Rivista Anarchica Online
Omosessuali: rivolta o rivoluzione?
di R. Brosio
Intervista con Angelo Pezzana esponente del F.U.O.R.I. La tematica del F.U.O.R.I. - Aspetti organizzativi e aspetti ideologici - Liberazione omosessuale,
liberazione sessuale e società autoritaria.
Il F.U.O.R.I. (Fronte Unito Omosessuale Rivoluzionario Italiano) ha registrato ultimamente una
notevole crescita. Sorto circa cinque anni fa per iniziativa dei pochi omosessuali allora disposti ad
ammettere pubblicamente di esserlo, è andato via via ingrossando le proprie file, riuscendo a dare al
problema dell'omosessualità una dignità ed un riconoscimento prima impensabili. Più precisamente, il
F.U.O.R.I. è riuscito a trasformare il problema dell'omosessualità nel problema della condizione
omosessuale nell'attuale società, rifiutando l'etichetta di "raggruppamento di categoria" per assumere
la connotazione di gruppo politico vero e proprio. È un fatto, d'altronde, che la causa omosex gode oggi
del sostegno non solo dei "diretti interessati", ma anche di eterosessuali che la considerano parte della
lotta per la liberazione generale del sesso dai tabù e dalle costrizioni moralistiche.
Per approfondire queste questioni, siamo andati alla libreria Hellas di Torino, a fare quattro chiacchiere
con Angelo Pezzana, che del F.U.O.R.I. è certamente il personaggio più in vista, il promotore e, per così
dire, l'ideologo. Pezzana ci ha ricevuti con cordialità, per la simpatia che nutre verso le idee anarchiche
in generale e verso la rivista A in particolare, della quale si dice interessato lettore.
Il F.U.O.R.I. fa esplicito riferimento, nella sua sigla, ad una matrice rivoluzionaria. Potremmo
cominciare da qui...
Direi rivoluzionaria, ma anche anarchica, perché tutta la struttura del movimento (quel minimo di
struttura che si è dato in cinque anni di esistenza) è qualcosa di molto libertario, senza organismi centrali,
senza segreterie, senza persone che danno ordini e altre che li ricevono. Diamo molto spazio a tutti i
piccoli gruppi: tanti piccoli gruppi F.U.O.R.I. presenti nelle diverse città. Circa un anno e mezzo fa ci
siamo federati al Partito Radicale, e questo ha certamente favorito la nostra crescita, soprattutto nelle
città di provincia, dove esiste una maggiore difficoltà di esprimersi. A Siena, a Mantova, a Pisa, le forze
politiche sono quelle tradizionali, e i cani sciolti continuano a restare sciolti. Il F.U.O.R.I., pur essendo
un movimento di cani sciolti, lo è adesso un pochino meno. Il nostro impegno attuale è per una migliore
organizzazione del movimento, per creare collegamenti maggiori, per allargare il discorso e non restare
sempre fra di noi.
Quest'organizzazione di stampo libertario è frutto di un caso o di una scelta consapevole?
Non è nata da un calcolo. Più che altro direi che è una conseguenza dell'isolamento in cui gli omosessuali
si sono trovati finora, del nostro stesso modo di vivere, che non aveva mai preso in considerazione la
possibilità di organizzarsi né come movimento né come gruppo politico. Un dato positivo nel quadro
dell'enorme negatività che contraddistingue oggi la nostra condizione.
È una caratteristica che verrà mantenuta anche in futuro?
Ci auguriamo di si, anche se non ne facciamo una pregiudiziale, che alla lunga può diventare
autocastrante. Quello che ci interessa è far crescere il movimento.
Cercheremo di farlo in quest'ottica di non burocratizzazione, anche perché è un po' la nostra matrice,
come dicevo. Certo, ha anche dei lati negativi. Fare un giornale, ad esempio, così come ancor oggi lo
facciamo, cioè in modo completamente disorganizzato, significa farlo solo una o due volte all'anno. Se
fossimo più organizzati potremmo farlo meglio, più sovente per intanto. Invece, purtroppo, sono sempre
le solite poche persone che se ne occupano e questo va un po' a scapito del lavoro di tutti...
Passiamo ad argomenti più ideologici. In che senso il vostro definirvi rivoluzionari è giustificato
dalla lotta che conducete, la lotta per la liberazione degli omosessuali dall'oppressione?
