Rivista Anarchica Online
Le uova avvelenate
di Maria Matteo
Il pulcino Tamagochi, il serenissimo veneto governo, le vicende di Sura - bosniaca residente a Fiume. Tre temi
apparentemente slegati
Quando leggerete queste note ve lo sarete certamente già dimenticato il
famoso e fors'anche famigerato pulcino
elettronico ma non preoccupatevi: questa, così come tante altre notizie che badano più alla
creazione di un effetto
di facile sensazionalismo che ad aprire una riflessione ponderata ed attenta, era sin da principio destinata all'oblio.
Vi ricorderò pertanto brevemente la vicenda: un giochino elettronico giapponese pare stia turbando la
tranquillità
dei bambini americani che hanno avuto la ventura di possederne uno. A quanto pare, infatti, il pulcino in
questione proverrebbe da Marte e, così come ogni altro infante terrestre umano o animale avrebbe
bisogno di cure
continue, di essere seguito, pulito, nutrito e coccolato. Il gioco, ci rammenta Huitzinga nel suo celeberrimo
Homo Ludens, non è una cosa seria, poiché non ha nulla a
che fare con le attività che regolano la vita quotidiana individuale ed associata delle persone, tuttavia, non
può
essere svolto che con estrema serietà. Nessuno gioca con tanto maggiore partecipazione ed attenzione dei
bambini
e, d'altro canto, sappiamo bene quale enorme importanza formativa rivesta il gioco. In questi giorni si sono
mobilitati in molti: sociologi e psicologi, sacerdoti di un paio di religioni e opinionisti vari.
Tutti si sono affrettati a spiegare perché il pulcino marziano sia pericoloso per l'equilibrio psichico dei
bambini
e deleterio per il loro rendimento scolastico. Pare infatti che vi siano stati casi di bambini che la preoccupazione
per la salute ed il benessere del pulcino Tamagochi ha reso ansiosi in modo eccessivo; altri invece sembra
tralascino ogni altra occupazione per accudire il piccolo quando questo ne ha bisogno. D'altro canto la regola del
gioco stabilisce che se il pulcino non viene seguito ogni quattro ore morirà sicuramente. Le descrizioni
giornalistiche descrivono la morte elettronica del pulcino marziano come evento particolarmente traumatico: il
cuore si dilegua nello spazio virtuale, dopo straziante agonia del pulcino. Le critiche feroci che hanno
investito quest'ennesimo prodotto dell'industria elettronica insistono unanimi sulla
difficoltà di affidare ad un bambino la responsabilità di una vita sia pure quella del tutto virtuale
del pulcino
marziano. Non me la sento certo di escludere tale possibilità: non è infatti improbabile che un
bambino, che
nell'universo del gioco rappresenta tutto se stesso, possa considerare intollerabile un tale onere. Tuttavia
l'accanimento contro il pulcino Tamagochi non poteva non far pensare ai giochi che capita a chiunque di veder
usare ai bambini nostrani: il contrasto non potrebbe essere più stridente. Mostri, torture, omicidi vari,
esaltazione
della guerra e dello scontro fisico sono gli elementi più comuni nei giocattoli dei bambini che conosco,
compresi
non di rado quelli che la buona volontà di genitori libertari tenta di indirizzare altrove. Le cronache
tuttavia non
paiono registrare casi di nevrosi tra chi trascorre l'infanzia tra simili ameni trastulli: il che beninteso non significa
che i sogni dei bimbi non ne siano mai turbati ma è certo un indice inequivocabile dell'universo
assiologico che
permea il corpo sociale della nostra ridente penisola. La lotta, la competizione sfrenata, il vivi e lascia morire ne
sono i più evidenti segni distintivi. Prendersi cura, essere solidali e cooperativi non solo non ha alcuna
valenza
positiva ma è attitudine da evitare, nascondere, delegare il più possibile ad altri. Certo le funzioni
di cura non
fanno tradizionalmente parte dei valori forti cui ciascuno deve riferirsi: non è certo un caso che siano
tradizionalmente appannaggio delle donne, la parte "debole" della società, quella che ancor oggi non ha
del tutto
acquisito pieno diritto di cittadinanza, tuttavia siamo oggi più che mai di fronte ad una negazione della
sofferenza,
del disagio, della morte. Malati e moribondi sono relegati negli ospedali, nascosti quale spettacolo indecoroso alla
vista dei più. Allo stesso modo devono stare discosti, il meno visibili possibile i poveri, i profughi, gli
zingari,
perché la loro stessa vista costituisce uno spettacolo indecoroso, da rimuovere al più presto
possibile. In questi giorni si è fatto un gran parlare del Veneto, in particolare di quel Veneto
profondo dal quale sono partiti
gli otto "patrioti" che hanno più o meno simbolicamente occupato la piazza ed il campanile di San Marco
a
Venezia. E' quel Veneto dove il sindaco leghista di Chioggia ha proibito la manifestazione del primo maggio a
CGIL,CISL e UIL, dove un comitato di cittadini di Schio ha raccolto ben milleottocento firme per protestare
contro la presenza di un piccolo centro sociale e di un limitato gruppo di profughi albanesi e di una famiglia di
nomadi. E' lo stesso Veneto da cui negli ultimi cento anni sono partiti in molti per emigrare nelle americhe, in
Germania, in Francia e verso le altre regioni di quella che solo una sfrenata fantasia leghista riesce a chiamare
Padania. E' gente che oggi vive abbastanza bene, che il terrore di un improbabile accerchiamento di una turba di
straccioni provenienti dal sud del mondo induce a reinventarsi un nazionalismo piccolo piccolo,
un'identità
ricostruita a tavolino, a rintanarsi nei granai per progettare rivoluzioni ed insurrezioni. Nei documenti del
"Serenissimo Veneto Governo" si apprende che queste "brave persone" vogliono l'indipendenza per preservare
la razza veneta dal pericolo di commistioni con africani ed asiatici. A quanti si sono affrettati a definire l'episodio
di piazza San Marco una penosa ma inoffensiva sceneggiata folcloristica è forse opportuno rammentare
che anche
le prime camicie nere furono oggetto di scherno, così come d'altra parte capita alle camicie verdi bossiane.
