Rivista Anarchica Online
Anarchismo e Polonia
di Alessio Vivo
Il piccolo volume appena pubblicato in Polonia, di Daniel Grinberg,
Anarchizm w XX wieku.
Szkichistoryczny (L'anarchismo nel XX secolo. Schizzo storico), storico, professore presso la
filiale di
Bialistock dell'Università di Varsavia (Istituto di storia), ricercatore presso l'Istituto Storico Ebraico
polacco,
è una sintesi molto agile ed utile, sebbene non priva di vuoti, della storia del movimento anarchico in
Europa
in questo secolo. Grinberg aveva già lavorato sul tema, affrontando la sua tesi di abilitazione che
portava il
titolo: "Il movimento anarchico nell'Europa Occidentale: 1870-1918" di prossima pubblicazione presso l'editrice
polacca PWN e l'aveva trattato in alcuni articoli, fra i quali "Per la storia dell'anarchismo polacco", pubblicato
nella rivista "Mowia wieki" n.11, 1981. Pubblicato in prima edizione dalla Man Gala Press di Sopot, il
volumetto di sole 22 pagine si presenta come
una delle prime possibilità di far conoscere ad un largo pubblico in Polonia e nei paesi dell'Est la storia
di un
movimento del quale fino a poco tempo fa era impossibile sentir parlare. Grinberg riconosce innanzitutto il
potenziale intellettuale del movimento anarchico, la sua tradizione, ma si limita a descriverlo all'opera nelle due
grandi epopee russa (ucraina) e spagnola, che secondo lui hanno dato un volto caratterizzante al movimento
internazionale libertario. L'analisi storica di Grinberg, nonostante la sintesi, si presenta ricca di dettagli e di
particolari. Vengono esaminati gli anni precedenti al '17, il rientro dell'emigrazione rivoluzionaria che aveva
fatto il 1905 in Russia e il peso che assunse negli anni prerivoluzionari la propaganda anarchica, spesso debole
e inefficace per ottenere il consenso di larghi strati operai. Grinberg ricorda però il quadro del
movimento esistente all'epoca a Pietrogrado, il ruolo giocato da
anarcosindacalisti e da anarcocomunisti e il gran numero di simpatizzanti che il movimento era riuscito a
raccogliere. Prosegue poi con una descrizione incisiva delle repressioni antianarchiche di Mosca ad opera della
Ceka nel 1918, con un'analisi dei problemi legati alla possibilità di ripresa del terrorismo in quella fase,
con la
descrizione dell'illusione degli anarcocomunisti e di quella parte del movimento anarchico che decise di
combattere nell'Armata rossa. Grinberg si addentra poi nella descrizione del movimento di Machno,
dell'attività
di Volin in Ucraina e con obiettività sottolinea le trappole tese da Trotzki precedentemente alla sconfitta
dell'armata machnovista, forte delle sue migliaia di soldati e della sua spontanea disciplina e del suo carattere
autenticamente popolare. Il saggio pero' tocca punte inedite quando presenta un quadro drammatico delle
repressioni antianarchiche, che riempirono i monasteri di Suzdal e delle Solovki di prigionieri e di forzati,
comprendendo anche i gruppi di pacifisti tolstojani arrestati per essersi rifiutati di combattere nell'Armata Rossa.
Un quadro raro, questo, soprattutto se delineato con accuratezza, per un manuale breve di storia dell'anarchismo.
