Rivista Anarchica Online
Cyberfemminismo e queer
di Emanuela Scuccato
Soggetto universale, tecnologie, riproduzione artificiale, Chiapas, pensiero gender-free, ecc. Intervista a due
redattrici di Fikafutura (colloquio di Emanuela Scuccato con WonderWoman e Rosie Pianeta)
Nel suo La rivolta libertaria del cyberpunk [Volontà numero
3-4/1993, Penne all'arrabbiata], Pietro Adamo
afferma che "il cyberpunk, come esperienza culturale in senso lato, nasce dalle intuizioni estetiche e filosofiche
di un gruppo di scrittori di science fiction" americani. "Padri fondatori" del movimento sarebbero stati, agli
inizi degli anni Ottanta, Bruce Sterling, Lewis Shiner, John
Shirley e William Gibson, ai quali, secondo lo studioso, "bisogna forse aggiungere nel ruolo di genitori" Rudy
Rucker e Pat Cadigan. Ma se Adamo ha certamente ragione di collocare nel tempo e nello spazio - Austin,
nel Texas - la prima sortita
consapevole e polemica, con la fanzine Cheap Truth, di un gruppo di scrittori che si proponevano
di "creare la
letteratura originale di una società postindustriale" (Bruce Sterling), non dobbiamo dimenticare che nel
panorama
letterario fantascientifico la figura del cyborg è presente fin dagli anni Venti. Secondo Antonio
Caronia, uno dei massimi esperti italiani del settore, il primo "ibrido", una creatura cioè "in cui
corpo dell'uomo e corpo della macchina si presentano inestricabilmente intrecciati", sarebbe infatti comparso
proprio in un racconto del 1923: The Clockwork Man di E.V.Olde, al quale avrebbero presto fatto
seguito gli altri
due esemplari ormai storici di The Comet Doom, elaborato da Edmond Hamilton (1928), e di
The Jameson
Satellite, scritto invece da Neil R.Jones (1931). [A.Caronia, Il cyborg. Saggio sull'uomo
artificiale] Perché gli "ibridi" partoriti dalla fantasia degli autori di science fiction per tutti gli
anni Trenta, Quaranta e
Cinquanta (sarà lo scrittore Cordwainer Smith a scalzare il precedente topos letterario dell'alieno
più o meno
tecnologizzato nel senso della codificazione di un "ibrido" più vicino all'idea di "uomo mutato") possano
essere
compresi in un'unica, grande famiglia bisognerà arrivare a ridosso delle contraddittorie emozioni suscitate
nell'opinione pubblica dalla paventata e ancora di là da venire conquista dello spazio. Toccherà
appunto a due
medici americani esperti in astronautica, Manfred Clynes e Nathan Kline, coniare quel temine cyborg (sigla di
cybernetic organism) che dal 1960 identifica un vero e proprio immaginario virtuale. D'altro canto, neppure
il concetto di "iperspazio" è, in letteratura, dei più nuovi. Enunciato per la prima volta nel
1934 in The mightiest machine dallo scrittore di fantascienza, nonché direttore
della rivista-culto Astounding, John W.Campbell, l'"iperspazio" si prospettò fin dall'inizio
come la soluzione più
originale e plausibile ai problemi posti agli autori di science fiction dall'emergere, nel 1916, della teoria della
relatività generale. L'intuizione che il nostro spazio tridimensionale fosse "immerso in uno spazio
'più vasto', con più dimensioni
(almeno quattro)..." e la conseguente ipotesi che un'astronave potesse "passare da un punto all'altro, in modo
istantaneo, applicando un'ipotetica tecnica di 'curvatura', di torsione dello spazio tridimensionale all'interno dello
spazio pluridimensionale, o iperspazio, che lo contiene" fu l'escamotage per continuare a produrre quelle
fantastiche storie di cyborg provenienti dall'ancora inesplorata e terrorizzante immensità dello spazio -
cyborgs
"adaptive", "functional" o "medical" (secondo la classificazione di Brian Stableford) - che altrimenti, stante le
equazioni einsteniane circa l'impossibilità per qualsiasi corpo di superare la velocità della luce
(300.000 km/sec),
non avrebbero più avuto alcuna ragione d'essere. Da uno dei primi e più semplici modelli di
cyborg, che "è anche il più radicale" (A.Caronia, op.cit.), cioè una
scatola di metallo contenente un cervello ideata da Curt Siodmak nel '43 per il suo Donovan's brain,
il patrimonio
creativo degli autori di fantascienza si è andato via via arricchendo, a ruota di nuove e strabilianti scoperte
scientifiche, di altrettanto nuove e strabilianti possibilità di prefigurare creature e mondi molto meno
lontani dalla
nostra quotidianità di quanto comunemente non si sia disposti a credere. Almeno da un punto di vista
concettuale. "È proprio in questo passaggio tra l'alieno e il cyborg che si esce dalla fantascienza per
entrare in un altro
mondo... Il cyberpunk è il rivelatore di un orizzonte simbolico finora impensato", scriveva nel 1991 la
giornalista
Anna Maria Crispino a proposito dei contenuti di un libro, il Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e
biopolitiche
del corpo che, tradotto in Italia solo qualche anno dopo, nel '95, avrebbe fatto epoca nel mondo della
speculazione
