Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 113
ottobre 1983


Rivista Anarchica Online

Mezzo secolo di anarchia
di Gianpiero Landi

A quindici anni dalla morte di Armando Borghi, appare doveroso tentare di fare il punto su quanto si conosce intorno a questo personaggio che tanto ha inciso nella storia del movimento anarchico di questo secolo. Nel panorama largamente carente degli studi sull'anarchismo italiano, può sembrare a prima vista che Borghi sia una figura piuttosto nota e conosciuta, un personaggio su cui si sa molto se non tutto, in grado di riservarci ormai poche sorprese. Questa impressione deriva in primo luogo dalla notevole quantità di notizie e di interpretazioni sull'attività di Borghi che si ricavano dai numerosi suoi scritti pubblicati - libri e opuscoli -, molti dei quali presentano un'evidente e dichiarata impostazione autobiografica. E' il caso anzitutto del famoso e godibilissimo libro Mezzo Secolo di Anarchia (1898-1945), piuttosto noto e apprezzato anche all'esterno del movimento anarchico e dell'ambiente degli storici di professione. Se Mezzo secolo costituisce probabilmente il capolavoro di Borghi scrittore, la sua opera più riuscita e anche quella di maggior mole e respiro, non vanno dimenticati altri suoi contributi di alterno valore, ma sempre di notevole interesse storico e politico: Il nostro e l'altrui individualismo. Riflessioni storico-critiche su l'anarchia (1907); Fernand Pelloutier nel sindacalismo francese - e in Italia? (1913); Anarchismo e sindacalismo (1922); l'Italia tra due Crispi (1924); Il banchetto dei cancri (1925); Mussolini in camicia (1927); Gli anarchici e le alleanze antifasciste (1927); Mischia sociale (1930); Errico Malatesta in 60 anni di lotte anarchiche (1933); Contro gli intrighi massonici nel campo rivoluzionario (1939); Conferma anarchica (1949).
Sulla base principale ma non esclusiva delle testimonianze di Borghi, utilizzando con maggiore o minore ampiezza anche altre fonti, è venuta crescendo negli anni una non trascurabile letteratura storiografica, che ha avuto pretese ora scientifiche, ora divulgative. Tra i contributi più importanti, che hanno avuto l'indubbio merito di tenere sveglio un certo interesse per la figura dell'anarchico romagnolo, possono essere citati: i lavori di Vittorio Emiliani, prima curatore dell'antologia di scritti di Borghi Vivere da anarchici, e successivamente autore di una biografia pubblicata nel volume Gli anarchici ; l'ottimo profilo, a cura di Giovanna Procacci, apparso sul Dizionario Biografico degli Italiani, largamente basato sul materiale documentario contenuto nel Casellario Politico Centrale dell'Archivio Centrale dello Stato; la relazione di Annamaria Andreasi, Anarchismo e sindacalismo nel pensiero di Armando Borghi (1907-1922), presentata al Convegno di Studi su «Anarchici e Anarchia nel mondo contemporaneo», organizzato nel 1969 dalla Fondazione Einaudi.
A questi lavori piuttosto noti, che hanno goduto di una discreta diffusione, possono essere aggiunti alcuni miei contributi recenti: l'articolo Armando Borghi, ovvero ottant'anni di anarchismo italiano, e l'opuscolo Tra anarchismo e sindacalismo rivoluzionario: Armando Borghi nell'U.S.I. (1912- 1915).
A conclusione di questa rassegna è d'obbligo poi ricordare col giusto rilievo le relazioni presentate alla giornata di studio su «Armando Borghi a dieci anni dalla morte», promossa dal Centro Studi Libertari «G. Pinelli» (Bologna, 12 novembre 1978), che costituisce a tutt'oggi l'unico Convegno organizzato specificamente sulla figura dell'anarchico romagnolo. Nel corso di quell'affollato incontro vennero esaminati e approfonditi, spesso sulla base di ricerche originali, numerosi aspetti della biografia di Borghi, e si tentarono interpretazioni sul ruolo da lui svolto in determinati cruciali avvenimenti. Furono presentate relazioni di: M. Lazzarini (Il primo Borghi, 1900-1907); F. Tarozzi (Borghi organizzatore politico-sindacale a Bologna, 1907-1911); G. Landi (Borghi: nascita di un leader, 1912-1915); M. Antonioli (L'anarcosindacalismo di Borghi); G. Cerrito (L'U.S.I. nel «biennio rosso»); C. Doglio (I contravveleni al conformismo post-fascista: incontri con Borghi); N. Berti (L'ultimo Borghi).
