Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 132
novembre 1985


Rivista Anarchica Online

Pur di non dover sottostare alla loro "logica"

Per aver affisso dei manifesti anarchici (e per essersi successivamente rifiutato di pagare la multa, di presentarsi in tribunale, ecc.), si è fatto un giorno di carcere. È questa la vicenda, certo piccola ma significativa, capitata recentemente a Piero Tognoli, anarchico ben conosciuto a Sondrio, per essere tra l'altro - da qualche anno - redattore del bimestrale antimilitarista "Senzapatria". In merito a questa sua vicenda, Tognoli ha inviato una lettera al settimanale "Centro Valle", edito a Sondrio e diffuso (10.000 copie) in tutta la Valtellina. La pubblichiamo qui integralmente, contrariamente a quanto ha fatto "Centro Valle" (le parti omesse sul settimanale sono evidenziate in corpo tondo).

Le motivazioni che mi spingono a scrivere queste righe non vogliono convincere nessuno in merito alle mie idee. Vorrei solo lanciare degli stimoli affinché si riflettesse dell'assurdità della carcerazione e di ogni altra imposizione punitiva nei confronti di qualsiasi individuo. A questo proposito, per meglio entrare in argomento, vorrei partire dai fatti che mi hanno costretto a scontare la condanna ad un giorno di arresto nelle locali carceri di via Caimi.
Sono finito in carcere, praticamente, per aver affisso manifesti di controinformazione anarchica sui muri di Sondrio. La questione è certamente ridicola soprattutto per la dinamica burocratica, poco dinamica a onor del vero, durata circa un anno. Ennesima dimostrazione di quanto sia scadente e fuori luogo l'immagine burocratica di uno Stato che pretenderebbe tutelare la libertà di ogni cittadino.
Dalla notifica delle multe, puntuali dopo ogni comparsa di manifesti e puntualmente non pagate, trascorrono dunque diversi mesi prima di vedermi giungere dal giudice di sorveglianza di Varese (di cui Sondrio è competenza) la condanna sostitutiva ad un giorno di lavoro gratuito presso il Comune di Sondrio.
E il comune di Sondrio non avrebbe certo problemi economici a creare nuovi posti di lavoro.
Ora vorrei fare alcune doverose valutazioni. Innanzitutto partendo dalla presunta libertà di stampa e di espressione visto che, bene o male, d'accordo o meno, attacchinare manifesti ha per noi il significato di dare alla cittadinanza notizie e informazioni gratuite. Un servizio privato quindi, paragonabile un po' a quello di Centro Valle, il quale non avrebbe certo la possibilità di circolare se ogni copia fosse tassata da una gabella comunale o provinciale.
È quanto invece succederebbe per ogni nostro manifesto se si dovesse pagare la relativa tassa in questione. L'attacchinaggio è abusivo? Certo! Ma di tasca nostra e fatto in proprio, senza scomodare nessuno nell'ingrato lavoro di spennellare muri nottetempo.
Ma tornando al fatto della pena sostitutiva e cioè il lavoro gratuito presso il comune di Sondrio, anche in questo caso avrei da contestare - oltre al solito concetto assurdo di pena - che in un clima di diffusa disoccupazione mi porrei dei problemi a svolgere delle mansioni di fatto - anche se in modeste proporzioni - tendenti a sottrarre posti di lavoro.
Ma, proseguendo nell'iter burocratico, attendo ancora alcuni mesi fino a quando mi giunge l'ennesima comunicazione dell'udienza d'Appello presso il Tribunale di Milano. Lascio anche in questo caso la procedura d'ufficio deciso a contestare fino in fondo questa logica e non riconoscendo colpe per il reato che mi si attribuisce.
Alcuni giorni fa, infine, mi viene notificata la sentenza definitiva che vuol costringermi a scegliere una punizione a tutti i costi e cioè una ammenda di lire 10.000 o un giorno di carcerazione. Siccome penso che i principi abbiano ancora un significato, quando i carabinieri mi trovano a casa ponendomi il poco amletico dilemma tra multa o carcere persisto nel mio rifiuto e vengo arrestato sul portone di casa.

Questo dopo che mi viene impedito di avvisare gli amici rimasti all'interno della mia abitazione. Ed è così che i carabinieri, entrati successivamente nel loro ruolo di "eroi", con sirene spiegate e caroselli americani mi portano in caserma.
La sera stessa il carcere, in cui vengo a conoscenza di ogni genere di vicende umane, dove non ritrovo benestanti o benpensanti ma individui che si portano sulle spalle i frutti dell'iniquità sociale, aggravati da un'assurda logica punitiva che, estraniandoli dal resto della comunità, pretenderebbe di... rieducarli alla società iniqua.
Mi ritrovo in un clima tranquillo, di solidale cameratismo che difficilmente riscontro all'esterno. Molti pensieri per la testa e la voglia di esternarli e renderli pubblici.
E l'idea sempre più radicata che una società che necessita del carcere può essere definita un prodotto abortito e insano delle potenzialità umane.

Piero Tognoli (Sondrio)