femminista internazionale. Introducendo la metafora del cyborg come chiave di lettura di un mondo sempre
più complesso e non più
interpretabile secondo le categorie del pensiero occidentale classico - il pensiero dicotomico -, l'autrice del
Manifesto, la biologa Donna Haraway, mette infatti a tal punto in discussione i percorsi della ricerca
femminista
fino a quel momento intrapresa da tracciare con il suo saggio una linea di demarcazione tra il prima e il dopo netta
e ineludibile. "Il cy-borg", scriveva la Haraway, "è il prodotto della fantasia narrativa ma anche
dell'esperienza vissuta che
cambia la scala di priorità di ciò che conta dell'esperienza femminile alla fine del ventesimo
secolo". Se alle soglie del terzo millennio, con l'ausilio delle tecnologie, la metafora del cy-borg risulta
sempre più
destabilizzante rispetto alla possibilità di continuare a mantenere un'iconografia salda e rassicurante del
mondo
e di noi stessi; se nuovi grimaldelli ci aprono inaspettati orizzonti interpretativi della realtà o ci danno
addirittura
accesso a nuove realtà attraverso la "simulazione", la "duplicazione", l'"ingegneria genetica",
l'esplorazione dei
"campi di differenze"; se tutto questo fa saltare in aria il vecchio Simbolico, che senso ha continuare a speculare
intorno alla differenza tra uomo e donna?, sembrava chiedersi la studiosa americana. "A noi riflettere sulle
figurazioni che abbiamo finora scelto per costruire [la nostra n.d.r.] soggettività: ci
consentono davvero di spostare l'asse della differenziazione [tra uomo e donna n.d.r.] dal dato sessuale", un dato
che in un'epoca come la nostra risulta ormai sempre più inessenziale, per non dire anacronistico? si
chiedeva
allora, per parte sua e con grande acume, Anna Maria Crispino. Immaginando di assumere lei stessa il cyborg
come "figurazione" politica, la giornalista non poteva esimersi dal
riflettere che un'eventuale analisi e individuazione "di una sorta di 'inattualità' del femminismo che
abbiamo
finora pensato..." poteva rivelarsi davvero "inquietante". Mentre in linea di massima nella letteratura
cyberpunk al maschile degli anni Ottanta i personaggi femminili
restavano sostanzialmente ancorati a degli stereotipi, come quello per esempio della "femme fatale" nel caso della
gibsoniana Molly di Neuromance (A.Caronia), la "figurazione femminista" del cyborg teorizzata
dalla Haraway
contribuiva a quell'"esplosione di immagini, di teorie, di rappresentazioni di una nuova soggettività
femminile
pensante" che intendevano porsi consapevolmente "all'altezza del contesto politico e intellettuale che stiamo
vivendo" (Rosi Braidotti). A raccogliere il messaggio dirompente del Manifesto cyborg, a
contestualizzarlo dal punto di vista culturale, a
scandagliarne i contenuti a vari livelli è in Italia, tra gli altri, un gruppo di redattrici che lavorano a vario
titolo
- siamo nei primi anni Novanta! - presso la neonata e già mitica SHAKE Edizioni Underground. I loro
primi
interventi sono pubblicati a firma Cromosoma X sul semestrale Decoder, la rivista internazionale
che la SHAKE
edita a Milano fin dal '92. Nel panorama abbastanza a senso unico del femminismo di casa nostra, incanalato
principalmente in quello che
passa come "il pensiero della differenza", Cromosoma X fa indubbiamente un lavoro di frontiera. È
però con lo speciale Il cyborg come antimaterno: le tecnologie di riproduzione tra liberazione e
medicalizzazione [numero doppio 4-5 di Decoder 1994] che le autrici dell'articolo provocano
un vero e proprio
maremoto nell'ambito di parte del Movimento femminista italiano. Scegliendo di affidarsi alle parole della teorica
americana Shulamith Firestone: "... l'obiettivo finale della rivoluzione femminista deve essere (...) non solo
l'eliminazione del privilegio maschile, ma della stessa distinzione dei sessi: le differenze genitali tra gli esseri
umani non avranno più nessuna importanza culturale", Cromosoma X si lascia infatti alle spalle in modo
definitivo "la teoria della differenza" per imboccare l'avventurosa strada del confronto costante con la
complessità
di un cybermondo sempre più tecnologizzato. Il progetto di costruire una rivista cyberfemminista
diviene quindi bisogno esistenziale. Dalla loro possono contare su tematiche del tutto nuove, sulla voglia di
sviscerarle e di guardare avanti. Soprattutto, Cromosoma X può dire di avere lavorato alla
realizzazione di un abito mentale inconsueto per gran
parte delle donne del Femminismo storico: la disponibilità a fruire in toto di quella tecnologia "pensata
dal
patriarcato per opprimerci" [v. intervista] per ribaltarla in un formidabile strumento di liberazione. La
SHAKE, una Casa Editrice che del cyberpunk ha fatto il suo pane quotidiano, le appoggia. Il primo numero
di "Fikafutura" è uscito nelle librerie e nei punti vendita Feltrinelli all'inizio dell'estate. Ed
è
già in ristampa. Il secondo numero è in vendita a partire dal mese di marzo.
