Rivista Anarchica Online
La resistenza sconosciuta
di Pino Bertelli
Il
libro recente di Pietro Bianconi, "Gli anarchici
italiani nella lotta contro il fascismo" (Edizioni Archivio
Famiglia Berneri; Pistoia 1988, pagg. 159, lire 10.000), tratta della
" resistenza sconosciuta"; quella combattuta dagli
antifascisti libertari che trova poco posto nella storiografia
ufficiale.
Le opere di Battaglia, Secchia, Longo,
Zangrandi, Bocca, Ballola, Salvadori, Valiani, Quazza ecc., infatti
tratteggiano in superficie l'apporto dato alla liberazione
dell'Italia centro/settentrionale dalle formazioni anarchiche
("Brigate Malatesta", "Pietro Bruzzi", "Amilcare
Cipriani", "Emilio Zambonini", "Squadre Franche
Libertarie", "Battaglione Lucetti", "SAP-FAI",
"Elio"...); soltanto alcuni scritti di Carlo Francovich,
Lamberto Mercuri, Libertario Guerrini, Gino Cerrito e pochi altri
documentano la presenza degli anarchici nella lotta partigiana.
Pietro Bianconi è nato a
Piombino nel 1924. È
stato gappista nella Resistenza nelle file del Partito d'Azione e poi
nella III Brigata Garibaldi sui monti dell'Alta Maremma. Dopo la
Liberazione, membro del Direttivo Nazionale della CGIL sino al 1959.
Storico eretico, ha pubblicato libri e opuscoli sul movimento
operaio a Piombino, sulla Resistenza, sui lati più in ombra
della CGIL; personaggio scomodo della sinistra
extraparlamentare, non sempre condiviso tra i suoi stessi compagni,
Bianconi con questo libro si attira nuovi fulmini, specie da parte
del Partito Comunista.
L'attacco a Palmiro Togliatti è
preciso. Duro. l documenti rivisitati da Bianconi lo bollano come
stalinista integerrimo.
Lontano dalla pubblica facciata di
"padre buono" dei comunisti italiani.
Le 195 pagine che Bianconi assembla,
sono fitte di note, citazioni, nomi conosciuti ed altri che risuonano
per la prima volta in un libro di storia. Il linguaggio è
diretto, senza esitazioni né veline per i miti della guerra
di popolo ormai consacrata nei testi scolastici. Ci sono momenti
di forte partecipazione ai fatti narrati ed altri meno compiuti,
descritti un po' troppo in fretta; l'insieme si legge come un film
sulla resistenza che abbiamo l'occasione di vedere per la prima
volta.
A pagina 19, le parole di un martire
della rivoluzione spagnola, Camillo Berneri, risuonano dentro ogni
coscienza dove soffia il vento di libertà per tutti i popoli
oppressi: "Ho conosciuto degli uomini che lottavano da un
mezzo secolo e non erano stanchi. Ho conosciuto degli
uomini che furono traditi e calunniati tutta la loro vita, e non
disprezzavano gli uomini. E ad ogni incontro con queste
anime giuste mi son detto questa intima preghiera: 'fa di essere come
loro, sempre'". La vena profonda del lavoro di Bianconi è
appunto lo spirito di libertà che ha affratellato uomini di
estrazione culturale e politica diversi ma che hanno lottato insieme
per una vita senza catene. Per una giustizia più giusta.
Il libro di Bianconi segna anche un
limite, grosso, quello di volere dire tutto e l'insieme del lavoro
risulta eccessivamente compresso. La terza parte è più
un abbozzo di storia, una cronaca spedita di fatti & misfatti
partigiani che andavano descritti più in profondità. Le
appendici poi sono davvero fuori luogo. Non era questo il libro nel
quale dovevano apparire.
Piuttosto una ricerca accademica o uno
scritto meno imbevuto della soggettività dell'autore.
Si avverte inoltre l'eccessivo
incatenamento degli avvenimenti e l'accavallamento delle citazioni
affoga sovente il punto di vista dello storico, anche se le sue
invettive e le sue grida di sdegno verso la classe dominante
dell'epoca sono fortemente sottolineate.
Al lettore attento, incline alla
conoscenza radicale della storia, manca l'indice dei nomi e una
esauriente bibliografia. Tutto questo può sembrare un po'
pignolesco ma un libro di questa portata non doveva sottrarsi alla
retorica dei riferimenti bibliografici di immediata consultazione.
In "Gli anarchici italiani nella
lotta contro il fascismo" c'è anche molto Piombino;
Adriano Vanni, Pasquale Binazzi, Egidio Fossi, Pietro Bianconi,
Marino Ripoli, Luigi Ravenni, Gemisto Vallesi, Giulio Bacconi, Aldo
Demi, Dario Franci, Ilio e Giuseppe Baroni, Settimo Guerrieri ecc.,
sono nomi di libertari piombinesi che hanno portato un notevole
apporto alla guerra di liberazione, e poi scritte murali, volantini
apparsi all'interno delle fabbriche ILVA e Magona d'Italia; sui campi
di colata dell'altoforno si parlava di "anarchia sociale".
Certo, la Resistenza non è stata solo questa. Ma il tributo di
Piombino all'abbattimento del fascismo è stato alto. Il
dattiloscritto di Luigi Tartagli (partigiano comunista, che ha
combattuto con Pietro Bianconi nella III Brigata Garibaldi), "La
lotta partigiana ai confini delle province di Livorno e Grosseto"
(in attesa di essere sistemato in volume), mostra che la storia non è
fatta solo di documenti ma anche e soprattutto della memoria dei
singoli in rapporto con l'intero scenario sociale.
Ed è qui il punto di convergenza
che ha affratellato socialisti, comunisti, cattolici, giellisti,
anarchici nella lotta contro il nazifascismo.
Il lavoro di Bianconi riempie comunque
un vuoto che la cultura ufficiale ha trascurato, quello
dell'antifascismo libertario e raccoglie anni di
fatiche, di inquietudini, di speranze per un mondo meno ingiusto che
non possono andare perdute.
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