Rivista Anarchica Online
Rogo e così sia
di Carlo Oliva
Il caso Rushdie ha dato modo ad
autorevoli ed alti esponenti delle tre religioni monoteiste di fare
fronte comune contro il diritto alla libertà di pensiero,
riconfermando quella che è sempre stata una loro vocazione
storica.
Non vorrei essere considerato un po'
frivolo e poco interessato ai grandi valori della libertà e
del laicismo, ma per me tutta la strana vicenda che si è
sviluppata intorno ai Versi satanici di Salman Rushdie ha
fatto l'impressione di quello che certi miei giovani amici, nelle
aule scolastiche, chiamano talvolta, con bella icasticità, un
casino pazzesco. O, se preferite un tono più austero, di un
gioco in cui i pezzi siano tutti abbastanza ben definiti dal punto di
vista del significato e da quello dell'importanza, ma in cui i
giocatori abbiano irrimediabilmente confuso regole e ruoli.
In fondo, con l'unica eccezione
dell'ottimo Khomeiny, che s'è mantenuto fedele al suo
personaggio e ha dichiarato e fatto esattamente quello che tutti
s'aspettavano che facesse e dichiarasse (anche se un islamista
francese ritiene che abbia visto troppi film western, ricavandone il
concetto di taglia), tutti hanno sballato clamorosamente la parte.
Sulla stampa occidentale sono apparse lodi della tolleranza e della
libertà d'espressione che avrebbero fatto onore a Voltaire, ma
che stonano assai con l'atteggiamento mediamente forcaiolo che quella
stampa in genere esprime. Ad ergersi più che ogni altro contro
l'ayatollah in questione è stata quel campione di tolleranza
che è la signora Thatcher. In Italia, poi, commentatori usi a
difendere concetti squisitamente mediovali, come quello di abiura
(noto, oggi, con il nome di "dissociazione") hanno
scoperto, senza nemmeno manifestare un po' di stupore, che c'è
stata la Rivoluzione Francese.
Gli autori delle varie perorazioni
antikhomeyniste hanno evidentemente pensato che, se il nemico è
un ayatollah, è ammesso e lodevole quel richiamo ai valori
fondamentali della democrazia che, quando il nemico è più
vicino e meno esotico, ammesso proprio non lo è. Eppure, la
tolleranza e la libertà d'espressione sono valori importanti,
che appunto per questo vanno trattati con cautela. Non possono essere
assunti e smessi a piacere. Chi li invoca in un caso, poi dovrebbe
continuare a invocarli, anche quando fanno meno comodo. Ci vuole un
po' di coerenza.
Untuose deplorazioni
Naturalmente il fine giustifica i mezzi
e chiunque è libero di scegliere i mezzi adeguati al suo fine,
a prezzo di rischiare l'incoerenza. Liberi gli altri di criticarlo.
Ma poche cose sono irritanti quanto leggere certe untuose
deplorazioni in cui il vecchio imperialismo culturale eurocentrico
(noi sì che siamo bravi, democratici, laici e tolleranti...)
si traveste da rispetto per i diritti umani. Il regime iraniano è
senz'altro dispotico e piuttosto sanguinario, ma tutti sappiamo che
di despoti sanguinari è pieno il terzo mondo (per non dire
degli altri due) e che gli unici che scandalizzano l'opinione
pubblica occidentale sono quelli la cui politica non coincide con gli
interessi degli Stati Uniti.
Altrettanto incoerente, ma per altri
versi più confortante è, stato l'atteggiamento delle
autorità ecclesiastiche. Confesso di essermelo goduto con
genuina soddisfazione. Perché confortanti? Beh, non posso
negare di avere provato un senso di autentico entusiasmo leggendo,
giorni fa, la notizia che anche il Gran Rabbino ashkenazita dello
Stato d'Israele si era dichiarato contrario alla distribuzione dei
Versi satanici nel suo paese, motivando il suo parere con la
necessità di "comprendere" le reazioni di milioni di
musulmani, perché da quel libro "ogni persona religiosa
si sente offesa". E analogo entusiasmo avevo provato leggendo le
analoghe dichiarazioni del cardinale arcivescovo di Lione, di quello
di New York, dell'Osservatore romano e di illustri esponenti
di varie chiese evangeliche, riformate e ortodosse. Con commuovente
unanimità, i vertici di quelle che amano definirsi le tre
grandi religioni monoteiste, hanno chiesto ai rispettivi bracci
secolari di impedire in qualche modo la diffusione di un'opera
disdicevole.
Credo che chi ha a cuore la libertà
di pensiero debba sentirsi veramente soddisfatto. Capita di rado che,
di colpo, cada tutto un castello di sgradevoli menzogne e
falsificazioni, che le autorità religiose (tutte le autorità
religiose) smettano di pretendere di essere quello che non sono, e
che in nome di quei diritti umani di cui da qualche tempo sono così
sollecite chiedano che sia prontamente ristabilita la censura
preventiva. Chi non riusciva a convincersi del fatto che l'unica
alternativa all'oppressione secolare fosse rappresentata dalle varie
Solidarnosc, può recuperare con gratitudine il senso delle
proporzioni.
Il pelo non il vizio
E poi, pensate. Nel dichiarare che la
(pretesa) offesa fatta al Profeta dell'Islam e a coloro che credono
in lui è un'offesa portata al senso religioso di tutti,
arcivescovi, rabbini, archimandriti e patriarchi, fanno proprio, al
negativo, un tipico argomento laico. Siamo stati noi laici, per
secoli, a dire che le religioni positive non sono altro che
l'incarnazione storica di una stessa esperienza umana, che sono - in
un certo senso - intercambiabili come i tre anelli che nella novella
del savio Melchisedech il buon padre donava ai tre figli ugualmente
amati, a ciascuno assicurando che il suo era l'unico giusto. Ma loro,
loro nel senso dei capi e degli esponenti delle religioni positive,
questo lo hanno sempre negato. Hanno sempre condannato, con i loro
Indici e i loro Sillabi, le affermazioni di questo genere, hanno
bruciato sul rogo i libri che le contenevano e sugli stessi roghi, se
appena hanno potuto, ci hanno messo con entusiasmo anche gli autori
relativi. E tra di loro si sono sempre combattuti, organizzando l'un
contro l'altro crociate e guerre sante ed emanando editti di
terrificante chiarezza.
Gli arcivescovi di Lione e di New York
possono dire quello che vogliono in tema di solidarietà
ecumenica con l'Islam, ma ciò non toglie che numerosi loro
predecessori usavano emanare bolle che assicuravano l'ingresso libero
in Paradiso a chi uccidesse un certo numero di musulmani, e che nelle
loro chiese si raccolgano tuttora fondi a favore di organizzazioni
ecclesiali che i mussulmani ritengono di dover convertire.
Quando gli altri si appropriano dei
tuoi argomenti fa sempre piacere. Vuol dire che, nonostante tutto, si
sentono sulla difensiva. Gli antichi rivali si uniscono contro un
nemico comune e non si vergognano di farne propri gli argomenti. Ma
naturalmente non li sanno usare: prendono un discorso di libertà
e di tolleranza, come quello della compatibilità reciproca
delle religioni, e lo usano per richiedere una forma di oppressione.
È la loro vocazione
storica.
Datemi retta: è meglio stare in
guardia. Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
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