Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 128
maggio 1985


Rivista Anarchica Online

Le mille voci della libertà
La Redazione

Un sondaggio realizzato da Rockerilla (una delle più diffuse riviste di musica rock, pop, punk, ecc.) indica la nostra rivista al 13° posto nell'elenco delle pubblicazioni preferite (era prevista la possibilità di una sola indicazione). Al sondaggio, i cui risultati sono stati pubblicati sul numero di febbraio di Rockerilla, hanno risposto alcune migliaia di lettori. Per "A" si tratta della sostanziale conferma del risultato ottenuto in un analogo sondaggio fatto due anni fa (allora ci piazzammo al 14° posto): il che è tanto più significativo, perché rispetto all'83 è calato drasticamente il numero delle pubblicazioni con una connotazione "ideologica": oltre ad "A", è rimasto - tra le prime venti pubblicazioni indicate - solo Il Manifesto.
Questo "piazzamento" delle nostra rivista assume un significato ancora più sorprendentemente positivo se si considerano i seguenti fattori:
1) "A" ha, fin dal titolo, una caratterizzazione esplicitamente "di parte" (che non è attribuibile nemmeno a Il Manifesto, che viene fruito come quotidiano "diverso" prima ancora che "comunista");
2) Rispetto alle altre 19 pubblicazioni indicate, la nostra è l'unica ad avere grossissimi problemi di distribuzione, che ci impediscono di essere presenti in moltissime località dove certo troveremmo acquirenti (e ne abbiamo quasi quotidiana conferma dalle lettere e dalle telefonate che ci giungono in redazione, da parte di persone che ci comunicano di aver cercato invano la rivista nelle edicole della loro zona);
3) Prosegue, lenta ma continua, la crisi per così dire "militante" del movimento anarchico, che si traduce anche nel calo della vendita militante (con alcune eccezioni, che non possono modificare il quadro generale).
Senza volerlo sopravvalutare (ma sarebbe errato anche sottovalutarlo), il sondaggio di Rockerilla rappresenta per noi della redazione un motivo di soddisfazione ed una fonte di ottimismo. È infatti una conferma di quanto da tempo "sentiamo", pensiamo e andiamo scrivendo: che esiste, cioè, una vasta area libertaria, disseminata un po' ovunque, al di fuori dei "tradizionali" circuiti metropolitani. Si tratta di persone perlopiù slegate dal movimento anarchico, che non hanno mai frequentato una sede, a volte non hanno mai nemmeno letto un libro o una pubblicazione del movimento anarchico, che sono pervenute ad una sensibilità libertaria, antiautoritaria, partendo dalle più diverse esperienze (o, a volte, da nessuna esperienza in particolare). Da quest'area libertaria e, più in generale, da significativi settori dei "nuovi" movimenti sociali - quelli impegnati sul terreno dell'ecologia, del pacifismo, dell'antinucleare, delle tecnologie dolci, dell'agricoltura biologica, ecc. - proviene una "domanda" di concretezza e di coerenza individuale, di rifiuto della politica intesa come lotta per il potere e come pratica del compromesso, di impegno diretto, di informazione e di dibattito al di fuori dei vecchi schematismi ideologici e partitici.
Una domanda d'anarchia? Sarebbe assurdo rispondere positivamente: l'anarchia, il movimento anarchico, gli stessi anarchici in carne ed ossa sono spesso per quell'area libertaria dei veri e propri u.f.o.: non ci si può "identificare" né si può rifiutare ciò che nemmeno si conosce. E poi, in questi termini, il problema è mal posto. Non è questione di etichette, o almeno non è questa la questione principale.
Quel che a noi pare assodato è che da questo insieme di persone, di sensibilità, di esperienze che noi definiamo convenzionalmente area libertaria (ma che in realtà non esiste coscientemente in quanto tale) viene una poderosa conferma dell'attualità o della vitalità della proposta anarchica, in tutta la pluralistica ricchezza delle sue sfaccettature. Terreni come quello dell'antimilitarismo e dell'impegno pacifista, dell'ecologia, della pedagogia libertaria, della valorizzazione delle sperimentazioni concrete di forme di vita/convivenza/lavoro "alternative", battaglie come quelle per i diritti umani, per l'affermazione dei diritti delle minoranze oppresse ed emarginate, contro la quotidiana discriminazione degli handicappati, per la difesa delle culture non-integrate nel sistema dominante: tutto ciò, ed altro ancora, ci appartiene in quanto anarchici. Non è nostro patrimonio esclusivo (figuriamoci!), ma è certo anche nostro. E non da oggi.
A quest'area libertaria, al suo esprimersi in cento modi ed in cento situazioni diverse (dalle marce antinucleari all'obiezione di coscienza, dalle comuni sull'Appennino alle occupazioni di case o di terre incolte, dalla lotta per gli "spazi autogestiti" alle iniziative indipendenti di radio/giornali/fanzine/ecc.) noi di "A" guardiamo con particolare attenzione.
Non siamo - ci pare superfluo chiarirlo - alla ricerca di quello che una volta si sarebbe definito "l'interlocutore privilegiato", il surrogato del mitico proletariato e del (meno mitico) proletariato giovanile. Né tantomeno cerchiamo aree, persone, situazioni da strumentalizzare. Lasciamo questa pratica ai vari radicali, demoproletari, ai soliti politici/politicanti di turno, a chi insomma si colloca, indipendentemente dall'eccentricità degli atteggiamenti esteriori, nella vecchia logica del potere, della sua conquista, dell'entrata (magari solo "limitata" e "temporanea") nelle istituzioni, e via discorrendo. Tra questi sostenitori dell'entrata nelle istituzioni ci sono anche molti esponenti verdi, convinti - come ha recentemente sostenuto Alexander Langer - che agli eletti verdi alle prossime elezioni del 12 maggio spetti un compito di cerniera tra il "movimento" e le istituzioni.

Basta con la vecchia musica
È la solita vecchia musica della delega, della rappresentanza, della legittimazione del sistema gerarchico. Noi ci muoviamo su direttrici diametralmente opposte, proprio perché siamo convinti che sia necessaria la massima coerenza possibile tra il dire e il fare. Non si può parlare ad ogni piè sospinto di "superamento" delle vecchie forme del fare politica, e poi riproporre metodi di aggregazione e di lotta accentratori e autoritari. Non è serio teorizzare una società "aperta"/orizzontale/decentrata/ecc. e poi riproporre di realizzarla passando attraverso i luoghi e i valori della società gerarchica. A meno che il "verde" non sia solo il nuovo colore con il quale riverniciare la facciata, per rendere meno ripugnante la vecchia casa, per convincere la gente a restarvi, per permettere in definitiva ai padroni di continuare a restare tali.
Certo per qualcuno sarà cosi: la politica del potere è una bestia dura a morire. Ma per molti l'esigenza di cambiare è troppo forte, sincera e profonda per arrestarsi sulla soglia delle istituzioni. Per tutte queste persone che non accettano più di "immaginare" la propria vita irrimediabilmente limitata nell'ambito istituzionale, "A" vuole sempre più essere strumento per conoscere, riflettere, comunicare. Una voce libertaria aperta alle mille voci della libertà.