"Noi siamo la fika moderna l'antiragione positiva (...) noi siamo il virus del nuovo disordine mondiale che
distrugge il simbolico dall'interno (...) la clitoride è una linea diretta con la matrice VNS MATRIX
annienteremo
il codice morale (...) noi siamo la fika futura".
Questo è l'edito del primo numero della rivista. Lo hanno ripreso dal testo di "A Cyber Manifesto for
the 21st
Century" di VNS Matrix "da una parte per dare un senso al titolo della rivista, dall'altra perché ci sentiamo
profondamente affini alle sorelle australiane", scrive WonderWoman nel suo Bad Code, una dichiarazione di
intenti decisamente al vetriolo. Lo scopo comune? "(...) investigare e decodificare le narrazioni del
dominio e del controllo che accerchia la cultura tecnologica...". Perché, scrive Cromosoma X citando
la scrittrice francese Marguerite Duras: "La sola cosa che conta è la pazzia,
non aver paura di smarrirsi".
Emanuela Scuccato
... Dunque a fare Fikafutura siete in tre.
Sì, io [WonderWoman n.d.r.], lei, che è Rosie Pianeta, e DeadRed.
Voi lavoravate già a Decoder...
WW No, non precisamente. Su Decoder sono stati pubblicati alcuni nostri articoli firmati come
Cromosoma X...
Su Decoder perché non avevamo una rivista nostra...
RP Non siamo della Redazione di Decoder.
WW ... Poi è vero che Decoder la fa la Shake [Shake edizioni n.d.r.],
Fikafutura la fa la Shake e noi due siamo
della Shake... Diciamo che la Shake e le due riviste sono...
Unite.
WW Chiaro. È Rosie Pianeta che cura la grafica di Decoder...
RP Non di tutti i numeri però... Di qualche numero sì, di Fikafutura ovviamente
sì, della maggior parte dei libri
editi dalla Shake sì.
WW La cosa è molto amalgamata.
E come vi è venuto in mente di pensare a un pubblico femminile... Perché credo
che voi abbiate pensato
a un target prettamente femminile... Naturalmente Fikafutura la leggeranno anche gli
uomini...
RP Siamo stupite del fatto che ci sono molti uomini che l'hanno comprata... E questa cosa ci diverte. A me
personalmente fa anche piacere comunque. Uomini che sono curiosi di leggerla... [...]
Ecco, venendo ai contenuti di Fikafutura... Rosi Braidotti [saggista, direttrice del
dipartimento di Women's
Studies della facoltà di lettere dell'Università di Utrecht, in Olanda, e dell'Istituto Nazionale di
Ricerca
Femminista n.d.r.], parlando della crisi del soggetto universale, cioè della crisi che oggi investe la ragione
classica, sostanzialmente dice che le studiose che hanno lavorato e stanno ancora lavorando intorno alla
proposizione di nuove "figurazioni femministe", in particolare le cyberfemministe che si riconoscono nella
ricerca di Donna Haraway [saggista, autrice del celeberrimo Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e
biopolitiche del corpo n.d.r.], stanno sì compiendo uno sforzo enorme per dotarsi di categorie che
consentano nuove e più idonee chiavi di lettura del mondo attuale, ma corrono un grosso rischio, quello
"di uno scavalcamento troppo rapido delle barriere strutturanti, per esempio della differenza sessuale".
Il che, secondo Braidotti, condannerebbe le donne "a una forma di povertà simbolica" e ne ostacolerebbe
"il progetto di affermazione" delle soggettività emergenti. "Sarebbe come
obbligarci a passare dal feudalesimo al regime postindustriale senza mai lasciarci
attraversare il momento strutturante dell'industrializzazione o modernizzazione", scrive la studiosa. Cioè
mentre il soggetto, storicamente dato come universale e maschile, è nel pieno della crisi, le
cyberfemministe
arrivano direttamente al "soggetto queer", a proporre e a teorizzare un'identità altra, "non più presa
nel
binomio etero/omosessualità". Questo, però, senza che ci sia stata la possibilità per il
soggetto femminile
di porsi... WW ... Più che il soggetto universale e maschile, è entrato in
crisi il soggetto in quanto tale. Da Nietzsche in poi.
