Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 241
dicembre 1997 - gennaio 1998


Rivista Anarchica Online

Arditi del popolo
di Dino Taddei

Sugli Arditi del popolo poco si sa, pochissimo è stato scritto ed anche nella tradizione orale si arriva a malapena a qualche canto postumo.
Un serio contributo ci arriva da Marco Rossi che nel suo libro "Arditi, non gendarmi!" (BFS edizioni, Pisa, 1997 pp. 192) ricostruisce, da paziente cesellatore storico, le vicende di queste formazioni dimostratesi l'unico efficace antidoto alla dilagante violenza dello squadrismo fascista.
Attorno a questa pagina importante della storia italiana sembra sia caduta una congiura del silenzio; del resto il fenomeno più vasto dell'arditismo e di quello che ha rappresentato nel crepuscolo dello stato liberale è di ardua interpretazione sia per l'eterogeneità di istanze di cambiamento che portò gli arditi su posizioni contrapposte, sia per il suo complesso intreccio con socialisti rivoluzionari, legionari fiumani, futuristi e quant'altro si muoveva di ribellistico nel panorama di quegli anni.
Merito di Marco Rossi è quello di non isolare l'esperienza degli Arditi del popolo ma di tentare un primo bilancio complessivo dell'arditismo, dalla nascita nella Grande Guerra come reparti d'élite, insofferenti alla disciplina ed alla gerarchia, fino a divenire vuota scenografia del fascismo.
Eppure l'arditismo rappresenta uno snodo fondamentale per capire le contraddizioni del primo dopoguerra, una sorta d'imbuto delle tensioni ma anche delle speranze che agitarono la società italiana; stretta tra una devastante crisi economica, il mito della rivoluzione, le paure della borghesia ed un reducismo pronto ad ogni avventura.
Il fascismo fu un tardivo interprete dell'arditismo, certo, ne prese la camicia nera, i simboli, le parole d'ordine ma in ben altre situazioni gli arditi pesarono sul piatto della bilancia politica nazionale: dalle occupazioni delle fabbriche nel biennio rosso all'impresa fiumana di D'Annunzio. A proposito della quale è necessario ricordare che essa non fu solo una bieca rivendicazione nazionalista, a mezza strada tra una farsesca signorìa rinascimentale e la prova generale del fascismo, fu anche e soprattutto un eccezionale laboratorio sociale che vide l'attiva partecipazione di personaggi del calibro di Alceste De Ambris, uomo di punta del sindacalismo rivoluzionario, di Giuseppe Giulietti, segretario della potente Federazione Lavoratori del Mare e del vivo interesse dello stesso Malatesta.
È da queste esperienze che muovono i primi passi gli Arditi del popolo, arrivando a contare più di tremila militanti nella sola città di Roma, grazie alla spinta organizzativa impressa da Argo Secondari, tenente degli arditi durante la guerra e di forti tendenze anarchiche, al quale non è stata mai resa piena giustizia se uno storico dalla autorevolezza di Paolo Spriano ancora lo classifica nella "Storia del Partito comunista italiano" come poco meno che un provocatore della polizia.
D'altronde già nell'agosto del '21 il PCd'I scomunicò, dopo una prima convergenza, queste formazioni armate che furono abbandonate, in tempi diversi, da tutte le forze politiche meno che dagli anarchici, spuntando una delle risposte popolari più temute dagli squadristi. Probabilmente il fascismo sarebbe andato al potere ugualmente ma è altrettanto vero che la sua legittimazione, agli occhi dei suoi molti finanziatori, se la conquistò sul piano militare, spazzando via a suon di fucile e di bastone organizzazioni che contavano milioni di iscritti ma assolutamente incapaci di opporre una benché minima resistenza organizzata.
È interessante notare come i momenti di crisi del giovane fascismo coincidano con le risposte di autodifesa popolare di Sarzana, di Parma, di Bari che videro in prima fila l'arditismo popolare.
Molti di questi antifascisti, come ci ricorda Rossi, non si arresero all'instaurazione della dittatura ma continuarono una lotta senza quartiere come gli anarchici Antonio Cieri, figura di primo piano nella difesa di Parma caduto nel '37 in Spagna o Emilio Canzi, leggendario comandante partigiano.