Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 140
ottobre 1986


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Crass: il sogno è finito

Il sogno è finito: lo disse John Lennon, lo dicono ora i Crass, o meglio Penny Rimbaud, Steve lgnorant, Eve Libertine, Joy De Vivre, Hari Nana, Phil Free, Pete Wright, G. E. Sus e Mick Duffield.
Con la pubblicazione del loro ultimo disco ufficiale "Best before 1984" (Da consumarsi preferibilmente entro il 1984), avvenuta lo scorso luglio, i Crass hanno deciso di interrompere un'attività che durava da oltre sette anni.
In questo scritto, intitolato "In which Crass voluntarily blow their own" (in cui i Crass volontariamente battono la grancassa), sono raccontate alcune tra le avventure e le disavventure di questa lunga vita in comune, che giorno dopo giorno ha portato alla decisione di "chiudere bottega", decisione solo apparentemente negativa e deludente.
"Best before 1984" contiene materiale in parte già pubblicato sotto forma di singles ed ep's nel periodo che va dal 1977 al 1984. Si tratta di un disco a prezzo ridotto che è reperibile solo in alcuni centri di distribuzione di materiale indipendente (il disco non è ufficialmente distribuito nel nostro paese).
Potete richiedere questo e gli altri dischi e libri pubblicati dai Crass al loro indirizzo inglese:
Crass, p. o. box279,London N22, Inghilterra.


Quando, nel 1976, il vomito punk schizzò per la prima volta sulle prime pagine dei giornali col messaggio "fatelo da soli", noi, che in diversi modi e per diversi anni non avevamo fatto che quello, abbiamo creduto ingenuamente che i vari signori Rotten, Strummer e compagni intendessero lo stesso. Finalmente non eravamo più soli.
L'idea di divenire un gruppo musicale non ci era mai venuta seriamente. Semplicemente, è successo. In pratica, chiunque era libero di unirsi al gruppo: le prove erano riunioni agitate che invariabilmente degradavano a poco più che festini di ubriachi.
Steve e Penny iniziarono a scrivere e suonare assieme nel primo '77 ma fu solo nell'estate di quell'anno che si riuscì a recuperare, a prendere in prestito o rubare un'attrezzatura tecnica sufficiente a poterci realmente definire un gruppo musicale, i Crass.
Essendo finalmente riusciti a mettere in piedi un repertorio di cinque pezzi, ci avviammo sulla strada della gloria e del successo armati dei nostri strumenti e di una grossa quantità di alcolici, necessari per tirare avanti.
Partecipammo ad un mucchio di concerti e manifestazioni, dimostrazioni caotiche di inadeguatezza ed indipendenza. Fummo cacciati, boicottati, persino banditi dall'allora leggendario Roxy Club: ci dissero che volevano solo ragazzi a posto. Pensavano che le chitarre ed i microfoni fossero solo degli stupidi giocattoli?
Fu così che ci si rese conto che i nostri colleghi punk, i vari Pistols, Clash, eccetera, altro non erano che fantocci. A loro magari faceva anche piacere il pensare di derubare le grosse etichette discografiche, ma nella realtà era la gente ad essere derubata. Non aiutavano altri se non loro stessi, dando vita ad un'altra moda facile: portando una boccata d'ossigeno rivitalizzante alla King's Road modaiola di Londra essi rivendicavano l'inizio di una rivoluzione. La solita vecchia storia: eravamo ancora da soli.