Non credo sia utile attenersi rigidamente a formule ormai consumate. Essere rivoluzionari oggi penso
significhi prendere coscienza della propria situazione e quindi, dopo averla analizzata, lottare e lavorare
per la liberazione. Il termine "rivoluzionario", nella denominazione del movimento, l'abbiamo messo più
che altro perché c'era una "R" a cui bisognava dare un significato, anche se, a rigore, ci sembrava più
giusto parlare di "liberazione" più che di rivoluzione. D'altronde, basta mettersi d'accordo sui termini.
Per noi rivoluzione non significa la presa del potere, ma la distruzione del potere, attraverso un'opera
di liberazione, di presa di coscienza. In sostanza, il nostro lavoro "politico" è molto simile a quello che
oggi fanno i gruppi femministi: all'inizio c'è il piccolo gruppo di autocoscienza, e poi viene l'inserimento
delle nostre esperienze a livello più allargato, con interventi nel "pubblico", cioè manifestazioni,
dimostrazioni, contatti (perché no?) coi partiti....
D'accordo. Ma non è possibile che l'attuale società possa arrivare ad accettare certi modi di
comportamento, senza per questo modificarsi radicalmente?
Il problema non è far accettare i modi di comportamento, ma rivoluzionare i modi di comportamento
esistenti. L'omosessualità non è che uno di questi modi comportamentali. La società in cui viviamo ha
per millenni strumentalizzato l'eterosessualità per fini di potere, finalizzando la condizione del suddito
alle necessità dei detentori del potere. Chiaramente, se c'è bisogno di gente da mandare al macello la
politica non può essere che quella del "fate più figli". La famiglia poi è un potente strumento di
condizionamento: chi ha per la testa i problemi connessi col "mandare avanti la baracca" è in genere più
pronto ad ubbidire, più disposto a lasciarsi irregimentare. Il problema quindi non è tanto la discussione
sull'omosessualità, quanto quella sulla sessualità in generale, cioè sui ruoli sessuali. Inevitabilmente,
questo discorso parte da chi è più oppresso, da chi è emarginato, condizionato ad un ruolo che non viene
accettato. Proprio costoro, grazie alla provocazione, pongono in discussione i ruoli sessuali, innescando
una specie di meccanismo di liberazione: gli eterosessuali cominciano (o cominceranno) a chiedersi
perché hanno impostato la propria vita in quel modo. Infatti, la domanda, che un tempo si faceva spesso
e purtroppo ancora oggi si continua a fare, "Perché sei omosessuale?" è una domanda assurda, che può
facilmente essere ritorta contro chi la fa, chiedendo "Perché sei eterosessuale?". La risposta, in questo
caso, è generalmente una risposta vaga, data sulla base di concetti filosofici che potrebbero servire per
giustificare qualsiasi cosa. La sessualità non ha ruoli definiti, è una realtà estremamente variegata. Se
oggi il ruolo principale è quello eterosessuale, ciò è perché serve al sistema, gli è funzionale. Pertanto
una lotta di liberazione per l'omosessualità dovrà passare inevitabilmente attraverso una lotta che
distrugga il ruolo sessuale così come oggi è impostato. Prova ne è che il F.U.O.R.I. sta allargando il suo
discorso. All'inizio era un discorso che si faceva esclusivamente tra omosessuali, oggi è esteso a tutti
coloro che si interessano di liberazione sessuale. Infatti se chiediamo alla gente se è felice della propria
condizione sessuale, alziamo un coperchio che rivela una realtà fatta di paure, di infelicità, di sofferenze.
Ma, mentre le lotte per il posto di lavoro, e in genere le lotte economiche, non creano conflitti interni
negli individui e sono facilmente esprimibili (pur potendo costare molto caro, a volte), le lotte per la
propria liberazione sessuale spaventano ancora molto. La gente tende a restare rinchiusa in se stessa, a
non portare mai al di fuori quello che si definisce il "privato" che, come tale, si crede debba restare
confinato nella sfera della propria individualità.
Non pensi che una lotta mirante ad una specie di "rivoluzione culturale" sia limitata, dal
momento che tu stesso riconosci che l'attuale situazione di oppressione sessuale è originata da una
situazione socio-economica ben precisa?
