Rivista Anarchica Online
Meglio ai vermi
Mi sembra del tutto
fuor di dubbio il fatto che la donazione presunta introdotta dal
Disegno di Legge 3068 (Art. 2, comma 5: "In caso di mancata
esibizione degli elementi documentativi di cui al comma 4, il
sanitario può procedere al prelievo". Comma 6: "la mancata
dichiarazione di volontà costituisce assenso alla donazione di
organi o tessuti") sia un atto autoritario dello stato nei
confronti del singolo, ed anche uno dei più vergognosi. "Chi tace
acconsente" dice molto sbrigativamente un proverbio, ma mi chiedo con
quale coraggio, tanta superficiale imbecillità possa diventare
legge... ma in fin dei conti... "non è una regola poi tanto
cattiva" dice altrettanto frettolosamente F. Bizzozzero (a
proposito del 3068), in quanto è una norma forgiata in nome
dell'esigenza collettiva dei più sfortunati, dei condannati alla
malattia... Dubbio n. 1: e se
il soggetto irreversibilmente silente, di cui si presume la volontà,
non era affatto d'accordo? In fin dei conti, ognuno ha la sua
filosofia, e fin che siamo vivi e ognuno può dire la sua, non ci
sono problemi; quando uno è morto, a fronte del silenzio, ogni
attribuzione di volontà è indebita (a maggior ragione se fatta
dallo Stato, famiglia delle famiglie). Sarebbe più saggio,
rispettoso e umanamente dignitoso lasciar stare se non si sa. Dubbio n. 2: ma è
solo questo il modo di risolvere il problema? Accondiscendere al
3068, sensibili ai problemi del bene collettivo, significa
implicitamente dire che il fine giustifica i mezzi. Non sono
d'accordo; tali mezzi legittimano, come sostiene Ida Magli "...la
continua erosione dei diritti del singolo di cui non ci si accorge
perché profondamente nascosta nell'ovvietà del "sacrificio"...". Dubbio n. 3: prima
di chiedersi come lo risolveremo nella società anarchica non è
meglio chiedersi come possiamo risolverlo in modo diverso adesso?
Pensare a come risolvere il problema, significa cercare di conoscere
il problema. Alcuni aspetti
oggettivi: il D.L. 3068 ha un'unica finalità: recuperare il maggior
numero possibile di giovani espiantandi: di fatto oltre alla
donazione presunta prevede l'abbassamento del limite di età da 18 a
16 anni per manifestare liberamente il consenso o il dissenso; riduce
a 6 ore l'osservazione del "silenzio elettrico cerebrale" e
riduce a 20 minuti l'osservazione dell'arresto cardiaco; attribuisce
a un qualsiasi medico capace di leggere un tracciato
elettrocardiografico la facoltà di dichiarare la morte, non più ad
un collegio come avviene ancora adesso. Per salvare altre
vite umane si dirà; enfaticamente lo hanno detto la televisione, i
giornali e i cardiochirurghi recordmen nelle conferenze pubbliche in
cui a malapena nascondono la loro ingordigia di pezzi di ricambio e
di successo; lo dicono i presidenti provinciali dell'AlDO con
stupefacente e criminale ottusità; lo dicono i teologi (quindi la
chiesa ufficiale) con estremo candore, disinvoltamente accantonando
problemi di uscita dell'anima dal corpo, miti di inviolabilità e
sacralità della carcassa, svendendo i loro dogmi incancreniti a
quelli più freschi della nuova chiesa nascente: la scienza medica. D'accordo, siamo
nell'epoca della mistificazione e del pragmatismo più spinti; il
1984 è lontano, ma la realtà ha superato la fantasia; l'atto di
volontà, presupposto indispensabile del donare, non ha nessun
significato; si chiama donatore un qualsiasi espiantato, volente o
nolente che sia. La medicina mercantile trova nuovi sbocchi e combina
nuovi business... banche di soldi, di sangue, di sperma... di organi?