Tra i fumi dell'alcool

Una sera, tra i fumi dell'alcool, decidemmo che la nostra missione sarebbe stata la creazione di una reale alternativa allo sfruttamento dell'industria musicale.
Volevamo riuscire a creare un qualche cosa che desse invece che togliere e, soprattutto, volevamo che durasse a lungo. Troppe promesse venivano fatte dai palchi per essere poi dimenticate per strada.
Durante l'inverno lungo e solitario del 1977-78 suonammo regolarmente al White Lion di Putney a Londra con gli Uk Subs. Il pubblico era costituito essenzialmente da noi quando suonavano i Subs, e dai Subs quando eravamo noi a suonare. Qualche volta la situazione era proprio scoraggiante, ma di solito ci si divertiva. L'entusiasmo inesauribile di Charley Harper era fonte di conforto nei momenti tristi. La sua fiducia assoluta nel punk come musica popolare era assai più rivoluzionaria di quanto McLaren e soci avessero mai potuto immaginare. Con la nostra testardaggine smascheravamo i ciarlatani punk per quello che in realtà erano: un trucco dell'industria musicale. I nostri concerti continuavano ad essere selvaggi e caotici: avevamo ancora troppa paura per salire su un palco senza la pancia piena di alcool e generalmente si era in uno stato tale che non era raro ritrovarsi a suonare contemporaneamente canzoni diverse.
Nonostante il casino ci si divertiva enormemente. Nessuno che venisse a seccarti con storie assurde sui tuoi stivali di cuoio o che si lamentasse se mettevi latte nel tè, nessuno che voleva sapere come mai anarchia e pace potessero coesistere, nessuno che venisse a romperci i coglioni con lunghi monologhi su Bakunin, che a quel tempo noi si immaginava probabilmente fosse una marca di vodka.
Le idee erano aperte: stavamo creando collettivamente la nostra vita. Erano anni gloriosi, quelli, prima che le alternative libere che stavamo creando divenissero solo un mucchio di regole bigotte, prima che ciò che stavamo definendo come "il vero punk" si rivelasse soltanto uno squallido ghetto. Partecipammo persino ad un concerto organizzato da Rock Against Racism, l'unico concerto per cui siamo stati pagati. Quando abbiamo detto agli organizzatori che non volevamo i soldi, che li potevano tenere per la causa, ci è stato risposto che "quella era la causa".
Non abbiamo più suonato per loro.
Mentre ciarlatani si dirigevano in massa verso gli Stati Uniti, a respirare un po' di quell'aria che a loro faceva così bene, il nostro isolamento ci rese più duri.
Fu così che decidemmo di smetterla definitivamente con l'alcool e di iniziare a prenderci più sul serio. Decidemmo di vestirci di nero per protestare contro il pavoneggiarsi narcisistico della moda punk, iniziammo ad utilizzare video e filmati durante i nostri spettacoli, ci dedicammo alla stampa di volantini per spiegare le nostre posizioni e pubblicammo un giornale, International Anthem.
È stato allora che abbiamo disegnato lo striscione che attacchiamo tuttora sul palco dietro di noi ai concerti.
Ci siamo posti, infine, l'obiettivo di tirare avanti a tutti i costi almeno sino alla fine dell'allora mitico 1984.

