Rivista Anarchica Online
Se ti ribelli sei
matto
di Paolo Finzi
La magistratura
ha intimato all'anarchico Franco Leggio, noto militante ed editore,
attivissimo nelle lotte contro la base USA di Comiso, di presentarsi
da uno psichiatra. Ma Leggio non c'è andato. E non ci andrà.
Vi ricordate il
caso Sabattini? Ci riferiamo alla vicenda politico-giudiziaria di cui
fu protagonista (o meglio, vittima) Carlo Sabattini, molto noto a
Modena e provincia per il suo impegno civile, per le sue numerose e
circostanziate denunce dello scempio del territorio e, in generale,
delle malefatte dei pubblici amministratori e delle industrie
inquinanti. Per ridurre al silenzio la sua voce stonata il potere
ricorse, l'anno scorso, alla "scienza psichiatrica":
sottoposto a perizia psichiatrica, venne giudicato affetto da
"altruismo morboso, autodidattismo, proselitismo e manie
rivendicazioniste" e rinchiuso nel manicomio giudiziario di
Castiglione delle Stiviere (Mantova). Da qui poté uscire solo il 9
luglio '85, dopo tre mesi di detenzione, grazie anche alla
mobilitazione ed alla campagna di controinformazione promossa da
varie forze - tra cui gli anarchici di Modena, Vignola ed altre
località della zona, con i quali tante battaglie di libertà (non
ultima quella contro il giuramento obbligatorio per i pubblici
dipendenti) Sabattini si era ritrovato a sostenere. Il caso Sabattini
era gravissimo: l'utilizzo della psichiatria per combattere un
oppositore rappresentava un salto di qualità che andava denunciato
immediatamente, con il massimo vigore. Va invece osservato che, nelle
fasi iniziali della campagna, i verdi, gli anarchici, i punk e le
altre (poche) forze ad essersi subito mobilitate rimasero soli. I
partiti di sinistra (a partire da quello comunista, che si identifica
in gran parte con il potere locale) brillarono per la loro assenza. Nella rossa Modena,
comunque, lo scalpore per il ricovero di Sabattini fu notevole e finì
con il travalicare i confini provinciali: il caso Sabattini - lui
rinchiuso a Castiglione delle Stiviere - si rivelò un vero e proprio
boomerang contro la magistratura modenese ed i politici che ne
avallavano il grave comportamento repressivo. Per schivare quel
boomerang, i comunisti - sindaco di Modena in testa - finirono con il
saltare sul treno della solidarietà. Tutto è bene quel che finisce
bene, recita un proverbio.
Ora però la storia
si sta ripetendo. Dopo Modena, Ragusa. Dopo il caso Sabattini, il
caso Leggio. Vediamo un po' i
fatti. Innanzitutto, chi è
Franco Leggio? Anarchico fin dalla gioventù, Leggio è molto noto
nella sua città per il suo impegno civile, dalla rivolta di Ragusa
del '45 alle recenti lotte a Comiso - ed in varie altre località
siciliane - contro l'installazione dei missili a testata nucleare e,
in generale, contro il militarismo ed i venti di guerra. All'epoca
(purtroppo molto lunga) della dittatura franchista, Leggio partecipò
attivamente alla solidarietà con militanti spagnoli impegnati su
vari fronti contro il dittatore ed il suo sistema sanguinario.
Insomma, Leggio, oggi sessantacinquenne, è un militante anarchico
attivo e stimato. Da sempre impegnato in un'intensa attività
editoriale (la sua stessa abitazione, in via S. Francesco 238 a
Ragusa, non è che un magazzino saturo di opuscoli, libri, giornali),
Leggio ha curato - tra l'altro - la pubblicazione di decine di
scritti antireligiosi, anticlericali, ascrivibili a quell'area
culturale del "libero pensiero" che nella nostra
bell'Italia, così profondamente intrisa di clericalismo o comunque
di complice acquiescenza ai voleri di santa madre chiesa (si pensi
solo alla recente vicenda dell'insegnamento religioso nelle scuole),
costituisce una vera e propria terra di nessuno, avventurarsi nella
quale pare proprio pericoloso. Lo confermano le più recenti
traversie giudiziarie di Leggio, che pure con la magistratura ha una
storia di vecchia data e di molteplici, mai piacevoli, rapporti. Per ben due volte,
nello scorso mese di giugno, Franco Leggio è stato convocato da uno
psichiatra, che su incarico della magistratura avrebbe dovuto
verificarne lo stato di salute mentale. Leggio non si è presentato e
non ha alcuna intenzione di ottemperare ad eventuali nuove
convocazioni da parte dello psichiatra. Per comprendere come si sia
giunti a questa gravissima situazione - che immediatamente richiama
alla memoria quella di Carlo Sabattini - bisogna fare un grosso salto
indietro. Di ben 13 anni.
