Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 163
aprile 1989


Rivista Anarchica Online

Donne sotto tutela
di Maria Teresa Romiti

Dopo l'approvazione della legge sull'aborto, vecchi e nuovi reazionari sono riusciti a rimettere in discussione conquiste che sembravano ormai acquisite, grazie alla fine delle tensioni ideali che le resero possibili.

Una sera come tante. Un po' pigra, davanti al televisore, lascio scorrere le immagini, poi, di colpo, lancio una colorita imprecazione. Non che sia una mia abitudine o che sia improvvisamente impazzita, sono solo particolarmente indignata. Ho seguito dibattiti, commenti e articoli sul caso Mangiagalli e non ne posso più.
Sono stufa, arcistufa di ascoltare o leggere eleganti signori che disquisiscono con toni cattedratici su ragioni di vita e di morte, che pontificano sulle decisioni da prendere trattando con il dovuto distacco intellettuale il problema: la legge 194 va cambiata o no? Un problema che non li riguarda, che non li tocca, da cui sono distanti anni luce.
Aveva cominciato Amato, rivendicando il diritto dell'uomo, del padre, di dire la sua sulla decisione di abortire. È poi partito il Movimento Popolare che ha tastato il terreno per vedere se, cambiata l'atmosfera, era possibile cambiare anche la legge, con una campagna allucinante. Hanno continuato Martelli e Formigoni, in coppia, in una sola serata hanno detto tutto il dicibile compresa la proposta di una commissione, ovviamente di esperti e quindi uomini, per decidere caso per caso se la donna ha diritto di abortire. E ha trovato solo un leggero ed elegante dissenso l'affermazione di Formigoni che lui, personalmente, è contrario all'aborto anche in caso di pericolo di vita della madre. Ed erano tanto lontani dal problema reale i due signori che nessuno dei due si è accorto della contraddizione implicita nell'affermazione. Perché se, comunque, la vita della madre non importa, significa che uccidere una donna incinta, purché si salvi il bambino, non è un omicidio. Ed allora il senso della vita passa attraverso il sesso.
Ultimo è stato Giovanni Ferrara che non ha trovato di meglio da dire, per difendere l'indifendibile, che far notare la polemica troppo accesa da parte abortista, secondo lui, sintomo di mancanza di argomenti di discussione e di ragione. Perché le vere vittime di tutta questa storia sono, bontà sua, le donne lasciate, da questa legge, sole di fronte all'aborto senza l'indispensabile appoggio maschile.

Il silenzio femminile
In tutto questo polverone una voce sola è mancata, quelle delle donne, Dove sono le donne? Perché non hanno parlato? Perché non sono intervenute in un dibattito che le riguarda tanto da vicino, che è loro? Poche le voci femminili che si sono alzate nel polverone. Poche ed isolate. E se storicamente le donne che discutono e parlano pubblicamente sono poche, poche sono state anche le prese di posizione collettive. Che è successo? È cambiato il clima sociale e politico, non siamo più negli anni settanta, tutto finito. Ma questa è una risposta buona per tutte le salse. Una risposta che diamo quando non sappiamo cosa dire, una risposta che dice tutto per non dire nulla.
Il silenzio femminile su un problema così scottante, è un disagio reale, è il sintomo di qualcosa che non esce allo scoperto ma che pure esiste e sta lavorando silenzioso. Ed è questo silenzio che ha permesso agli uomini di parlare.
Il problema sta nella legge, nella 194. Non certo perché tutte le leggi siano sbagliate e da buttare, c'è differenza tra legge e legge o, comunque, anarchici o no, tutti noi dobbiamo farci i conti. Né, d'altra parte, la 194 è fatta così male. Anche se è frutto di un compromesso e ha delle evidenti contraddizioni, la legge sull'aborto non è peggio di tante altre, il problema è di fondo. Con la legge 194 l'aborto è stato riportato nell'alveo istituzionale, sotto il controllo statale e pubblico. Con la legge si cercava di impedire gli aborti clandestini, spesso pagati oro, e spesso pericolosi per le donne. Ma con la legge si chiudevano definitivamente tutte le esperienze nate proprio per gestire il problema aborto. Consultori autogestiti, gruppi di donne che erano partite da un problema che vivevano sulla loro pelle tutti i giorni e che avevano deciso di gestire.
E i consultori, i gruppi autogestiti, non facevano solo aborti, lavoravano anche e soprattutto come momenti di aggregazione culturale. Le donne discutevano, prendevano coscienza, affrontavano, spesso per la prima volta, i loro problemi in prima persona, imparavano a non delegare. Con l'approvazione della legge le energie profuse sono state stornate, tutto è rientrato nell'ambito istituzionale. Ambito tranquillo, sicuro, che richiede meno energie e fatiche, ma ambito in cui si delega. La delega totale è diventata piano piano la normalità. Delega già tante volte sperimentata specie con i medici. Le donne sono tornate ad essere dei numeri in ospedali, spesso poco efficienti e troppo occupati, sono tornate nelle mani dei medici e paramedici che gestiscono sempre totalmente il paziente, chiunque sia, ma, in questo caso, si sono sentiti autorizzati, per proprie ragioni etiche, ad arrogarsi il diritto di giudicare la scelta personale della donna. E così della legge piano piano si sono dimenticati tutti e tutti hanno lasciato che le cose andassero avanti per forza d'inerzia, zoppicanti, stancamente. Una questione privata della donna con il proprio medico.

Stanchezza delusione, paura
In tutti questi anni ogni donna che ha abortito è rimasta sola, completamente sola di fronte alla propria decisione, di fronte al muro della burocrazia, di fronte all'istituzione ospedale che è sempre, per tutti, tra le più alienanti.
Poi, quasi all'improvviso, tutti hanno riscoperto il problema aborto; e, guarda caso, specialmente gli uomini. I medici insoddisfatti per la propria carriera, i politici che, forse, sentono un'aria diversa, i giornalisti, tutti meno le dirette interessate. E c'è da stupirsi?
C'è da stupirsi se la reazione è stata di stanchezza, delusione, paura? Se il silenzio è stata la risposta?
Quel tessuto vivo in quegli anni, è morto da un pezzo. Oggi sono rimaste le donne in carriera , sono rimaste le donne che teorizzano l'affidamento (Libreria delle donne, Milano), ricercando un potere che evidentemente le affascina. Le altre, le molte donne che proprio sull'aborto si erano coagulate sono sparite, forse ritornate a quei valori che la nostra società indica come femminili. E le più giovani, le ragazze, forse, non sanno neppure che è esistito un tale tempo.
È tornato tutto nel mondo delle fate.