Stroncature ed attacchi

Nell'estate del 1978 Pete Stennet, proprietario della compianta etichetta discografica Small Wonder, ascoltò uno dei nostri demo-tapes e gli piacque. Ci contattò: voleva pubblicare un singolo ma non riusciva a decidersi su quali pezzi utilizzare. Registrammo allora tutte le canzoni che avevamo scritto fino ad allora, e realizzammo il primo singolo in assoluto che contenesse così tante canzoni.
Il titolo del disco era "The feeding of the five thousand" (Il riempimento dei cinquemila) perché cinquemila era il numero minimo delle copie che si potevano stampare, quattromilanovecento in più di quelle che pensavamo di riuscire a vendere. Adesso manca poco a che "The feeding of the five thousand" diventi disco d'oro, ma non pensiamo che questo evento avrà molta risonanza nella stampa musicale specializzata.
Con il nostro repertorio al completo inciso su disco, confezionato in un allora altamente innovativa copertina in bianco e nero, i giornalisti delle testate musicali furono in grado di dare inizio a quel fuoco continuo di stroncature ed attacchi che ci segue tuttora. La stampa musicale detestò quel disco, ma le recensioni disgustate provocarono un effetto contrario. Non è esagerato dire che siamo stati uno dei gruppi musicali più importanti nella storia del rock inglese: anche se la nostra influenza a livello musicale è stata minima, l'effetto che abbiamo portato su di un vasto strato sociale è stato enorme. Fin dall'inizio i mass-media hanno fatto di tutto per ignorarci, Solo quando si sono dovuti arrendere all'evidenza dei fatti sono stati costretti a darci, pur se riluttanti, un po' di credito.
È tutto molto semplice: se non stai al loro gioco, che è lo sfruttamento commerciale, non accetteranno il tuo. L'industria musicale non solo compera i gruppi, ma paga anche la stampa. I truffatori sono molto più diffusi e potenti di quanto possiamo immaginare. Comunque, visto che costituivamo una minaccia al suo controllo, fu il nemico a compiere il primo passo verso di noi. Il signor padrone tentò di comprarci con del vino scadente ed un'offerta di cinquantamila sterline se ci fossimo uniti al Pursey's Package: ci tenne ad informarci che la sua agenzia era in grado di commercializzare il rock rivoluzionario, e che non ce l'avremmo mai fatta a sfondare senza il suo aiuto.
Questa fu la prima di molte offerte che abbiamo sempre respinto. Non ce ne siamo mai pentiti e, guarda caso, non abbiamo mai più sentito parlare di Jimmy Pursey...
Quando, nella primavera del 1979, riuscimmo a pubblicare "The feeding of the five thousand", il primo brano della prima facciata era fatto di silenzio ed intitolato "The sound of free speech" (Il suono delle parole libere).
Lo stabilimento di stampa del disco decise che "Asylum" primo brano della prima facciata, era troppo blasfemo per i loro, e quindi vostri, gusti. Ecco la vera faccia della censura nel cosiddetto mondo libero!
Riuscimmo comunque a trovare, dopo qualche tempo, uno stabilimento disposto a stampare "Asylum": riregistrammo il pezzo e lo pubblicammo assieme a "Shaved women" stampando in casa le copertine ed imponendo un prezzo di vendita di 45 pence.
È stato così che ci siamo subito e completamente rovinati la vita. Appena pubblicato, "Reality Asylum" ci procurò delle grosse grane: alcune denunce di oscenità portarono a delle ispezioni di polizia in tutti i negozi di dischi del paese e a una visita a casa nostra di una sezione della buoncostume di Scotland Yard. Dopo un pomeriggio piacevole trascorso bevendo tè coi guardiani delle morale pubblica, restammo per un anno con la minaccia di una denuncia. Fummo formalmente avvisati che eravamo formalmente " liberi", ma che sarebbe stato molto meglio per noi se non avessimo mai più ritentato avventure simili.
