Rivista Anarchica Online
Mascolinità e guerra
di Andreas Steck
Senza negare che le strutture economiche e politiche sono una causa di guerra, un'analisi della mascolinità
solleva
alcune nuove domande per gli antimilitaristi
"Che stia combattendo per la Croazia, per la Bosnia, per la Serbia, per l'Indocina
o l'Uzbekistan, in qualunque
guerra, che sia liberatore o imperialista, il guerriero stupra le donne. Sente nella sua testa, nella sua pistola, nel
suo organo sessuale che tutte le invenzioni della civiltà lo incoraggiano a farlo." Così scriveva
la femminista
belgradese Lepa Mladjenovic sul numero di marzo 1993 di Peace News. "Tutto ciò,"
continuava, "non ha nulla
a che vedere con la ricreazione, se così la si può chiamare, ma è piuttosto la conferma
del proprio potere e la
soddisfazione di entrare a far parte del branco dei 'veri uomini'." Per molti anni le femministe hanno
richiamato l'attenzione sui legami tra la violenza maschile e la guerra. Queste
analisi sono state spesso concentrate sulla violenza espressa verso le donne in tempo di guerra, ma questa
è solo
una parte di un disegno più ampio che comprende la violenza verso gli altri uomini e la violenza verso
se stessi
- la cosiddetta "triade della violenza degli uomini", che si lega alla costruzione sociale della
mascolinità. Cambiare i concetti di
mascolinità Sarebbe troppo facile insistere sul "guerriero" come
personificazione della mascolinità. Sebbene questa sia
un'immagine importante della mascolinità, è evidente che le immagini della mascolinità
stanno cambiando, e
questa è una conseguenza del cambiamento d'immagine della femminilità e del cambiamento
delle domande
economiche. Innanzi tutto, la mascolinità non aveva mai avuto un'immagine unica, ma diverse, per
quanto mai parimenti
valutate. Solo alcuni uomini corrispondevano all'immagine "John Wayne" dell'uomo forte, atletico, potente e di
successo, indipendente dagli altri. E la mascolinità ha sempre assunto forme differenti tra le classi media
e
lavoratrice, la popolazione rurale e la comunità degli affari. Ma per lungo tempo la mascolinità
alla "John Wayne"
(o dell'uomo Marlboro) è stata la cosiddetta "mascolinità egemonica", vale a dire, la forma di
mascolinità più
accreditata, e la sua espressione più appariscente era l'immagine del "guerriero" nell'epoca degli eserciti
di massa
e (forse) della coscrizione. Ma i tempi sono cambiati. Non soltanto il movimento di liberazione delle donne
ha parzialmente liberato le donne
dagli stereotipi corrispondenti della femminilità, ma il vecchio disegno della mascolinità
egemonica
corrispondeva sempre meno alle domande dell'economia. L'immagine della rivalità, della competizione
aperta
e spesso violenta tra gli uomini, mal si accordava con le domande di un'economia altamente specializzata, nella
quale è richiesta la cooperazione. Tutto questo ha favorito l'incorporazione nel disegno della
mascolinità egemonica di nuovi valori: oggi gli uomini
dovrebbero essere almeno in parte collaborativi, dovrebbero preoccuparsi degli altri ed esprimere persino (alcuni)
sentimenti. Questa mascolinità modificata è ancora sessista e omofoba; richiede ancora il
successo (forse più che
in passato) e il potere sugli altri, soprattutto sulle donne. Non è certamente solo una coincidenza che
ciò risponda
a un cambiamento dell'immagine dell'esercito, non più una primitiva forza di combattimento, ma una
"forza di
polizia" o "costruttore di pace" globale, altamente tecnologicizzato. Entrambi i processi - il cambiamento
della mascolinità e dell'esercito - sono ancora in corso, e, come sempre nei
processi sociali, ci sono numerose contraddizioni. Ma così come l'esercito non diventerà mai un
"movimento
pacifista", la mascolinità non potrà mai esistere senza una qualche forma di
patriarcato. Mascolinità e antimilitarismo Cosa significa
questo per l'antimilitarismo? Appare ovvio che il rapporto tra mascolinità e guerra non può essere
limitato allo stupro in tempo di guerra e al legame maschile nell'esercito. E' molto più profondamente
radicato
nel concetto di mascolinità. Senza voler negare che le strutture politiche ed economiche sono una
causa di guerra, un'analisi della mascolinità
solleva alcune nuove domande per gli antimilitaristi, soprattutto se "siamo decisi a batterci per eliminare tutte le
cause di guerra" (dichiarazione del WRI - War Resisters' International). Nel suo Thesis on Militarised
Masculinity, Uli Wohland sostiene che "senza un ri-orientamento di vasta portata di tutto il lavoro pacifista e
antimilitarista, delle iniziative e delle azioni di resistenza, finiamo per lavorare in sostegno di un'ossessione
mascolina sciovinista e guerrafondaia." Come primo passo, tale ri-orientamento deve comprendere il
cambiamento delle strutture sessista e patriarcale
in organizzazioni antimilitariste. Tutti noi sappiamo che le organizzazioni più antimilitariste sono
dominate dagli
uomini (e certamente il WRI non fa eccezione!), e operano secondo uno stile politico maschile. Le donne sono
spesso responsabili dell'"ambiente interno" dei nostri gruppi, mentre gli uomini sono responsabili del lavoro
pubblico. E se le donne diventano attiviste, non ci si aspetta forse che agiscano secondo i valori maschili? Non
siamo noi stessi a incoraggiare nelle nostre organizzazioni il comportamento mascolino tradizionale, con lo
"stakanovismo" e la soppressione dei bisogni individuali? (Nel mio caso è sicuramente
così!) Noi antimilitaristi, nelle nostre azioni non-violente e nell'immagine dei resistenti totali che sono
"abbastanza
forti" da affrontare la prigione e via dicendo (lo scrivo come resistente totale), continuiamo a riprodurre lo
stereotipo di genere dell'"uomo forte e potente". Non intendo suggerire che queste azioni siano sbagliate in
sé.
Sono ancora necessarie e forse oggi più di sempre. Ma dal mio punto di vista, un'azione non-violenta
dev'essere
sempre indirizzata a tutte le forme di violenza: diretta, strutturale e culturale. Questo è molto difficile,
non solo
per gli uomini, ma particolarmente per loro, perché noi non stiamo soltanto interpretando un ruolo
maschile,
siamo espressione della nostra mascolinità costruita - anche se siamo eccentrici. Riuscire a fare i conti
con questo dato, sia come uomini sia come donne, è un compito di quelli che ti
accompagnano tutta la vita. Ma un aspetto essenziale della lotta antimilitarista è di "rimuovere tutte la
cause di
guerra", e non di aggiungersi a esse. E' davvero giunta l'ora di includere la questione del genere nella nostra opera
contro il militarismo!
(traduzione di Stefano Viviani dal periodico pacifista inglese
Peace News - novembre '96)
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