Rivista Anarchica Online
Buon compleanno Lamberto!
di Francesco Codello e Ferro Piludu
Ha appena compiuto 90 anni Lamberto Borghi, pedagogista di fama mondiale e di forte connotazione libertaria
Lamberto Borghi compie novant'anni. Nato a Livorno nel 1907, si laurea in filosofia
nel 1929 con una tesi su
Erasmo da Rotterdam. Nove anni dopo, perseguitato dalle leggi razziali, emigra negli Stati Uniti dove entra in
sodalizio con numerosi intellettuali italiani antifascisti, tra i quali Nicola Chiaromonte e Gaetano Salvemini,
lavorando in diverse Università. Ritornato in Italia dopo la caduta del fascismo stringe e matura una
assidua
collaborazione con Aldo Capitini per la diffusione delle idee non violente e pacifiste. Dal 1955 al 1982 è
professore di Pedagogia all'Università di Firenze e l'anno seguente è nominato professore
emerito. A Lamberto Borghi si deve innanzitutto la conoscenza e la diffusione del pensiero di John Dewey
e un notevole
contributo circa l'analisi e la valutazione della storia delle idee educative sempre collegate al contesto sociale
dell'epoca nella quale queste sono maturate. Nella sua prima opera importante, "Educazione e autorità
nell'Italia moderna", scritta ancora negli Stati Uniti,
ma che vede la luce nel 1951 in Italia, egli si prefigge lo scopo di mostrare la persistenza dell'influenza della
tradizione autoritaria nella vita del pensiero e delle istituzioni sopra l'educazione. L'autoritarismo ha governato
il pensiero e la realizzazione educativa del secolo scorso e anche di questo. L'autoritarismo è la costante
che
pervade le posizioni dei cattolici, degli hegeliani, dei socialisti e, naturalmente, dei fascisti. Educazione e
autorità
hanno coinciso e coincidono nella tradizione culturale del nostro paese. Secondo Lamberto Borghi non vi
può pertanto essere vera educazione se non in quanto autoeducazione, non vi
può essere formazione che non sia autoformazione. Educazione e libertà coincidono e si
realizzano in un contesto
sociale. E' indispensabile che tra sviluppo psico-sociale di un individuo e formazione, si realizzi una
corrispondenza critica e autonoma. La funzione di ognuno nella vita è di aggiungere qualcosa all'esistente.
Scopo
dell'educazione è quello di sviluppare quello che già c'è in potenza nell'allievo: è
il passaggio dalla potenza
all'atto. Lamberto Borghi si inserisce in questo modo all'interno della tradizione più libertaria
dell'educazione e consegna
alla riflessione degli educatori delle valutazioni che ben si collocano tra le più innovative e riformatrici
della
tradizione culturale e pedagogica. Assieme alla compianta Tina Tomasi contribuisce in maniera determinante ad
aprire nuovi campi di ricerca e di studio della pedagogia e della storia sociale del paese portando alla luce quella
contro-storia educativa che la tradizione accademica, e tutto sommato conservatrice, ha omesso o peggio
denigrato. La sua sensibilità libertaria, che attinge in particolar modo a quella tradizione anarchica
anglosassone che muove
il suo ragionamento dal pensiero di Pietro Kropotkin, al quale il Nostro, ha dedicato delle pagine piene di
riconoscenza intellettuale, è presente fin dalle origini della sua ricerca e dei suoi studi. Lo testimonia
la convinzione che egli espresse proprio nell'opera che abbiamo ricordato quando, unico e isolato,
rivaluta e fa proprio l'assioma principale delle teoria anarchica e cioè l'identificazione e la coerenza tra
mezzi e
fini e parimenti la contraddizione da ciò derivante delle teorie socialiste di ispirazione marxista. Nello
spiegare il pensiero di Dewey egli insite, soprattutto, proprio in quell'aspetto delle idee del grande
pedagogista americano che cerca di coniugare socialità ed individualità che pone il problema di
un nesso
inscindibile tra tra libertà formali e libertà sostanziali. Facendo proprie le considerazioni del
Dewey, Lamberto
Borghi si mostra convinto che il compito dell'individuo nella realtà e nella società che lo
schiacciano è quello
della continua e perenne riscopertà del sé e di trasformazione del mondo fuori di sé.
