Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Crass: il sogno è finito
Il sogno è finito:
lo disse John Lennon, lo dicono ora i Crass, o meglio Penny Rimbaud,
Steve lgnorant, Eve Libertine, Joy De Vivre, Hari Nana, Phil Free,
Pete Wright, G. E. Sus e Mick Duffield. Con la
pubblicazione del loro ultimo disco ufficiale "Best before 1984"
(Da consumarsi preferibilmente entro il 1984), avvenuta lo scorso
luglio, i Crass hanno deciso di interrompere un'attività che durava
da oltre sette anni. In questo scritto,
intitolato "In which Crass voluntarily blow their own" (in cui
i Crass volontariamente battono la grancassa), sono raccontate alcune
tra le avventure e le disavventure di questa lunga vita in comune,
che giorno dopo giorno ha portato alla decisione di "chiudere
bottega", decisione solo apparentemente negativa e deludente. "Best before
1984" contiene materiale in parte già pubblicato sotto forma di
singles ed ep's nel periodo che va dal 1977 al 1984. Si tratta di un
disco a prezzo ridotto che è reperibile solo in alcuni centri di
distribuzione di materiale indipendente (il disco non è ufficialmente
distribuito nel nostro paese). Potete richiedere
questo e gli altri dischi e libri pubblicati dai Crass al loro
indirizzo inglese: Crass, p. o.
box279,London N22, Inghilterra.
Quando, nel 1976,
il vomito punk schizzò per la prima volta sulle prime pagine dei
giornali col messaggio "fatelo da soli", noi, che in diversi
modi e per diversi anni non avevamo fatto che quello, abbiamo creduto
ingenuamente che i vari signori Rotten, Strummer e compagni
intendessero lo stesso. Finalmente non eravamo più soli. L'idea di divenire
un gruppo musicale non ci era mai venuta seriamente. Semplicemente, è
successo. In pratica, chiunque era libero di unirsi al gruppo: le
prove erano riunioni agitate che invariabilmente degradavano a poco
più che festini di ubriachi. Steve e Penny
iniziarono a scrivere e suonare assieme nel primo '77 ma fu solo
nell'estate di quell'anno che si riuscì a recuperare, a prendere in
prestito o rubare un'attrezzatura tecnica sufficiente a poterci
realmente definire un gruppo musicale, i Crass. Essendo finalmente
riusciti a mettere in piedi un repertorio di cinque pezzi, ci
avviammo sulla strada della gloria e del successo armati dei nostri
strumenti e di una grossa quantità di alcolici, necessari per tirare
avanti. Partecipammo ad un
mucchio di concerti e manifestazioni, dimostrazioni caotiche di
inadeguatezza ed indipendenza. Fummo cacciati, boicottati, persino
banditi dall'allora leggendario Roxy Club: ci dissero che volevano
solo ragazzi a posto. Pensavano che le chitarre ed i microfoni
fossero solo degli stupidi giocattoli? Fu così che ci si
rese conto che i nostri colleghi punk, i vari Pistols, Clash,
eccetera, altro non erano che fantocci. A loro magari faceva anche
piacere il pensare di derubare le grosse etichette discografiche, ma
nella realtà era la gente ad essere derubata. Non aiutavano altri se
non loro stessi, dando vita ad un'altra moda facile: portando una
boccata d'ossigeno rivitalizzante alla King's Road modaiola di Londra
essi rivendicavano l'inizio di una rivoluzione. La solita vecchia
storia: eravamo ancora da soli.
Tra i fumi
dell'alcool
Una sera, tra i
fumi dell'alcool, decidemmo che la nostra missione sarebbe stata la
creazione di una reale alternativa allo sfruttamento dell'industria
musicale. Volevamo riuscire a
creare un qualche cosa che desse invece che togliere e, soprattutto,
volevamo che durasse a lungo. Troppe promesse venivano fatte dai
palchi per essere poi dimenticate per strada. Durante l'inverno
lungo e solitario del 1977-78 suonammo regolarmente al White Lion di
Putney a Londra con gli Uk Subs. Il pubblico era costituito
essenzialmente da noi quando suonavano i Subs, e dai Subs quando
eravamo noi a suonare. Qualche volta la situazione era proprio
scoraggiante, ma di solito ci si divertiva. L'entusiasmo inesauribile
di Charley Harper era fonte di conforto nei momenti tristi. La sua
fiducia assoluta nel punk come musica popolare era assai più
rivoluzionaria di quanto McLaren e soci avessero mai potuto
immaginare. Con la nostra testardaggine smascheravamo i ciarlatani
punk per quello che in realtà erano: un trucco dell'industria
musicale. I nostri concerti continuavano ad essere selvaggi e
caotici: avevamo ancora troppa paura per salire su un palco senza la
pancia piena di alcool e generalmente si era in uno stato tale che
non era raro ritrovarsi a suonare contemporaneamente canzoni diverse. Nonostante il
casino ci si divertiva enormemente. Nessuno che venisse a seccarti
con storie assurde sui tuoi stivali di cuoio o che si lamentasse se
mettevi latte nel tè, nessuno che voleva sapere come mai anarchia e
pace potessero coesistere, nessuno che venisse a romperci i coglioni
con lunghi monologhi su Bakunin, che a quel tempo noi si immaginava
probabilmente fosse una marca di vodka. Le idee erano
aperte: stavamo creando collettivamente la nostra vita. Erano anni
gloriosi, quelli, prima che le alternative libere che stavamo creando
divenissero solo un mucchio di regole bigotte, prima che ciò che
stavamo definendo come "il vero punk" si rivelasse soltanto
uno squallido ghetto. Partecipammo persino ad un concerto organizzato
da Rock Against Racism, l'unico concerto per cui siamo stati pagati.
