Quale università di Commissione Ecologia Interfacoltà - Roma
I padroni del vapore - Confindustria in testa - vogliono aumentare la "produttività"
dell'Università. C'è chi, al
contrario, lotta per la costruzione di un modello alternativo, egualitario, ecocompatibile
Università e modello di sviluppo
Nelle dichiarazioni degli stessi suoi portavoce, la Confindustria non punta a ridurre il numero degli studenti
universitari, ma ad aumentarne la funzionalità al sistema produttivo: l'Università deve produrre
una forza-lavoro
non troppo specializzata per rispondere con facilità al mutare rapido del mercato e delle tecnologie,
dotata di
una formazione di base sufficiente ad un ruolo attivo e creativo nell'impresa. Non è esatto che la ricerca
di base
e gli studi umanistici vengano svantaggiati nel nuovo quadro delineato dalla legge Ruberti: ogni banca del
sapere svolge un proprio ruolo, seppure indiretto, nel governo capitalistico della realtà. Spetta
soprattutto ai
finanziamenti dello Stato sopperire alla ristrettezza di vedute dell'impresa privata, nel quadro però del
medesimo
modello di sviluppo fondato sulla crescita, sul profitto, sul dominio sopra le persone e i territori. Al modello
economico e sociale dominante non servono solo conoscenze immediatamente traducibili in profitto, ma anche
la trasmissione (nelle modalità verticali ed individualistiche dello schema docente-studente) dei modelli
gerarchici di conoscenza fondati sulla separazione fra umano e naturale, fra corpo e mente, fra inconscio e
razionalità, fra sapere scientifico e umanistico, fra lavoro intellettuale e manuale, che hanno
accompagnato e
giustificato il dominio planetario dell'Occidente dall'invasione dell'America ad oggi.
L'ideologia implicita in questo apparato culturale si può così riassumere: l'Uomo
(identificato con il genere
maschile, di razza bianca, di collocazione sociale-culturale borghese e urbana) è destinato ad estendere
il suo
dominio sul Mondo (senza confini né nell'infinitamente grande - astrofisica, esplorazioni spaziali -
né
nell'infinitamente piccolo - ingegneria nucleare, bioingegneria) e ad accrescere la sua capacità di
sfruttamento
delle risorse del pianeta. Il modello di conoscenza cartesiano, giunto a noi attraverso l'illuminismo e il
positivismo, nei suoi fondamenti ancora ispira la relazione fra l'Uomo e la realtà: questa può
essere sezionata
in parti distinte e indipendenti, il cui ordinamento secondo schemi gerarchici è necessario al dominio
antropico.
Il potere dei proprietari dei mezzi di produzione sui salariati e sulle risorse, l'esistenza di categorie sociali
detentrici del potere politico o scientifico-culturale, le relazioni gerarchiche fra popoli, fra sessi, la
subordinazione delle esigenze del corpo (= salute) a quelle del modo di vita metropolitano, così come
le
contraddizioni più tremende del modello occidentale, dalla guerra alla fame, dall'effetto serra alla morte
di fiumi
e mari, dal carcere ai manicomi, dalla vivisezione all'annullamento di minoranze etniche sono giustificate dalle
"finalità generali" della macchina del dominio.
D'altra parte la fase del capitalismo compatibile, in cui attraverso l'innovazione tecnologica,
l'accentramento
dei poteri statali ed economici anche a livello sovranazionale, l'integrazione di sempre nuove fasce sociali ed
aree geografiche nel suo sistema di vita e di valori, l'assistenzialismo, la bioetica, ecc..., vengono attenuati gli
effetti più evidenti delle contraddizioni, permanendo naturalmente queste ultime.
Dall'architettura all'economia, dalla storia alla filosofia, dall'ingegneria alla sociologia, dalla psicologia alle
lettere, dal diritto alle scienze politiche, dalla fisica alla pedagogia, dalla medicina alla chimica, dalla geografia
alle scienze naturali e biologiche, dalle scienze linguistiche alle discipline dello spettacolo, ogni materia
universitaria partecipa, nei suoi indirizzi fondamentali, dell'impianto ideologico
capital-industrialista-eurocentrico.
La committenza alternativa
Il dibattito sulla costruzione di un progetto antagonista al presente modello di università
dovrà svilupparsi
rispetto a diverse questioni: il rapporto con il territorio e la committenza alternativa; un cambiamento di
indirizzo culturale-scientifico; il percorso concreto da intraprendere.
Contro il sapere accademico che ha prodotto l'energia nucleare, le armi chimiche, l'edilizia metropolitana, le
biotecnologie, che ha storicamente fornito il suo sostegno culturale e scientifico allo Stato, alle classi dominanti,
all'imperialismo, occorre dare impulso ad elementi di università alternativa che crescano insieme ad un
progetto
di società ecologica, egualitaria, libertaria. Proprio i movimenti studenteschi che ci hanno preceduto
(soprattutto
quello del '77) hanno sedimentato, oltre il riflusso della protesta verbale e l'integrazione dei più negli
ingranaggi
del sistema, alcuni elementi concreti di questo progetto: quelle micro-strutture che lavorano nel commercio
naturale ed equo-solidale, nelle tecnologie appropriate (bioedilizia, energie dolci...), nell'agricoltura biologica,
nella solidarietà sociale, nell'educazione e nella cultura. Si tratta di una realtà con i suoi limiti
e contraddizioni,
di dimensioni ridotte (per ragioni ideologico-culturali) rispetto ad altri Paesi come la Germania, ma che pure
esprime forme sociali fondate su relazioni molto diverse da quelle capitalistiche. Contro
un'università
funzionale all'industria e allo Stato, si possono sviluppare una didattica e una ricerca alternativa funzionali
agli interessi dei lavoratori, delle donne, delle strutture alternative, delle comunità rurali o di immigrati,
dei
centri sociali e dell'auto-produzione, che diano sostegno alla costruzione di un percorso sociale diverso sia da
quello statalista che da quello capitalista.
