Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 238
estate 1997


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Istruzioni alla prole

Fra i segnali emessi dai ratti - racconta Pierantoni ne La trottola di Prometeo (Laterza 1997), un libro che è molto di più di una "introduzione alla percezione acustica e visiva", perché coinvolge sagacemente sia il linguaggio che le arti -, ce n'è uno, particolarmente complesso dal punto di vista della struttura temporale e della frequenza (dura fra i 60 e gli 80 millisecondi ed è costituito da tre emissioni simultanee che si vengono a sovrapporsi, con frequenze che vanno dai 4 ai 12-16 Kilohertz). E' il segnale emesso dalla prole appena nata a tutto beneficio della solerte genitrice che, così, non incontra soverchie difficoltà nel localizzare e nell'intervenire prontamente. Anche il macaco giapponese, a quanto sembra, è dotato di un'utile strumentazione linguistica che sembra fatta apposta per non incappare in equivoci. Ha un "coo", per esempio, che usa sia quando passeggia solitario e presumibilmente pensieroso - per poter essere localizzato -, sia allorché, da giovane e debole, si presenta all'adulto e forte - manifestandogli, dunque, la dovuta sottomissione. I due "coo" sono caratterizzati da medesima frequenza, stesso intervallo temporale e stessa spesa energetica, ma l'accento è diversamente distribuito: "se il picco di energia avviene prima dei 125 msec.", dice Pierantoni, "l'animale lo interpreta come il richiamo di un altro, se viene emesso dopo i 125 msec. l'animale lo interpreta come un atto di sottomissione". Chi volesse constatare cose del genere "scendendo" nella cosiddetta scala evolutiva, può arrivare almeno fino ai batteri, che "conversando chimicamente", in rapporto al nutrimento a disposizione nel contorno, sanno passare dalle condizioni popolazionali a quelle di un unico corpo in grado di sopportare le economie del caso (cfr. R. Losick e D. Kaiser, La comunicazione nei batteri in Le Scienze 345, maggio 1997).
Per i "padroni del mondo", per coloro che vivono la "grande era delle comunicazioni", invece, le cose non vanno così bene. Né si localizzano facilmente, né emettono segnali univoci, né si capiscono e, mai - neppur metaforicamente - solidalizzano al punto di formare un unico corpo. Gli esseri umani, si sa, sono pasticcioni. A maggior ragione, poi, quando si tratta di comunicare con i loro bambini.
Non bastasse l'esperienza quotidiana - che siamo peraltro abituati ad occultare abilmente - sintomo ben grave ne è il film Un giorno...per caso, dove, sotto la guida di un certo Hoffman, l'occhiovelata Michelle Pfeiffer e l'accattivante George Clooney si danno da fare per giustificare a sufficenza una loro storia d'amore molto deterministica e pochissimo casuale. Entrambi genitori singoli e relitti successivi al divorzio tentano l'ardua impresa della gestione dei rispettivi figlioletti. Qualsiasi messaggio emettano nei loro confronti viene puntualmente disatteso. Gli si dice: "aspettami qui, seduto, da bravo" e un minuto dopo il pargolo ha già attentato alla vita di un intero ufficio; le si dice "seguimi" e, percorsi un paio di metri, lei non c'è più - perché la prima gattina che passa ha un potere attrattivo mille volte più forte di quello del padre. Non si capisce come siano arrivati vivi alla veneranda età di sei o sette anni. Ogni comunicazione con loro è decisamente impedita dal rumore di fondo (ancora dal libro di Pierantoni possiamo venire a sapere che, nel 1936, il traffico nel centro di New York era valutato 68 decibel, mentre, oggi, la metropolitana della stessa città produce la delizia di 100 decibel), dall'inettitudine dei sistemi di emissione, dalla disattivazione dei sistemi di ricezione o dal quadro ideologico.
Già, perché anche i valori hanno il loro peso nelle disfunzioni ormai cronicizzate del sistema di comunicazione. I due adulti in questione, pur impegnati da bravi cittadini a tirare avanti il sistema americano - lui è il giornalista coraggioso che denuncia la corruzione, lei l'architetto che progetta ambienti vivibili e "a misura d'uomo" -, infatti, annaspano sotto il macigno dei loro rispettivi sensi di colpa. Lei sta lontana dai maschi e lui non riesce a star lontano dallo psicoanalista, entrambi sono rosi dall'ansia e dall'insicurezza, figuriamoci se riescono a "rinforzare" i loro flebili messaggi ai figli. Danno un'istruzione, non viene presa neppure in considerazione e reagiscono con carezze sorrisi e comprensione infinita. Il risultato sarebbe ovviamente lo sfacelo se la benevola sceneggiatura, di superficialità in inverosimiglianza, non provvedesse al lieto fine secondo il programma preventivato. Il sonno e l'amore ripagano di una giornata dannatamente impervia, i bambini li guardano, li giudicano, e si amministrano la propria vita a suon di videocassette. Alla mamma, tutt'al più, si chiede di far scappare via veloci le immagini del "cattivo"; lei non se lo fa dire due volte ed esegue - così che nulla, ma proprio nulla, possa apparire simile ad un castigo.
Erwin Goffman, in un libro del 1981, Forme del parlare (edizione italiana, Il Mulino 1987) annota che "i bambini più degli adulti sono soggetti a pubblici rimproveri e sono dediti a beffe esplicite". Un giorno...per caso, forse inavvertitamente, sembrerebbe voler rappresentare una realtà molto diversa, ma, nel passaggio da quella a questa, comunque, la controparte debole dell'interazione sociale rimane sempre la stessa. Gli incapaci a trasformare la società e ad autogovernarsi nascono sia dall'autoritarismo che dallo scarico delle responsabilità.