Quando abbiamo detto agli organizzatori che non volevamo i soldi, che
li potevano tenere per la causa, ci è stato risposto che "quella
era la causa". Non abbiamo più
suonato per loro. Mentre ciarlatani
si dirigevano in massa verso gli Stati Uniti, a respirare un po' di
quell'aria che a loro faceva così bene, il nostro isolamento ci rese
più duri. Fu così che
decidemmo di smetterla definitivamente con l'alcool e di iniziare a
prenderci più sul serio. Decidemmo di vestirci di nero per
protestare contro il pavoneggiarsi narcisistico della moda punk,
iniziammo ad utilizzare video e filmati durante i nostri spettacoli,
ci dedicammo alla stampa di volantini per spiegare le nostre
posizioni e pubblicammo un giornale, International Anthem. È
stato allora che abbiamo disegnato lo striscione che attacchiamo
tuttora sul palco dietro di noi ai concerti. Ci siamo posti,
infine, l'obiettivo di tirare avanti a tutti i costi almeno sino alla
fine dell'allora mitico 1984.
Stroncature ed
attacchi
Nell'estate del
1978 Pete Stennet, proprietario della compianta etichetta
discografica Small Wonder, ascoltò uno dei nostri demo-tapes e gli
piacque. Ci contattò: voleva pubblicare un singolo ma non riusciva a
decidersi su quali pezzi utilizzare. Registrammo allora tutte le
canzoni che avevamo scritto fino ad allora, e realizzammo il primo
singolo in assoluto che contenesse così tante canzoni. Il titolo del disco
era "The feeding of the five thousand" (Il riempimento dei cinquemila)
perché cinquemila era il numero minimo delle copie che si potevano
stampare, quattromilanovecento in più di quelle che pensavamo di
riuscire a vendere. Adesso manca poco a che "The feeding of the
five thousand" diventi disco d'oro, ma non pensiamo che questo
evento avrà molta risonanza nella stampa musicale specializzata. Con il nostro
repertorio al completo inciso su disco, confezionato in un allora
altamente innovativa copertina in bianco e nero, i giornalisti delle
testate musicali furono in grado di dare inizio a quel fuoco continuo
di stroncature ed attacchi che ci segue tuttora. La stampa musicale
detestò quel disco, ma le recensioni disgustate provocarono un
effetto contrario. Non è esagerato dire che siamo stati uno dei
gruppi musicali più importanti nella storia del rock inglese: anche
se la nostra influenza a livello musicale è stata minima, l'effetto
che abbiamo portato su di un vasto strato sociale è stato enorme.
Fin dall'inizio i mass-media hanno fatto di tutto per ignorarci, Solo
quando si sono dovuti arrendere all'evidenza dei fatti sono stati
costretti a darci, pur se riluttanti, un po' di credito. È
tutto molto semplice: se non stai al loro gioco, che è lo
sfruttamento commerciale, non accetteranno il tuo. L'industria
musicale non solo compera i gruppi, ma paga anche la stampa. I
truffatori sono molto più diffusi e potenti di quanto possiamo
immaginare. Comunque, visto che costituivamo una minaccia al suo
controllo, fu il nemico a compiere il primo passo verso di noi. Il
signor padrone tentò di comprarci con del vino scadente ed
un'offerta di cinquantamila sterline se ci fossimo uniti al Pursey's
Package: ci tenne ad informarci che la sua agenzia era in grado di
commercializzare il rock rivoluzionario, e che non ce l'avremmo mai
fatta a sfondare senza il suo aiuto. Questa fu la prima
di molte offerte che abbiamo sempre respinto. Non ce ne siamo mai
pentiti e, guarda caso, non abbiamo mai più sentito parlare di Jimmy
Pursey... Quando, nella
primavera del 1979, riuscimmo a pubblicare "The feeding of the
five thousand", il primo brano della prima facciata era fatto di
silenzio ed intitolato "The sound of free speech" (Il suono delle
parole libere). Lo stabilimento di
stampa del disco decise che "Asylum" primo brano della prima
facciata, era troppo blasfemo per i loro, e quindi vostri, gusti.
