Rivista Anarchica Online
E se un bambino un giorno...
di Filippo Trasatti
E' uscito nella nuova collana di Eleuthera, dedicata alle
conversazioni, il libro Conversazioni con Marcello Bernardi di
Roberto Denti (Milano 1991 , pagg, 150, lire 15.000). Entrambi gli
autori sono già ben noti; Bernardi è pediatra e autore
di diversi libri che non solo in Italia hanno avuto successo, ma che
lo hanno imposto come voce autorevole in contrapposizione alla
pediatria e alla pedagogia ufficiali; Denti, autore di diversi
libri scritti per i ragazzi, ha fondato la Libreria dei Ragazzi che
a Milano è un punto di riferimento per quanti si occupano di
scuola, di educazione oppure semplicemente è il luogo più
fornito dove portare i bambini a scegliersi libri e giochi. E' un
libro a tutti gli effetti a due voci, diverse, inconfondibili per
chi le ha già sentite altre volte. Vi si ritrova il piglio
duro di Bernardi, la sua spigolosità che riesce ancora, cosa
difficile di questi tempi, ad irritare facendo riflettere; ed emerge
la profonda vocazione magistrale di Denti, la capacità di
spiegare e la sua passione per la storia...
In sé questa differenza è un vantaggio, perché
permette di leggere il libro in contrappunto. Non può essere
considerata un'intervista, quanto piuttosto un con-venire di due
persone su alcuni punti comuni, seguendo strade affatto diverse. La
forma-conversazione adottata nel libro è dunque già di
per sé uno stimolo ad una lettura insolita, molto ma molto
distante però dalle interviste a cui ci ha da tempo abituato
la stampa. La pluralità delle voci, quando è vera,
induce maggiormente il lettore alla riflessione critica, rende più
difficile l'appiattimento sulle posizioni di un autore abile che
ci involge nelle sue spire. Gli autori si muovono su terreni
diversi: la scuola, la religione, la fiaba, la sessualità,
ma credo il vero tema del libro sia il rapporto tra mondo infantile
e mondo adulto, tra un mondo dominato dalle emozioni e un altro dal
profitto. Bernardi insiste più volte su questo punto: i
bambini sono diversi dagli adulti, bisogna rispettare quello che
sono, non trasformarli in piccoli adulti. Il mondo del bambino è
dominato dalle emozioni, dai sentimenti più profondi,
negativi e positivi, dal rapporto con gli altri, dal piacere e dal
dolore. Quello degli adulti almeno nella società che noi
conosciamo, è un mondo di merci, di scambi prima di tutto
economici, di profitto e di sopraffazione. E non c'è
dubbio che gli adulti abbiano la meglio, non c'è alcun posto
per l'ottimismo in questo caso, sono perfettamente d'accordo, ma
detto questo si corre il serio rischio di assolutizzare questa
contrapposizione, di creare entità separate, un po' seguendo
quella logica storica profonda che ha fatto appunto dei bambini
degli esseri diversi, una categoria a parte. C'è una logica
che porta a classificare, ad identificare per poi rinchiudere e le
analisi di Foucault hanno mostrato come in occidente la creazione
di un campo d'identità separata sia inestricabilmente legata
alla pratica di reclusione. E' appunto ciò che è
accaduto ai bambini, sempre più studiati, sempre più
riconosciuti nella loro peculiarità, ma sempre più
smaterializzati privati di una reale presenza nel mondo. Costretti
a vivere in una sorta di castello incantato che consente poche
occasionali sortite, tanto da far dire ad alcuni che in realtà
nel nostro sistema sociale i bambini sono sequestrati. I bambini
molto raramente hanno diritto alla parola, solo da pochi vengono
considerati soggetti diversi a pieno titolo. Ed essere diversi
senza potere nella nostra società non è una gran bella
condizione. Alla domanda che cosa differenzia un adulto da un
bambino possiamo rispondere in tanti modi diversi, ognuno nei quali
sintetizza probabilmente anche ciò che veramente conta per
noi nella vita. I nostri autori rispondono che è prima di
tutto la capacita di amare, di provare emozioni e sentimenti
profondi, di comunicare con gli altri ad un livello che per la