Infine, va rilevato che ampi riferimenti all'attività svolta da Borghi si trovano in numerosi lavori sulla storia del movimento operaio e socialista italiano ed internazionale, oltre che naturalmente in varie opere dedicate alla storia del movimento anarchico. Citare anche solo i principali di questi lavori storiografici costituirebbe un esercizio lungo e defatigante, e comunque superfluo in questa sede.

Una vita intensa
Ritornando alle considerazioni fatte all'inizio di questo articolo, ciò che preme qui mettere in risalto è piuttosto la relativa abbondanza di scritti, spesso pregevoli, di cui disponiamo attorno alla figura di Borghi. Si tratta di un punto di partenza innegabile e confortante, e ciò nonostante si può tranquillamente sostenere che quanto conosciamo intorno a questo personaggio è molto solo in apparenza, e che in effetti resta ancora tanto da studiare e da scoprire. Alcuni periodi dell'attività di Borghi sono ancora relativamente oscuri, molti nodi problematici restano irrisolti, diverse delle varie interpretazioni che si sono tentate, spesso tra loro contraddittorie, convincono fino a un certo punto.
Schematizzando notevolmente, e con tutti i rischi insiti in tali operazioni, si può suddividere la biografia politica di Borghi in quattro grandi periodi. Il primo periodo va dall'inizio del novecento, quando si registra il suo precoce ingresso nella vita politica, alla fine del primo decennio del secolo. E' una fase di formazione caratterizzata da un'attività incessante e frenetica, che lo mette presto in evidenza e attira su di lui le prime persecuzioni poliziesche, che continueranno negli anni successivi fino a fame uno dei «sovversivi» più colpiti dell'Italia giolittiana. Sono degne di menzione per questi anni soprattutto l'attività di redattore de «L'Aurora» di Ravenna (1906/7) e l'opuscolo già citato Il nostro e l'altrui individualismo, che attesta come le originarie concezioni di Borghi, pur non immuni da suggestioni malatestiane, si avvicinino piuttosto alle posizioni prevalenti negli ambienti comunisti anarchici antiorganizzatori, muovendo egli critiche sia agli individualisti puri (di cui vengono condannate le estremizzazioni amoraliste e borghesi), sia a quegli anarchici organizzatori che portavano alle estreme conseguenze il metodo organizzativo, sfociando a suo avviso in forme dogmatiche e autoritarie.
Il secondo periodo va dal 1910 circa all'avvento del fascismo, ed è contrassegnato da un avvicinamento al sindacalismo rivoluzionario e dall'impegno nelle organizzazioni sindacali. Sotto un certo profilo rappresenta la fase storicamente più rilevante dell'attività di Borghi, per il ruolo di primo piano da lui esercitato all'interno delle lotte sociali.
Negli anni in esame, gli anarchici guardavano con una certa simpatia al sindacalismo rivoluzionario, che riprendeva gran parte delle loro tradizionali critiche al socialismo riformista e si caratterizzava per il metodo dell'azione diretta e per l'organizzazione decentrata e federativa. Per quanto rimanessero con i sindacalisti delle divergenze teoriche non trascurabili, un settore considerevole del movimento anarchico ritenne opportuno impegnarsi al loro fianco nelle leghe e nelle Camere del Lavoro, individuando nel sindacalismo l'applicazione delle teorie anarchiche al campo delle lotte operaie. Borghi fu la figura più emblematica e rappresentativa del sindacalismo anarchico italiano, e ne fu anche, con vistosi limiti, il teorico, spesso differenziandosi dalle posizioni malatestiane. Per anni Borghi dedicò la maggior parte del suo impegno e delle sue energie all'organizzazione operaia, vista come strumento principale, anche se non esclusivo, per creare la coscienza di classe, giungere alla rivoluzione sociale, e instaurare il comunismo libertario.