Ecco la vera faccia della censura nel cosiddetto mondo libero! Riuscimmo comunque
a trovare, dopo qualche tempo, uno stabilimento disposto a stampare
"Asylum": riregistrammo il pezzo e lo pubblicammo assieme a
"Shaved women" stampando in casa le copertine ed imponendo un
prezzo di vendita di 45 pence. È
stato così che ci siamo subito e completamente rovinati la vita.
Appena pubblicato, "Reality Asylum" ci procurò delle grosse
grane: alcune denunce di oscenità portarono a delle ispezioni di
polizia in tutti i negozi di dischi del paese e a una visita a casa
nostra di una sezione della buoncostume di Scotland Yard. Dopo un
pomeriggio piacevole trascorso bevendo tè coi guardiani delle morale
pubblica, restammo per un anno con la minaccia di una denuncia. Fummo
formalmente avvisati che eravamo formalmente " liberi", ma che
sarebbe stato molto meglio per noi se non avessimo mai più ritentato
avventure simili. La natura stessa
della nostra "libertà" ci ha invece imposto di ritentare: si
mise così in moto quella continua serie di vessazioni da parte della
polizia nei nostri confronti che dura a tutt'oggi. È
stato all'incirca in quel periodo che per la prima ed unica volta
sono state trasmesse delle nostre canzoni per la radio nazionale da
John Pael: da allora la nostra reputazione di bestemmiatori e
blasfemi ci ha precluso qualsiasi possibilità di intervento e
partecipazione nelle trasmissioni radiofoniche inglesi, a parte
qualche piccolo spazio in dibattiti radiofonici che, comunque, ci
hanno procurato l'inclusione nella lista nera della BBC. Sembrava
infatti che il dissentire pubblicamente su un argomento come la
guerra nelle Falklands fosse inaccettabile da un pubblico che
intasava il centralino della BBC con telefonate di protesta. Per smentire
pubblicamente le voci messe in giro dalla stampa, secondo cui non
eravamo altro che degli estremisti di destra e/o di sinistra,
decidemmo di attaccare di fianco al nostro striscione una bandiera
con il simbolo dell'anarchia. A quel tempo l'a cerchiata era un
simbolo che era raramente visto al di fuori di una stretta cerchia di
persone interessate a una letteratura anarchica precisa e
generalmente noiosa: di lì a pochi mesi l'a cerchiata era
dappertutto, giubbotti, distintivi, muri di tutta la nazione. In
pochi anni quel simbolo si è diffuso in tutto il mondo. Johnny Rotten potrà
aver dichiarato di essere un anarchico ma siamo stati noi quelli che
da soli siamo riusciti a fare dell'anarchia un movimento popolare di
milioni di persone. In quel periodo, essendoci resi conto che il CND
(Campaign for Nuclear Desarmament, movimento per i disarmo nucleare,
ndt) esisteva ancora, sebbene in maniera frustrata ed auto-castrata,
decidemmo di sostenere la sua causa, cosa che il CND allora era
incapace di fare da solo. Da allora,
nonostante la derisione della stampa musicale, ai nostri concerti
abbiamo sempre appeso la bandiera pacifista. Il nostro sforzo
lentamente riportò il CND alla vita: facemmo conoscere
l'associazione a quelle migliaia di persone che in seguito divennero
la spina dorsale della sua nuova esistenza. Un settore sociale nuovo
e sino a quel momento inconsapevole veniva così a contatto con una
forma di pensiero radicale, per raggiungere poi il culmine nelle
grandi manifestazioni popolari, marce per la pace e raduni che
continuano tuttora. Per tutto questo,
l'effetto reale del nostro lavoro non dev'essere ricercato
all'interno degli stretti confini del rock'n'roll, ma nelle menti
rese consapevoli di migliaia di persone in tutto il mondo. Dai
cancelli di Greenham al muro di Berlino, dalle manifestazioni di Stop
the City ai concerti clandestini in Polonia: ecco dove la nostra
miscela così particolare di anarchia e pacifismo, divenuta in
seguito quasi sinonimo di punk, si è fatta conoscere. Sin
dall'inizio, dal 1977, ci siamo costantemente impegnati in una guerra
di graffiti sui muri del centro di Londra. I nostri messaggi, da
"Fight war, not wars" (Combatti la guerra, non le guerre) a "
Stuff your sexist shit" sono stati i primi del genere a
comparire in Inghilterra, ed hanno ispirato un più vasto movimento
che, purtroppo, è stato adesso messo in ombra dagli artisti hip-hop
che poco hanno fatto se non confermare la natura insidiosa della
cultura americana. Per celebrare il
nostro successo con le bombolette spray, abbiamo deciso di intitolare
il nostro disco successivo "Stations of the Crass" (Stazioni dei
Crass). In copertina, la foto di alcuni nostri graffiti sui muri di
una stazione della metropolitana londinese. "Stations of the Crass"
è stato il primo album ad avere una copertina/manifesto con allegato
anche un patch che avevamo stampato in casa. A quel tempo Pete della
Small Wonder cominciava già a risentire negativamente delle continue
attenzioni che la polizia dedicava al suo negozio di dischi per causa
nostra, quindi cercammo del denaro in prestito per pubblicare
"Stations of the Crass" per conto nostro. Il disco ebbe un
successo di vendita così immediato che dopo brevissimo tempo fummo
in grado di restituire il prestito e di pagare la piegatura delle
copertine in tipografia invece che farlo noi a mano in casa.
