Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 237
giugno 1997


Rivista Anarchica Online

I nuovi lettori
di Filippo Trasatti

In un bel racconto di Erri De Luca, teso e scevro d'ogni sentimentalismo, un padre morente cerca di riannodare il filo tagliato del rapporto con il figlio, spiegandogli che cosa sono stati i libri per lui. Ovviamente non sono d'accordo, ma ciò che li lega insieme, ancora per una volta, è la morte imminente, la scomparsa della memoria e quasi la necessità rabbiosa di afferrare ciò che resta. I libri, dice il padre, "sono l'unico posto dove l'esperienza che uno fa del mondo, trova le parole d'accompagnamento". Il padre indica cioè nell'esperienza della lettura la sua funzione di duplicazione del mondo e dell'esperienza, ma ancor più fa pensare a una sorta di musica che ci accompagna nella vita. Per fare una buona esperienza di lettura ci vogliono cioè l'esperienza del mondo, una certa capacità di ripiegamento riflessivo su di sé (che poi è la solitudine attenta e lucida), e un buon orecchio. E' esattamente ciò che ancora manca nell'età di formazione e che la scuola ha continuato in fondo a minare. Non servono a nulla le lamentazioni di convegni apocalittici e studiosi integrati sulla crisi del libro oggi. Sembra di sentir risuonare da sempre nelle orecchie questi temi epocali: il libro sta per morire? E se un giorno si avverasse la profezia di Fahrenheit 451? Se il libro stampato è una tecnologia umana, sorta in un certo momento storico, non dovrà anch'essa tramontare ed essere sostituita da altre tecnologie più "moderne"?
Si parla da anni di crisi del libro a causa dell'impatto delle nuove tecnologie. Forse proprio da questa crisi abbiamo da imparar qualcosa. Oppure possiamo continuare a far finta di nulla come se i libri avessero ancora la stessa funzione di 100 o 50 anni fa.
La paura, degli insegnanti, degli educatori e degli editori, a parole anche dei politici (anche se va ricordato sempre il parere di Himmler sull'educazione dei polacchi: "Non ritengo indispensabile che imparino a leggere"; da tener buona perché può tornar di moda), ma più in generale di tutte le persone che amano la cultura è che il libro venga spazzato via dalla televisione e dal computer, magari integrati e dunque ancor più potenti. I giovani, si dice, leggono sempre meno; ma a ben vedere non è vero: magari è più difficile trovare il diciottenne che legga sua sponte Thomas Mann, ma i cosiddetti giovani in generale leggono più di quel che non si dica. E leggono praticamente senza nessun aiuto, forse leggono più contro e nonostante, che grazie a. D'altra parte chi si assume, ammesso che questo abbia senso, (e perché) il compito di proteggere la cultura del libro? La scuola? Gli editori? Il governo? A me sembra che più che il libro, stia già tramontando un modo particolare d'approccio al libro che chiamerei "scolastico", in riferimento alla scuola ma anche al metodo scolastico tardomedioevale. E' che non regge più quel rapporto con il libro come autorità, perché semplicemente nel nostro mondo esso ha cambiato funzione. Provate a pensare che cosa ha significato (e significa) per voi il libro nell'età adolescenziale, e com'è cambiato nel corso del tempo il vostro rapporto con la lettura.
E' cambiato e cambia non solo la tecnologia, ma anche il modo di accostarsi al libro. Le storie della lettura ci mostrano quanto diversi siano stati i modi di accostarsi alla lettura prima e dopo l'invenzione della forma-libro. E' celebre il brano delle Confessioni in cui Agostino, in visita a S. Ambrogio, vescovo di Milano, nota con stupore che legge in silenzio: "I suoi occhi correvano sulle pagine e la mente ne penetrava il concetto, mentre la voce e la lingua riposavano." L'uso della lettura silenziosa, diffusasi nei monasteri per rispettare il silenzio, divenne a poco a poco una pratica corrente. La lettura è progressivamente disincarnata, perde il corpo e la voce e diventa puramente spirituale. Se questa è la direzione di sviluppo ci