Il soggetto universale, che comunque si dava al maschile...
WW Ma questo lo dicono le teoriche della differenza, che il soggetto universale è maschile. Io ti dico:
non sono
una filosofa, non sono una teorica, ti dico quello che io colgo dalle mie letture che sono più vicine
all'esistenziale
che al teorico... Una come Rosi Braidotti fa un percorso accademico, segue un certo filone di pensiero che
è Deleuze, Foucault
ecc., io no. Faccio anche abbastanza fatica ad entrare nel merito squisitamente teorico. Entro nel merito dal punto
di vista esistenziale, che è diverso. E ti dico: che il soggetto universale fosse maschile lo dicono le
teoriche della
differenza. Io non lo so se è vero o no. Dal punto di vista esistenziale secondo me non è vero. La
donna, a
differenza di come dicono e in polemica con quello che è la teoria della differenza, per me non è
innocente. Non
lo è mai stata. Anzi è sempre stata corresponsabile del disastro universale. Non sono
assolutamente d'accordo sul
fatto che la donna è rimasta a guardare perché impotente.
Probabilmente ha usato altri canali, altri modi...
WW Ha usato altri canali, altri modi, ma comunque, anche non usando gli stessi canali maschili, si è
resa
corresponsabile del disastro. Se tu stai lì e guardi e non intervieni, non ce n'è... Perché
tu, donna, sei nel mondo
e agisci nel mondo. Per il solo fatto di essere e di agire nel mondo tu sei responsabile di quello che nel mondo
succede, secondo me. Poi, che la donna non abbia avuto le stesse possibilità concrete dell'uomo sono
d'accordo;
che la donna parta da una posizione di svantaggio enorme, di arretratezza culturale ancora più grande sono
d'accordo... Però ancora una volta, con la tecnofobia della teoria della differenza, la teoria della differenza
si rende
responsabile del non- intervento nel nostro cybermondo. Infatti Rosi Braidotti nell'introduzione al
Manifesto
cyborg [op.cit. n.d.r.] dice una cosa importantissima. Sul terreno della tecnoriproduzione, cioè
della riproduzione
ad alta tecnologia, si sta giocando qualcosa di grosso e le donne rischiano, con il non-intervento su questo, di
perdere il treno. E stavolta per sempre. Lei dice che rischiano di essere tagliate fuori dalla Storia.
La Braidotti attribuisce infatti grandissima importanza alla presa di posizione delle donne su
questi
argomenti e per quanto la riguarda si esprime a favore di una liberalizzazione totale del mercato della
riproduzione. "Io sono per il libero mercato della riproduzione, per i supermercati
riproduttivi", scrive Rosi Braidotti
nel suo Per un femminismo nomade. E aggiunge: "... e mi oppongo a qualsiasi legge che controlli
la
riproduzione, per quanto 'artificiale' essa sia".
WW Ma ci mancherebbe...
RP C'era comunque anche un intervento di Simone De Beauvoir su questo...
WW Infatti nell'articolo Il cyborg come antimaterno [Il cyborg come antimaterno: le tecnologie di
riproduzione
tra liberalizzazione e medicalizzazione, a cura di Cromosoma X, Decoder n. doppio 4-5
n.d.r.] noi la citavamo.
La storia della discussione sulla tecnoriproduzione non parte certo da Rosi Braidotti, non parte dal
cyberfemminismo. Parte prepotentemente dagli anni '70 con Shulamith Firestone [teorica femminista americana
che agli inizi degli anni Settanta aveva appunto teorizzato la liberazione delle donne attraverso le gravidanze in
vitro n.d.r.], che ha fatto un saggio, un testo fondamentale, proprio su questo... Ecco perché prima
parlavo di forzature. La teoria della differenza ha negato completamente questo. Luce Irigaray
[psicoanalista belga, autrice di numerosi saggi tra i quali il celeberrimo Speculum n.d.r.] ce l'hanno
proposta in
centomila salse, cioè qualsiasi cosa scriva Luce Irigaray sembra che abbia parlato chissà chi. E
ultimamente, poi,
devo dire che lascia anche un po' perplessi. Speculum, però, mi era piaciuto molto.
Comunque non gli davo
l'interpretazione che gli è stata data... Sono d'accordo con Rosi Braidotti, con quello che ci ha detto
nell'intervista
[Rosi Braidotti/Intervista, a cura di Cromosoma X, Decoder n.triplo 6-7-8 n.d.r.]: che
cioè il pensiero di Irigaray
è stato decontestualizzato... [...]
Ma per tornare alla Braidotti, nell'intervista realizzata da voi [v.cit.], ad un certo punto la studiosa
parla
della femminilizzazione come del "modello con il quale si presenta la mascolinità moderna".