La natura stessa della nostra "libertà" ci ha invece imposto di ritentare: si mise così in moto quella continua serie di vessazioni da parte della polizia nei nostri confronti che dura a tutt'oggi. È stato all'incirca in quel periodo che per la prima ed unica volta sono state trasmesse delle nostre canzoni per la radio nazionale da John Pael: da allora la nostra reputazione di bestemmiatori e blasfemi ci ha precluso qualsiasi possibilità di intervento e partecipazione nelle trasmissioni radiofoniche inglesi, a parte qualche piccolo spazio in dibattiti radiofonici che, comunque, ci hanno procurato l'inclusione nella lista nera della BBC. Sembrava infatti che il dissentire pubblicamente su un argomento come la guerra nelle Falklands fosse inaccettabile da un pubblico che intasava il centralino della BBC con telefonate di protesta.
Per smentire pubblicamente le voci messe in giro dalla stampa, secondo cui non eravamo altro che degli estremisti di destra e/o di sinistra, decidemmo di attaccare di fianco al nostro striscione una bandiera con il simbolo dell'anarchia. A quel tempo l'a cerchiata era un simbolo che era raramente visto al di fuori di una stretta cerchia di persone interessate a una letteratura anarchica precisa e generalmente noiosa: di lì a pochi mesi l'a cerchiata era dappertutto, giubbotti, distintivi, muri di tutta la nazione. In pochi anni quel simbolo si è diffuso in tutto il mondo.
Johnny Rotten potrà aver dichiarato di essere un anarchico ma siamo stati noi quelli che da soli siamo riusciti a fare dell'anarchia un movimento popolare di milioni di persone. In quel periodo, essendoci resi conto che il CND (Campaign for Nuclear Desarmament, movimento per i disarmo nucleare, ndt) esisteva ancora, sebbene in maniera frustrata ed auto-castrata, decidemmo di sostenere la sua causa, cosa che il CND allora era incapace di fare da solo.
Da allora, nonostante la derisione della stampa musicale, ai nostri concerti abbiamo sempre appeso la bandiera pacifista. Il nostro sforzo lentamente riportò il CND alla vita: facemmo conoscere l'associazione a quelle migliaia di persone che in seguito divennero la spina dorsale della sua nuova esistenza. Un settore sociale nuovo e sino a quel momento inconsapevole veniva così a contatto con una forma di pensiero radicale, per raggiungere poi il culmine nelle grandi manifestazioni popolari, marce per la pace e raduni che continuano tuttora.
Per tutto questo, l'effetto reale del nostro lavoro non dev'essere ricercato all'interno degli stretti confini del rock'n'roll, ma nelle menti rese consapevoli di migliaia di persone in tutto il mondo. Dai cancelli di Greenham al muro di Berlino, dalle manifestazioni di Stop the City ai concerti clandestini in Polonia: ecco dove la nostra miscela così particolare di anarchia e pacifismo, divenuta in seguito quasi sinonimo di punk, si è fatta conoscere. Sin dall'inizio, dal 1977, ci siamo costantemente impegnati in una guerra di graffiti sui muri del centro di Londra. I nostri messaggi, da "Fight war, not wars" (Combatti la guerra, non le guerre) a " Stuff your sexist shit" sono stati i primi del genere a comparire in Inghilterra, ed hanno ispirato un più vasto movimento che, purtroppo, è stato adesso messo in ombra dagli artisti hip-hop che poco hanno fatto se non confermare la natura insidiosa della cultura americana.
Per celebrare il nostro successo con le bombolette spray, abbiamo deciso di intitolare il nostro disco successivo "Stations of the Crass" (Stazioni dei Crass). In copertina, la foto di alcuni nostri graffiti sui muri di una stazione della metropolitana londinese. "Stations of the Crass" è stato il primo album ad avere una copertina/manifesto con allegato anche un patch che avevamo stampato in casa. A quel tempo Pete della Small Wonder cominciava già a risentire negativamente delle continue attenzioni che la polizia dedicava al suo negozio di dischi per causa nostra, quindi cercammo del denaro in prestito per pubblicare "Stations of the Crass" per conto nostro. Il disco ebbe un successo di vendita così immediato che dopo brevissimo tempo fummo in grado di restituire il prestito e di pagare la piegatura delle copertine in tipografia invece che farlo noi a mano in casa. "Stations of the Crass" continuava a vendere bene, e presto prendemmo in considerazione l'idea di pubblicare del materiale anche di altri gruppi: nacque così la Crass Records.
Il debutto fu un singolo degli Zounds, il primo di oltre cento gruppi che abbiamo presentato.

