Rivista Anarchica Online
Ma la scuola non è un'isola
di Jacques Ardoino
"Perché si abbia
autogestione pedagogica, occorre che si realizzi l'autogestione
politica". Lo sostiene Jacques Ardoino, in polemica con quelle
correnti della pedagogia antiautoritaria che hanno voluto partire
dalla scuola e realizzare al suo interno quel che non esisteva
intorno.
All'epoca del primo "Forum
sull'Autogestione", era stato organizzato un seminario intorno
alle esperienze di licei autogestiti dei quali si tratta in questo
numero. In quell'occasione, tu hai nettamente affermato che alcune di
quelle esperienze che si presentano, attualmente, come
autogestionarie, nei fatti sono lontane dall'esserlo. Come poni, dal
tuo punto di vista, i problemi legati alla sperimentazione nel campo
dell'autogestione pedagogica?
Vorrei innanzitutto che si
comprendesse bene il senso di quegli interventi. Io non misconosco né
disprezzo affatto l'interesse delle esperienze in questione sulle
quali sono intervenuto; semplicemente, penso che il processo - si
potrebbe dire, nel senso buono del termine: l'utopia -
autogestionario, se non viene svilito, si sceglie essenzialmente
politico più ancora che meramente organizzativo. È
implicito che è il luogo di convergenza di tutti i compromessi
e tutti i patteggiamenti sul piano politico. Bisogna dunque chiamare
un gatto, un gatto; e non battezzare magicamente con un termine
roboante o alla moda un certo numero di esperienze, che per altro
possono essere veramente interessanti. Perché l'autogestione passi
dall'utopia alla realtà, occorre che vengano assolte un certo
numero di condizioni. Occorre in particolare che l'autogestione si
realizzi nella durata storica che è quella dell'istituzione.
Occorre che, anche quando si tratta di un'esperienza locale, abbia un
carattere sufficientemente globale nel quadro di quel locale perché
si possa effettivamente parlare di processo autogestionario. Il che
non è affatto il caso delle esperienze in questione. Si
tratta, per esempio, di un centro sperimentale autogestito (annesso
al liceo "F. Villon" che, in realtà, si riduce a un
"sottoscala" di un istituto esistente ed a un piccolo
settore, all'epoca nemmeno dotato finanziariamente). In questo caso, io dico che può
aversi, in un certo modo, intenzione autogestionaria, sebbene
gli allievi non vengono chiamati a partecipare alla gestione vera e
propria, cioè alla nomina degli insegnanti, alla loro
retribuzione ed alla gestione finanziaria dell'iniziativa... E che se
anche lo fossero, non lo potrebbero fare date le regole dell'apparato
educativo di Stato alle quali questa esperienza continua sempre ad
obbedire. Che si parli allora di una esperienza che è
o vuole essere una forma iniziale di una prospettiva autogestionaria,
nell'ambito della formazione; ma che non mi si dica che si tratti di
una esperienza scolare autogestita.
Pensi che il progetto
d'autogestione pedagogica, che in effetti è stato da una
quindicina d'anni un'ideologia, o se vuoi un referente mitico, abbia
delle possibilità di realizzarsi?
Io penso che l'autogestione pedagogica
non è che una simulazione d'una autogestione, che deve
essere necessariamente più vasta e non limitarsi unicamente a
un territorio protetto, che è semplicemente quello di una
classe o di un istituto scolastico. Come simulazione è uno
strumento di sensibilizzazione, di formazione, estremamente
interessante ma sempre simulazione è. L'autogestione in
cammino, come processo, vuole essere una realtà iscritta nella
Storia. Questo non vuol dire che la corrente autogestionaria in
pedagogia istituzionale non abbia avuto la sua utilità, non
abbia ancora la sua utilità; semplicemente, è
condannata a non fare autogestione perché si iscrive in un
certo numero di vincoli sui quali non ha presa.
L'autogestione pedagogica non ha
allora alcun senso per lei?
In effetti sì; perché si
abbia autogestione pedagogica, occorre che si realizzi l'autogestione
politica (quella dell'insieme di un paese o di una organizzazione
sufficientemente vasta). In qualche modo è un progetto
politico; e, all'interno di questo progetto politico, un atto già
compiuto con il cambiamento di norme corrispondenti. Ad ogni modo,
questa autogestione non sarà che parziale, ridotta e
progressiva, in funzione di un certo numero di dati. Allora,
l'autogestione pedagogica da sola e per se stessa? Ecco, io credo che
questo sia stato l'errore della corrente della pedagogia
autogestionaria, di aver voluto effettivamente partire dalla scuola e
realizzare nella scuola quel che non esisteva intorno. Ciò non ha alcun senso, se non
quello di sensibilizzare verso questa prospettiva, questa ideologia e
questo ideale: è un lavoro di formazione.
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