Rivista Anarchica Online
Cercando un altro Egitto
di Fernando Ainsa
Come tutte le mattine da 3.500 anni, il sole che si leva all'orizzonte del deserto libico illumina il
tempio di Abu Simbel. Senza mai essere coperto dalla benché minima nuvola, mette
progressivamente in risalto i magnifici affreschi dipinti alla gloria del faraone Ramsete II e indica,
in ogni epoca dell'anno, i punti precisi di un calendario astronomico. Davanti al tempio, ai piedi
dell'immensa statua eretta al dio Ra (divinità del sole) si ha per un attimo l'impressione che niente
sia cambiato in Egitto dai tempi della civiltà faraonica. Senza dubbio, nonostante il sole sia sempre
lo stesso e le pietre che segnano il passare del tempo siano in perfetto stato, l'Egitto è cambiato e
cambia rapidamente, accumulando contrasti e provocando inevitabili riflessioni. Quelle che
seguono sono alcune note raccolte nel corso di un rapido viaggio in questo appassionante paese, tra
piramidi millenarie, imbottigliamenti nelle brulicanti vie del Cairo e le rive di quel fiume Nilo che
continua ad essere l'unica fonte di vita in questo paese desertico. l. - Dall'aereo si ha la prima prova del contrasto della geografia dell'Egitto. Le uniche terre
coltivabili, appena il 4% del territorio, corrono come fragili fasce ai due lati del fiume Nilo, che
attraversa e divide il paese da sud a nord. Sono le uniche macchie di verde visibili nella immensità
del deserto, che costituisce il restante 96% del paese. In queste oasi irrigate dal fiume e concimate
dal limo delle sue maree hanno sempre vissuto gli egiziani. Sono state gli scenari idilliaci della
civilizzazione faraonica di 4.000 anni fa e costituiscono oggi lo scarso territorio dove vivono quasi
40 milioni di abitanti. 2. - Ci dicono che la popolazione egiziana aumenta di 1.000.000 di abitanti ogni dieci mesi. E'
impossibile immaginare un piano di sviluppo economico e sociale che possa assicurare le necessità
di una popolazione che cresce a questo ritmo. I bambini giocano e corrono allegramente da tutte le
parti e non sembrano preoccupati per il loro futuro. In verità nemmeno gli adulti. 3. - Ci spiegano che in Egitto il drenaggio di professionisti è enorme. Nel paese non c'è futuro per
un universitario o per un quadro medio, dal momento che non ci sono sufficienti posti di lavoro e
gli stipendi sono molto bassi. Risultato: l'Egitto copre buona parte delle necessità dei paesi vicini.
In Irak ce ne sono 2.000.000 e nei paesi del Golfo Arabo altrettanti. Però ci spiegano che
ultimamente anche i contadini hanno iniziato ad emigrare. 4. - I nostalgici europei di Alessandria o del Cairo dicono che l'Egitto non è più quella bellezza
mondiale descritta da Durrell nel suo famoso «Quartetto di Alessandria». L'élite colta e
cosmopolita è ora sommersa in questa crescente marea demografica e il margine che le restava per
la vita mondana frivola e sofisticata si è ridotto ad un minimo di sopravvivenza per alcuni e
all'ostentazione da «nuovi ricchi» per altri. 5. - Fin nei più piccoli villaggi, nelle vetrine polverose di negozi e botteghe ci sono le
inconfondibili bottiglie di plastica: acqua minerale Eviàn importata dalla Francia e venduta
all'equivalente di quasi 3.000 lire il litro. Incredibile ma vero, i soldi tanto necessari per tanti altri
articoli si spendono nell'importazione di acqua minerale. Le bottiglie vuote galleggiano poi sulle
acque del Nilo o si trovano negli immensi ammassi di rifiuti lungo le sue rive. Non dicono, forse,