Contro la guerra

Nella primavera del 1980 abbiamo partecipato a una serie di concerti a sostegno del fondo di difesa per alcuni anarchici detenuti, definiti paradossalmente "persons unknown", (sconosciuti, ndt). Al loro rilascio ci è stato chiesto se ci fosse interessato contribuire alla creazione di un circolo anarchico. Registrammo così "Bloody revolutions", con "Persons unknown" dei Poison Girls sul retro, e con gli incassi della vendita di questo disco fu possibile aprire il Centro.
Per oltre un anno si trascinò una coesistenza difficile ed infelice tra i tradizionalisti del gruppo di "persons unknown" e gli anarcopunks: si giunse al punto in cui l'attrito ideologico si fece insopportabile, ed il Centro chiuse. La facilità relativa con cui eravamo stati in grado di raccogliere dei fondi per il Centro Anarchico ci fece capire il nostro potere non solo di dar vita a nuove idee, ma anche di riuscire in qualche modo a realizzarle. Veniva davvero molta gente ai nostri concerti, quindi il modo migliore di sfruttare la situazione era il decidere che avremmo esclusivamente suonato in concerti a sostegno di qualcosa. In tutti gli anni della nostra attività siamo riusciti a raccogliere fondi per una grande quantità di cause differenti.
Era giunto il momento di sferrare un attacco femminista. Sapevamo di venire considerati un gruppo particolare, ma sentivamo che la componente femminista all'interno del nostro gruppo veniva messa in secondo piano. La stampa musicale accolse la pubblicazione di "Penis envy" (L'invidia del pene) compiendo un fiasco clamoroso. Un giornale dichiarò addirittura che si trattava di "un disco fatto dalle uniche femministe fisicamente attraenti, così da essere sicuri che nelle canzoni si parlava di scelte invece che di frustrazioni". Cosa fare con quei maschietti? Dalle reazioni di molti nostri fan emersero pregiudizi simili, anche se sotto punti di vista completamente diversi. Alcuni vollero sapere come mai nel disco c'erano uccelli che cantavano. Il diavolo, o il mare azzurro e profondo? L'ultimo brano di "Penis envy", intitolato "Our wedding" (Il nostro matrimonio), una satira sul sentimentalismo squallido dei rotocalchi sentimentali popolari, venne proposto a Loving, rivista specializzata nello sfruttamento della solitudine giovanile, dalla Creative Recording And Sound Services. Loving lo offrì fieramente alle proprie lettrici come un must per il felice giorno del matrimonio. Non appena l'inganno venne scoperto l'intera Fleet Street venne scossa, e molte teste caddero alla redazione di Loving...
La pubblicazione di "Penis envy" confermò un sospetto che avevamo da tempo. Ad una settimana di distanza dall'uscita nei negozi, il nostro disco si era piazzato al quindicesimo posto nelle classifiche di vendita. La settimana successiva, invece, del disco nessuna traccia. Lo stesso era successo anche con "Nagasaki nightmare" (L'incubo di Nagasaki).
È chiaro che è impossibile raggiungere in una settimana una posizione così elevata per poi non essere neanche in classifica la settimana successiva: ovvio che se le compagnie discografiche sono in grado di pagare per far entrare i loro dischi nella hit parade, possono benissimo pagare per tenere i nostri dischi fuori da lì. Sapevamo di non essere graditi alla EMI: negli uffici stampa era stata fatta circolare una nota in cui veniva formalmente proibito qualsiasi contatto con "gente del nostro giro", così come i loro negozi HMV non accettarono mai nostro materiale in vendita, ad eccezione del poster di "Bloody revolutions". Quali loschi intrighi si preparavano alle nostre spalle? Da tempo facevamo regolarmente concerti su e giù per l'intero paese, andando in posti dove nessun altro gruppo aveva mai suonato prima. Circoli di quartiere, tendoni, centri sociali, qualsiasi posto che non fossero stati club privati, discoteche o il circuito universitario. Centinaia di persone sarebbero state disposte a seguirci in capo al mondo durante i nostri tour, per celebrare il nostro reciproco senso di libertà. Abbiamo diviso la nostra musica, film, letteratura, conversazioni, cibo e tè. Ovunque siamo andati abbiamo sempre trovato facce sorridenti, persone disposte a creare delle alternative al grigiore generale. Non è sempre stato facile: c'è sempre stato qualcuno che voleva distruggere ciò che avevamo creato. Abbiamo tentato di partecipare allo Stonehenge Festival, ma siamo stati picchiati da una banda di motociclisti. Alcuni nostri concerti sono stati oggetto di incursione del National Front e del SWP, siamo stati accolti da RUC a Belfast, picchiati dal British Movement al Reading Festival e dai Red Brigades a Londra. Molti problemi, che però non hanno mai controbilanciato la nostra gioia.
Durante il 1981 abbiamo registrato "Christ The album", che abbiamo poi pubblicato nell'estate del 1982. Stavolta, però, la nostra gioia venne annientata da una grande tragedia: la Gran Bretagna andava in guerra. Delle stupidaggini avvenute su un'isola chiamata South Georgia, un posto del quale nessuno aveva mai sentito parlare, portarono a gravi scontri su di un gruppo di isole chiamate Falklands, un posto del quale pure nessuno aveva mai sentito parlare. Il primo spillo era stato conficcato nel pallone anarcopacifista, uno spillo che di lì a pochi mesi provocò il suo scoppio. Mentre centinaia di ragazzi morivano, le nostre canzoni, proteste e dimostrazioni, i nostri volantini, parole e idee immediatamente sembrava avessero perso significato. In realtà, noi eravamo consapevoli che quanto potevamo offrire aveva un suo valore, ma in quel momento tutto sembrava stupido, inutile.
La Thatcher aveva voluto la guerra per pubblicizzare la sua immagine e quella del suo partito alle elezioni. Se lei aveva deciso per la guerra, guerra sarebbe stata, con il contorno di missili e uomini politici che ne seguì. A rischio di essere considerati pubblicamente per i "traditori" che siamo, per vie traverse riuscimmo a pubblicare immediatamente un flexi-disc contenente una canzone contro la guerra delle Falklands: la reazione fu immediata, visto che puntualmente la stampa musicale ci definì dei "traditori". Ricevemmo per quel disco un ammonimento ufficiale da parte della Camera dei Comuni, dove ci si avvertiva di "badare a quanto stavamo facendo".

