Rivista Anarchica Online
Cose
turche
di Fausta Bizzozzero
Tempi
duri, questi, per chi continua ad interessarsi dei cosiddetti
"problemi sociali". Per chi non sa o non riesce a chiudere gli
occhi, per chi si arrabbia e si sente impotente di fronte
all'indifferenza generale. Tempi bui. Pullulano e riscuotono grande
successo libri fatti di niente, i cui protagonisti - sempre
benestanti - sembrano avulsi da qualunque realtà concreta, siano
giovani alla ricerca del successo o che al successo ci sono arrivati,
e proiettano l'immagine di una società dorata, quasi che al mondo
non esistesse null'altro - come in Ballo di famiglia
dell'osannato David Leavitt - o personaggi storici rivisitati senza
che emergano le turbolenze, i conflitti economici e sociali, le
tragedie delle epoche in cui sono vissuti - come in La ragazza col
turbante di Marta Morazzoni. Libri magari anche pregevoli da un
punto di vista stilistico-formale ma decisamente soft, libri per non
pensare, che poi è quello che la gente sembra desiderare. Per
fortuna, però, ogni tanto un libro anomalo muove le acque stagnanti
della cultura mercificata buttando il sasso della denuncia. È
il caso di Faccia da turco recentemente edito da Pironti
(pagg, 256, lire 16.000). L'autore è Günter
Wallraff, un giornalista tedesco che da sempre si è distinto per il
suo impegno civile e sociale facendo della sua professione uno
strumento per attaccare e rendere pubblici i soprusi, le ingiustizie,
le illegalità della "democrazia" tedesca. La
sua tecnica è quella di infiltrarsi nelle realtà su cui vuole
indagare, vivendo e osservando dall'interno: l'ha fatto anni fa
facendosi assumere dalla catena editoriale di Axel Springer e
utilizzando i risultati della sua inchiesta nel libro Il
grande Bugiardo (edito da Feltrinelli e purtroppo esaurito),
considerato ormai un classico sui metodi di manipolazione della
notizia nei giornali popolari. L'ha fatto ora, con la determinazione
di documentare il razzismo, trasformandosi in un turco - Alì - con
l'aiuto di lenti a contatto, di una buona parrucca e di un accento
straniero, e vivendo come un turco per due anni. Per entrare a far
parte a pieno titolo di questo esercito di disperati su cui tutti
sputano, costretti a fare i lavori più umili e più pericolosi senza
le più elementari misure di sicurezza, costretti a ritmi di lavoro
disumani a salari da fame, Günter-Alì
deve aver avuto un bel coraggio: e infatti ha rischiato più volte la
vita, si è rovinato i polmoni lavorando in una azienda per lo
smaltimento di scorie nocive, è stato per due anni deriso,
insultato, discriminato, sempre e ovunque. Ma
ne valeva la pena: lo sfruttamento bestiale e illegale di agenzie che
subappaltano mano d'opera in nero persino per lavori statali, forti
della protezione di uomini e partiti politici, quello delle industrie
farmaceutiche che utilizzano i turchi come cavie per la
sperimentazione di nuovi prodotti, quello dei fast-food, le morti
bianche senza conseguenze, le malattie (per ogni turco che muore o si
ammala ce ne sono tanti pronti a prendere il suo posto), tutto viene
denunciato e documentato (nomi, società, capitali, colloqui). Viene
così alla luce l'altra faccia della democrazia tedesca (ma potrebbe
anche essere quella italiana o svizzera o americana), una
"democrazia" che legittima l'esistenza di un razzismo diffuso
a tutti i livelli della società: Alì non troverà neppure un prete
disposto a battezzarlo, né un po' di solidarietà dai seguaci di
Bagwan che tanto parlano d'amore!
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