Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 151
dicembre 1987 - gennaio 1988


Rivista Anarchica Online

Contro la guerra
di Pino Bertelli

Questo di Kubrick è un film minimale. Attori quasi sconosciuti, un Vietnam ricostruito in Inghilterra, qualche palma importata dalla Spagna, un paio di elicotteri, incendi, fumi e alcuni edifici in demolizione della zona Est di Londra bastano a Kubrick per mostrare l'insensatezza della guerra. Di tutte le guerre.
In "FULL METAL JACKET" gli eroi non sono stanchi ma costruiti nel campo di addestramento dei Marines a Parris Island (Carolina del Sud). Una generazione nata per uccidere incarna la filosofia del genocidio e dell'imperialismo squisitamente americani; leucemia politica e simulazione dell'ordinamento democratico statunitense, emergono in ogni libro, film o servizio televisivo che ricerchi alla radice l'origine dell'arroganza della bandiera a stelle e strisce, lasciano riflettere sullo spettro dell'oppressione americana che si aggira nel mondo e fa della democrazia il paravento di una macchina da guerra. La democrazia che non si usa, marcisce.
La prima parte di "FULL METAL JACKET" descrive le otto settimane di addestramento delle reclute al comando del sergente Hartman (Lee Ermey). C'è l'aspirante giornalista che imita John Wayne (Matthew Modine), il cowboy texano (Arliss Howard), l'imbranato grassone (Vincent D'Onofrio) ecc... insomma la crema della nuova America che gioca a fare la guerra.
A Paris Island i ragazzi dormono con il fucile (al quale danno un nome di donna), scoprono il cameratismo, pregano la Madonna e ne escono dei veri killer in uniforme, scalpitanti di fare la festa ai "rossi".
Dio, Patria, Esercito e Famiglia sono il ricettacolo della paralisi sociale; la colonizzazione della comunità e un protettorato di larve della predica politica e dell'oscenità religiosa che cercano invano di arginare l'approssimarsi della loro fine.
Alla fine del corso il disarmonico grassone Pyle, carica il suo M-14 con proiettili corazzati (Full Metal Jacket), impiomba il sergente Hartman e poi si spara in bocca. È la prima vittima della stupidità della guerra.
La seconda parte di "FULL METAL JACKET" si raccoglie sul campo di battaglia. Nella città di Hue, durante l'offensiva scatenata dai nord vietnamiti nei giorni delle festività Tet (1968).
Kubrick si limita a raccontare un episodio. Una squadra di Marines contro un cecchino (che è una donna). La ragazza fa fuori alcuni soldati, poi viene ferita e freddata sul posto dallo scettico giornalista Joker. Ora non ha più paura e insieme al resto del plotone s'incammina verso nuove avventure cantando la marcia degli "amici di Topolino".
Per molti versi "FULL METAL JACKET" si riallaccia al pacifismo radicale che Kubrick ha trattato in "ORIZZONTI DI GLORIA" (PATHS OF GLORY, 1957) e "IL DOTTOR STRANAMORE, OVVERO COME IMPARAI A NON PREOCCUPARMI E AD AMARE LA BOMBA" (Dr. STRANGELOVE: OR HOW I LEARNED TO STOP WORRYNG AND LOVE THE BOMB, 1964); il film è pervaso dalla stessa amarezza, la solita imbecille ottusità dell'apparato militare.
In "FULL METAL JACKET", l'ironia, il pessimismo di Kubrick si fanno spessi, invitano a guardare la guerra in modo sordido, dove ogni morte è la celebrazione della violenza e l'apoteosi dell'assassinio in uniforme.
Da qualche parte, Gustav Landauer ha scritto: "L'emancipazione è possibile per coloro che dentro di sé si preparano ad uscire dal capitalismo, che smettono di svolgere un ruolo e cominciano a diventare degli esseri umani" (1911). A una lettura più profonda, "FULL METAL JACKET" mostra i filamenti di una società congelata nel militarismo e nell'oppressione politica; l'oscenità della menzogna culturale pontifica regimi dell'indifferenza e sottrae all'immaginario popolare le azioni e i significati di un rovesciamento di prospettiva.
"FULL METAL JACKET" è tratto dal libro di Gustav Hasford (ex-corrispondente di guerra) "Short-Timers", che ha collaborato alla sceneggiatura insieme a Kubrick e Michael Herr. E proprio la stesura del copione sembra la parte minore di questo film, sotto molti aspetti singolare. Non tanto per citazioni e rifacimenti al cinema di guerra americano degli anni '50, piuttosto è l'esilità dei dialoghi e la mancanza di una caratterizzazione più ampia della camerata dei Marines, a soffocare le possibilità di analisi dei singoli individui, quindi al rimando della loro quotidianità da civili.
La fotografia di Douglas Milsome è di solida fattura, centrata la partitura musicale di Abigal Mead. Il lavoro degli attori è di ordinaria amministrazione, l'interpretazione del sergente Hartman e del grassone Pyle "buca" per eccesso. Alcune lentezze/ripetizioni di montaggio gravano non poco sul ritmo del film ma l'"occhio" (le inquadrature) di Kubrick disvelano il reale oltre l'architettura/artificio dello spettacolo bellico.
"FULL METAL JACKET" è comunque un atto di coraggio, la figurazione della stupidità della guerra diffusa ovunque come difesa delle tradizioni e amore per la Patria.
La sconfitta dell'intelligenza e la miseria della politica danzano insieme sulla bocca dei cannoni.