Le paure dei pacifisti

Le proteste contro la guerra erano virtualmente inesistenti. Il dissenso veniva zittito. Quando la situazione era ormai compromessa, il movimento pacifista fu felice di mettersi a gridare basta alla guerra: la guerra adesso c'era per davvero. Il silenzio faceva male.
Fu solo alla fine della guerra, quando pubblicammo il singolo "How does it feel to be the mother of a thousand dead" (Come ci si sente ad essere la madre di mille morti?) che la situazione per noi precipitò. La Thatcher venne coinvolta in un'interpellanza parlamentare ufficiale, dove alla Camera dei Comuni venne formalmente richiesto se lei fosse a conoscenza del contenuto del disco. A questo punto era inevitabile che lei e il suo partito volessero farcela pagare a qualsiasi costo. All'avvocato conservatore Tim Eggar venne affidato l'infelice compito di portare avanti la conseguente denuncia a nostro carico, e sin dall'inizio le cose per lui si misero male. Il caso scoppiò nelle sue stesse mani quando Eggar venne completamente screditato da noi durante un dibattito radiofonico dal quale uscì come un perfetto idiota. I conservatori fecero immediatamente dietro-front dopo la sua misera figura. Addirittura venne fatta circolare una lettera interna nella quale veniva ordinato ai membri del partito di ignorare qualsiasi provocazione da parte nostra. Subito dopo iniziammo a ricevere messaggi di solidarietà da parte dei membri dell'opposizione parlamentare. Forse non eravamo più soli. Ma cosa ci stava succedendo? Ci venimmo a trovare al centro di un'arena strana e terrorizzante. Avevamo voluto rendere pubbliche le nostre idee, avevamo voluto confrontarle e discuterle con gente di simili orientamenti, ma in quel preciso momento le nostre idee venivano prese in esame, analizzate,vivisezionate da quelle ombre scure che vivono nei corridoi del potere.
Eggar ci aveva involontariamente procurato un'enorme pubblicità, e la stampa abboccò all'amo, specialmente quei giornali che si erano distinti per l'assoluta mancanza di contributi all'informazione sulla guerra. Era come se, andando a pesca di pesciolini, fossimo riusciti a catturare una balena. Eravamo indecisi se lasciar perdere o andare avanti magari in cerca di guai, o fino a quando non fossimo stati stremati dallo sforzo.
Era proprio questo che volevamo.
La velocità con cui la guerra delle Falklands era esplosa ed il disastro causato dalla Thatcher sia in Inghilterra che all'estero ci hanno costretto ad agire più in fretta di quanto fosse stato necessario nel passato.
Per mettere a punto "Christ - The album" c'era voluto così tanto tempo che alcune delle canzoni in esso contenute, ispirate ad esempio a previsioni di rivolte popolari, agitazioni sociali, guerra, erano divenute ormai sorpassate: Toxteth, Bristol, Brixton, le Falklands erano già in fiamme quando venne pubblicato il disco. Ci sentimmo imbarazzati dalla nostra lentezza, umiliati dalla nostra inefficienza. Alla fine del 1982, convinti che il movimento aveva bisogno di un sostegno morale, abbiamo organizzato un concerto in una discoteca occupata, il primo dopo decenni, all'adesso defunto Zig Zag Club di Londra. Con cibo gratis e birra rubata abbiamo celebrato ancora la nostra indipendenza, stavolta assieme ad altri venti gruppi musicali, il meglio di quello che si poteva davvero chiamare punk. Assieme abbiamo dato vita a un'esplosione di energia durata ventiquattr'ore che ha ispirato decine di eventi simili in tutto il mondo. Avevamo imparato la lezione: lo slogan "Fatelo da soli" non è mai stato così vero come quel giorno allo Zig Zag Club. Sotto molti aspetti la manifestazione allo Zig Zag Club portò al rafforzamento delle nostre idee e posizioni: la nostra missione era compiuta, ma di lavoro da fare ce n'era ancora molto. Decidemmo di affrontare ancora una volta la balena, preparando stavolta un attacco in grande stile alla Thatcher e ai suoi alleati.
La corsa alle elezioni del 1983 era iniziata, e l'opposizione laburista non era rimasta ferma nel frattempo. Con uno schifoso dietro-front sulle sue posizioni antinucleari, il partito laburista mandò in pezzi il movimento pacifista, zittito nella propria paura. L'album "Yes sir, I will" (Sissignore) fu la nostra prima risposta strategica: si trattava di un urlo infuocato diretto ai potenti ed a coloro che accettano la loro autorità. Il messaggio di "Yes sir, I will" era chiaro e forte: non esiste autorità al di fuori di noi stessi.
Mentre la nostra posizione politica si veniva progressivamente a delineare, improvvisamente abbiamo avvertito il bisogno di definire le nostre motivazioni in maniera più chiara di quanto non avessimo fatto prima. I cosa, i come ed i perché della nostra rabbia avevano bisogno di una spiegazione, così come la nostra idea di "individualismo". Siamo stati accusati spesso di fare della propaganda facile e spicciola: era arrivato il momento di uscire definitivamente allo scoperto. Alcuni membri del gruppo realizzarono "Acts of Love" (Atti d'amore), una raccolta di cinquanta poesie che costituiva un tentativo di dimostrare che l'origine della nostra rabbia era l'amore e non l'odio, e che la nostra idea di individualismo più che da un egocentrismo sociale bigotto derivava da una nostra filosofia dell'essere.
L'ambiguità dei nostri atteggiamenti cominciava a darci fastidio. Era davvero possibile una rivoluzione senza spargimento di sangue? Eravamo davvero realisti? Stavamo per essere distrutti dai nostri stessi paradossi? È stato allora che abbiamo spedito il famoso nastro del caso " Thatchergate" alla stampa di tutto il mondo.

