Rivista Anarchica Online
Morte da cani
di Fausta Bizzozzero
Da cinque anni
un gruppo di ragazzi gestisce in modo diverso il canile di Vigevano.
Le istituzioni, che pure dovrebbero occuparsene, se ne fregano. Ora
questi ragazzi non ce la fanno più. E il canile di
Vigevano tornerà ad essere quel lager che era.
Domenica mattina.
Proprio di fianco al cimitero dove i "buoni cristiani" sfilano in
pellegrinaggio sulle tombe dei loro morti, proprio lì a due metri
dall'entrata c'è un cancello anonimo. Dall'interno giungono latrati
e dalla piccola apertura nella parte inferiore sporgono, ammucchiati,
musi di cani di ogni tipo, che i misericordiosi passanti non degnano
di un'occhiata. È il
canile di Vigevano, un canile come tanti se non fosse per il fatto
che è gestito - o meglio autogestito - da un gruppo di ragazzi. Fino a cinque anni
fa, infatti, il canile funzionava "normalmente", cioè
sopprimendo i cani dopo tre giorni di permanenza. Poi, Lino, Daniela,
Lorenzo, Giovanna, Paolo hanno deciso di occuparsene, spinti
dall'amore per i cani e dalla speranza di riuscire a gestire il
canile in modo diverso. Non sapevano cosa li aspettava. Da quel
momento sono stati lasciati completamente soli e hanno dovuto far
fronte a difficoltà di ogni tipo: costruire cucce che non
esistevano, provvedere di tasca propria all'acquisto di cibo e
disinfettanti, trovare un veterinario che prestasse la sua opera
gratuitamente. Di fatto, da quel momento, Comune e USL se ne sono
lavati le mani anche se il canile è comunale e dovrebbe essere
gestito dalla USL. Il problema più
grosso, però, e che si è andato aggravando progressivamente, è
quello dello spazio e del numero di cani che ormai sono una
sessantina stipati in un luogo che potrebbe ospitarne trenta. "Sono anni
ormai - dice Lorenzo - che continuiamo a chiedere uno spazio più
grande senza alcun risultato. Il comune sostiene di non potersi fare
carico della costruzione di un nuovo canile perché a Vigevano
vengono portati i cani raccolti in 52 comuni e quindi anche questi
comuni dovrebbero contribuire; l'USL, che ha - o meglio dovrebbe
avere - il carico della gestione, sostiene che è un problema del
Comune, in un palleggio continuo di responsabilità. Tutt'e due, poi,
dicono che il problema ce lo siamo voluti noi, visto che prima veniva
risolto con la soppressione. Abbiamo quindi una continua situazione
di sovraffollamento che scatena - come sempre - problemi di
aggressività che diventano a volte gravissimi perché
l'accalappiacani arriva durante il giorno quando noi non ci siamo e
butta i cani nuovi in mezzo agli altri provocando aggressioni quando
non di peggio". Certo, perché
tutti lavorano per vivere e devono ritagliarsi il tempo (circa due
ore al giorno sabato e domenica compresi) da dedicare ai cani; in
questi anni ne hanno sistemati più di 500 e quelli che restano -
quelli che nessuno vuole - li conoscono uno per uno, sono ormai i
loro cani. Sembra impossibile, viste le condizioni in cui vivono, ma
questi cani non se ne vanno neppure quando il cancello è aperto! "Ce ne sono di
tutti i tipi - dice Lorenzo - e ci sono anche cani di razza
abbandonati come giocattoli vecchi dai loro padroni quando si rendono
conto che il rapporto con un altro essere vivente implica
responsabilità e impegno. E d'altra parte tutti sanno che noi non li
ammazziamo e allora ne approfittavano, scaricando su di noi il loro
problema. Ora, però, non è più così e quando vengono per
lasciarci i loro cani li rispediamo in malo modo: che ciascuno si
assuma le sue responsabilità !". La storia più
emblematica dello sfruttamento a cui spesso i cani sono soggetti è
quella di Margherita, una cagna S. Bernardo di circa 15 anni. Quando
l'hanno raccolta era ridotta a 30 chili, pelle e ossa, con mammelle
lunghissime a forza di fare cucciolate. Evidentemente quando non è
stata più in grado di produrre cuccioli i suoi padroni se ne sono
liberati. Oltre ai rapporti
estremamente frustranti e improduttivi con le istituzioni (basti
pensare che quando si sono presentati al direttore della USL la prima
domanda è stata: di che partito siete?), questi ragazzi, soli,
slegati da qualunque partito o forza politica, hanno cercato di
stabilire rapporti con la popolazione, hanno cercato di
sensibilizzare la gente in diversi modi: hanno costituito un "club
del cane", sono andati nelle scuole di Vigevano e dei paesi
vicini con un veterinario, un cantautore e fotografie del canile
suscitando molto interesse soprattutto nei bambini dei paesini. Hanno
quindi fatto un lavoro di controinformazione e di "educazione"
certamente importante e che è servito anche concretamente perché ha
portato aiuti economici. Ma poi hanno dovuto lasciar perdere perché
non riuscivano da soli a fare tutte e due le cose: la gestione
pratica del canile e il lavoro informativo di supporto. "Certo che se
in Italia ci fossero tanti gruppi come il nostro - dice Lino -
probabilmente si riuscirebbe a strappare qualche cosa alle
istituzioni, mentre così... pensa che recentemente abbiamo avuto
epidemie di cimurro e di scabbia, abbiamo chiesto alla USL di fare
una disinfezione e quelli ci hanno risposto che prima avremmo dovuto
sopprimere tutti i cani, poi loro avrebbero provveduto alla
disinfezione! Noi cerchiamo di assolvere a questo impegno, che di
fatto è diventato un secondo lavoro, al meglio delle nostre
possibilità, ma non è facile perché le condizioni oggettive sono
quelle che sono. Ad esempio noi facciamo sempre firmare una
dichiarazione di impegno a chi viene a prendersi un cane e fino ad un
po' di tempo fa andavamo a controllare di persona che il cane fosse
trattato bene: ora non riusciamo più a farlo, ogni anno arrivano
circa 300 cani, riusciamo a sistemarne due terzi ma non più a
seguirli uno per uno". Sono stanchi e
hanno tutte le ragioni per esserlo. Più che stanchi, delusi e
amareggiati. Per cinque anni hanno lavorato quotidianamente per
cercare di cambiare una struttura disumana - il canile - e di
diffondere una cultura diversa del rapporto uomo-animale senza
riuscirci. Volevano che i cani non fossero più soppressi e a volte
si trovano essi stessi nella necessità di farlo. "A che scopo
continuare, allora? - dice Lino - Ci teniamo i nostri 60 cani,
questo è certo. Stiamo cercando qualcuno che ci dia un pezzo di
terra per costruirci un canile nostro (e lo costruiremo anche senza
permessi) e là continueremo ad aver cura di loro. Ma questo canile,
il canile di Vigevano, tornerà ad essere quello che era".
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