Tuttavia l'idea che gente dall'apparenza quieta: operai, impiegati, agricoltori con lo status di "gente per bene"
metta a repentaglio la propria vita per inseguire prospettive rivoluzionarie non mi pare affatto tranquillizzante.
D'altra parte il vigoroso e repentino intervento dello stato nazionale nell'occasione rappresentato dai Nuclei
Operativi Speciali dei Carabinieri la dice lunga su quanto poco il governo abbia sottovalutato la valenza simbolica
dell'azione di quegli otto "bravi ragazzi". Nella trasmissione televisiva Pinocchio, per l'occasione ovviamente
ambientata a piazza San Marco, il conduttore
Gad Lerner, tenendo a battesimo il consueto serraglio di politici, imprenditori, magistrati, che ogni
martedì si
esibiscono nel suo teatrino si è del tutto ovviamente affrettato a chiedere ragione a Bossi dei toni spesso
sfacciatamente bellicisti della sua propaganda, che avrebbero potuto indurre della gente semplice ad
un'interpretazione un po' troppo letterale delle indicazioni del suo leader. Il buon Bossi se l'è cavata
egregiamente, esibendo il consueto cocktail di arroganza e sfacciataggine, fors' anche perché consapevole
che
le parole non trascinano se non chi è disposto a farsi trascinare, non seducono se non chi è
più che pronto a farsi
affascinare. In quest' Italia sempre più campanilista e, per altro verso, sempre più
paurosamente nazionalista, un'Italia in cui
i rigurgiti neorisorgimentali fanno da preciso contrappunto al secessionismo padano, la commissione bicamerale
per le riforme istituzionali continua i propri lavori, accingendosi a disegnare un Paese il cui assetto istituzionale
dei prossimi anni sarà lo specchio di queste contrapposte ma specularmente simili tendenze. Sarà
un'Italia che,
se la bicamerale riuscirà a concludere i propri lavori senza intoppi, vedrà un considerevole
rafforzarsi
dell'esecutivo centrale e al tempo stesso una forte crescita delle autonomie locali, specie in materia fiscale. La
differenza tra il presidenzialismo più o meno hard delle destre ed il governo del premier proposto
dall'Ulivo non
appare particolarmente rilevante, al punto che oggi la tesi più volte espressa in area libertaria negli ultimi
anni
per la quale il nostro Paese è ormai di fatto governato da un Partito Unico trova una precisa
conferma. Non resta che augurarci che un'Italia con un assetto istituzionale all'americana e attraversata da
sempre più forti
correnti balcaniche riesca a non rendere reali i mostri che già attraversano i giochi e le fantasie dei nostri
bambini.
Nella "Clinica raccapricciante del professor Horribilus", che non è il titolo del consueto film dell'orrore
ma un
giocattolo infantile, i bambini si esercitano a fabbricare mostri per poi mangiarli. Come non pensare ai recenti e
sin troppo reali orrori della guerra in ex-Jugoslasvia? Come non pensare che gli attacchi armati ai centri di
accoglienza per immigrati, che sino a poco tempo fa pensavamo potessero accadere solo in Germania o in Francia,
sono entrati anche nelle nostre cronache? A Torino colpi di pistola sono stati esplosi contro gli abitanti di un
centro di accoglienza "rei" di stare facendo uno sciopero della fame per ottenere più decenti condizioni
di vita. Oggi che la guerra è finita sempre più rade sono le cronache sulla ex-Jugoslavia
post-bellica, sulle condizioni di
vita di chi risiede nelle nuove compagini statali sorte dopo il massacro, il sangue, le torture ed i campi di
concentramento: in una recente trasmissione televisiva gli autori, preoccupati di mostrare come ormai regni la
pace ci hanno fatto vedere giovani che affollano le discoteche e "hanno tanta voglia di normalità" ma si
sono ben
guardati dal dire che un bosniaco non può attraversare il territorio sloveno. Qualche giorno orsono ho
incontrato
a Mestre Sura Dumanic, una bosniaca residente a Fiume, che, non potendo passare dalla Slovenia, si è
dovuta
imbarcare: il suo viaggio da Fiume a Mestre è durato così ben undici ore. Sura è obbligata
a domandare continui
rinnovi del permesso di soggiorno poter continuare ad abitare a Fiume: lei non intende arrendersi ma, nonostante
le difficoltà, continuerà a viaggiare per mantenersi in collegamento con le altre donne che sin dai
tempi della
guerra si sono adoperate contro il razzismo, la xenofobia, il nazionalismo più esacerbato. Chi malgrado
i pesanti
segnali che da più parti giungono continuasse a credere che anche oggi da noi nulla di simile potrebbe
mai
accadere dorma, se ci riesce, sonni tranquilli; gli altri, gli scettici è tempo che sempre più si
adoperino per creare
quelle reti di solidarietà e cooperazione sociale che possono costituire il solo efficace anticorpo ai virus
letali che
sempre più si propagano nel corpo sociale. Se le uova di una gallina marziana virtuale fanno tanta
paura, se un gioco di cura è considerato pericoloso per i
bambini è segno che viviamo tempi duri, è segno che occorre intensificare l'impegno ad allargare
ed estendere
una cultura ed una pratica libertaria e solidale. Altrimenti rischiamo che le uova delle galline di domani siano
uova avvelenate.
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