vorranno altri secoli, con notevoli trasformazioni tecnologiche ed etologiche, perché il nuovo modello arrivi effettivamente ad imporsi nell'epoca della scolastica. Ivan Illich ha illustrato magistralmente il rapporto tra corpo e lettura utilizzando il concetto di corporage. Per i monaci la lettura impegnava ancora tutto il corpo, non soltanto gli occhi com'è per noi. Era un modo di vivere che li accompagnava per tutta la giornata. Sette volte al giorno erano riuniti insieme in chiesa a leggere e ad ascoltare salmi e durante il lavoro la lettura veniva ruminata attraverso un continuo borbottio. Il testo sacro e i suoi suoni costituivano per così dire la partitura di un'intera vita (Nella vigna del testo, Cortina edizioni, Milano 1994). Nel Basso Medioevo, a cavallo tra XII e XIII secolo, epoca di pieno sviluppo del metodo scolastico, avvengono altri mutamenti importanti. E' l'epoca in cui cominciano a circolare libri cartacei, seppur ancora piuttosto fragili e rari. Illich (Conversazioni con Ivan Illich, Eleuthera, Milano 1992) ha visto in Ugo da S.Vittore a metà del XII secolo una sorta di spartiacque tra due modalità diverse di accostarsi al testo; è nella sua epoca che avvengono quei cambiamenti importanti nella percezione della pagina del testo, che costituiscono lo sfondo del successivo mondo gutenberghiano in cui abbiamo imparato a vivere come se fosse naturale. Dopo Ugo da S.Vittore si va perdendo quella coralità, quello spazio uditivo comune che erano lo sfondo della lettura monastica. Il lettore viene progressivamente a legarsi in un rapporto più stretto e chiuso con la pagina. "Dopo la morte di Ugo, il suono delle righe della pagina si spegne e la pagina diventa uno schermo per l'ordine voluto dalla mente." E' questo modello gutemberghiano che forse non regge più o più correttamente, sta perdendo rapidamente la propria posizione dominante. Se per secoli il libro è stato un territorio ben conosciuto, praticato e dunque assai rassicurante, come una vera e propria casa, oggi stanno dissolvendosi i suoi confini, il suo carattere di recinto chiuso. Lo si vede, ad esempio, in quel modello nuovo e ancora poco esplorato che è la forma ipertestuale. L'ipertesto è un'opera aperta che offre al lettore una rete fondamentale che egli può percorrere seguendo ogni volta gli itinerari che gli sono più congeniali. Un rapporto più attivo, insomma. Le nuove tecnologie forzano il rapporto di lettura tradizionale, lo rimettono in discussione, ci spingono a leggere in modo diverso i libri. Questi, da monoliti che erano, diventano macchine, che possono essere smontate e ricomposte. Da idoli, artefatti umani. Infine, le metafore della "navigazione", offrono quel movimento che mancava alla lettura tradizionale. E' una specie di reazione dei nomadi contro i sedentari. Forse non è del tutto casuale che si legga tanto in movimento. Chi viaggia spesso sa che la metropolitana, o i treni dei pendolari, anche alle ore più impossibili, sono piene di lettori accaniti che leggono di tutto: quotidiani, riviste, libri pocket, dispense universitarie. C'è qualcosa di particolare in questa lettura: quasi un'ebbrezza del leggere in movimento, lontani da casa, dalla biblioteca, dalle voci note, nomadi metropolitani, cacciatori di storie. E' come una condizione di sospensione da terra durante la quale possiamo lasciarci andare più liberamente al viaggio della lettura.
Illich, con il suo consueto acume, ci mostra un mondo, quello dei monaci, che risiedono nelle stesso luogo (poche decine di metri quadrati) per tutta la vita, dunque sedentari al massimo grado, che hanno un rapporto con la lettura ben più ricco del nostro, un rapporto in cui il corpo ha una parte essenziale. I nomadi di oggi, con il corpo atrofizzato davanti allo schermo, sono alla ricerca di un nuovo rapporto con la lettura, corporeo in contrapposizione all'immaterialità della parola elettronica, più vivo di quello con i testi canonici, più mobile come quello con le nuove tecnologie dell'elettronica.