. Evitiamo pure di dare un nome a quel che è successo in quest'agosto di resa dei conti, ma che si
deve
pensare di fronte allo sgombero delle due case occupate in via del Pratello, al repulisti fatto alla biblioteca
universitaria autogestita di via Zamboni, per non parlare dell'opera di «bonifica» che ha colpito molti barboni,
allontanati dai luoghi storici delle loro soste notturne (piazza Verdi e dintorni)? In via del Pratello, i giovani
«occupanti» da anni ormai vivevano in una delle strade più originali di Bologna, una
piccola «repubblica» di osterie aperte fino all'alba, di gente che si ritrova e canta in libertà e senza spesa,
di
giovani artisti che avevano legato con tanti abitanti e gestori di locali dell'antica e animata straduzza, un tempo
nota per i «casini», oggi solo per il carcere minorile e il «disordine» che turbava i sonni di tanti bravi cittadini.
Diciamolo: lo sgombero di via del Pratello segna un'impennata d'autoritarismo e perbenismo nella città
«meglio
governata dalla sinistra». Possibile che un'esperienza di libertà, di vitalità, di ricchezza sociale
debba essere
annientata, in una città di sinistra, perché qualcuno si lamenta delle chiacchere e della musica
prolungate fino
a notte fonda? Possibile che una così becera e brutale richiesta di «legge e ordine» trovi immediato
ascolto in chi
vorrebbe vantarsi di una improbabile diversità? Ma quelli sporcano, sono dei vandali, e poi chissà
cosa fanno...:
questo è bastato per convincere i triumviri a mandare la polizia in via del Pratello (e pochi giorni dopo
in via
Zamboni). E se gli stessi signori scoprissero che qualche cartaccia per terra o un pacco di giornali bruciati si
troveranno anche ora, che le due case dello scandalo hanno porte e finestre murate? Cosa chiederanno: i vigili in
pattuglia giorno e notte? Il coprifuoco? Possibile che debba imporsi a tutti il malcontento di pochi che non
sopportano una chitarra che suona dopo il tramonto del sole, in una città in cui migliaia di persone
accettano senza
fiatare il rombo infernale del traffico sotto le finestre di casa, giorno e notte? Magari sarà colpa mia e dei
miei
cattivi pensieri, ma questa città in cui vivo mi sembra sempre più chiusa e intollerante, come se
fosse stretta in
un fortino a difesa dei suoi privilegi e della sua ricchezza. Come altrimenti devo interpretare i ricorrenti episodi
di razzismo: ricordate il «negro» picchiato durante la festa dei tifosi, il giorno della promozione del Bologna in
serie A? O che devo pensare della caccia all'uomo scatenata contro gli «anarchici» (non importa stabilire di chi
si tratti in particolare) rei di avere tentato di occupare qualche casa di proprietà comunale abbandonata
alle
erbacce? Oppure ancora della protesta di alcuni signori commercianti contro quel prete che per la sua
generosità
(soldi e cibo) attirava in una via del centro, cioè nella sua chiesa, troppa brutta gente (vale a dire
immigrati,
barboni, insomma poveri e bisognosi)? O vogliamo parlare dei profughi bosniaci bollati come zingari e respinti
dalla popolazione perché poi «quelli rubano, sporcano e disturbano»? Lo so, lo so: a Bologna
funziona tutto. Abbiamo il bancomat per i certificati dell'anagrafe e le prenotazioni
mediche, i pullman girano fino a notte tarda, il bilancio del Comune non è in rosso, sono stati creati anche
dei
centri (o dei recinti?) per gli immigrati, la gente è ospitale e «bon vivant». Tutto vero, ma il dubbio resta:
quest'invocazione di «legge e ordine» non sarà una patologica involuzione di una città ricca,
spaventata di perdere
anche solo una briciola dei suoi averi?
Lorenzo Guadagnucci (Bologna)
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