Al di là della convinzione di Rosi Braidotti, secondo la quale per poter
fare "un discorso politicamente
sovversivo dobbiamo rispettare le asimmetrie" tra uomo e donna, il che può naturalmente essere discusso,
mi sembra di cogliere al fondo di questo processo di femminilizzazione del maschio, che sarebbe in atto,
oltre ai lati indubbiamente positivi, anche una terribile metafora. Come se, in un sempre più reale e vicino
modello di società high-tech, un "postgenere" femminilizzato, proprio in forza di quell'immaginario
culturale che ha sempre rappresentato la donna come soggetto passivo, risultasse molto più idoneo al
controllo e al conseguente assoggettamento da parte delle nuove concentrazioni di capitale, quelle che oggi
vanno sotto il nome di Neoliberismo. Una metafora terribile e sconcertante perché ora allargata anche agli
uomini, primi tra tutti quelli che non si riconoscono più nei modelli di virilità in circolazione...
Mi sembra
che Braidotti, al di là del suo straordinario apporto alla speculazione femminista, non valuti appieno la
pericolosità del processo politico attuale, che coinvolge, secondo me, tutta
l'umanità. WW Lei si riferisce al fatto che il soggetto è entrato in
crisi...
...Bisogna poi tenere presente che noi stiamo sempre parlando di Occidente...
WW ...È in Occidente che c'è la cultura giudaico-cristiana. Poi anche in Oriente le donne le
sottomettono... Per
altre vie.
Le stragi in Algeria colpiscono prevalentemente le donne. Il fondamentalismo
islamico...
WW La religione è la principale rovina delle donne...
... Sì, ma lì è politica però...
WW ... Lì peggiora ulteriormente perché la religione è stato e quindi siamo al delirio
totale.
Da noi c'è almeno questa parvenza della laicità dello stato.
WW Da noi la cosa è infingarda. Perché poi il fatto che in Italia c'è il papa si vede,
eccome. L'Italia è un Paese
del Terzo mondo inserito nel Primo mondo proprio perché c'è il papa. Il papa dovrebbe starsene
zitto, occuparsi
solo dei fatti suoi senza entrare nelle questioni inerenti al mondo laico. L'intromissione del papa nella vita della
gente è una cosa intollerabile e io non capisco come non si sollevi il popolo...
... È un popolo strano. Tutti cattolici, però poi hanno votato per il divorzio e per
l'aborto...
WW Io, adesso come adesso, se ci dovesse essere un referendum avrei veramente paura. Sull'aborto non ce
n'è,
quelli che vanno in chiesa oggi voterebbero contro. Coerenti. Se pensiamo per esempio alla questione della
bioetica, alla legge che volevano fare, l'unica proposta libertaria
è stata quella di Rifondazione Comunista, presentata da Ersilia Salvato. L'unica, perché tutte le
altre, compresa
quella dei Verdi, erano tremende, cioè erano di picchettare tutto quanto. RC invece diceva che, fatte salve
ovviamente le condizioni di igiene, sicurezza, privacy ecc., la fecondazione artificiale doveva essere del tutto
libera, tanto quella omologa, cioè con sperma e ovuli propri, quanto quella eterologa, cioè con
donatore esterno.
La commissione di bioetica, che è composta, o almeno in teoria dovrebbe essere composta, da gente di
sinistra,
aveva addirittura resa pubblica una dichiarazione scritta dove si affermava di ritenere che l'embrione fosse
persona fin dal concepimento. Ergo, l'aborto è omicidio. Al che io ho pensato: adesso sta a vedere che
mettono
in discussione la 194, rifanno il referendum, e noi si torna indietro... Perché la gente, negli ultimi dieci
anni, non
ha fatto che rintronarsi sempre di più... [...]
Per tornare ai contenuti della rivista, parliamo un po' anche di questo "soggetto
queer"...
WW Bisogna fare un passo indietro. Ci ricolleghiamo al discorso che si faceva prima su Donna Haraway,
cioè
a questa messa in discussione che lei fa della dicotomia giudaico-cristiana. Il pensiero scientifico e teorico
si basa sulla dicotomia: nero/bianco, cattivo/buono, yin/yang; l'uomo è la luce,
la donna le tenebre; l'uomo è il bene, la donna è tentatrice e quindi rappresenta il male... E via
di questo passo. Se il pensiero dicotomico ha fatto il suo tempo, la Haraway afferma che per riuscire a
figurarci l'ingresso
dell'essere umano nel linguaggio - perché è questo il punto fondamentale -, bisogna immaginare
il corpo non più
come mera materia, ma come un incrocio di linguaggi. Visto il suo background scientifico, lei porta l'esempio
dell'AIDS, del male del secolo. L'AIDS è un virus, dunque un linguaggio. L'informatica è un
linguaggio...