Noi non diciamo che la lotta per modificare la realtà sociale debba passare solo attraverso la liberazione
sessuale. Sarebbe un errore storico enorme. Diciamo però che sbagliano tutti quei gruppi politici (e sono
ancor oggi la stragrande maggioranza) che escludono ogni lotta portata sulle sovrastrutture. Purtroppo
abbiamo molti esempi davanti (la rivoluzione russa, cubana, forse anche quella cinese) di come non sia
possibile che gli uomini creino situazioni post-rivoluzionarie accettabili e felici se non hanno anche
raggiunto un grado di libertà interiore. Creeranno sempre degli aborti di rivoluzione, dove quel famoso
"dopo", che oggi si richiama per dire "Aspettate, di questo si parlerà a cose fatte...", si rivela poi come
un nuovo campo di concentramento, una nuova oppressione. Il fatto è che bisogna prima lottare per
essere liberi all'interno di noi stessi, nei rapporti interpersonali, per poi riuscire veramente a stravolgere
le strutture. Dunque esaminiamo prima la sovrastruttura, che è quella che ci cambia internamente e
individualmente. Dopo, da liberi, potremo distruggere la struttura, anzi il rifiuto di essa diventerà
automatico.
Come anarchico, non credo che le nuove oppressioni generate dalle rivoluzioni "fallite" che hai
citato, siano da imputare esclusivamente ad una mancanza di liberazione interiore dei
partecipanti, ma certamente anche ad intenzioni già in partenza non genuinamente egualitarie.
Temo quindi che questo concetto che tu hai della rivoluzione, una rivoluzione che prima si fa nelle
coscienze e poi nelle cose, sia limitativo.
Forse mi sono espresso male, perché non intendevo giustificare posizioni di ascetismo politico e
culturale. Il lavoro che facciamo, come movimento di liberazione sessuale, è un lavoro collettivo, la presa
di coscienza, cioè, avviene attraverso un lavoro di gruppo. Direi quindi che il discorso anarchico e quello
del F.U.O.R.I. hanno molti punti in comune. Anche noi non crediamo alle rivoluzioni individuali,
crediamo invece alla presa di coscienza di gruppo, che all'inizio è un piccolo gruppo ma tende ad
allargarsi per trasformarsi in un movimento. Quando parlavo delle rivoluzioni fallite, alludevo ad un
fallimento dovuto proprio alla mancanza di lavoro continuo su questi temi. In Russia, ad esempio, subito
dopo la rivoluzione tutte le leggi autoritarie sulla persona umana e sulla sessualità erano state abrogate.
La condizione della donna era stata veramente liberata dall'oppressione esistente da secoli. C'era una
completa libertà sessuale. Tutto ciò è scomparso, dal '25 in poi, con l'avvento di Stalin, cioè con
l'avvento di una società autoritaria. Per questo è importante il lavoro di gruppo, fatto con altri, per
comunicare con altri, per raccogliere sempre più gente. Noi vogliamo uscire dal minoritario per arrivare
al maggioritario. Non ci interessa questa posizione di eterni minoritari oppressi e lamentosi. Ci
lamentiamo perché oggi è giusto lamentarci, ma l'obiettivo è di trasformare la lamentela dei pochi che
hanno preso coscienza in un grido potente di tanti. Bisogna riconoscere che cinque anni di intervento
hanno contribuito non poco a modificare il nostro modo di stare con gli altri. Per farti un esempio ti
racconterò un episodio che riguarda, in parte, anche gli anarchici. Agli inizi della costituzione del nostro
movimento, conobbi ad Amsterdam un anarchico italiano che era espatriato per evitare il servizio
militare. Costui aveva scritto ad Umanità Nova (mi pare) motivando la sua obiezione di coscienza oltre
che con le proprie convinzioni politiche anche col fatto d'essere omosessuale. Rifiutava, cioè, di servire
uno Stato autoritario che lo umiliava considerandolo un cittadino di 2a categoria. Bene, la lettera venne
pubblicata ma senza la parte che riguardava l'omosessualità. Privatamente, la redazione scrisse a questo
compagno, dicendogli di non aver nulla contro gli omosessuali ma di non vedere come questi problemi
potessero interessare i lettori del giornale. Ecco, se le cose sono cambiate è perché è cambiato questo
atteggiamento, perché una minoranza ha smesso di considerare certi discorsi come discorsi da non fare,
argomenti da non prendere in considerazione. L'importanza delle sovrastrutture, quindi, è enorme.
