Rivista Anarchica Online
Pur di non dover
sottostare alla loro "logica"
Per aver affisso
dei manifesti anarchici (e per essersi successivamente rifiutato di
pagare la multa, di presentarsi in tribunale, ecc.), si è fatto un
giorno di carcere. È
questa la vicenda, certo piccola ma significativa, capitata
recentemente a Piero Tognoli, anarchico ben conosciuto a Sondrio, per
essere tra l'altro - da qualche anno - redattore del bimestrale
antimilitarista "Senzapatria". In merito a questa sua
vicenda, Tognoli ha inviato una lettera al settimanale "Centro
Valle", edito a Sondrio e diffuso (10.000 copie) in tutta la
Valtellina. La pubblichiamo qui integralmente, contrariamente
a quanto ha fatto "Centro Valle" (le parti omesse sul
settimanale sono evidenziate in corpo tondo).
Le motivazioni che
mi spingono a scrivere queste righe non vogliono convincere nessuno
in merito alle mie idee. Vorrei solo lanciare degli stimoli affinché
si riflettesse dell'assurdità della carcerazione e di ogni altra
imposizione punitiva nei confronti di qualsiasi individuo. A questo
proposito, per meglio entrare in argomento, vorrei partire dai fatti
che mi hanno costretto a scontare la condanna ad un giorno di arresto
nelle locali carceri di via Caimi. Sono finito in
carcere, praticamente, per aver affisso manifesti di
controinformazione anarchica sui muri di Sondrio. La questione è
certamente ridicola soprattutto per la dinamica burocratica, poco
dinamica a onor del vero, durata circa un anno. Ennesima
dimostrazione di quanto sia scadente e fuori luogo l'immagine
burocratica di uno Stato che pretenderebbe tutelare la libertà di
ogni cittadino. Dalla notifica
delle multe, puntuali dopo ogni comparsa di manifesti e puntualmente
non pagate, trascorrono dunque diversi mesi prima di vedermi giungere
dal giudice di sorveglianza di Varese (di cui Sondrio è competenza)
la condanna sostitutiva ad un giorno di lavoro gratuito presso il
Comune di Sondrio. E il comune di Sondrio non avrebbe certo problemi
economici a creare nuovi posti di lavoro. Ora vorrei fare
alcune doverose valutazioni. Innanzitutto partendo dalla presunta
libertà di stampa e di espressione visto che, bene o male, d'accordo
o meno, attacchinare manifesti ha per noi il significato di dare alla
cittadinanza notizie e informazioni gratuite. Un servizio privato
quindi, paragonabile un po' a quello di Centro Valle, il quale non
avrebbe certo la possibilità di circolare se ogni copia fosse
tassata da una gabella comunale o provinciale. È
quanto invece succederebbe per ogni nostro manifesto se si dovesse
pagare la relativa tassa in questione. L'attacchinaggio è abusivo?
Certo! Ma di tasca nostra e fatto in proprio, senza scomodare nessuno
nell'ingrato lavoro di spennellare muri nottetempo. Ma tornando al
fatto della pena sostitutiva e cioè il lavoro gratuito presso il
comune di Sondrio, anche in questo caso avrei da contestare - oltre
al solito concetto assurdo di pena - che in un clima di diffusa
disoccupazione mi porrei dei problemi a svolgere delle mansioni di
fatto - anche se in modeste proporzioni - tendenti a sottrarre
posti di lavoro. Ma, proseguendo
nell'iter burocratico, attendo ancora alcuni mesi fino a quando mi
giunge l'ennesima comunicazione dell'udienza d'Appello presso il
Tribunale di Milano. Lascio anche in questo caso la procedura
d'ufficio deciso a contestare fino in fondo questa logica e non
riconoscendo colpe per il reato che mi si attribuisce. Alcuni giorni fa,
infine, mi viene notificata la sentenza definitiva che vuol
costringermi a scegliere una punizione a tutti i costi e cioè una
ammenda di lire 10.000 o un giorno di carcerazione. Siccome penso che
i principi abbiano ancora un significato, quando i carabinieri mi
trovano a casa ponendomi il poco amletico dilemma tra multa o carcere
persisto nel mio rifiuto e vengo arrestato sul portone di casa. Questo dopo che mi
viene impedito di avvisare gli amici rimasti all'interno della mia
abitazione. Ed è così che i carabinieri, entrati successivamente
nel loro ruolo di "eroi", con sirene spiegate e caroselli
americani mi portano in caserma. La sera stessa il
carcere, in cui vengo a conoscenza di ogni genere di vicende umane,
dove non ritrovo benestanti o benpensanti ma individui che si portano
sulle spalle i frutti dell'iniquità sociale, aggravati da un'assurda
logica punitiva che, estraniandoli dal resto della comunità,
pretenderebbe di... rieducarli alla società iniqua. Mi ritrovo in un
clima tranquillo, di solidale cameratismo che difficilmente riscontro
all'esterno. Molti pensieri per la testa e la voglia di esternarli e
renderli pubblici. E l'idea sempre più radicata che una società che
necessita del carcere può essere definita un prodotto abortito e
insano delle potenzialità umane.
Piero Tognoli
(Sondrio)
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