"Stations of the Crass" continuava a vendere bene, e presto
prendemmo in considerazione l'idea di pubblicare del materiale anche
di altri gruppi: nacque così la Crass Records. Il debutto fu un
singolo degli Zounds, il primo di oltre cento gruppi che abbiamo
presentato.
Contro la guerra
Nella primavera del
1980 abbiamo partecipato a una serie di concerti a sostegno del fondo
di difesa per alcuni anarchici detenuti, definiti paradossalmente
"persons unknown", (sconosciuti, ndt). Al loro rilascio ci è
stato chiesto se ci fosse interessato contribuire alla creazione di
un circolo anarchico. Registrammo così "Bloody revolutions", con
"Persons unknown" dei Poison Girls sul retro, e con gli incassi
della vendita di questo disco fu possibile aprire il Centro. Per oltre un anno
si trascinò una coesistenza difficile ed infelice tra i
tradizionalisti del gruppo di "persons unknown" e gli anarcopunks: si
giunse al punto in cui l'attrito ideologico si fece insopportabile,
ed il Centro chiuse. La facilità relativa con cui eravamo stati in
grado di raccogliere dei fondi per il Centro Anarchico ci fece capire
il nostro potere non solo di dar vita a nuove idee, ma anche di
riuscire in qualche modo a realizzarle. Veniva davvero molta gente ai
nostri concerti, quindi il modo migliore di sfruttare la situazione
era il decidere che avremmo esclusivamente suonato in concerti a
sostegno di qualcosa. In tutti gli anni della nostra attività siamo
riusciti a raccogliere fondi per una grande quantità di cause
differenti. Era giunto il
momento di sferrare un attacco femminista. Sapevamo di venire
considerati un gruppo particolare, ma sentivamo che la componente
femminista all'interno del nostro gruppo veniva messa in secondo
piano. La stampa musicale accolse la pubblicazione di "Penis envy"
(L'invidia del pene) compiendo un fiasco clamoroso. Un giornale
dichiarò addirittura che si trattava di "un disco fatto dalle
uniche femministe fisicamente attraenti, così da essere sicuri che
nelle canzoni si parlava di scelte invece che di frustrazioni".
Cosa fare con quei maschietti? Dalle reazioni di molti nostri fan
emersero pregiudizi simili, anche se sotto punti di vista
completamente diversi. Alcuni vollero sapere come mai nel disco
c'erano uccelli che cantavano. Il diavolo, o il mare azzurro e
profondo? L'ultimo brano di "Penis envy", intitolato "Our
wedding" (Il nostro matrimonio), una satira sul sentimentalismo
squallido dei rotocalchi sentimentali popolari, venne proposto a
Loving, rivista specializzata nello sfruttamento della solitudine
giovanile, dalla Creative Recording And Sound Services. Loving lo
offrì fieramente alle proprie lettrici come un must per il felice
giorno del matrimonio. Non appena l'inganno venne scoperto l'intera
Fleet Street venne scossa, e molte teste caddero alla redazione di
Loving... La pubblicazione di
"Penis envy" confermò un sospetto che avevamo da tempo. Ad una
settimana di distanza dall'uscita nei negozi, il nostro disco si era
piazzato al quindicesimo posto nelle classifiche di vendita. La
settimana successiva, invece, del disco nessuna traccia. Lo stesso
era successo anche con "Nagasaki nightmare" (L'incubo di
Nagasaki). È
chiaro che è impossibile raggiungere in una settimana una posizione
così elevata per poi non essere neanche in classifica la settimana
successiva: ovvio che se le compagnie discografiche sono in grado di
pagare per far entrare i loro dischi nella hit parade, possono
benissimo pagare per tenere i nostri dischi fuori da lì. Sapevamo di
non essere graditi alla EMI: negli uffici stampa era stata fatta
circolare una nota in cui veniva formalmente proibito qualsiasi
contatto con "gente del nostro giro", così come i loro negozi
HMV non accettarono mai nostro materiale in vendita, ad eccezione del
poster di "Bloody revolutions". Quali loschi intrighi si
preparavano alle nostre spalle? Da tempo facevamo regolarmente
concerti su e giù per l'intero paese, andando in posti dove nessun
altro gruppo aveva mai suonato prima. Circoli di quartiere, tendoni,
centri sociali, qualsiasi posto che non fossero stati club privati,
discoteche o il circuito universitario. Centinaia di persone
sarebbero state disposte a seguirci in capo al mondo durante i nostri
tour, per celebrare il nostro reciproco senso di libertà. Abbiamo
diviso la nostra musica, film, letteratura, conversazioni, cibo e tè.