Questa "committenza alternativa" è portatrice di una domanda di conoscenza (sui
problemi del modello
autogestionario, sulla scienza del territorio, sulla qualità della vita, su migliori qualità
relazionali fra gli
individui, sull'urbanistica, sulle scienze umane...) e al contempo di un'offerta: medicine alternative,
bioedilizia,
antipsichiatria, storia e cultura popolare, geografia sociale, pedagogia libertaria, agricoltura biologica,
permacoltura, elementi indicativi di un progetto culturale ancora da sviluppare, trovano attualmente poco o
nessuno spazio nella didattica ufficiale.
Rapporto alternativo con il territorio deve anche significare mettere in discussione l'attuale fruizione elitaria
dello studio universitario, rispondente ad una selezione sociale e culturale più ancora che banalmente
economica, e puntare ad un'università aperta all'intera popolazione.
Alcune linee di indirizzo culturale
Su quali linee è possibile sviluppare un percorso di "rifondazione ecologica e anti-gerarchica" del
sapere? Anche
alla luce dei (piuttosto scarsi) movimenti propositivi espressi dai movimenti studenteschi anche all'estero,
emergono alcuni spunti iniziali (che pure lasciano il quadro incompleto): - sostituire l'idea di sviluppo
quantitativo con quella di reintegrazione delle attività umane nei cicli ecologici
degli elementi; - sostituire i concetti di gerarchia, uniformità, compartimentazione con cui si "legge"
e si misura la realtà, con
quelli di complementarietà, differenza, interdipendenza. Ogni luogo è il centro del mondo; -
sostituire alla centralità della metropoli (intesa anche come universo simbolico collettivo) uno sguardo
non
gerarchico sul territorio, osservato nella sua complessità e nelle sue specificità
geomorfologiche, climatiche,
ideologiche, bio-ecologiche, etnico-culturali, come base per una resistenza effettiva allo sviluppo capitalistico
e alla sua opera di omologazione e alienazione; - valorizzare l'apporto delle culture non industriali, da quelle
rurali locali a quelle dei popoli extraeuropei, con
il loro enorme bagaglio di conoscenze, di creatività, di valori antagonisti, la cui memoria e
vitalità sono
minacciate dall'azione omologante degli Stati e dell'economia di mercato; - avviare una critica delle
discipline storiche e letterarie, su nodi come le bonifiche, il rapporto città/campagna,
le rivolte antiche e medioevali, l'avvento degli stati nazionali, lo sviluppo della scienza, la rivoluzione
industriale, il colonialismo e l'invasione dell'America, le minoranze, il ruolo delle donne, le rivoluzioni francese
e sovietica...; - valorizzare le esperienze di incontro/contaminazione reciproca fra diverse discipline
scientifiche e
umanistiche; - superare la separazione fra studio libresco e applicazione lavorativa.
Didattica: dalla co-gestione all'autogestione
Venendo ad affrontare il nodo dell'iniziativa concreta attualmente messa in atto su questo percorso, occorre
valorizzare ma al tempo stesso aprire una riflessione critica sulle esperienze dei seminari autogestiti, delle
iniziative didattiche alternative e del loro collegamento con le istanze politiche del Movimento. E' sicuramente
questa la direzione in cui lavorare: diventare agenti diretti e autonomi della produzione didattica. Ma ne vanno
tenuti presenti i rischi, in cui sono spesso cadute, ci sembra, alcune esperienze originate dal Movimento del
'90.
Il rischio è che i gruppi di studio formatisi attorno a progetti didattici e a seminari, spesso portatori di
indirizzi
di ricerca interessanti e innovativi, scivolino dall'autogestione verso un ruolo di co-gestione, invece che di
conflitto con l'istituzione universitaria. I1 gruppo nasce e rimane chiuso nell'ambito di una facoltà o
dipartimento, delimitato dalle stesse compartimentazioni accademiche tradizionali, sganciato da un progetto
antagonista complessivo sulla didattica. Spesso si trova nella collaborazione con i docenti, nei finanziamenti
istituzionali, ecc..., una strada che porta, più che a contestare il sistema, ad arricchirlo di nuove idee ed
energie,
con la contropartita di alcune cooptazioni nell'establishment accademico.
Un percorso di autogestione (che non esclude a priori collaborazioni con i docenti più disponibili) lascia
indubbiamente più libertà nella determinazione degli indirizzi di ricerca, nei metodi di lavoro
paritari e
cooperativi, nella contaminazione reciproca fra discipline diverse, nell'apporto di contributi esterni
all'università,
e soprattutto colloca la produzione didattica alternativa nell'ambito di un più generale progetto
antagonista. Quel
che manca su questo percorso è innanzitutto un coordinamento, un laboratorio che unisca gruppi di
diverse
facoltà (e anche della Commissione Ecologica Interfacoltà) attivi sulla didattica e sulla
ricerca.
Questo laboratorio potrà essere il punto di partenza per l'obiettivo di un vero e proprio "Dipartimento
autogestito
transdisciplinare", che realizzi una solida e permanente programmazione didattica, alternativa
all'Università
ufficiale nei contenuti, nei metodi, nei fruitori, che fra l'altro potrebbe svolgere un ruolo importante nel quadro
della prossima occupazione delle facoltà.
Gruppo di lavoro su ecologia sociale e bioregionalismo