Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 141
novembre 1986


Rivista Anarchica Online

Porto Azzurro
di Gianfranco Bertoli

Sempre più frequenti si fanno le trasmissioni televisive dall'interno delle carceri. Se ciò servisse solo a ridurre la distanza tra il "dentro" e il "fuori", si tratterebbe di un fenomeno positivo. Ma non c'è solo questo.
Questo rinnovato interesse per il mondo dietro le sbarre si inserisce in una più generale operazione di "maquillage" tendente ad accreditare la tesi di una profonda "umanizzazione" del sistema carcerario.
Venerdì 17 ottobre una troupe di Canale 5 ha varcato la soglia della fortezza spagnola dov'è insediato il carcere di Porto Azzurro, sull'isola d'Elba. Da alcuni anni vi è detenuto anche Gianfranco Bertoli. In una lettera scritta ad un nostro redattore, spiega perché non ha accettato l'invito a comparire nella trasmissione.

Sai, venerdì è stata qui una troupe di "Canale 5" con il famoso Costanzo, che ha fatto delle interviste ad alcuni carcerati e mi aveva fatto chiedere se ero disposto a farmi intervistare. Ho risposto negativamente. Un po' perché cominciano a darmi fastidio questi programmi televisivi dove qualche carcerato viene presentato a recitare la sua particina (tutti volonterosi di mostrare come sono... cambiati) ed esibito come una curiosità o un "cane ammaestrato" (...).
Eppure, vedi, nonostante tutto, sono certo che un anno fa non avrei rinunciato a buttarmi sull'occasione per poter parlare agli altri, ora no, l'idea di dover ricominciare a spiegare, chiarire, smentire... in una parola... a "difendermi" dalle solite calunnie mi disgustava. È tutto troppo stupido e contro la stupidita non c'è niente da fare. E poi, cosa dire? Cercare di esporre cosa io pensi oggi del mio gesto di allora ha avuto un senso quando l'ho fatto su "A" rivolgendomi a dei compagni. Adesso rischierei di confondermi col mucchio dei "pentiti" e "ravveduti" che piagnucolano e invocano la comprensione della... "società".
Né, d'altra parte, potrei onestamente rivendicare e ribadire la liceità etica di certi gesti quando non la ritengo più tale. Come potrei proclamare i "sacrosanti diritti" alla "rivolta assoluta" o rifarmi a certe apocalittiche emancipazioni (tipo: "il n'y a pas d'innocents") quando io stesso, vedendo, per esempio, le immagini televisive del massacro di Istanbul o di altri avvenuti nelle vie di Parigi, ho sentito un moto di orrore e mi è venuto da piangere pensando che avevo provocato anch'io una strage.
Beh, io ero convinto di avere le mie "buone ragioni", ma anche quelli che mettono una bomba su un aereo si giustificano dicendo a se stessi di avere delle... "buone ragioni". No, non hanno delle "buone ragioni" ma neppure le mie lo erano, avrei il dovere di dirlo ma a chi? Posso riconoscerlo con te, dirlo a coloro che considero compagni, ma parlarne al sig. Costanzo o al suo pubblico... cosa capirebbero?!
Qualche anno fa, dire che il "lottarmatismo" era una sciagura e un grosso errore (e dirlo da un carcere dove le B.R. facevano il bello e il cattivo tempo) poteva significare qualcosa. Ma adesso...? Troppo "di moda", non fanno che dirlo loro stessi. È un loro diritto, non glielo voglio togliere, ma credo di avere il mio a non volermi far confondere né con loro, né con i... "giapponesi" dell'irriducibilismo insensato.