Ovunque siamo andati abbiamo sempre trovato facce sorridenti, persone
disposte a creare delle alternative al grigiore generale. Non è
sempre stato facile: c'è sempre stato qualcuno che voleva
distruggere ciò che avevamo creato. Abbiamo tentato di partecipare
allo Stonehenge Festival, ma siamo stati picchiati da una banda di
motociclisti. Alcuni nostri concerti sono stati oggetto di incursione
del National Front e del SWP, siamo stati accolti da RUC a Belfast,
picchiati dal British Movement al Reading Festival e dai Red Brigades
a Londra. Molti problemi, che però non hanno mai controbilanciato la
nostra gioia. Durante il 1981
abbiamo registrato "Christ The album", che abbiamo poi pubblicato
nell'estate del 1982. Stavolta, però, la nostra gioia venne
annientata da una grande tragedia: la Gran Bretagna andava in guerra.
Delle stupidaggini avvenute su un'isola chiamata South Georgia, un
posto del quale nessuno aveva mai sentito parlare, portarono a gravi
scontri su di un gruppo di isole chiamate Falklands, un posto del
quale pure nessuno aveva mai sentito parlare. Il primo spillo era
stato conficcato nel pallone anarcopacifista, uno spillo che di lì a
pochi mesi provocò il suo scoppio. Mentre centinaia di ragazzi
morivano, le nostre canzoni, proteste e dimostrazioni, i nostri
volantini, parole e idee immediatamente sembrava avessero perso
significato. In realtà, noi eravamo consapevoli che quanto potevamo
offrire aveva un suo valore, ma in quel momento tutto sembrava
stupido, inutile. La Thatcher aveva
voluto la guerra per pubblicizzare la sua immagine e quella del suo
partito alle elezioni. Se lei aveva deciso per la guerra, guerra
sarebbe stata, con il contorno di missili e uomini politici che ne
seguì. A rischio di essere considerati pubblicamente per i
"traditori" che siamo, per vie traverse riuscimmo a pubblicare
immediatamente un flexi-disc contenente una canzone contro la guerra
delle Falklands: la reazione fu immediata, visto che puntualmente la
stampa musicale ci definì dei "traditori". Ricevemmo per quel
disco un ammonimento ufficiale da parte della Camera dei Comuni, dove
ci si avvertiva di "badare a quanto stavamo facendo".
Le paure dei
pacifisti
Le proteste contro
la guerra erano virtualmente inesistenti. Il dissenso veniva zittito.
Quando la situazione era ormai compromessa, il movimento pacifista fu
felice di mettersi a gridare basta alla guerra: la guerra adesso
c'era per davvero. Il silenzio faceva male. Fu solo alla fine
della guerra, quando pubblicammo il singolo "How does it feel to be
the mother of a thousand dead" (Come ci si sente ad essere la madre
di mille morti?) che la situazione per noi precipitò. La Thatcher
venne coinvolta in un'interpellanza parlamentare ufficiale, dove alla
Camera dei Comuni venne formalmente richiesto se lei fosse a
conoscenza del contenuto del disco. A questo punto era inevitabile
che lei e il suo partito volessero farcela pagare a qualsiasi costo.
All'avvocato conservatore Tim Eggar venne affidato l'infelice compito
di portare avanti la conseguente denuncia a nostro carico, e sin
dall'inizio le cose per lui si misero male. Il caso scoppiò nelle
sue stesse mani quando Eggar venne completamente screditato da noi
durante un dibattito radiofonico dal quale uscì come un perfetto
idiota. I conservatori fecero immediatamente dietro-front dopo la sua
misera figura. Addirittura venne fatta circolare una lettera interna
nella quale veniva ordinato ai membri del partito di ignorare
qualsiasi provocazione da parte nostra. Subito dopo iniziammo a
ricevere messaggi di solidarietà da parte dei membri
dell'opposizione parlamentare. Forse non eravamo più soli. Ma cosa
ci stava succedendo? Ci venimmo a trovare al centro di un'arena
strana e terrorizzante. Avevamo voluto rendere pubbliche le nostre
idee, avevamo voluto confrontarle e discuterle con gente di simili
orientamenti, ma in quel preciso momento le nostre idee venivano
prese in esame, analizzate,vivisezionate da quelle ombre scure che
vivono nei corridoi del potere. Eggar ci aveva
involontariamente procurato un'enorme pubblicità, e la stampa
abboccò all'amo, specialmente quei giornali che si erano distinti
per l'assoluta mancanza di contributi all'informazione sulla guerra.