che la plastica è eterna? 6. - Potrebbero essere eccellenti attori di una «commedia dell'arte» egiziana. Abbordano i turisti
con un'aria misteriosa all'uscita di tombe e tempi i e li seguono dietro da una roccia o una colonna
per dargli un «oggetto antico» che nascondono con attenzione in una tasca del loro grande
«chilaba» (una specie di barracano). Con occhiate furtive a destra e a manca offrono frammenti di
sarcofago e bassorilievi grossolanamente imitati. E' difficile non dubitare almeno un attimo
dell'autenticità di questi oggetti, tant'è la loro bravura nel recitare il ruolo di tombaroli. 7. - L'unica cosa che sopravvive della civiltà faraonica sono le tombe e i templi. Grazie al culto dei
morti e degli dei è possibile ricostruire la ricchezza e la complessità della vita quotidiana di questo
popolo tre-quattromila anni fa. Tema di riflessione: che cosa si potrebbe sapere della nostra attuale
civiltà se in futuro si salvassero solamente i cimiteri e le chiese moderne? Molto poco, certamente,
e l'impressione che daremmo sarebbe molto misera. 8. - Il fanatismo ideologico non è una novità, se di qualche consolazione può esserci il fatto di
vedere come le statue, i rilievi, i bassorilievi e gli affreschi di dei e faraoni siano stati sfigurati e
ammaccati. I cristiani, minoranza perseguitata durante un paio di secoli, ne sono stati i responsabili
quando diventarono maggioranza e la loro religione divenne la religione ufficiale dell'Egitto. Un
fanatismo che cercò di cancellare con la violenza il passato e che, poco dopo, fu vittima di un altro
fanatismo nato in Arabia, l'Islam. 9. - E' scomparso dalla letteratura ufficiale fin dai tempi di Sadat, ma continua ad esser presente
nella mente degli egiziani: le foto di Gamal Abdel Nasser si vendono per le strade, sciolte o
incorniciate, e fan mostra di sé nei negozi e nelle case di tutto il paese. Foto che richiamano alla
memoria le grandi mobilitazioni di massa degli anni '50 e dei primi anni '60, il progetto di un
mondo pan-arabo con capitale Il Cairo e la nascita di quella che fu chiamata la «Terza via» in un
mondo schematicamente diviso dalla guerra fredda. 10. - Colpiscono l'attenzione le antenne della televisione che svettano su tombe e cimiteri, i
bambini che giocano sopra le lapidi e la biancheria stesa tra i monumenti funebri. Ci troviamo nel
grande cimitero nel pieno centro del Cairo dove vive ora circa mezzo milione di persone. All'inizio
furono loro i veri squatters. Centinaia di famiglie spinte dalla crisi degli alloggi entrarono con forza
nelle grandi tombe familiari abbandonate. Poi, di fronte all'alluvione migratoria dalle zone rurali e
all'esplosivo aumento demografico della capitale, si venne organizzando l'occupazione di quella
che senza ironia si dovrebbe chiamare «la città dei morti». Si aprirono scuole, ambulatori e perfino
un ufficio postale nelle tombe e nei cimiteri svuotati delle loro spoglie mortali. La pressione della
vita ha costretto a questa prudente coesistenza con la morte. 11. - Ci si avvicinano con un sorriso e ci chiedono «Lei è cristiano?». Dal momento che questa
domanda ce la fanno diverse persone nel corso del viaggio, chiediamo che importanza possa avere
la nostra eventuale convinzione religiosa. Allora ci mostrano la parte interna del polso, dove è
tatuata una croce. Sono cristiani copti e cercano vincoli di solidarietà e il dialogo con gli stranieri.
