Rivista Anarchica Online
Dacci oggi Il nostro golpe quotidiano
di Victor Garcia
Il governo militare argentino ha minacciato, con tutto il rigore di cui è capace, che sarà processato
chiunque, cittadino o mezzo di comunicazione, renda pubbliche le dichiarazioni rilasciate
dall'eterno candidato al Premio Nobel per la letteratura: l'argentino Jorge Luis Borges. Il paradossale autore di «Aleph», contro il quale si è schierata tutta l'Accademia svedese che cerca
di ignorarlo malgrado egli sia il personaggio più rilevante della letteratura castigliana, ha deciso di
dire il fatto suo all'autorità militare argentina: e vista l'universalità delle accuse, le stesse possono
estendersi a tutti i regimi militari del mondo. Sono i più pericolosi che ci possono essere, sostiene Borges. E' una giunta che non produce
assolutamente niente, che si limita esclusivamente a spendere. Supporre che un governo militare
possa essere efficace è come supporre che un governo di scrittori, di medici, di avvocati o di
palombari lo possa essere. Più avanti, facendo allusione all'assurda guerra delle Malvine, Borges
aggiunge: I militari hanno pensato esclusivamente agli effetti materiali, al territorio e non hanno
minimamente pensato agli esseri umani che andavano lì a soffrire ed eventualmente a morire e
tantomeno hanno pensato di ascoltare l'opinione dei 27 milioni di argentini. I militari non sono
stati educati per pensare, bensì per obbedire prosegue Borges e quando gli viene fatto notare che i
militari hanno smesso di usare il terrorismo, afferma: Sicuro, qui non mettono bombe però esiste un
altro aspetto del terrorismo, quello silenzioso dei sequestri e delle esecuzioni clandestine. E' naturale che i militari vietino manifestazioni di questo calibro. E' considerata audacia
irriverente dire: Io credo che i governi militari sentano la pericolosa tentazione di trasformarsi in
regimi polizieschi. Napoleone è un esempio. La Francia governata da Napoleone era uno stato
poliziesco, e lo stesso si può dire della Germania di Hitler. L'esercito e la polizia si assomigliano
pericolosamente. Il colpo di stato è sempre stato presente nei paesi LatinoAmericani, compresi quelli che proiettano,
per il pubblico, un'immagine democratica e ricorrono al suffragio universale per eleggere i loro
governanti. Un continente che si potrebbe considerare privilegiato in quanto non esistono conflitti
internazionali, a confronto di altri come Europa, Asia ed Africa, è costretto ad assistere allo
sconsiderato sperpero delle sue finanze da parte dei militari, che si presentano come modello ad una
popolazione che deve assistere impotente allo spreco delle poche risorse a disposizione che
dovrebbero servire per incrementare l'industria, l'agricoltura, e, soprattutto, l'educazione. E' dalla preistoria che l'umanità vive dominata dal guerriero che, con la falsa giustificazione di
proteggere il contadino, danneggiandolo con il pretesto di difenderlo dalla minaccia straniera
inesistente e non desiderata che dalla stessa massa di militari (che al di là delle frontiere
ripropongono le stesse falsità e gli stessi pretesti). Rimanendo sempre in America Latina, non possiamo dimenticare che all'origine del colpo di stato
incontriamo spesso le «forze vive» del paese, il cui patrimonio è stato dilapidato da politici ed
incapaci provocando così lo scontento popolare, che poi i militari hanno saputo sfruttare per i
propri interessi anche attraverso l'aiuto straniero, principalmente statunitense. Ciò avviene quando
ha luogo il tanto usato «pronunciamiento», che consiste in un proclama nel quale si afferma «la
necessità di cambiare il destino della patria, in pericolo di naufragio, per colpa dei politici». I
popoli latino-americani, indifesi di fronte alle rispettive forze armate, assistono impotenti alla
proclamazione del nuovo regime, o rimangono addirittura indifferenti. Per il popolo tutto ciò che si decide all'interno del quartiere generale e del palazzo sfugge al suo
controllo ed è superiore alla sua capacità di azione e di decisione. Le «forze vive» possono essere, e
spesso sono, determinanti. I grandi proprietari terrieri, gli allevatori, i commercianti e gli industriali
vedono sempre streghe dappertutto e chiedono la loro eliminazione: bisogna eliminare il sindacato,
praticare la censura sui mass-media, sopprìmere il pensiero rivoluzionario o più semplicemente
progressista. Ci sarà sempre un gruppo di militari disposto ad assecondare il pensiero reazionario
delle classi privilegiate.