... Anche Evelyn Fox Keller, nel suo Vita, scienza e cyberscienza, affrontando
queste tematiche parla di
corpo come "rete di informazione"...
WW Sono tutte questioni nuovissime, temi sui quali si va a ragionare adesso... Oggi come oggi, tutto questo
si
esprime molto meglio attraverso una Kathy Acker, che non a caso fa narrativa, non saggi. (Per esempio nella
collana Interzone di Feltrinelli, una collana curata per l'appunto da due collaboratori della
Shake, la stessa che pubblica Donna Haraway, dovrebbe uscire tra poco un libro di Sandy Stone, che prima era
un maschio e ora è una femmina. Un libro su desiderio e tecnologia, che va a toccare anche la
psicanalisi...)
... Ci troviamo di fronte a nuovi orizzonti di pensiero, straordinariamente
articolati...
WW ...Sono tutti nuovi input. Si introducono categorie di pensiero nuove, metafore nuove, si sollevano nuovi
problemi... Tutto questo è tecnofilo. Tecnofilo, ma critico. La tecnologia come strumento non viene
esclusa come
faceva tutta la paccottiglia precedente. Ed è da lì che deriva il discorso del corpo come linguaggio,
proprio
dall'uso della tecnologia. Quindi, se il pensiero dicotomico non ha più senso che esista - la dicotomia
mente-corpo
per prima - perché non rappresenta la realtà... Ed inoltre il nostro stesso corpo è
già corpo tecnologico perché noi ci nutriamo di linguaggio, dalla soia
transgenica ai pomodori modificati. Ma già in precedenza il linguaggio veniva teorizzato come
tecnologia di per sé. E in effetti è così: il linguaggio
è esso stesso tecnologia, una prima forma di tecnologia. Allora, per tornare alla tua domanda sul
"soggetto queer", partendo da questi presupposti Donna Haraway afferma
che, caduto il pensiero dicotomico, occorre trovare nuove meta-fore per rappresentare la realtà. Haraway
indica
come metafora il cyborg. In sé il cyborg ha l'organico e il meccanico, ha la natura e la cultura. (Che poi
un'altra
dicotomia, dopo quella di mente e corpo, è proprio quella di natura-cultura). Quindi il cyborg riesce
a rappresentare il reale incorporando le dicotomie. Fornisce una nuova metafora di
rappresentazione del reale, che è un "ibrido". Donna Haraway usa proprio questo termine. Da questo
"ibrido"
deriva il "soggetto queer". Che cos'è il "soggetto queer"? È quel soggetto che non si identifica
più non solo nel maschio e nella femmina,
ma nella dicotomia stessa che c'è alla base del maschio e della femmina. Il "queer" non è un
transessuale. O non
è solo un transessuale. Non è un travestito. O non è solo un travestito... [...]
Siamo di fronte ad una molteplicità di metodologie di ricerca, di approcci... Che impatto
può avere tutto
questo, secondo voi, nel pubblico sia femminile che maschile al quale vi rivolgete con
Fikafutura?
WW Secondo me un impatto c'è già stato. Forte. In generale il cyberfemminismo ha dato uno
scossone notevole
anche a strutture come l'Università delle Donne, che pur rimanendo su posizioni ancora molto distanti
cominciano
a tenere conto di queste nuove realtà di pensiero...
Ma l'impatto con le donne in generale, con i lettori della rivista, come è
stato?
WW Molto buono direi...
... Perché il pensiero high-tech sta operando una rivoluzione...
WW Il pensiero high-tech è già entrato nella quotidianità, sta già cambiando
il quotidiano. In peggio, purtroppo.
Secondo me la tecnologia è già entrata nella testa della gente. Però solo per l'aspetto
superficiale e repressivo,
diciamo così. Di paura. Da una parte si ha paura, dall'altra ci si lascia reprimere dalla tecnologia.
Un esempio può essere quello dei bambini, che sanno usare benissimo i videogiochi,
i computer, ma
mancano totalmente di strumenti critici...
WW ... È già buono così, perché almeno questi bambini non subiscono la
repressione ideologica che sta dietro
l'uso della tecnologia. Per loro si tratta solo di mezzi, punto e basta. Un po' come per noi il telefono. Qualcuno
si è mai fatto problemi ad usare il telefono? Così è anche per i computer, per Internet.
Tu ti colleghi ad Internet,
prendi le informazioni che ti interessano, punto. Che cosa farai poi di queste informazioni dipende da te...
C'è anche un discorso di fonti dell'informazione, quello che sta all'inizio... Ma per tornare
all'esempio dei
bambini, sono assolutamente d'accordo con te che è un bene che usino senza farsi problemi i mezzi
tecnologici più avanzati... La questione è semmai aiutarli a capire, per esempio, per quale ragione
un
videogioco è strutturato proprio in quel modo, stimolarli a domandarsi, almeno qualche volta, chi ci sta
dietro. Chi lo programmi e chi lo produca. I genitori e gli educatori sono spesso del tutto impreparati a
farlo. Spesso sono passivi, acritici. Non si rendono conto che anche queste sono tutte forme di controllo del
pensiero...
