Rivista Anarchica Online
A
Barcellona mezzo secolo dopo
di Domenico Pucciarelli
Dimenticare
è la parola d'ordine del governo, dei partiti, dei mass-media.
Dimenticare le lotte, l'autogestione, la rivoluzione. Ma
gli anarchici catalani hanno dato vita ad alcune iniziative
commemorative. Tra i non molti venuti da fuori, il nostro
collaboratore Domenico Pucciarelli. Ecco
il suo reportage.
"La
rivoluzione spagnola?" "Quale rivoluzione?", Ma quella
iniziata il 19 Luglio del 1936!" "Ah! tu vuoi parlare della
guerra civile! Si, la conosco, ma ormai tutto ciò è una vecchia
storia di cui ricordo alcuni nomi: Franco e i repubblicani". Questo
dialogo immaginario si può' considerare come uno specchio della
realtà quella vera e non quella che noi anarchici vediamo con
piacere scorrere davanti ai nostri occhiali rosso-neri. Infatti,
se, per gli anarchici di tutti i paesi quella data (19 Luglio)
rappresenta ancora una fonte sicura a cui ispirarsi per dimostrare ai
nostri interlocutori la praticabilità di un'Utopia, per la gente
"comune" in Spagna (figuriamoci altrove!) quella data rimane
soltanto un avvenimento lontano, triste da ricordare. E poi ci sono i
mezzi d'informazione ed il governo che aiutano a seppellire quella
"incredibile" storia di comunismo libertario, collettività
che parallelamente alla guerra civile continuò per circa tre anni. Il
18 luglio (1986) mi sono recato alla sede della Federazione regionale
della Catalogna della CNT-AIT, a Barcellona, dove si è tenuta una
conferenza-stampa del Segretario Generale attuale di questa
organizzazione, in cui si è parlato, davanti ai due o tre
giornalisti che hanno voluto parteciparvi, della situazione attuale
dell'organizzazione e annunciato il meeting del giorno dopo. Già
da alcuni giorni ero arrivato in questa città che cinquanta anni fa
era dipinta in rosso e nero, e avevo girato di sindacato in
sindacato, di conferenza a dibattito, nelle varie esposizioni che
ricordavano quegli avvenimenti. Ero insomma, come i militanti delle
due CNT e i pochi "internazionalisti" venuti per
l'occasione, in una specie di trance che ci prende ogni
qualvolta ci si aspetta di partecipare ad un avvenimento importante.
E con questo stato d'animo, dopo la conferenza mi sono recato in uno
dei tanti ristoranti del quartiere gotico. Qui oltre al menu del
giorno, ho chiesto al cameriere di accendere il televisore poiché
ero curioso di sapere come il telegiornale avrebbe trattato il tema
più importante del giorno: il sollevamento militare, l'inizio di
quella che fu una guerra civile e di una rivoluzione libertaria.
La
Spagna deve dimenticare
La
mia attesa non fu vana. Il cronista iniziò proprio con questa
informazione. Un'informazione seguita da un lungo comunicato del
governo che il cronista e la sua collega lessero integralmente.
Eccone in breve il riassunto: tutti dobbiamo dimenticare quei giorni
di odio e di violenza espressa dalle due parti e pensare che ormai la
riconciliazione è un fatto sanzionato dall'approvazione del
referendum del '78 sulla nuova costituzione que ya estableciò la
paz entre los hermanos españoles en el reño democràtico
de Juan Carlo ("che già assicurò la pace tra i fratelli
spagnoli sotto il regno democratico di Juan Carlos"). Alla
lettura del comunicato seguirono due o tre minuti di immagini mute
dove si potevano ammirare scarponi e mitraglie, Guernica e "soldati
in marcia", qualche colpo di fucile e nessuna sigla o bandiera,
nessun "personaggio storico" se non il Caudillo. Il cronista,
senza battere ciglia, salta ad un altro argomento... Io
rimango con il boccone di paella in bocca e per alcuni attimi non
riesco ad ingoiarlo. Finalmente due persone, vicini di tavola, si
alzano rumorosamente e mi permettono di ingoiare il boccone e di
rendermi conto che sull'avvenimento per cui ho fatto tanti chilometri
e per cui batte forte il mio cuore, non c'è più nessun commentario,
nessuna intervista, nessuna "analisi storico-critica,
sociologica, economica politica" o che so io! La
Spagna deve dimenticare! Ecco
insomma il motto di quell'informazione televisiva, ma anche di
una buona parte dei titoli dei quotidiani. In realtà credo che ha
ragione il nostro Murray Bookchin quando, parlando delle profezie del
libro "1984", dice che una delle più importanti tra di
esse è questa volontà esplicita del potere, dei poteri di "far
dimenticare la lotta dell'umanità per la sua emancipazione". Ma
rimettiamoci gli occhiali rosso-neri e vediamo di ricordarci le
impressioni di quella Barcellona libertaria che ho visitato 50 anni
dopo. Una Barcellona libertaria con le sue due CNT; i suoi atenei,