maggior parte di noi adulti è perduto, forse, aggiungo io,
non irreparabilmente. Ma l'immagine che del bambino è
prevalente nell'immaginario di massa è quella di un essere
ancora irresponsabile, irragionevole, perduto nel mondo dei
sogni, informe e, se crediamo alla pubblicità, sempre felice
e goloso. Recentemente abbiamo dovuto leggere, oltre a tutti gli
altri orrori di stampa, gli accorati appelli a non spaventare troppo
i bambini con la guerra, perché non la capiscono, sono troppo
piccoli. Molti alunni della mia classe (di 12-13 anni) hanno avuto
una reazione analoga a quella di molti adulti: è una realtà
dolorosa, dunque meglio non parlarne. Ma quando se ne parlava,
vi garantisco che il livello della conversazione era assai più
alto di quello medio dei giornali, perché appunto, per
ritornare al nostro discorso, non stanno vendendo parole un tanto
a riga, ma stanno parlando di qualcosa che li tocca profondamente,
li ferisce, suscita in loro emozioni profonde. La paura, prima di
tutto. Ed è un altro tema che domina l'intero libro. Oltre
alle paure originarie, quelle della morte, dell'abbandono, i bambini
crescono in un mondo che non sempre è proprio accogliente,
devono imparare molte cose in fretta, non possono scegliersi i
genitori, pagano di persona gli errori che per crescere sono
costretti a commettere e soprattutto sono completamente in balia dei
genitori onnipotenti. Le sfide che lanciano, anche quelle più
piccole, sono atti di coraggio per noi difficilmente immaginabili. A
questo percorso di crescita dobbiamo rivolgere la nostra attenzione,
cercando di forzare il meno possibile, tentando per quanto ci
è possibile di garantire il diritto a crescere diversi da
noi. "Fa che egli sia diverso da noi" è l'incipit
della Preghiera per un bambino, scritta da Bernardi nel 1979;
e sembra fargli eco il verso di Kahlil Gibran tratto da Il
profeta, citato da Denti "puoi cercare di somigliare loro ma
non volere che somiglino a te". E' da sempre la scommessa di
un'educazione libertaria che tenti non di indottrinare alla libertà,
ma di far crescere appunto nella libertà di diventare
diversi. Ed è questo che probabilmente ci fa più
paura. Guardiamoci intorno: si parla tanto di diversità,
di differenze, ma la realtà che ci circonda è ben
diversa; e crescere diversi vuol dire andare incontro a difficoltà
enormi nella vita da adulti. Ci vuole una gran bella forza d'animo,
perché le forze in campo sono spaventosamente superiori. Se
l'avevamo dimenticato la guerra recente ce l'ha ricordato. C'è
bisogno, credo, di cominciare a riflettere più seriamente, di
ridare il giusto peso alle cose, di occuparsi finalmente di cose
importanti, il che vuol dire rimettersi in gioco. Il libro ci
propone anche questo: andiamo alle cose essenziali, tralasciando i
dibattiti sul post-moderno, sui nuovi stilisti giapponesi, sulle
mete di vacanze di famosi scrittori. Solo da un'immagine diversa di
cultura può anche venire l'invenzione di un mondo diverso. E
un'immagine diversa della cultura ce la propongono Denti e Bernardi,
con le loro citazioni da Dante, dalla Bibbia, da Tommaso, citazioni
che non sono da dotti accademici, ma che ci riportano in qualche
modo direi quasi in un'atmosfera classica dov'è necessario
ogni tanto soffermarsi per darsi il tempo di riflettere sulle
cose veramente importanti. I bambini, ma non solo i bambini.
Proporrei di prendere questi ultimi come consulenti per il ritorno
alle cose serie, perché chi li frequenta anche solo un
pochino sa quanto siano in grado di occuparsi seriamente delle
cose, di vederle da un punto di vista un po' diverso. Nello
stracitato film di Peter Weir, L'attimo fuggente c'è
quella scena in cui l'insegnante sale sulla cattedra per vedere (e
insegnare a vedere) le cose da un altro punto di vista. Ebbene
dovremmo anche reimparare a vedere le cose dal basso, come le vedono
appunto i bambini.
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