Era come se, andando a pesca di pesciolini, fossimo riusciti a
catturare una balena. Eravamo indecisi se lasciar perdere o andare
avanti magari in cerca di guai, o fino a quando non fossimo stati
stremati dallo sforzo. Era proprio questo
che volevamo. La velocità con
cui la guerra delle Falklands era esplosa ed il disastro causato
dalla Thatcher sia in Inghilterra che all'estero ci hanno costretto
ad agire più in fretta di quanto fosse stato necessario nel passato. Per mettere a punto
"Christ - The album" c'era voluto così tanto tempo che alcune
delle canzoni in esso contenute, ispirate ad esempio a previsioni di
rivolte popolari, agitazioni sociali, guerra, erano divenute ormai
sorpassate: Toxteth, Bristol, Brixton, le Falklands erano già in
fiamme quando venne pubblicato il disco. Ci sentimmo imbarazzati
dalla nostra lentezza, umiliati dalla nostra inefficienza. Alla fine
del 1982, convinti che il movimento aveva bisogno di un sostegno
morale, abbiamo organizzato un concerto in una discoteca occupata, il
primo dopo decenni, all'adesso defunto Zig Zag Club di Londra. Con
cibo gratis e birra rubata abbiamo celebrato ancora la nostra
indipendenza, stavolta assieme ad altri venti gruppi musicali, il
meglio di quello che si poteva davvero chiamare punk. Assieme abbiamo
dato vita a un'esplosione di energia durata ventiquattr'ore che ha
ispirato decine di eventi simili in tutto il mondo. Avevamo imparato
la lezione: lo slogan "Fatelo da soli" non è mai stato così
vero come quel giorno allo Zig Zag Club. Sotto molti aspetti la
manifestazione allo Zig Zag Club portò al rafforzamento delle nostre
idee e posizioni: la nostra missione era compiuta, ma di lavoro da
fare ce n'era ancora molto. Decidemmo di affrontare ancora una volta
la balena, preparando stavolta un attacco in grande stile alla
Thatcher e ai suoi alleati. La corsa alle
elezioni del 1983 era iniziata, e l'opposizione laburista non era
rimasta ferma nel frattempo. Con uno schifoso dietro-front sulle sue
posizioni antinucleari, il partito laburista mandò in pezzi il
movimento pacifista, zittito nella propria paura. L'album "Yes sir,
I will" (Sissignore) fu la nostra prima risposta strategica: si
trattava di un urlo infuocato diretto ai potenti ed a coloro che
accettano la loro autorità. Il messaggio di "Yes sir, I will"
era chiaro e forte: non esiste autorità al di fuori di noi stessi. Mentre la nostra
posizione politica si veniva progressivamente a delineare,
improvvisamente abbiamo avvertito il bisogno di definire le nostre
motivazioni in maniera più chiara di quanto non avessimo fatto
prima. I cosa, i come ed i perché della nostra rabbia avevano
bisogno di una spiegazione, così come la nostra idea di
"individualismo". Siamo stati accusati spesso di fare della
propaganda facile e spicciola: era arrivato il momento di uscire
definitivamente allo scoperto. Alcuni membri del gruppo realizzarono
"Acts of Love" (Atti d'amore), una raccolta di cinquanta
poesie che costituiva un tentativo di dimostrare che l'origine della
nostra rabbia era l'amore e non l'odio, e che la nostra idea di
individualismo più che da un egocentrismo sociale bigotto derivava
da una nostra filosofia dell'essere. L'ambiguità dei
nostri atteggiamenti cominciava a darci fastidio. Era davvero
possibile una rivoluzione senza spargimento di sangue? Eravamo
davvero realisti? Stavamo per essere distrutti dai nostri stessi
paradossi? È
stato allora che abbiamo spedito il famoso nastro del caso "
Thatchergate" alla stampa di tutto il mondo.