In questo, mi pare che quanto dici abbia diversi punti di contatto con le tesi di W. Reich, anche
se mi risulta che tu non nutra eccessiva simpatia nei suoi confronti.
Intendiamoci. Io non ho alcuna simpatia per gli attuali reichiani, ma ho grande stima per Reich (che, per
il suo tempo, ha detto delle cose di grande importanza). Reich ha avuto il torto di non analizzare
sufficientemente il discorso sull'omosessualità, ma questo e un torto relativo. Assai maggiore, invece,
è il torto dei reichiani che, a distanza di 35 anni, continuano in questo errore, senza cercare di andare
avanti.
Per concludere, pensi che in una società completamente liberata da qualunque oppressione,
l'omosessualità continuerà a manifestarsi, come uno dei comportamenti umani possibili?
Penso che continuerà a manifestarsi, anzi credo che si manifesterà molto di più. Si ci pensi bene, infatti,
oggi viviamo in una società in cui i desideri sono continuamente repressi, dando origine a situazioni
abnormi. Cosa sono le cosiddette "società maschili" se non esempi di omosessualità repressa? I militari,
ad esempio, questi uomini che vivono a contatto quasi esclusivamente di altri uomini, non sono degli
omosessuali repressi? Proprio per questa repressione, sono dei violenti, vedono la guerra come soluzione
a qualsiasi cosa. Io credo che in una società in cui non ci saranno più ruoli sessuali, esisterà veramente
una gioia sessuale, che potrà essere di tipo omosessuale, eterosessuale, o di altri tipi. Oggi invece la
sessualità è accettata dal sistema solo quando è merce, consumo. Basti pensare alla pornografia. Quando
invece la sessualità è gioia di vivere, felicità, allora la società la reprime. L'emarginazione degli
omosessuali è un esempio di questa repressione.
Sono state quattro chiacchiere molto amichevoli. Al termine dell'intervista, Pezzana non ha preteso alcun
controllo preventivo sul testo che sarebbe stato pubblicato, dicendosi fiducioso che avremmo rispettato
il suo pensiero. Cosa che è stata fatta coscienziosamente. Rileggendo "a posteriori", comunque, qualche
considerazione critica appare inevitabile. Sugli aspetti organizzativi del F.U.O.R.I., ad esempio, si può
rilevare come positiva, da un punto di vista anarchico, la mancanza di una struttura verticale. Nello
stesso tempo, però, ci sembra che il problema, nel suo complesso, sia un po' sottovalutato: non si tratta,
infatti, soltanto di rifiutare la burocratizzazione ma di cercare modelli organizzativi alternativi,
consapevolmente congegnati in modo da garantire l'efficiente partecipazione di tutti alle decisioni. Forse
chiediamo troppo, ma ci piacerebbe che il problema dell'organizzazione libertaria venisse teorizzato con
maggiore fermezza: sarebbe la migliore conferma della "politicità" della lotta per la liberazione sessuale.
Non siamo del tutto d'accordo, poi, sul modo con cui Pezzana sembra intendere il lavoro politico. Pur
concordando sull'importanza data alle "sovrastrutture" e quindi alla necessità di un affrancamento degli
individui dai condizionamenti della società autoritaria, pensiamo che non sia possibile limitarsi ad aver
fiducia nelle capacità liberatorie conseguenti alla presa di coscienza. Bisogna anche agire. E agire non
significa semplicemente proporre una cultura alternativa a quella ufficiale, non esente, in sè, dal rischio
di essere recuperata, ma lottare per una società che garantisca tra gli uomini quei rapporti che
consideriamo giusti e accettabili. Questo, nella convinzione che l'attuale società non è in grado di darci
se non caricature o vaghe approssimazioni di quanto intendiamo per libertà. Non si tratta quindi di
rimandare ad un "domani" imprecisato la soluzione dei nostri problemi psicologici, né di aspettare di
averli risolti per prendere una qualunque iniziativa. Si tratta invece di convincersi che qualsiasi discorso
di liberazione sessuale è incompleto se non viene abbinato ad un modello di società in cui tale liberazione
possa realizzarsi. Per noi, questo modello è l'anarchia. Cosa ne pensa il F.U.O.R.I.?
R. Brosio
|