Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 20 nr. 174
giugno 1990


Rivista Anarchica Online

Tienanmen un anno dopo
di Zheng Chenggong

I giovani sono da temersi, chissà che nel futuro non siano migliori di noi oggi? (Confucio)

Una poesia, tra le mille scritte durante la Primavera Cinese, esprimeva, più di molte delle voci da allora levatesi, e delle pochissime di oggi, la natura di quanto stava accadendo. Una strofa, in particolare diceva:"mamma, ho fame, ma non mangio". Voleva dire: rifiuto di cedere al bisogno che affolla di genti le sudice bettole e i grandi ristoranti della mia città e mi lascio morire per spiegare che esiste la JINGSHEN WENHUA, "cultura dello spirito", al di sopra di questo quotidiano affannarsi per un guadagno materiale – che è tutto quello che volete dall'occidente! - per una felicità che è solo il nome di una moto. E per nutrire la nostra cultura dello spirito, vogliamo libertà e democrazia, quella vera, DE XIANSHENG, mister democracy, quella di cui si parlava prima che il comunismo utilizzasse un termine diverso per denominarla e sostituisse l'ideogramma DE, che indica pure la nostra virtù tradizionale.
Ma con ciò mostriamo solo uno dei tasselli che hanno composto il complesso mosaico della Primavera Cinese, e di questo una sola faccia. L'altra faccia è – paradossalmente – la stessa propaganda comunista che in 40 anni di potere ha creato il senso dell'unità nazionale, i valori di patria e popolo e soprattutto la forme di coesione sociale che hanno consentito l'organizzarsi della sentimentalità collettiva attorno a comuni obiettivi e in forme di lotta così incisive sul piano sociale e politico da spingere ad una risposta violenta delle dimensioni che sappiamo. Così, possiamo dire che gli studenti di Beida e i loro coetanei di tutta la Cina, cresciuti nel mito vuoto della partecipazione sociale e dell'impegno politico, abbiano trovato negli involucri della retorica di potere le forme attraverso le quali veicolare contenuti non più imposti dall'ideologia dominante, espressione di una cultura dogmatica e inaridita, ma scaturiti dal passato pre-comunista del 4 maggio, forse l'ultimo movimento di grandi e autentiche promesse pluralistiche. Nel regime comunista, che pure continua ad appropriarsi dei valori che animarono questo movimento, gli studenti hanno individuato invece una odiosa replica della vecchia società feudale contro la quale si erano mobilitate le forze del 4 maggio e il lontanissimo comunismo delle origini.
Oggi, a distanza di un anno, mi sembra di poter dire che il movimento degli studenti, strumentalizzato e travolto da giochi di potere, fosse una protesta all'interno di una protesta, e forse il cuore più profondo e vivo di un disagio socio-economico la cui scorza più dura e amara era costituita da quelle forze economiche che premevano per una svolta in senso capitalista della politica governativa. Questo cuore batteva per farsi sentire, o spezzare l'involucro, affermando un'idea di libertà "politica" nel senso più autentico del termine, soffocata dal relativo liberismo economico della politica denghista.
Nel turbine di forze ed istanze scatenatosi in quei giorni nelle piazze delle città e dei palazzi del potere, l'esperienza pacifista di quelle migliaia di giovani che commuovevano la nazione ha costituito un momento a parte, se considerato nel suo valore e nel suo significato, rispetto alle realtà che concorrevano a sostenerlo o ad utilizzarlo.
Forse, ancor prima dei carri armati di Yang Shangkun, il movimento è stato schiacciato proprio da quella "scorza" di realtà sociali ed economiche che si muovevano per ragioni differenti da quella drammatica e sacrificale richiesta di libertà, che solidarizzavano con qualcosa che non erano in grado di capire nella sua essenza, che dunque travisavano, o peggio, strumentalizzavano.
Il tessuto socio-politico dell'immenso paese ha dimostrato una capacità di ricomposizione interna che pochi avrebbero prevista all'indomani del lacerante esito della protesta popolare, e questa è senz'altro una riflessione dovuta, a un anno di distanza.
La società cinese ha riassorbito le molteplici tensioni al suo interno e potremmo chiederci a lungo come questo sia potuto accadere; certo, il movimento della primavera scorsa è stato davvero un attimo, difficile dire che traccia possa lasciare in coscienze storiche millenarie.
Ma chiudendosi in sé, nella pesante potenza delle sue forme sociali, il grande paese continua forse a nutrire al suo interno i temi ideologici e i valori collettivi che per la prima volta hanno negato i fondamenti stessi dell'ideologia e dei miti del potere, delineando le forme della caduta della "dinastia comunista". E' nata l'alterità dal grembo del paese di mezzo.