ristoranti autogestiti (la Rivolta e La Fragua), il nuovo "Cafè
Voltaire" che è uno dei ritrovi dei punk. ecc.. In
questo mese di luglio si potevano visitare in questa città le tre
esposizioni commemorative di quegli anni di guerra e rivoluzione: una
organizzata dalla CNT-Catalunia, una dalla CNT-AIT, e la più
interessante e bella quella organizzata dall'Ateneu Enciclopédic
Popular in un luogo centralissimo dove più di diecimila persone
(turisti, curiosi e persone interessate) hanno potuto ritrovare
esposte alcune realizzazioni libertarie della rivoluzione: libri,
monete, francobolli, attività delle collettività, periodici,
manifesti e foto; e in una sala attigua alcuni video documentari di
quel periodo o recenti. Sempre a Barcellona si sono svolti per
commemorare il 50° anniversario della rivoluzione spagnola un
meeting organizzato dalla CNT-AIT che si doveva svolgere in una
grande piazza (Catalunia) ma il permesso non è mai arrivato, e che
alla fine si è svolto in una sala chiusa dove un migliaio di persone
venute dalla Catalogna ma anche da altre regioni della Spagna hanno
applaudito l'ormai storica figura dell'anarchismo spagnolo Federica
Montseny, il segretario nazionale J. Garcia Rua e un rappresentate
della Commissione di Relazioni dell'Internazionale di Federazioni
Anarchiche, Massimo Varengo (della FAI italiana). La
serata del diciannove un'altra parte della Barcellona libertaria si è
recata al concerto punk organizzato dall'altra CNT insieme ad alcuni
gruppi e collettivi, dove diverse centinaia di giovani punk hanno
potuto bere birra e ascoltare la loro musica preferita. Qui, al
contrario del meeting della mattina, dove gli anziani compagni e
compagne e i giovanissimi studenti o operai e anche qualche contadino
hanno potuto comprare la stampa della CNT-AIT e i libri esposti dai
vari atenei e sindacati, non c'era, con mia grande sorpresa, nessun
tavolo con la stampa libertaria o altra.
Il
problema della scissione
Ecco
che già le due commemorazioni indicano chiaramente il grave problema
della spaccatura, della scissione in cui si trova la variegata
Barcellona libertaria: le due CNT, organizzazioni distinte, rivali e
nemiche (?). Insomma
al di là dell'entusiasmo che si può avere nell'incontrare tanti
compagni e compagne, resta questo scoglio insormontabile. Non esiste
nessun contatto tra le due CNT, tranne di quelle poche persone che
hanno degli amici nell'altra CNT. Anzi, i soli contatti che ci
sono spesso rischiano di diventare degli scontri, soprattutto quando
attacchinando manifesti ci si accorge che gli altri ricoprono
o staccano i tuoi manifesti. Una scissione che crea una confusione
enorme: CNT organo della CNT-AIT riceve delle informazioni di una
federazione locale di Barcellona che appoggia una lotta dentro un
supermercato, ci sono alcune foto con un testo; la redazione del
periodico telefona allora alla Federazione regionale per sapere di
quale CNT si tratta, perché sulle foto hanno visto scritto solo CNT
e non CNT-AIT. Un altro aneddoto curioso che mi è capitato di vivere
è stato quando mostrando il numero speciale di Soli
uscito per il 19 luglio un militante della CNT-AIT incuriosito dal
formato inabituale e dalla testata diversa, prima di pronunciarsi
sulla rivista ha voluto sapere chi l'aveva fatta, e quando poi ha
letto che era un supplemento della Soli della CNT-AIT, solo allora ha
detto che era bella e buona. Comunque
resta al di là degli aneddoti il problema della scissione che, pur
essendo un problema di fondo, "non è nuovo nella CNT",
così come ci ha detto Luis Andrés Edo direttore del quindicinale
Solidaridad Obrera della CNT-AIT di Catalunia (esiste anche un
Solidaridad Obrera fatta a Madrid dall'altra CNT...). È una vecchia
storia che è sempre esistita da quando la CNT fu creata 76 anni or
sono. Soltanto che, in altre occasioni, non ci fu "usurpazione"
di sigla. Durante
i periodi di crisi interna, aggiunge L.A. Edo, "tra i
sindacalisti puri e gli anarco-sindacalisti si è passati da uno
status quo a una fase di maturazione che lentamente spingeva la
scissione verso una dinamica di dissoluzione". Questa
volta però è diverso, la stessa sigla, la pretesa da ambe le parti
del "patrimonio storico" e dulcis in fundo le due sentenze
che hanno prima indicato nella CNT-AIT la sola CNT, e una seconda
emanata in giugno che afferma il contrario. Un
dilemma, una confusione e delle sentenze che nascondono il vero
problema che è quello di sapere, così come ci ha detto Domingo Ruiz
del Comitato Confederal della CNT-Catalunia, "se si vuole oppure
no creare un forte sindacato anarcosindacalista".
