Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Istruzioni alla prole
Fra i segnali emessi dai ratti - racconta Pierantoni ne La trottola di Prometeo (Laterza 1997),
un libro che è molto
di più di una "introduzione alla percezione acustica e visiva", perché coinvolge sagacemente sia
il linguaggio che
le arti -, ce n'è uno, particolarmente complesso dal punto di vista della struttura temporale e della
frequenza (dura
fra i 60 e gli 80 millisecondi ed è costituito da tre emissioni simultanee che si vengono a sovrapporsi, con
frequenze che vanno dai 4 ai 12-16 Kilohertz). E' il segnale emesso dalla prole appena nata a tutto beneficio della
solerte genitrice che, così, non incontra soverchie difficoltà nel localizzare e nell'intervenire
prontamente. Anche
il macaco giapponese, a quanto sembra, è dotato di un'utile strumentazione linguistica che sembra fatta
apposta
per non incappare in equivoci. Ha un "coo", per esempio, che usa sia quando passeggia solitario e
presumibilmente pensieroso - per poter essere localizzato -, sia allorché, da giovane e debole, si presenta
all'adulto
e forte - manifestandogli, dunque, la dovuta sottomissione. I due "coo" sono caratterizzati da medesima frequenza,
stesso intervallo temporale e stessa spesa energetica, ma l'accento è diversamente distribuito: "se il picco
di
energia avviene prima dei 125 msec.", dice Pierantoni, "l'animale lo interpreta come il richiamo di
un altro, se
viene emesso dopo i 125 msec. l'animale lo interpreta come un atto di sottomissione". Chi volesse constatare cose
del genere "scendendo" nella cosiddetta scala evolutiva, può arrivare almeno fino ai batteri, che
"conversando
chimicamente", in rapporto al nutrimento a disposizione nel contorno, sanno passare dalle condizioni
popolazionali a quelle di un unico corpo in grado di sopportare le economie del caso (cfr. R. Losick e D. Kaiser,
La comunicazione nei batteri in Le Scienze 345, maggio 1997). Per i "padroni
del mondo", per coloro che vivono la "grande era delle comunicazioni", invece, le cose non vanno
così bene. Né si localizzano facilmente, né emettono segnali univoci, né si
capiscono e, mai - neppur
metaforicamente - solidalizzano al punto di formare un unico corpo. Gli esseri umani, si sa, sono pasticcioni. A
maggior ragione, poi, quando si tratta di comunicare con i loro bambini. Non bastasse l'esperienza quotidiana
- che siamo peraltro abituati ad occultare abilmente - sintomo ben grave ne
è il film Un giorno...per caso, dove, sotto la guida di un certo Hoffman,
l'occhiovelata Michelle Pfeiffer e
l'accattivante George Clooney si danno da fare per giustificare a sufficenza una loro storia d'amore molto
deterministica e pochissimo casuale. Entrambi genitori singoli e relitti successivi al divorzio tentano l'ardua
impresa della gestione dei rispettivi figlioletti. Qualsiasi messaggio emettano nei loro confronti viene
puntualmente disatteso. Gli si dice: "aspettami qui, seduto, da bravo" e un minuto dopo il pargolo ha già
attentato
alla vita di un intero ufficio; le si dice "seguimi" e, percorsi un paio di metri, lei non c'è più -
perché la prima
gattina che passa ha un potere attrattivo mille volte più forte di quello del padre. Non si capisce come
siano
arrivati vivi alla veneranda età di sei o sette anni. Ogni comunicazione con loro è decisamente
impedita dal
rumore di fondo (ancora dal libro di Pierantoni possiamo venire a sapere che, nel 1936, il traffico nel centro di
New York era valutato 68 decibel, mentre, oggi, la metropolitana della stessa città produce la delizia di
100
decibel), dall'inettitudine dei sistemi di emissione, dalla disattivazione dei sistemi di ricezione o dal quadro
ideologico. Già, perché anche i valori hanno il loro peso nelle disfunzioni ormai cronicizzate
del sistema di comunicazione.
I due adulti in questione, pur impegnati da bravi cittadini a tirare avanti il sistema americano - lui è il
giornalista
coraggioso che denuncia la corruzione, lei l'architetto che progetta ambienti vivibili e "a misura d'uomo" -, infatti,
annaspano sotto il macigno dei loro rispettivi sensi di colpa. Lei sta lontana dai maschi e lui non riesce a star
lontano dallo psicoanalista, entrambi sono rosi dall'ansia e dall'insicurezza, figuriamoci se riescono a "rinforzare"
i loro flebili messaggi ai figli. Danno un'istruzione, non viene presa neppure in considerazione e reagiscono con
carezze sorrisi e comprensione infinita. Il risultato sarebbe ovviamente lo sfacelo se la benevola sceneggiatura,
di superficialità in inverosimiglianza, non provvedesse al lieto fine secondo il programma preventivato.
Il sonno
e l'amore ripagano di una giornata dannatamente impervia, i bambini li guardano, li giudicano, e si amministrano
la propria vita a suon di videocassette. Alla mamma, tutt'al più, si chiede di far scappare via veloci le
immagini
del "cattivo"; lei non se lo fa dire due volte ed esegue - così che nulla, ma proprio nulla, possa apparire
simile ad
un castigo. Erwin Goffman, in un libro del 1981, Forme del parlare (edizione italiana, Il Mulino
1987) annota che "i bambini
più degli adulti sono soggetti a pubblici rimproveri e sono dediti a beffe esplicite". Un
giorno...per caso, forse
inavvertitamente, sembrerebbe voler rappresentare una realtà molto diversa, ma, nel passaggio da quella
a questa,
comunque, la controparte debole dell'interazione sociale rimane sempre la stessa. Gli incapaci a trasformare la
società e ad autogovernarsi nascono sia dall'autoritarismo che dallo scarico delle
responsabilità.
|