Viene descritta poi la delusione che fece da contrappeso agli entusiasmi suscitati nei movimenti libertari di tutta
Europa dalla Rivoluzione russa. L'esperienza spagnola viene poi seguita a partire dai fatti precedenti la
rivoluzione e la guerra civile, non
tralasciando i lati principali della questione della partecipazione degli anarchici alla guerra civile nelle sue
diverse fasi. Per Grinberg l'esperienza spagnola ha dimostrato, soprattutto a Barcellona, che una
riorganizzazione spontanea della vita civile su basi libertarie era possibile e poteva avere non poca efficacia,
sia dal punto di vista tecnico, sia da quello economico. L'obbiettività dello storico non può
però dimenticare i
costi di quella liberazione: le violenze perpetrate soprattutto dalla gioventù del movimento, le
fucilazioni di
preti, il saccheggio degli appartamenti dei ricchi e delle chiese. Il movimento anarchico per Grinberg trasse
nuove valide esperienze dalla collettivizzazione spagnola delle
terre, che ebbe carattere eminentemente popolare e coinvolse più di tre milioni di persone. Il libro non
sorvola
nemmeno sulle questioni generate dalla necessità di scendere a patti con il potere politico e con la sua
gestione,
ormai oggetto di innumerevoli indagini storiche. Dei personaggi che guidarono il movimento anarchico in
Spagna, l'autore ricorda soprattutto Buenaventura Durruti, ma non dimentica Camillo Berneri e la sua opera per
fare uscire il movimento anarchico internazionale impegnato in Spagna dalle sabbie mobili di continue trappole
tese sul suo cammino, che porteranno a quella più feroce della definitiva repressione. E proprio
in essa Grinberg individua l'analogia fra la fine di Durruti e quella di Berneri, elevandola a simbolo
di un destino storico. Dalla fine degli anni '30 a quella degli anni '60 il movimento anarchico per Grinberg
è sopravvissuto ai margini,
in un sottosuolo che pero' non e arrivato a significare stagnazione intellettuale. In questo lasso di tempo sono
anzi apparsi nuovi indirizzi teorici di grande portata (situazionismo, neo-anarchismo e correnti ecologiste alla
Bookchin) e gli ideali libertari hanno potuto propagarsi con ancora maggior vigore che in precedenza, trovando
nuovi terreni fertili sui quali svilupparsi, preparando la rinascita anarchica della fine degli anni '60. Per
Grinberg non è certo un caso che molti pensatori e artisti abbiano dichiarato le loro simpatie per
l'anarchismo o siano stati attratti dalle idee libertarie. Infatti, dietro l'azione del movimento libertario
internazionale c'erano principi intellettuali che non possono essere ridotti a quei principi (per Grinberg non privi
anche di ingenuità) proudhoniani o kropotkiniani che postulavano un certo ottimismo antropologico.
Lo storico
ricorda le simpatie per il movimento espresse più o meno apertamente da giganti della cultura della
levatura di
Robert Musil, Lewis Mumford, Bertrand Russell, Aldous Huxley (chi si è dimenticato del controllo
capillare,
sempre più pervasivo, esercitato mediante i mezzi informatici, descritto da questo autore?), Saul Bellow,
Ursula
Le Guin, Kurt Vonnegut, e da poeti quali Dylan Thomas, Herbert Read, nonché da artisti quali Diego
Rivera,
Wladyslaw Stazewski, il Living Theatre. Il "neo-anarchismo" per lui ha tratto linfa vitale dalla
controcultura giovanile, che ha comportato anche
l'assorbimento di tendenze eclettiche, mentre le tendenze che hanno portato alla lotta armata soprattutto in
Europa negli anni '70 non possono assolutamente essere ascritte alla tradizione anarchica, perché in
comune con
quei fenomeni non aveva nulla, a cominciare dalla terminologia impiegata, di stampo marxista. Grinberg
supporta questa tesi con la prova data dalla estensione progressiva delle tendenze pacifiste nell'anarchismo
europeo, manifestatesi anche nella diffusione delle lotte antimilitariste. L'autore del volume insiste sulla
purezza dell'anarchismo imputandogli però con questa anche la tendenza a
rimanere ancorato sostanzialmente agli ideali dei tempi di Bakunin, che hanno fossilizzato molto spesso il
movimento in un'utopia nobile che tante volte ha permesso di smascherare acutamente e coraggiosamente i vizi
della società moderna e i segreti del potere, ma che sull'altare di fini elevati ha sacrificato spesso ogni
cosa,
senza badare alla contingenza storica. Se il movimento anarchico è stato costantemente attivo in tutte
le lotte
più importanti per la libertà e l'autodeterminazione, non esclusa quella locale e operaia,
Grinberg non risparmia
le critiche all'immutabilità delle forme organizzative assunte dal movimento anarchico nella storia (con
il culto
della spontaneità, l'atteggiamento negativo verso le forme di azione organizzata), ma riconosce che
l'anarchismo
contemporaneo ha generato forme di comunicazione politica e di critica sociale molto più espressive
di quelle
sperimentate a cavallo fra i due secoli. Il volume cerca di individuare le continuità ideali
dell'anarchismo del XX secolo, giungendo a descrivere
perfino le esperienze comunitarie di Amsterdam della fine degli anni '60, e includendole in qualche modo
organicamente e come una delle tante facce, in quel prisma dalle mille sfaccettature che alla fine del secolo
appare essere stato l'anarchismo e il movimento internazionale ad esso ispirato.
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