Repressivi sì, fascisti no? Il 20 dicembre 1974 una Commissione Internazionale di Giuristi riunita a Ginevra ha redatto una
relazione nella quale si ammette l'esistenza della repressione antidemocratica (fatta passare dai
militari come «difesa della civiltà occidentale») nei paesi latino-americani, ma si nega che possa
essere definita come una manifestazione di fascismo: taluni lo definiscono fascismo, però è un uso
inesatto del termine perchè la loro ideologia generalmente non include la dottrina corporativista o
razzista tipica del fascismo - si legge tra l'altro nella relazione, la quale inoltre fornisce anche
l'elenco delle caratteristiche del fascismo, segnalando che i principi generali di questa ideologia
(nella misura in cui la si possa definire tale) sarebbero repressione e controllo generale della
stampa, dell'educazione e dell'attività politica, sindacale e religiosa. La definizione «fascismo» è
negata semplicemente per l'assenza della dottrina corporativista e razzista, argomentazione a nostro
avviso, insufficiente e fuori luogo. La Germania nazista fu razzista ma non corporativista, mentre
l'Italia fascista non fu razzista, fatta eccezione per il periodo finale del regime. Senza dubbio il fascismo ha molti più aspetti che permettono di identificarlo e questi aspetti sono
quasi sempre presenti nelle dittature Latino-Americane. Inoltre bisogna tener presente la «fonte di
ispirazione» dei regimi totalitari in America latina. La maggior parte della influenza straniera
proviene dal nord del Rio Grande, dove si è sempre pensato che la frase di Monroe «l'America agli
americani» significasse che tutto il continente appartiene ai nordamericani. Una volta Miller dichiarò: «Senza l'aiuto degli Stati Uniti non ci potrebbe essere fascismo
nell'America Latina» ed in base a ciò si può dire che la «fonte di ispirazione» giunge dal nord e non
dall'Europa. La caccia alle streghe di Mc Carthy, il National Security Act del 1947 e, anteriormente, la politica
del «big stick» del primo dei Roosvelt, la presenza delle repubbliche delle banane, i marines
sbarcati in qualsiasi punto della geografia latino-americana e la nomina forzata dei presidenti delle
piccole repubbliche del Centro America sono state altrettante strategie di Washington che si sono
modificate con il passare del tempo, ma che si sono sempre caratterizzate nell'appoggio ai dittatori
a danno della volontà popolare.
L'arcobaleno fascista Dal 1958 l'URSS, che ha sempre sperato di mettere piede nel continente latino-americano e che in
base a questa ambizione ha fatto in modo che gli Stati Uniti patrocinassero spesso i regimi
dittatoriali, è riuscita ad essere la «fonte di ispirazione» di Cuba. Noi lo denunciamo apertamente,
perchè la repressione del regime comunista cubano è per noi obbrobriosa come la più crudele
dittatura latino-americana. Affermiamo che coloro che denunciano solamente le dittature di destra si trasformano in passivi
«compagni di strada» e in «utili idioti» delle dittature di sinistra e non possono risultare credibili se,
mentre denunciano le atrocità di Pinochet nello stadio di Santiago, dimenticano quelle di Fidel
Castro nell'Isola dei Pini. Il fascismo può avere tanti colori come l'arcobaleno. Esiste il fascismo nero, ma esiste anche il
fascismo rosso: dimenticarsene conduce inesorabilmente alla peggiore distorsione del continente
latino-americano. Molti elementi progressisti insistono nel guardare con simpatia quella corrente militare che, come
quella che in Perù ha come leader Velasco Alvarado, seguendo lezioni nasseriste, cerca di dirigere i
destini del paese verso il raggiungimento del progresso industriale ed economico, dimenticando
però la rilevanza dell'ingerenza militare nel destino dei popoli. Tutto ciò può riassumersi nella frase di Jorge Luis Borges: E' una giunta che non produce
assolutamente niente, che si limita esclusivamente a spendere. Supporre che un governo militare
possa essere efficace è come supporre che lo possa essere un governo di scrittori, di avvocati o di
palombari.
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