WW Bisogna ragionarci sopra. E se le donne continuano a pensare di essere solo madri, caschiamo proprio
male.
Bisogna ragionarci, nessuno ha delle risposte. Noi non diciamo, né Donna Haraway dice, né il
cyberfemminismo
dice che la tecnologia ci farà fare la rivoluzione. Anche questo rientra nel pensiero dicotomico per cui
una cosa
o è male o ti fa fare la rivoluzione... Ma quando mai?
Il bello di questa molteplicità di approcci di ricerca, di questa ricchezza di input diversi,
è che almeno in
potenza accresce la libertà di pensiero. Dà spazio ad una creatività che esula dal
determinismo
meccanicistico della dicotomia, soffocante e alla lunga forse improduttivo. Come è in parte accaduto nel
femminismo...
WW Per questo che dico che anche le donne sono state storicamente corresponsabili dei disastri che sono
avvenuti. Hanno messo in discussione ciò che gli uomini dicevano, ma non hanno mai discusso il modo
di fare
teoria degli uomini.
Mi vengono in mente le donne del Chiapas che lottano a fianco degli uomini per ottenere il
rispetto dei loro
più elementari diritti da parte del Governo messicano, ma che dai loro uomini non sono per niente
rispettate. In questo caso specifico, da una parte c'è Internet, cioè la rete di informazione fino a
questo
momento più evoluta, che viene usata per far sapere al mondo cosa sta succedendo laggiù in
tempo quasi
reale, dall'altra c'è una coercizione...
WW A loro, però, tanto di cappello. Si sono prese il fucile e si sono messe a fare la rivoluzione...
Su questo io non sono d'accordo, o perlomeno credo che la cosa vada vagliata a fondo.
Bisognerebbe avere
la forza di puntare agli obiettivi senza perdere di vista se stessi, la propria ricerca, la propria dignità.
Però
sono d'accordo con te quando dici che c'è una corresponsabilità delle donne in tutto quello che
è successo
e succede al mondo. Riguardo alla tecnologia...
WW ... È possibile che le donne non inventino mai niente, non facciano mai niente? [...]
Parlare di gender-free, nel senso dell'acquisizione consapevole di un particolare abito mentale,
significa
quindi parlare di approcci di ricerca esistenziale, scientifica e quant'altro, liberi da ogni
pre-condizionamento culturale e sociale... Almeno in potenza.
WW Siccome il gender è il sesso culturale, mettiamola così, appartieni a un gender o a un
altro per libera scelta.
Cioè, tu puoi essere anche un maschio, ma se ragioni come una donna, se percepisci il mondo da donna,
non ha
alcuna importanza che tu biologicamente sia un maschio. Tu sei una donna perché hai scelto di
appartenere a un
gender di un certo tipo. E qui viene fuori tutto un discorso importantissimo, cioè la messa in discussione
della
supposta spontaneità dell'essere femmina e dell'essere maschio...
Questo lo aveva già detto, negli anni Cinquanta, Simone de Beauvoir [saggista e
romanziera francese n.d.r.]
quando ne Il secondo sesso aveva reso evidente che "donna non si nasce, lo si
diventa"...
WW Sì, non è un discorso nuovo.
La speculazione della de Beauvoir è stata straordinaria proprio per aver palesato il
condizionamento
culturale e sociale fortissimo che sta alla base della creazione della donna in quanto tale. La novità, oggi,
è quella di poter scegliere il prorio gender di appartenenza, con tutti i limiti e i pericoli di
autocondizionamento che anche questo comporta. Smascherare i condizionamenti,
spogliarsene, è infatti una battaglia durissima. Perché ce li hai dentro. Ed
è vero che un certo femminismo si è fermato e non ha saputo andare avanti...
WW Il femminismo della differenza ha fatto ancora peggio. Ha stabilito che, siccome sei donna, sarai
pacificatrice
di mondi, santa, madre, terra, immanenza... Cioè si torna indietro. Vuol dire che tu, siccome sei femmina
ed è
stato stabilito che hai l'ordine simbolico della madre [il riferimento qui è al saggio L'ordine
simbolico della
madre di Luisa Muraro n.d.r.], se mi permetti non scegli proprio un bel niente. Hai, come prima, il tuo bel
parco-simboli bell'e fatto...
... L'amore e la trasmissione del linguaggio da parte della madre, il rapporto con la madre,
sarebbero
l'humus dal quale si svilupperebbe la "capacità di tessitura simbolica" dei filosofi [v. L'ordine
simbolico
della madre op.cit.]...
WW No, io qui dentro non ci sto, io il potere non lo voglio. E invece loro esprimono egemonia e un desiderio
di
presa del potere. Io non voglio il potere, né dal punto di vista simbolico né dal punto di vista
pratico.