Il thatchergate

Si trattava di un nastro veramente ben realizzato, studiato in forma di conversazione telefonica tra Reagan e la Thatcher durante la quale veniva ammessa la sua diretta responsabilità nell'affondamento della Belgrano, argomento sul quale la Thatcher aveva imposto il no comment, e la conseguente conferma del bombardamento della Sheffield da parte dell'Invincibile, notizia tenuta sino a quel momento segreta. E, visto che c'eravamo, abbiamo inserito una dichiarazione di Reagan nella quale viene presa in considerazione l'idea di un conflitto nucleare in Europa nel caso fosse messa in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti, un'ipotesi che probabilmente non è poi così assurda.
Il nastro passo sotto silenzio per circa un anno, prima di fare la sua comparsa in un ufficio del Dipartimento di Stato americano a Washington. Le smentite ufficiali che seguirono ci dimostrarono che il metodo che avevamo utilizzato per screditare Reagan e la Thatcher non era poi così diverso da quelli utilizzati dallo stesso Dipartimento di Stato americano: come mai un nastro chiaramente contraffatto veniva preso in così seria considerazione? Il dito accusatore venne logicamente puntato sul Cremlino: parecchi giornali negli Stati Uniti ed il Sunday Times in Inghilterra parlarono ampiamente della faccenda come di un intrigo spionistico del Kgb. Era quella la prima volta che la stampa collegava in qualche modo la Thatcher all'affondamento della Belgrano. Ci sentivamo euforici, e anche un po' impauriti: dovevamo confessare l'inganno oppure aspettare ancora?
Il problema della nostra indecisione venne risolto improvvisamente, allorché un giornalista dell'Observer ci contattò in relazione ad "un certo nastro" su cui voleva delle informazioni. All'inizio negammo tutto, poi decidemmo di riconoscere pubblicamente la responsabilità del fatto. Eravamo stati davvero molto attenti nella produzione e nella distribuzione di quel nastro, proprio perché volevamo essere sicuri che nessuno venisse a sapere che era opera nostra. Come mai il giornalista dell'Observer sia venuto a sapere di noi è tuttora un mistero. Fu comunque un avvertimento serio: anche i muri avevano gli orecchi. Quanto ancora era conosciuto della nostra attività? Dai giorni dei graffiti del 1977 eravamo costantemente coinvolti in varie attività più o meno sovversive: dai messaggi con lo spray al taglio di fili spinati, sabotaggi e altre imprese del genere. Se ci fossimo scoperti con la faccenda del nastro tutte le altre storie sarebbero venute a galla. Ci eravamo esposti a un grave rischio. Il telefono cominciò a squillare.
I giornali di mezzo mondo si interessarono a noi, a come mai un gruppo di punk si fosse preso gioco del Dipartimento di Stato americano: chissà cos'altro avevamo fatto... In tutti gli anni precedenti il nostro gruppo non aveva mai concentrato su di sé una tale attenzione. Il telefono squillava in continuazione. Abbiamo concesso un sacco di interviste a un mucchio di gente: improvvisamente eravamo in prima pagina.
Siamo stati ripresi da una rete televisiva americana mentre venivamo intervistati dall'Agenzia di stampa sovietica. Abbiamo tenuto conferenze stampa televisive in diretta negli Stati Uniti e radiofoniche dall'Inghilterra al Giappone, dando sempre le nostre opinioni secondo un punto di vista anarchico. Avevamo finalmente raggiunto una specie di potere politico, una nostra voce, eravamo trattati con una certa considerazione e rispetto.
Era davvero questo ciò che volevamo? Era davvero questo ciò per cui ci eravamo messi insieme tanto tempo prima? Dopo sette anni di attività eravamo diventati proprio quello che all'inizio volevamo combattere. Avevamo sì trovato una base solida per le nostre idee, ma qualcosa di quelle stesse idee si era come perso per la strada, Dove una volta eravamo generosi ed aperti, ora eravamo cinici e chiusi. Le nostre attività erano sempre state caratterizzate da un certo ottimismo, allegria: ci eravamo spinti progressivamente verso la tristezza, verso una specie di cattiva militanza.
Eravamo divenuti amari proprio dove una volta eravamo gioiosi, pessimisti proprio quando era l'ottimismo la nostra causa. In quei sette anni siamo stati costantemente oggetto delle attenzioni più o meno continue dello stato: ora inevitabilmente i problemi ritornavano alla carica.