Proprio l'acquisizione della
consapevolezza di questa condizione dell'uomo nel nostro tempo costituisce il terreno d'incontro tra la pedagogia
e la cultura contemporanea. Egli insiste continuamente sul valore sociale della libertà e sul nesso tra
ambiente ed educazione, così come
sottolinea ripetutamente la necessità di evitare sia nell'apprendimento che nella vita sociale la distinzione
netta
tra pensiero e azione, tra attività teoretica e attività pratica. In questo sta il suo essere socratico:
conoscere una
determinata situazione significa anche operare per immedesimarsi con essa o per trasformarla. Non è
possibile,
secondo queste premesse, che chi conosce una realtà o vede le possibilità teoriche di una
situazione nuova, non
operi poi per realizzarla. Non si può rimanere chiusi nel campo della conoscenza, senza passare a quello
dell'azione. L'educazione, si configura nel pensiero di Borghi, come creazione del nuovo e non come
riproduzione
dell'esistente. Non si può concepire l'educazione se non nel suo senso più profondamente
anarchico, cioè come radicale
esigenza di trasformazione della realtà e della società. Se vogliamo un futuro migliore dobbiamo
volere un
presente che lo prepari, che sia implicitamente questo futuro, proprio perché noi viviamo nel presente e
quindi
dobbiamo impegnarci in questa opera continua ed incessante, in questa lotta per costruire una società
migliore. Questo è lo sfondo che Borghi delinea dentro il quale si deifinisce il ruolo dell'educatore
e del rivoluzionario. Lo
sforzo deve essere proprio quello socratico-maieutico: rendere consapevoli le forze della realtà attuale
per portarle
all'atto. Questo portare all'atto è possibile soltanto attraverso la valorizzazione delle forze intrinseche in
ciò che
esiste. Quindi senza violenza. Egli riconoscendosi all'interno di una certa tradizione dell'anarchismo propria
dell'educazionismo libertario, esalta l'aspetto educativo in quanto permea e penetra in tutta la vita e quindi nella
società. Non vi può essere anarchismo vero, sostiene, senza educazione. La libertà,
secondo Borghi, non è un
dover essere eterno, ma qualcosa che esiste in noi, seppure non in forma compita e totalmente evidente. La
libertà
non ha fine: è il tendere continuo della realtà alla sua continua espansione. Lamberto Borghi,
attraverso la sua produzione teorica e la sua testimonianza di vita, rappresenta il vero maestro,
colui che non insegna, che testimonia come non sia possibile dialogo senza parità. In una logica dialogica
e non
dialettica egli fonda la dimensione pedagogica del suo pensiero. Il maestro non trasmette la legge ma stimola
l'altro a ricercare la propria via, rifuggendo da ogni autoritarismo anche da quello mascherato con la seduzione.
Poiché abbondano oggi, come ieri, personaggi che ambiscono a fare scuola, avere seguaci e discepoli, fans
e
imitatori, che per esistere hanno la necessità di sedurre con allettanti promesse o agitando falsi miraggi,
è difficile
avere autentici maestri, è anche una grande fortuna. Ma è sicuramente anche un merito,
perché presuppone la
capacità di saperli riconoscere. Essere un maestro è, probabilmente, non sapere di esserlo e
sicuramente non
volerlo essere. Grazie, Lamberto. Buon compleanno, maestro!
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Premetto di non essere un professore e neanche uno studioso di pedagogia. Mi chiamo Ferruccio Piludu
e sono un elaboratore di immagini, un esperto in comunicazione partecipata. Sono
anche, o almeno spero di esserlo e ci tengo a dirlo, un libertario, un anarchico. Come anarchico e libertario ho
avuto modo e fortuna, nella mia vita, di incrociare i percorsi di persone straordinarie: Alexander Neill, Paulo
Freire, Ivan Illich, Joel Spring, David Cooper, Noam Chomsky... in campi diversi Henry Laborit, Colin Ward,
Leo Ferre. In Italia, escludendo alcuni presenti e dimenticando certo tante persone, tanti amici, mi vengono
in mente Tina
Tomasi, Marcello Bernardi e Lamberto Borghi. Il denominatore comune, il catalizzatore di persone
così diverse mi sembra possa essere indicato in una cosa che,
a mio avviso, non è possibile insegnare ma che si può cercare di imparare assieme: la
libertà. Pur vedendo e incontrando Lamberto Borghi troppo poco e per troppo poco tempo, è
proprio il concetto di libertà
che mi porta a considerarlo - probabilmente a sua totale insaputa - un compagno quasi inseparabile della mia
avventura umana. Un compagno, un "gentiluomo di ventura" molto presente. Molto presente ogni volta
che è stato ed è necessario affrontare con equilibrio, e tutta l'onestà di cui uno è
capace,
problemi di rapporto tra chi ha conoscenze da trasmettere e chi intende acquistarle. In una infinità di
situazioni
che vanno da progetti interni o esterni alla scuola "ufficiale" alle free school di quartiere, dalle sperimentazioni
didattiche (spesso a fianco di CEMEA, MCE, Scuola Lavoro) ai comitati di genitori, dagli interventi sul campo
alla ricerca libera e "popolare". Lamberto Borghi - insomma - è stato ed è, per me e per buona
parte del movimento libertario, un punto di
appoggio forte. Una referenza sicura che ci ha permesso di capire l'abisso che separa le regole, i programmi
imposti, le norme,
dal vero apprendere. Che ci ha permesso e ci permette di intendere che l'educazione (se proprio dobbiamo
usare questo preoccupante
termine) non è l'azione esercitata da una persona su un'altra ma un rapporto paritetico di scambio. Tra
pulpiti e cattedre di ogni storia che quotidianamente ci riversano addosso torrenti di precetti, Lamberto ci
ricorda l'esigenza (nei rapporti tra uomini, tra la gente) del rispetto, della tolleranza, della solidarietà
contro ogni
forma di violenza. Così, nel nostro cuore di "vecchi" libertari ma anche nella vita di tanti giovani di
oggi, Lamberto Borghi è
sicuramente vicino a Godwin, a Ferrer, a Neill, a Goodman, a Illich. E' con noi. E, con il vostro permesso
(di tutti voi amici della "scuola di Firenze", colleghi professori e allievi che oggi lo
avete salutato con tanta stima e affetto), ne siamo anche un pò gelosi.
Questo testo è stato letto a Firenze, il 18 aprile scorso, nell'ambito di una
commemorazione accademica del
compleanno di Borghi. Gli atti usciranno sulla rivista "Città e storia".
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