Quale
futuro per l'anarcosindacalismo
Ma
qui, a parte le enunciazioni di principi (che al limite possono
essere accettate dalle due CNT), c'è un problema di strategia:
intervenire o no alle elezioni sindacali. La CNT-AIT dice di NO! e
organizza il boicottaggio. Mentre la CNT-C. vi partecipa e a volte
con buoni risultati. Per Domingo Ruiz questa è la strada che sta
"facendo crescere la nostra CNT". Ma questa strada non è
così semplice e sicura come può sembrare a prima vista e poi ci
sono dei casi che contraddicono quello che afferma D. Ruiz. Per
esempio nel metrò di Barcellona la CNT-C quando si presentò per la
prima volta alle elezioni ebbe nove delegati, mentre alla seconda
essi scesero a 2. Un altro esempio, alla Ford due anni fa la CNT ebbe
sei delegati, gli stessi che ha avuto alle elezioni svoltesi nel mese
di luglio di quest'anno. Forse
si potrebbero portare degli altri esempi contrari a quelli che
conosco e ho citato, ma resta il fatto che la crescita della CNT non
è il semplice risultato numerico delle elezioni. Quello
che ho chiesto in questi giorni passati a Barcellona ai compagni/e
delle due CNT è se essi credono che l'anarcosindacalismo abbia un
avvenire nei paesi europei e nella Spagna di oggi. Sia
L.A. Edo, che D. Ruiz pensano di sì! Luis perché dice che comunque
"il movimento libertario non ha saputo o potuto dotarsi di una
nuova struttura che possa rimpiazzare quella anarcosindacalista,
anche se l'anarcosindacalismo deve mantenere, là dove esiste o può
esistere, un'orientazione mutativa di questa sua struttura".
Domingo Ruiz, invece, pensa che esiste un futuro perché "un
settore maggioritario dei lavoratori è stanco della politica e delle
posizioni sindacali che hanno contribuito a che la situazione
economica e nel mondo del lavoro si trovi in queste condizioni".
Insomma, insiste Ruiz, "esiste un futuro, primo perché esiste uno
scontento e poi perché si accettano sia il nostro tipo di
funzionamento che le nostre rivendicazioni". Come
vedete la Barcellona libertaria, cinquanta anni dopo, o almeno una
parte di essa, quella organizzata nelle due CNT, ha fiducia nelle
possibilità di ricreare un anarcosindacalismo forte. Però questa
fiducia non riusciamo a condividerla, soprattutto perché non ci
sembra il frutto di discussioni, analisi, di pratiche o di lotte
alternative che prospettino un'accelerazione o uno sviluppo
dell'anarcosindacalismo. Certo, esistono delle esperienze isolate
dell'una e dell'altra CNT, ma non sono rappresentative dell'insieme
della situazione spagnola. (Per esempio una di queste esperienze è
quella pratica autogestionaria del sindacato del textil di
Barcellona, che purtroppo dobbiamo limitarci a indicare vagamente
poiché i compagni/e del sindacato "CNT-AIT de textil" non
pensano sia ancora venuto il momento di propagandarla). Esiste
infine una Barcellona libertaria che, anche se ha visto diminuire il
numero degli atenei da una ventina a quattro, secondo Josè
(dell'Ateneo libertario del Poble Sec) "è una realtà presente
in tanti gruppi marginali" e poi, aggiunge Josè, tutti quei
libertari "nati" alla morte di Franco, pur non essendo
militanti, sono sparsi nella società, e pronti a spuntar fuori un
giorno. E sono tanti!". Ho
passato una decina di giorni nella Barcellona libertaria, con la
nostalgia di un cinquantenne che guarda un video dove si vedono delle
barricate innalzate nelle Ramblas. Le Ramblas, che cortesemente
accolgono gli stranieri e i catalani in questa passeggiata
interminabile, offrendo prodotti artigianali e Chocolate (hashish) o
piccoli spettacoli. Le Ramblas dove di domenica mattina incontrerete
una coppia sulla sessantina che fedelmente vende la stampa anarchica,
e dove incontrerete di tanto in tanto un viso dolce e aperto con una
A cerchiata sul petto.
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