Dichiarano la propria fede con l'orgoglio di chi è parte di una minoranza attiva. «Costituiamo quasi
il 20% della popolazione di questo paese» ripetono mostrando il simbolo indelebile del loro
battesimo. 12. - Da un lato i turisti e dall'altro alcuni soldati con l'uniforme logora, senza bottoni nella giacca e
nei pantaloni, con stivali rotti e un vecchio fucile Mauser ad armacollo. Nei minuti che precedono
l'imbarco in aereo mentre tutti siamo trattenuti sulla pista dell'aeroporto di Luxor, uno dei soldati
tira fuori una sigaretta e si avvicina ad un passeggero per chiedergli se ha del fuoco. Quando gli
fanno accendere la sigaretta guarda rapidamente l'accendino e appena lo vede subito lo chiede con
un gesto. Glielo danno. Ringrazia e lo ripone in tasca. Un poco più in là, spegne con cura la
sigaretta sulla suola consunta degli stivali e si avvicina ad un altro passeggero facendo lo stesso
gesto di chiedere fuoco. In dieci minuti lo vedo raccattare quattro accendini e due scatole di
fiammiferi. L'ho anche visto guardare con aria frustrata la mano di chi gli fa accendere con un
Cartier o un Dupont, senza però azzardarsi a chiederlo. 13. - Tutti i bambini sono capaci di arrangiarsi in cinque o sei lingue alla volta. Le difficili leggi
della sopravvivenza li obbligano ad imparare rapidamente frasi in inglese, spagnolo, italiano,
tedesco e francese con le quali poter abbordare i turisti e offrir loro oggetti tipici. Sorprende vederli
dietro ai diversi gruppi nel tentativo di indovinarne la nazionalità per dire la frase esatta, ma è
ancora più sorprendente il sentirli dire a un meschino gruppo di turisti francesi, che non hanno
ceduto alla loro naturale simpatia, «volete sapere una cosa? I francesi ci stanno sulle palle»,
pronunciato con un accento da Sorbona così perfetto da provocare una risata generale. Gli italiani
che vengono dietro gli comprano divertiti il souvenir, soddisfatti di questa rivincita nazionalistica. 14. - Turisti, abbiamo detto turisti. Migliaia di turisti, soprattutto italiani e francesi, si accalcano in
fitti programmi da otto a dodici giorni nei principali centri archeologici del paese: dal museo del
Cairo al tempio sull'isola di Philae, passando per Luxor e Karnak. Sono una delle principali fonti di
denaro per l'Egitto, ma tra loro e la realtà del paese non c'è contatto. Dalla porta dell'Hotel alle
rovine del tempio viaggiano in autobus climatizzati. Nessuno si azzarda qualche metro più in là del
tracciato stabilito dalle agenzie di viaggio e dagli operatori turistici. Tema di riflessione: sarebbe
possibile immaginare un'altra forma di turismo che stabilisca un vero dialogo utile tra visitatori e
visitati? Un contro-argomento dell'attuale «ghetto» turistico è la paura delle popolazioni locali di
essere manipolate, la paura della corruzione e di tutti i mali che portano con sé gli «occidentali»,
facendo perder loro «l'identità culturale nazionale». Ma forse il dialogo fra le culture non è già
stabilito dalla televisione, dai film e dalle altre forme di interscambio, come il fatto che milioni di
egiziani lavorano in altri paesi, di cui trasmettono le indicazioni più evidenti? Tutti punti da tener
presenti nel fare queste riflessioni.
994.000 chilometri quadrati, dei quali solo 36.000 sono coltivabili e dove vive la maggioranza della
popolazione, calcolata in 40.000.000 di abitanti. Paese agricolo nella stretta frangia della valle del
Nilo, produce soprattutto cotone, benché ultimamente si sia sviluppata l'industria mineraria (ferro)
e lo sfruttamento del petrolio del Mar Rosso e del Sinai. L'economia trae beneficio anche dalle
rendite provocate dal passaggio delle navi attraverso il canale di Suez e negli ultimi anni il turismo.
In maggioranza musulmani, ma senza dubbio c'è un'importante minoranza (tra il 15 e il 20%) di
cristiani copti. Dal 1953 l'Egitto è una repubblica. Nel 1956 è stato nazionalizzato il canale di Suez.
Il paese, dopo l'assassinio di Anwar El Sadat, il 6 ottobre 1981, è governato da Mubarak. Il
nazionalismo praticato da Nasser tra il 1952 ed il 1970 è stato attenuato dai problemi economici del
paese e dalla necessità di un aiuto internazionale. Non siamo a conoscenza di una tradizione specificamente anarchica in Egitto. Negli ultimi decenni
dello scorso secolo e nei primi anni del nostro, comunque, operarono in Egitto alcuni gruppi
anarchici di lingua italiana, che pubblicarono anche dei giornali.
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