USI sì, USI no: la grande svolta
Dopo la guerra libica, apertasi nel Paese una nuova fase politica caratterizzata dalla crisi del riformismo e da un accentuarsi dello scontro di classe, i sindacalisti rivoluzionari iniziarono un processo riorganizzativo che sfociò, nel novembre 1912, nella fondazione dell'Unione Sindacale Italiana. Le grandi agitazioni del periodo, che raggiunsero il culmine nel giugno 1914 coi moti insurrezionali della Settimana Rossa, dimostrarono chiaramente il livello di radicalizzazione raggiunto dallo scontro di classe. Poco tempo dopo, in conseguenza dello scoppio della guerra in Europa, si produsse una frattura all'interno del campo rivoluzionario. Nell'U.S.I. molti sindacalisti, tra cui alcuni leaders di grande prestigio (Alceste De Ambris, Tullio Masotti, Filippo Corridoni), si dichiararono favorevoli all'intervento in guerra dell'Italia. In questo delicato momento emersero le migliori qualità morali e politiche di Borghi. Egli si assunse il compito di controbattere apertamente le tesi degli interventisti, esprimendo la generale avversione dei lavoratori alla guerra, e la loro volontà di non legare le proprie responsabilità a quelle delle borghesie nazionali che avevano provocato il conflitto. Le tesi di Borghi risultarono maggioritarie, ed egli nel settembre 1914 venne nominato segretario generale dell'U.S.I. La sua nomina testimoniava anche dell'accresciuta influenza nell'organizzazione della tendenza anarchica, divenuta ormai determinante. Gli interventisti vennero espulsi negli anni successivi per le loro collusioni con le correnti militariste più reazionarie, e molti di loro finirono fascisti. Borghi riuscì a mantenere l'integrità politica e morale dell'U.S.I. attraverso la bufera della guerra, durante la quale fu internato, e restò alla guida dell'organizzazione durante le grandi lotte del dopoguerra, fino al 1921.
Con l'affermarsi della reazione fascista in Italia e la messa fuori legge dell'U.S.I., si rese necessario per Borghi trovare riparo all'estero, ed è nel corso dell'esilio, prima brevemente in Germania e Francia, e poi definitivamente negli Stati Uniti, che si apre una nuova fase. I venti anni circa trascorsi in America si rivelarono determinanti per una nuova evoluzione di Borghi, che rivisitò criticamente la precedente esperienza sindacalista e se ne allontanò definitivamente, per avvicinarsi alle posizioni antiorganizzatrici prevalenti tra gli anarchici italo-americani, efficacemente espresse in quegli anni dalle colonne dell'«Adunata dei Refrattari». Per vari aspetti questa evoluzione può essere vista come un ritorno alle origini, alla matrice degli anni di apprendistato politico.
Il quarto e ultimo periodo è rappresentato dal secondo dopoguerra, col ritorno di Borghi in Italia e l'assunzione da parte sua, dopo la morte di Malatesta, Fabbri, Berneri e tanti altri, di un ruolo di assoluta preminenza all'interno dell'anarchismo italiano. Con l'autorità morale derivante dal suo passato e dalle sue indubbie notevoli capacità di scrittore e di propagandista, Borghi esercitò un influsso determinante sull'anarchismo italiano degli anni che vanno dal 1945 alla sua morte, contribuendo in maniera notevole a farlo evolvere e sviluppare secondo linee congrue con le posizioni teoriche da lui maturate durante l'esilio. Dopo la fine della II guerra mondiale, Borghi si schierò apertamente contro ogni tentativo di ridar vita all'U.S.I., ritenendo l'esperienza sindacalista criticabile dal punto di vista teorico e superata dai tempi. Riguardo l'organizzazione anarchica respinse ogni tentativo di dare alla FAI, costituitasi nel 1945, una struttura organizzativa non puramente formale. Sul piano teorico sostenne posizioni puriste, e insorse contro ogni deviazionismo vero e presunto. Dal 1953 Borghi diresse «Umanità Nova», l'organo settimanale della FAI, lasciando tale incarico solo nel 1965, allorché si produsse la scissione da cui nacquero i Gruppi di Iniziativa Anarchica (GIA), che condividevano le sue critiche nei confronti della svolta accentuatamente organizzativa che la FAI aveva nel frattempo imboccato. Nel secondo dopoguerra le concezioni e il comportamento di Borghi hanno suscitato spesso critiche in settori del movimento anarchico, e anche dopo la sua scomparsa sono stati oggetto di contrastanti valutazioni. E' questo sicuramente il periodo più discusso della sua attività, intorno al quale fino a tempi molto recenti si sono accese vivaci e appassionate polemiche.