Il thatchergate
Si trattava di un
nastro veramente ben realizzato, studiato in forma di conversazione
telefonica tra Reagan e la Thatcher durante la quale veniva ammessa
la sua diretta responsabilità nell'affondamento della Belgrano,
argomento sul quale la Thatcher aveva imposto il no comment, e la
conseguente conferma del bombardamento della Sheffield da parte
dell'Invincibile, notizia tenuta sino a quel momento segreta. E,
visto che c'eravamo, abbiamo inserito una dichiarazione di Reagan
nella quale viene presa in considerazione l'idea di un conflitto
nucleare in Europa nel caso fosse messa in pericolo la sicurezza
degli Stati Uniti, un'ipotesi che probabilmente non è poi così
assurda. Il nastro passo
sotto silenzio per circa un anno, prima di fare la sua comparsa in un
ufficio del Dipartimento di Stato americano a Washington. Le smentite
ufficiali che seguirono ci dimostrarono che il metodo che avevamo
utilizzato per screditare Reagan e la Thatcher non era poi così
diverso da quelli utilizzati dallo stesso Dipartimento di Stato
americano: come mai un nastro chiaramente contraffatto veniva preso
in così seria considerazione? Il dito accusatore venne logicamente
puntato sul Cremlino: parecchi giornali negli Stati Uniti ed il
Sunday Times in Inghilterra parlarono ampiamente della faccenda come
di un intrigo spionistico del Kgb. Era quella la prima volta che la
stampa collegava in qualche modo la Thatcher all'affondamento della
Belgrano. Ci sentivamo euforici, e anche un po' impauriti: dovevamo
confessare l'inganno oppure aspettare ancora? Il problema della
nostra indecisione venne risolto improvvisamente, allorché un
giornalista dell'Observer ci contattò in relazione ad "un certo
nastro" su cui voleva delle informazioni. All'inizio negammo tutto,
poi decidemmo di riconoscere pubblicamente la responsabilità del
fatto. Eravamo stati davvero molto attenti nella produzione e nella
distribuzione di quel nastro, proprio perché volevamo essere sicuri
che nessuno venisse a sapere che era opera nostra. Come mai il
giornalista dell'Observer sia venuto a sapere di noi è tuttora un
mistero. Fu comunque un avvertimento serio: anche i muri avevano gli
orecchi. Quanto ancora era conosciuto della nostra attività? Dai
giorni dei graffiti del 1977 eravamo costantemente coinvolti in varie
attività più o meno sovversive: dai messaggi con lo spray al taglio
di fili spinati, sabotaggi e altre imprese del genere. Se ci fossimo
scoperti con la faccenda del nastro tutte le altre storie sarebbero
venute a galla. Ci eravamo esposti a un grave rischio. Il telefono
cominciò a squillare. I giornali di mezzo
mondo si interessarono a noi, a come mai un gruppo di punk si fosse
preso gioco del Dipartimento di Stato americano: chissà cos'altro
avevamo fatto... In tutti gli anni precedenti il nostro gruppo non
aveva mai concentrato su di sé una tale attenzione. Il telefono
squillava in continuazione. Abbiamo concesso un sacco di interviste a
un mucchio di gente: improvvisamente eravamo in prima pagina. Siamo stati ripresi
da una rete televisiva americana mentre venivamo intervistati
dall'Agenzia di stampa sovietica. Abbiamo tenuto conferenze stampa
televisive in diretta negli Stati Uniti e radiofoniche
dall'Inghilterra al Giappone, dando sempre le nostre opinioni secondo
un punto di vista anarchico. Avevamo finalmente raggiunto una specie
di potere politico, una nostra voce, eravamo trattati con una certa
considerazione e rispetto. Era davvero questo
ciò che volevamo? Era davvero questo ciò per cui ci eravamo messi
insieme tanto tempo prima? Dopo sette anni di attività eravamo
diventati proprio quello che all'inizio volevamo combattere. Avevamo
sì trovato una base solida per le nostre idee, ma qualcosa di quelle
stesse idee si era come perso per la strada, Dove una volta eravamo
generosi ed aperti, ora eravamo cinici e chiusi. Le nostre attività
erano sempre state caratterizzate da un certo ottimismo, allegria: ci
eravamo spinti progressivamente verso la tristezza, verso una specie
di cattiva militanza. Eravamo divenuti
amari proprio dove una volta eravamo gioiosi, pessimisti proprio
quando era l'ottimismo la nostra causa. In quei sette anni siamo
stati costantemente oggetto delle attenzioni più o meno continue
dello stato: ora inevitabilmente i problemi ritornavano alla carica.
Come un karateka
Era arrivato il
1984, in maniera ancora peggiore di quella prevista da Orwell:
disoccupazione, sfratti, povertà, fame. Lo stato di polizia
era divenuto una realtà: se ne sarebbero accorti ben presto i
minatori in sciopero. La "morte accidentale" provocata dalla
polizia, trasformata ormai in esercito personale della Thatcher, era
divenuta un fatto normale, accettato da tutti. L'equilibrio di
un'intera società era appeso al filo sottile di una dittatura
egoista e cattiva. La nostra situazione non era delle migliori: siamo
stati trascinati in tribunale per una denuncia di oscenità che ci ha
quasi distrutto. "Abbiamo i mezzi per non farvi mai più parlare"
- ci hanno detto. Fu durante l'estate di quell'anno che si tenne il
nostro ultimo concerto, una serata agitatissima a sostegno dei
minatori del Galles del Sud in sciopero. Sul palco dichiarammo ancora
una volta la nostra ferma intenzione di continuare a combattere per
la libertà ma, nel ritornare a casa, quella sera, ci si rese conto
che non potevamo più andare avanti così. Il cammino che avevamo
intrapreso sembrava giunto a un punto morto, avevamo bisogno di nuove
strade per raggiungere i nostri obiettivi. Alcune settimane
dopo quel concerto Hari Nana decise di lasciare il nostro gruppo per
cercare la sua strada da solo. Da quel giorno non
abbiamo più avuto voglia di suonare. Non eravamo più convinti che
questo avesse più un senso, visto che i nostri concerti erano
diventati praticamente un'occasione di trattenimento qualsiasi.