Come dicevi tu prima, si tratta di farle le cose. Di prendersi l'autorità, non il potere,
l'autorità per farle.
WW La responsabilità di farle...
... La responsabilità e l'autorità di fare le cose in cui si crede. E poi di
confrontarsi. Per tornare a
Fikafutura, e per concludere, mi sembra giusto spendere una parola anche sul linguaggio della
rivista, che
è abbastanza duro, aggressivo. È una scelta precisa?
WW Da una parte siamo tutte e tre piuttosto vivaci...
... In effetti, a sentirvi parlare, mi rendo conto che non c'è quasi mediazione tra come vi
esprimete adesso,
qui, e il modo di scrivere...
WW Per quanto mi riguarda è una scelta precisa.
RP Nell'uso del linguaggio di Fikafutura c'è anche un taglio ironico...
... Che risulta anch'esso dirompente, mi pare. Perché si pone con una forza e
un'intensità difficilmente
riscontrabili altrove...
WW Sì, il linguaggio è una scelta precisa, la spontaneità studiata, diciamo
così, riflette il nostro modo di essere.
Siamo veramente così: un po' aggressive. O meglio, energiche. Perché è comunque vero
che non viviamo in
un'isola felice, è vero che a differenza degli uomini, per poter riuscire, una donna deve sempre dimostrare
di...
- Pietro Adamo, La rivolta libertaria del cyberpunk, in "Volontà" num. 3-4/1993, Penne
all'arrabbiata, da
Cervantes ai cyberpunk - Antonio Caronia, Il cyborg. Saggio sull'uomo artificiale, Roma/Napoli,
Theoria, 1985 - Donna Haraway, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo,
Milano, Feltrinelli, 1995 - Anna Maria Crispino, Meglio cyborg che dea, in "Legendaria, libri
e percorsi di lettura" num. 3-4-5/1991 - Cristina Cilli, Anche gli androidi hanno un sesso, in
"Legendaria, libri e percorsi di lettura" ib. - Rosi Braidotti, Per un femminismo nomade, in
"Femminismo" a cura di Adriana Moltedo, Roma, Piccola
Biblioteca Millelire - Stampa Alternativa 1996 - FIKAFUTURA Secrezioni Acide Cyberfemministe
& Queer N.1, Milano, SHAKE Edizioni Underground, 1997 - DECODER Rivista
Internazionale Underground, semestrale, SHAKE Edizioni Underground - Rosi Braidotti,
Dissonanze. Le donne e la filosofia contemporanea. Verso una lettura filosofica delle idee
femministe, Milano, La Tartaruga, 1994 - Rosi Braidotti, Soggetto nomade. Femminismo e crisi
della modernità, Roma, Donzelli, 1995 - Luce Irigaray, Speculum. L'altra donna,
Milano, Feltrinelli, 1975 - Shulamith Firestone, La dialettica dei sessi. Autoritarismo maschile e
società tardo-capitalistica, a cura di Lucia
Personemi, Bologna, Guaraldi, 1971 - Kathy Acker, Vacanze haitiane, Venezia, Supernova,
1989 - Re/Search, MEDUSE CYBORG, Antologia di donne arrabbiate, Milano, SHAKE
Edizioni Underground, 1997
(Titolo originale, Angry Women, Re/Search Publications, 1991) - Hakim Bey, T.A.Z. - Zone
Temporaneamente Autonome, Collana Piratini, Milano, SHAKE Edizioni
Underground, 1997 - Bruce Sterling, Fuoco sacro, Roma, Fanucci, 1997 - Bruce Sterling,
Isole nella rete, Roma, Fanucci, 1994 - Bruce Sterling, Giro di vite contro gli hacker:
legge e disordine sulla frontiera elettronica, Milano, SHAKE
Edizioni Underground, 1993 - Bruce Sterling, La matrice spezzata, Milano, Nord C., 1986 -
W. Gibson, B. Sterling, La macchina della realtà, Milano, Mondadori, 1992 - Bruce
Sterling, Mirrorshades: l'antologia della fantascienza cyberpunk, ed. it. a cura di A. Caronia, Milano,
Bompiani, 1994 - Marisa Fiumanò, L'immacolata fecondazione: perché le donne
dicono di sì alla scienza, Milano, La Tartaruga,
1996 - Evelyn Fox Keller, Vita, scienza e cyberscienza, Milano, Garzanti, 1996 - Teresa
de Lauretis, Sui generi(s). Scritti di teoria femminista, Milano, Feltrinelli, 1996 - Simone de
Bauovoir, Il secondo sesso, Milano, Il Saggiatore, 1961 - Luisa Muraro, L'ordine
simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti, 1991 - Aliene, amazzoni, astronaute, a
cura di Oriana Palusci, Oscar
|