Come un karateka

Era arrivato il 1984, in maniera ancora peggiore di quella prevista da Orwell: disoccupazione, sfratti, povertà, fame.
Lo stato di polizia era divenuto una realtà: se ne sarebbero accorti ben presto i minatori in sciopero. La "morte accidentale" provocata dalla polizia, trasformata ormai in esercito personale della Thatcher, era divenuta un fatto normale, accettato da tutti. L'equilibrio di un'intera società era appeso al filo sottile di una dittatura egoista e cattiva. La nostra situazione non era delle migliori: siamo stati trascinati in tribunale per una denuncia di oscenità che ci ha quasi distrutto. "Abbiamo i mezzi per non farvi mai più parlare" - ci hanno detto. Fu durante l'estate di quell'anno che si tenne il nostro ultimo concerto, una serata agitatissima a sostegno dei minatori del Galles del Sud in sciopero. Sul palco dichiarammo ancora una volta la nostra ferma intenzione di continuare a combattere per la libertà ma, nel ritornare a casa, quella sera, ci si rese conto che non potevamo più andare avanti così. Il cammino che avevamo intrapreso sembrava giunto a un punto morto, avevamo bisogno di nuove strade per raggiungere i nostri obiettivi.
Alcune settimane dopo quel concerto Hari Nana decise di lasciare il nostro gruppo per cercare la sua strada da solo.
Da quel giorno non abbiamo più avuto voglia di suonare. Non eravamo più convinti che questo avesse più un senso, visto che i nostri concerti erano diventati praticamente un'occasione di trattenimento qualsiasi. Eravamo giunti a un punto vicino al nostro obiettivo, o se non eravamo riusciti non era sinceramente perché non ci si era impegnati abbastanza. "Non c'è alcuna autorità all'infuori di noi stessi" avevamo detto, eppure avevamo perduto noi stessi divenendo "i Crass". Siamo costantemente impegnati in un processo spesso doloroso di continua ridefinizione del nostro essere, del comprenderci gli uni gli altri, del curare le lesioni volontarie procurate da questo nostro impatto con la "vita pubblica". Usando una frase di John Lennon, il sogno è finito.
Il movimento, da Class War (Guerra di classe) a Christians for Peace (Cristiani per la pace), ha bisogno di riconquistare quella dignità perduta nel processo di discussione di problemi che sembrano creati dagli "altri".
Il nostro errore è stato quello di aver definito un "nemico": certamente esistono coloro che ostacolano il cammino verso la libertà, ma il vero nemico da cercare è dentro di noi. Non ci sono i "noi" e i "loro": ci siamo tu ed io. Dobbiamo rafforzarci, rimetterci in sesto rifiutando ciò che palesemente non funziona ed essendo disposti ad accettare e fare nostre idee ed atteggiamenti positivi.
Dobbiamo trovare un'individualità che possa realmente essere l'autorità che è. Dobbiamo riuscire a guardare oltre i reticolati e gli sbarramenti della polizia, in cerca di una visione della vita che sia realmente una nostra scelta, e non un'imposizione di cinici e despoti. Come un karateka non si concentra sul mattone da spezzare, ma sullo spazio attorno ad esso: da questo esempio abbiamo molto da imparare. Abbiamo sprecato troppo tempo, troppa energia, troppo del nostro spirito tentando di scacciare le ombre maligne della violenza e del terrore dell'era atomica dal nostro cielo. Queste ombre sono divenute una macchia sul nostro cuore. È ora di lavare questa macchia, è ora di uscire fuori alla luce: siamo intrappolati e terrorizzati dentro a metaforici cancelli: "Bussate e vi sarà aperto. Il regno dei cieli è dentro di voi". Sappiamo già abbastanza dei mali del mondo per aggiungere alla lista tutte le nostre ansie e frustrazioni, la nostra stanchezza fisica e mentale.
Se vogliamo ancora raggiungere i nostri obiettivi comuni dobbiamo tutti essere abbastanza forti per riuscire. Tutti abbiamo sbagliato, tutti abbiamo avuto successo. Questa non è coda tra le gambe ma un inizio fiero, anche se doloroso e confuso. Amore, pace e libertà, da quelli che erano i Crass, e che ora sono di meglio.
Nota: sebbene non abbiamo più intenzione di fare dei concerti come gruppo, noi continuiamo a lavorare in questo senso oltre che iniziare nuove attività in altri settori. Dalla fine dell'estate del 1984 ci stiamo occupando della registrazione di "Ten notes on a summer's day" (Dieci note in un giorno d'estate), che riteniamo la nostra ultima registrazione ufficiale. È possibile che nel futuro possiamo anche pubblicare altro materiale come Crass, nel caso la situazione lo richieda. Ciascuno di noi ora va per la propria strada, chi fa il produttore discografico e chi dipinge paesaggi, chi realizza filmati e chi si sta rimettendo in salute. Abbiamo intenzione di continuare a pubblicare materiale di altri gruppi sulla nostra etichetta, e siamo seriamente intenzionati ad iniziare l'attività di una casa editrice di libri. Finché c'è del lavoro da fare, faremo di tutto per portarlo avanti.
Durante lo scorso anno Mick ha continuato ad interessarsi di film e video, ed ha raccolto tutto il materiale da noi mostrato nei nostri spettacoli nel video-film "Christ - The movie".
Desideriamo anche ringraziare tutte quelle persone, gruppi ed individui, coi quali abbiamo diviso questi anni di attività, in modo speciale Annie Anxiety, i Poison Girls, i Dirt e i Flux of Pink lndians, coi quali abbiamo fatto tantissimi concerti. Grazie anche a Paul, Ian e agli altri tecnici del Tandy's Sound System. Grazie a Steve Herman per il suo aiuto. Ci spiace per quelli che stanno ancora aspettando una risposta alle loro lettere: ci rendiamo conto che non saremo mai in grado di rispondere alle migliaia di lettere che ci sono arrivate negli ultimi mesi. Se la vostra è in mezzo a queste ci dispiace davvero.