Eravamo giunti a un punto vicino al nostro obiettivo, o se non
eravamo riusciti non era sinceramente perché non ci si era impegnati
abbastanza. "Non c'è alcuna autorità all'infuori di noi stessi"
avevamo detto, eppure avevamo perduto noi stessi divenendo "i
Crass". Siamo costantemente impegnati in un processo spesso
doloroso di continua ridefinizione del nostro essere, del
comprenderci gli uni gli altri, del curare le lesioni volontarie
procurate da questo nostro impatto con la "vita pubblica". Usando
una frase di John Lennon, il sogno è finito. Il movimento, da
Class War (Guerra di classe) a Christians for Peace (Cristiani per la
pace), ha bisogno di riconquistare quella dignità perduta nel
processo di discussione di problemi che sembrano creati dagli
"altri". Il nostro errore è
stato quello di aver definito un "nemico": certamente esistono
coloro che ostacolano il cammino verso la libertà, ma il vero nemico
da cercare è dentro di noi. Non ci sono i "noi" e i "loro":
ci siamo tu ed io. Dobbiamo rafforzarci, rimetterci in sesto
rifiutando ciò che palesemente non funziona ed essendo disposti ad
accettare e fare nostre idee ed atteggiamenti positivi. Dobbiamo trovare
un'individualità che possa realmente essere l'autorità che è.
Dobbiamo riuscire a guardare oltre i reticolati e gli sbarramenti
della polizia, in cerca di una visione della vita che sia realmente
una nostra scelta, e non un'imposizione di cinici e despoti. Come un
karateka non si concentra sul mattone da spezzare, ma sullo spazio
attorno ad esso: da questo esempio abbiamo molto da imparare. Abbiamo
sprecato troppo tempo, troppa energia, troppo del nostro spirito
tentando di scacciare le ombre maligne della violenza e del terrore
dell'era atomica dal nostro cielo. Queste ombre sono divenute una
macchia sul nostro cuore. È ora di lavare questa macchia, è ora di
uscire fuori alla luce: siamo intrappolati e terrorizzati dentro a
metaforici cancelli: "Bussate e vi sarà aperto. Il regno dei cieli
è dentro di voi". Sappiamo già abbastanza dei mali del mondo
per aggiungere alla lista tutte le nostre ansie e frustrazioni, la
nostra stanchezza fisica e mentale. Se vogliamo ancora
raggiungere i nostri obiettivi comuni dobbiamo tutti essere
abbastanza forti per riuscire. Tutti abbiamo sbagliato, tutti abbiamo
avuto successo. Questa non è coda tra le gambe ma un inizio fiero,
anche se doloroso e confuso. Amore, pace e libertà, da quelli che
erano i Crass, e che ora sono di meglio. Nota: sebbene non
abbiamo più intenzione di fare dei concerti come gruppo, noi
continuiamo a lavorare in questo senso oltre che iniziare nuove
attività in altri settori. Dalla fine dell'estate del 1984 ci stiamo
occupando della registrazione di "Ten notes on a summer's day"
(Dieci note in un giorno d'estate), che riteniamo la nostra ultima
registrazione ufficiale. È possibile che nel futuro possiamo anche
pubblicare altro materiale come Crass, nel caso la situazione lo
richieda. Ciascuno di noi ora va per la propria strada, chi fa il
produttore discografico e chi dipinge paesaggi, chi realizza filmati
e chi si sta rimettendo in salute. Abbiamo intenzione di continuare a
pubblicare materiale di altri gruppi sulla nostra etichetta, e siamo
seriamente intenzionati ad iniziare l'attività di una casa editrice
di libri. Finché c'è del lavoro da fare, faremo di tutto per
portarlo avanti. Durante lo scorso
anno Mick ha continuato ad interessarsi di film e video, ed ha
raccolto tutto il materiale da noi mostrato nei nostri spettacoli nel
video-film "Christ - The movie". Desideriamo anche
ringraziare tutte quelle persone, gruppi ed individui, coi quali
abbiamo diviso questi anni di attività, in modo speciale Annie
Anxiety, i Poison Girls, i Dirt e i Flux of Pink lndians, coi quali
abbiamo fatto tantissimi concerti. Grazie anche a Paul, Ian e agli
altri tecnici del Tandy's Sound System. Grazie a Steve Herman per il
suo aiuto. Ci spiace per quelli che stanno ancora aspettando una
risposta alle loro lettere: ci rendiamo conto che non saremo mai in
grado di rispondere alle migliaia di lettere che ci sono arrivate
negli ultimi mesi. Se la vostra è in mezzo a queste ci dispiace
davvero.
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