(in America i familiari che consentono all'espianto vengono
monetariamente rimborsati). Nascono nuove organizzazioni: NIT = Nord
Italia Transplant, la mercificazione trova nuovi terreni: parti di
corpo umano; e come sempre calcolo di costi e benefici, beneficiati e
benefattori (complice la miseria): offro un rene in cambio di un
alloggio, offro un rene in cambio di un avvocato, offro un rene o
anche un occhio in cambio di un lavoro per mio figlio... Aspetti
emotivamente fastidiosi, ma ancora marginali, non sufficienti a
contestualizzare del tutto la questione. Domanda legittima:
quanto allo stato, alla chiesa, alla medicina, sta a cuore la salute
della gente? Domanda
indispensabile: quanto la medicina di oggi, a partire dai suoi
fondamenti epistemologici, è in grado di rispondere positivamente a
questo problema? Domanda
inevitabile: i trapianti risolvono? Quanto risolvono? Che cosa? In
che modo?... E non solo questo,
i trapianti e la relativa necessità del reperimento degli organi
aprono un'altra serie di questioni - di carattere
pratico/paradossale: quante sarebbero le occasioni di prelievo se non
ci fossero gli incidenti stradali, fonte così copiosa di giovani
espiantandi? - di carattere politico/filosofico: quando si è ancora
vivi e non ancora morti? Oppure si è morti e non più vivi? Oppure
ancora: che cos'è il corpo morto? Res nullius? Res publica? Res e
basta?... E poi, di chi è? Può servire? a chi?... Nella società
informata dalla legge del comando e dell'obbedienza, c'è chi come un
certo Prof. Borra dell'ospedale di Bergamo imperativamente dice che:
"il consenso non serve perché i morti devono aiutare i vivi";
obbedire anche da morti? Comunque, a parte
questo "aiutare i vivi", ma quali? Tutti indistintamente? C'è
chi epidermicamente risponde che gli ripugna l'idea di finire nel
corpo del suo datore di lavoro o del suo avversario politico... e
poi, come la mettiamo con chi è convinto che la vita continui anche
dopo la morte? (in Giappone i trapianti non riescono a decollare a
causa di questa diffusa convinzione); retaggi religiosi si dirà, può
darsi, ma è solo una risposta liquidatoria e anche delle più
stupide se si limita a sostituire a ciò la disinvolta legislazione
statale secondo cui una volta si moriva dopo 24 ore, poi dopo 12, ora
dopo 6. Avere una propria
filosofia della morte è indispensabile a calmare l'angoscia di una
vita inevitabilmente destinata a finire ed anche a dare significato
alle proprie azioni. Si sa che la chiesa ha fondato parte del suo
potere dando la sua interpretazione a questo evento a contenuto
informativo nullo; le leggi dello stato hanno di volta in volta
regolamentato il tutto a seconda degli interessi della chiesa e la
medicina è diventata tanto più forte e potente quanto più si è
collocata nella gestione della linea di confine tra la vita e la
morte, sostituendo la morte meccanica al morire ed espropriandoci del
diritto di morire in pace. Sarebbe di pessimo
auspicio che gli anarchici o comunque i libertari non si
preoccupassero di sviluppare una "filosofia della morte" che non
sia quella della chiesa o quella laico-statalista; ma sarebbe
altrettanto deprecabile che incorressero in gravi cedimenti verso
norme (come il 3068) omologate solo per paura che l'esplicita,
coerente e dettagliata opposizione sviluppata (dall'AED FEMMINISMO) a
tale Disegno di Legge sia inconsciamente condizionata da miti
religiosi (...). Oh, certo, si dirà
che nonostante queste considerazioni, il problema rimane, certo,
rimangono gli emodializzati e restano gli ammalati di cuore e di
cancro, che, a differenza di altri, sanno quando devono morire. E
allora, come la mettiamo? La mettiamo che il
D.L. 3068 è mostruoso, va respinto e basta. Così come vanno
avversate le precedenti norme sul riscontro diagnostico, tutte lesive
della libertà delle persone, di quelle vive e di quelle morte,
perché anche i morti vanno rispettati, nella carne e nelle idee che
hanno lasciato in eredità, e se queste non si conoscono, la maggior
forma di rispetto è lasciar stare, e non c'è bene collettivo che
tenga, né legge di stato o di chiesa... e quindi la mettiamo che i
morti non sono di nessuno, se non di se stessi e che i loro pezzi
saranno di qualcun altro o della scienza solo se da loro
esplicitamente espresso in vita. Questo porta ad una
contrazione nel numero degli espiantandi, perché resterebbero solo i
donatori convinti, ma a meno che non si voglia legittimare la
campagna emotivamente e moralmente ricattatoria, capeggiata da AIDO,
cardiochirurghi, teologi e compagnia bella, non si può non avviare
in ogni dove e in ogni occasione, una discussione seriamente
ponderata e critica sui trapianti. E quindi la mettiamo che se la
medicina (la scienza) fosse capace di ragionare sulla sua
epistemologia, di pensare a cosa sta facendo e guardare dove sta
andando (perché come dice G. Ceronetti "la scienza non pensa",
tuttalpiù sloganizza "trapianto è bello"), se avesse ancora un
senso etico (che non è l'invenzione della bioetica, professione
nuova per nuovi specialisti, per nuovi profitti, per nuovi successi),
invece che medicalizzare la salute, tecnicizzare la morte (naturale
conclusione? della vita), inquinare corpi, menti e ambienti,
riuscirebbe a valutare le cause, selezionando quello che di buono
(quanto?) ha messo a punto, eliminando l'inutile e con ciò il
dannoso. Penso che
intervenire sulle cause, dopo le opportune valutazioni etiche,
filosofiche, ecologiche, epistemologiche, autoriflessive, sia
sostanzialmente un buon metodo; forse ci sarebbe gente che si ammala
di meno e con ciò meno bisogno di trapianti... Ma questo implica un
atto d'accusa alla società del dominio e la consapevolezza che siamo
a un punto in cui se non vogliamo incorrere nella catastrofe,
dobbiamo svoltare rifondando di sana pianta i principi guida... la
medicina del potere non può fare questo, ma noi possiamo
delegittimare la medicina del potere. Il corpo a questa
scienza? Meglio ai vermi, sono convinta che ne farebbero un uso molto
più utile, oltre che per loro, anche per il resto dell'umanità.
Marinella
Bragagnini (S. Giorgio di
Rogano)
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