Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 137
maggio 1986


Rivista Anarchica Online

Né Reagan né Gheddafi
di Paolo Finzi

"Abbiamo fatto il possibile per centrare esclusivamente gli obiettivi di carattere militare che ci eravamo prefissati, non volevamo colpire la popolazione civile. Purtroppo quando le case sono a ridosso delle installazioni militari, certe conseguenze sono inevitabili".
Questa, in sostanza, la risposta fornita da Reagan a chi gli chiedeva conto delle centinaia di vittime civili in seguito all'incursione aerea sulla Libia. Come dire: affari loro, la prossima volta si facciano le case più in là. La strage effettuata dagli aerei USA levatisi in volo dalle basi inglesi, con il successivo lancio (fuori bersaglio) dei missili libici contro Lampedusa, ha fatto vivere a tutti noi ore pesanti. Forse era dalla ormai lontana crisi dei missili a Cuba che non si respirava così densa, cosi intossicante, l'aria della vigilia della guerra.
Siamo scesi in piazza, in tanti. Per urlare il nostro NO ALLA GUERRA, per ritrovarci, per non lasciarci andare alla sensazione di impotenza che in queste occasioni si fa inevitabilmente più acuta - e rischia di diventare paralizzante. Quando, in poche parole, la gente si accorge che in alcuni momenti (ma in realtà non è sempre così?) tutto dipende da "loro", da chi sta lassù, da chi può pigiare il fatidico bottone.
Siamo scesi in piazza, ma in piazza - a Milano come in tante altre parti d'Italia - ci siamo ritrovati ancora una volta immersi tra tanti "pacifisti a senso unico" durissimi nel condannare la bestiale aggressione americana, lucidi nel denunciare i rischi ai quali il nostro Paese si trova esposto in conseguenza della sua adesione alla NATO, coerenti nel reclamare l'immediata uscita dell'Italia. Tutte cose giustissime, sacrosante.
Sull'altra faccia della medaglia, però, silenzio. Fuori la Sesta Flotta dal Mediterraneo. E le navi da guerra russe? Silenzio.
No alla politica guerrafondaia di Reagan. E a quella di Gheddafi? Silenzio.
Solidarietà con il popolo palestinese! Certo, come con tutti i popoli, che hanno diritto di vivere in pace. Tutti, appunto.
Per farla breve, dai settori politicizzati, partitizzati, gruppettarizzati, insomma dai "pacifisti a senso unico" inquadrati nei rispettivi spezzoni di corteo è giunto, ancora una volta, un messaggio di unilateralità anti-americana, che è il sintomo preciso della non-volontà di cogliere i meccanismi più profondi e decisivi che stanno alla radice del militarismo e della guerra: i meccanismi del potere, della violenza istituzionale, del nazionalismo, del fanatismo religioso.
Tutte cose che si trovano in varia misura in tutti gli Stati. Solidarietà al popolo libico, allora. Così come solidarietà a tutti i popoli della Terra. Ma lotta contro il suo governo, che è - tra l'altro - tra i più totalitari e oppressivi. E lotta contro gli altri governi.
Sembra assurdo, ma tra tanto pacifismo a senso unico il semplice slogan NÈ REAGAN NÈ GHEDDAFI assume un significato dirompente rispetto al conformismo sinistrese.
In molti cortei questo slogan lo abbiamo letto su cartelli e striscioni portati in piazza da singoli individui, da gruppi spontanei, da alcune scuole, insomma da gente che forse senza profonde analisi politiche ha sentito da che parte bisognava "schierarsi". Con nessuna delle parti in lotta, appunto. O meglio, contro tutti i signori della guerra.