Se questo è il quadro complessivo, estremamente schematizzato, dell'evoluzione politica di Borghi - che, è bene sottolinearlo, al di là di ogni oscillazione rimase sempre un anarchico convinto e si mosse sempre all'interno del solco dell'anarchismo -, problemi non indifferneti sorgono allorché si passa a ricostruire e a mettere a fuoco maggiormente i diversi periodi, e a cercare di interpretare le motivazioni e le conseguenze dei vari passaggi. Ancor più difficoltoso si presenta poi ogni tentativo di interpretazione complessiva del personaggio.

Un archivio significativo
A differenza di altre figure di rilievo dell'anarchismo, l'evoluzione di Borghi si è mossa in modi spesso non lineari, ed è comunque difficilmente riconducibile a linee di sviluppo univoche e facilmente individuabili. Prevale al contrario in Borghi un alternarsi talora rapido e quasi imprevedibile di concezioni teoriche anche molto distanti tra loro, di cui non è agevole rendere conto. D'altra parte non è possibile limitarsi ad accettare le versioni fornite dallo stesso Borghi nei propri libri, che restano comunque di utilissima consultazione.
Si rendono necessari, in questa come in ogni altra occasione, l'integrazione e il confronto con altre fonti, dai giornali del tempo ai documenti conservati negli Archivi pubblici e privati. Si tratta di una documentazione frammentata e dispersa, una buona parte della quale rischia col tempo di andare irrimediabilmente perduta, con un danno considerevole per la storiografia dell'anarchismo di questo secolo, alle cui vicende la vita del militante romagnolo appare così strettamente intrecciata.
Col proposito dichiarato di evitare che ciò accada, e al fine di salvare dalla distruzione e di raccogliere, ordinare e rendere fruibile per il pubblico tutta la documentazione ancora esistente (scritti editi e inediti, lettere, fotografie, registrazioni foniche, ecc.), si è costituito nel gennaio 1982 a Castelbolognese l'Archivio A. Borghi.
Promosso da un gruppo di militanti e studiosi libertari, l'Archivio ha già ricevuto una discreta quantità di materiale documentario, spesso di notevole importanza storica e politica, da donatori italiani e stranieri. Altro materiale è stato promesso, e numerose manifestazioni di apprezzamento e di incoraggiamento attestano della favorevole accoglienza che l'iniziativa ha raccolto in vari ambienti. Sembra ormai acquisita la consapevolezza che il recupero delle fonti, e possibilmente la loro pubblicazione in edizioni critiche, costituiscono un supporto fondamentale per l'avanzamento e la diffusione degli studi in ogni settore.
Se continuerà ad essere sorretto dal sostegno di coloro a cui si rivolge, l'Archivio Borghi può diventare in breve tempo una fonte non trascurabile per la storiografia dell'anarchismo italiano, affiancandosi ad altri organismi affini già da tempo consolidati. Avere costituito, proprio nell'anno in cui cadeva il centenario della nascita di Borghi, un centro per raccogliere i suoi scritti, rappresenta sicuramente il miglior omaggio che si potesse fare alla sua memoria, e apre la strada a molteplici e suggestivi sviluppi.