Salerno, 1973. È in
corso il processo contro l'anarchico Giovanni Marini, accusato di
aver accoltellato a morte uno dei fascisti (Carlo Falvella) che
l'avevano prima provocato con insulti, e poi aggredito a mano armata
sul corso di Salerno (i fatti risalgono al 7 luglio 1972). Il giorno
prima c'è stata, nell'aula magna della facoltà di magistero,
strapiena di gente, un'esaltante manifestazione di solidarietà
promossa dal comitato di Difesa, con gli avvocati di Marini al
completo: hanno preso la parola, tra gli altri, l'avv. Guido Calvi
(difensore anche di Pietro Valpreda, allora ancora detenuto...) ed il
senatore comunista Umberto Terracini, anche lui difensore
dell'anarchico. Molti compagni
presenti all'assemblea a Magistero si ritrovano all'indomani
nell'aula dove si svolge il processo. Marini chiede la parola e
denuncia un fatto gravissimo: un detenuto nel carcere di Salerno è
stato picchiato in maniera brutale, è in fin di vita... Il
presidente gli toglie la parola, Marini cerca di continuare, i
carabinieri gli si avventano contro con particolare brutalità, lo
feriscono a sangue con le bandoliere. Il pubblico insorge, protesta,
grida "nazisti! nazisti!". Il presidente ordina lo sgombero
dell'aula, i presenti fanno resistenza passiva e continuano a
gridare. La forza pubblica impiega più di un'ora per far sloggiare
il pubblico. Solo due dei
presenti, anni dopo, sono raggiunti da una denuncia per vilipendio
della Corte. Uno dei due è Franco Leggio. Il quale scrive una
lettera al magistrato (di Bari, ché i giudici di Salerno lì avevano
trasmesso gli atti per incompetenza a giudicare), rivendicando il suo
comportamento in aula, dal momento che una Corte che autorizza un
simile pestaggio contro un imputato (reo solo di voler portare a
conoscenza dell'opinione pubblica un fatto grave... ed illegale) ben
si è meritata l'appellativo di nazista, ed altri simili. Passano
altri anni, viene celebrato il processo, Leggio non si presenta e
viene condannato a 6 mesi di carcere senza la condizionale.
Una condanna pesantissima, per un reato d'opinione, resa ancor più
grave dalla non-concessione della condizionale, che in genere viene
applicata a condanne ben più gravi (omicidio compreso). E Leggio,
mentre a Comiso giunge al culmine la mobilitazione dell'estate '83
contro i missili nucleari nella base americana, si fa i suoi 6 mesi
dentro. Per una sua lettera
analoga, inviata alla magistratura barese, Leggio si ritrova
protagonista/vittima di un nuovo procedimento giudiziario. Viene
sentito, per rogatoria, da un magistrato del tribunale di Ragusa. Poi
riceve l'invito a presentarsi il 9 giugno presso lo studio di uno
psichiatra. Non ci va. L'invito viene rinnovato per il 21 giugno. Non
ci va. E ora? A meno che,
all'italiana, la magistratura non decida di lasciar cadere il tutto,
aspettando l'amnistia o comunque tirandola per le lunghe, c'è il
rischio quantomai concreto che l'anarchico Franco Leggio venga
arrestato per la via (come già gli accadde tre anni fa, quando venne
associato alle carceri ragusane per scontare i 6 mesi inflittigli per
quelle grida in aula). A questo punto il parallelo con la vicenda di
Carlo Sabattini sarebbe davvero completo.
Alla notizia
dell'intimazione della magistratura a sottoporsi a perizia
psichiatrica, per verificare se sia "pazzo" o no, notizia
subito diffusasi a Ragusa e poi pubblicata sull'ultimo numero - prima
della sospensione estiva - del settimanale anarchico Umanità
Nuova, Franco Leggio ha ricevuto numerosi attestati
di solidarietà: lettere, cartoline, telefonate no perché l'editore
Leggio il telefono non se lo può permettere. Il dialogo, un
foglio ragusano espressione di persone di vario orientamento
progressista, ha subito sottolineato la gravità del provvedimento,
che interessa non solo Leggio (con le cui idee si può certamente
dissentire, ma rispetto alla cui integrità morale - psichica non se
ne discute nemmeno - non può sussistere il minimo dubbio), ma tutte
le persone impegnate in prima persona in un'attività pubblica di
trasformazione sociale, di denuncia delle malefatte del potere, dei
pericoli connessi con il militarismo, la mafia, ecc... Se Franco
Leggio è pazzo, tutte queste persone - noi anarchici compresi - sono
pazze.
Questo della
"pazzia" è da sempre un cavallo di battaglia del potere. In
seguito all'ondata libertaria del '68, che aveva messo in discussione
la legittimità stessa della "scienza psichiatrica" e ne
aveva comunque denunciato la pericolosità al servizio del potere,
era iniziato anche in Italia un processo, certo lento e
contraddittorio ma tutto sommato positivo, di de-psichiatrizzazione
che si era concretizzato, tra l'altro, nella chiusura dei primi
ospedali psichiatrici e, successivamente, nella famosa legge 180. Da
vario tempo un'ondata restauratrice di eccezionale potenza sta
attaccando ed in molti casi annullando quelle conquiste. I fantasmi
di un passato che, almeno per certi versi, consideravamo morto e
sepolto, sono ritornati in circolazione. Più che di fantasmi, si
tratta di pesanti realtà con cui dobbiamo fare i conti. È
in questo contesto che la psichiatria ha buon gioco a riproporsi come
una "scienza" indispensabile per la regolazione e la
regolamentazione del buon vivere individuale e sociale. Quel che è
più grave, c'è un generale contesto "culturale"
favorevole a questa ripresa di forza della psichiatria. Non è certamente
un caso che, sensibile come sempre alle esigenze del potere, proprio
in questi tempi la magistratura inizi a fare ricorso alla psichiatria,
quale novello braccio scientifico dell'emarginazione e della
repressione del dissenso. Sabattini, Leggio.
Per ora siamo davanti a casi isolati, che poi isolati non sono
nemmeno tanto, se letti nel più generale contesto della
ri-psichiatrizzazione della vita sociale. Possono sembrare pochi, ma
per chi ama la libertà ed è disposto a lottare per difenderla e
allargarla sono già troppi.
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