Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 16
novembre 1972 - dicembre 1972


Rivista Anarchica Online

Perché mi rifiuto di diventare soldato

Una obiezione di coscienza anarchica

Come anarchico, non mi è difficile spiegare la mia decisione. L'antimilitarismo attivo è sempre stato uno degli aspetti della lotta degli anarchici.
Anche nella "grande" guerra patriottica del '15-18 che vide, prima o poi, tanti partiti socialisti su entrambi i fronti della guerra rinnegare il loro antimilitarismo ed il loro internazionalismo ed aderire al massacro, anche allora gli anarchici continuarono, ad ogni prezzo, ad indicare ai compagni lavoratori, che si lasciavano condurre al macello, la via del rifiuto, della ribellione. Perché quella guerra, come quelle che la precedettero e quelle che la seguirono, significava assassinii in massa, violenze insensate, pazzesche devastazioni, milioni di vite e milioni di anni-lavoro distrutti.
Eppoi, tra una guerra e l'altra, mentre i governanti parlan solo di pace e di difesa della pace (pronti a cambiar musica alla prossima occasione ed a parlar di nuovo di patria in pericolo eccetera), tra una guerra e l'altra, parlando di pace si ricostruiscono e si potenziano tutti gli apparati militari, la cui destinazione è, evidentemente, una nuova guerra. Così lo sfruttamento del lavoro, già tanto gravoso, è appesantito dal mantenimento di questi enormi, costosissimi apparati, che inghiottono quantità incredibili di ore lavorative e di materiali.
Ed oltre al costo, in fatiche umane, dell'esercito italiano, si pensi ai costi di mantenimento, ancora più pazzeschi, degli eserciti delle "grandi potenze" (U.S.A., e U.R.S.S., ecc.), degli armamenti atomici.... Costi che gravano su tutta l'umanità e di cui i governanti di quei paesi devono rendere conto a tutta l'umanità, perché oggi tutti i sistemi economici, di produzione di consumo, sono in un modo o nell'altro interdipendenti e la ricchezza dei paesi più ricchi si fonda sulla miseria di quelli più poveri (per esempio, mediante l'acquisto di certe merci, compresa la merce lavoro, a bassi prezzi, e la vendita di altre merci a prezzi alti).
Questi sprechi folli e questo incubo continuo di nuove guerre possono essere eliminati solo con il licenziamento di tutti gli effetti armati di terra, di mare e dell'aria, con la distruzione di tutte le armi, atomiche e non, di tutte le munizioni, di tutti i mezzi chimici e biologici di guerre, di tutti gli altri mezzi d'armamento e ordigni di distruzione, con la demolizione di tutte le navi da guerra e degli aeroplani militari, delle fortezze e delle basi navali ed aeree e delle postazioni missilistiche, delle officine di guerra speciali e dell'attrezzatura per la produzione militare nell'industria generale....
Questo non avverrà mai, a mio avviso, per accordo fra gli Stati, cioè fra le classi dirigenti, perché sempre gli interessi delle classi dirigenti hanno richiesto l'esistenza di eserciti per difendere le rispettive posizioni di privilegio o conquistarne delle nuove, per mantenere o estendere il proprio potere su nuovi territori e su nuove masse di lavoratori.... Ed inoltre una guerra è anche un sistema, efficace pur se criminale, per distogliere tragicamente l'attenzione degli sfruttati dai problemi sociali e dalla lotta allo sfruttamento e volgere le loro energie, i loro furori contro un nemico "straniero", e non è difficile, almeno all'inizio, spacciare l'orribile massacro per eroica e meritevole avventura, tanto più facilmente accettabile quanto più la loro vita è scialba, miserabile, senza speranze.
Non dai vari governi e dai vari padroni, quindi, ci si può aspettare qualcosa, ma solo dalla azione diretta degli operai, dei contadini, di tutti coloro che occupano i posti più bassi della piramide sociale, di tutti coloro che sopportano il maggior sacrificio di fatiche in pace e di sangue in guerra. Dopo queste considerazioni, mi sembra appaia del tutto logico e coerente il mio rifiuto di indossare l'uniforme, di prestare servizio di leva nell'esercito.

Voglio testimoniare la mia opposizione attiva ad ogni militarismo, ad ogni organizzazione di tipo militare, il fatto di vivere e di lottare in Italia mi pone, come obiettivo concreto del rifiuto, un esercito al servizio della classe dirigente borghese italiana. Questo non significa però, beninteso, che mi identifichi o che potrei identificarmi con un altro esercito al servizio di un'altra classe dirigente (sedicente socialista od altro) che si oppongono o potrebbero opporsi all'esercito italiano e ai padroni italiani e ai loro alleati.
In una eventuale guerra mi rifiuterei di combattere sia per l'una che per l'altro dei contendenti (che presumibilmente sarebbero un blocco di potenze "occidentali" ed un blocco di potenze "orientali").
So benissimo, come in fondo sanno o sentono tutti, che non combatterei per una "patria" o per dei "valori", ma per degli interessi contrapposti (una classe dirigente contro un'altra, un sistema di oppressione e di sfruttamento del lavoro umano contro un altro sistema di sfruttamento e di oppressione) per nessuno dei quali mi sento di simpatizzare e tanto meno di uccidere e di farmi uccidere.
Mi rifiuto di commettere e di prepararmi a commettere indegne ed insensate violenze su ordinazione.
Voglio testimoniare pubblicamente che non mi inganna e che vorrei non ingannasse più nessuno questa colossale e dispendiosissima e atroce mistificazione della "pace armata".

L'esercito poi, oltre ad essere uno strumento di guerra, è anche un apparato educativo (o meglio, diseducativo) con la funzione di integrare psicologicamente i cittadini di un ordine sociale autoritario, gerarchico, violento, oppressivo, di addestrarli al comando ed alla solida ubbidienza, al privilegio ed alla rassegnazione, mediante l'abitudine ad un rigido sistema disciplinare con sistematiche umiliazioni subite o inflitte, repressione sessuale, ferreo formalismo, ecc. È una specie di severo collegio, obbligatorio per tutti, che, anche se in parte sorpassato dai nuovi sistemi di intruppamento psicologico, dalle nuove forme più sottili ed all'apparenza più democratiche di controllo delle "masse", ancora svolge tuttavia un indubbio e notevole ruolo nel condizionamento degli individui a schemi di vita sado-masochistici.
Ci sarà sicuramente chi pontificherà che la rivolta individuale, il rifiuto dell'individuo è sterile. Io non lo credo. Credo invece che proprio nel risveglio della coscienza critica dell'individuo, nella scoperta che è in suo potere di accettare o no certe cose, nella decisione dell'individuo, di tutti gli individui di non riconoscere a nessuno il diritto di disporre della loro vita e della loro morte, in questo sta l'unica possibilità di uscire dal vicolo cieco di violenza e di ingiustizia in cui si sono cacciati gli uomini, lasciandosi legare mani e piedi a mastodontici meccanismi di potere che sfuggono al loro controllo.

I. D. S.

(Il testo su riportato è quello delle dichiarazioni al tribunale - pubblicizzate con una conferenza stampa ed un volantino preventivo - di un obiettore di coscienza anarchico del 1965. Da esse risulta chiaro che si trattava di una obiezione politica rivoluzionaria, intesa come azione esemplare antimilitarista).