Rivista Anarchica Online
Sinistra. Punto e a capo
di Alberto Moroni
Come rifondare una sinistra che sappia guardare al futuro con una nuova consapevolezza del proprio ruolo
Dalla rivoluzione francese a oggi, si intendono per sinistra formazioni o partiti
che abbiano per base la difesa e
il miglioramento della vita popolare - e per scopo un nuovo modello sociale in cui siano rimosse le cause delle
guerre e delle ingiustizie che deturpano l'umanità. Questo dalla rivoluzione francese a oggi. Un
precedente storico
di rilievo e degno di maggiore attenzione, lo troviamo nel periodo della riforma luterana con "la guerra dei
contadini" e il movimento degli anabattisti che nella città di Munster realizzò una
società senza stato e senza
chiesa, con la comunione dei beni e il libero amore. Comunque, la lotta per il progresso di tutti e per una nuova
società, sono le due componenti che han sempre caratterizzato movimenti e organizzazioni di sinistra.
E' dalle
variazioni di queste componenti che la sinistra ha preso i suoi connotati. Oggi però, rapportando
la situazione attuale a queste componenti essenziali, ci accorgiamo che la sinistra ha
perduto i suoi connotati. Infatti le riforme istituzionali, la politica dei sacrifici e tutto il bagaglio politico della
sinistra attuale, non appartengono agli interessi e alle aspirazioni delle masse popolari. Appartengono invece
agli
interessi e ai progetti di dominio dei gruppi finanziari e capitalisti. Parlare di sinistra nell'odierna situazione
è
come parlare di fantasmi, presenze che non esistono più e che si tenta di evocare con nomi oramai
anacronistici.
Se vogliamo dare concretezza al discorso sulla sinistra, è meglio fare punto e a capo. Dalla rivoluzione
francese
alla prima internazionale, la sinistra è inglobata come massa d'urto nel processo storico liberale che ha
portato
all'affrancamento borghese dai residui clericali e aristocratici del medioevo. La prima internazionale inaugura
l'autonomia politica e associativa della classe lavoratrice. E' però un atto di nascita che presenta
due anime: l'anima libertaria tesa all'autogestione delle lotte e
all'autogoverno - e l'anima autoritaria tesa alla direzione politica e alla dittatura. Dalla prima internazionale alla
prima guerra mondiale, la sinistra libertaria e anarchica ebbe la prevalenza nell'azione popolare e nelle lotte
sociali, mentre la sinistra autoritaria promosse esperienze legalitarie e parlamentari. In Italia la posizione
anarchica fu protagonista di lotte memorabili, dalle prime leghe di resistenza, dalla
propaganda del fatto malatestiana, alle battaglie sindacaliste rivoluzionarie nelle città e nelle campagne,
alle lotte
antimilitariste contro la guerra di Libia e contro le compagnie di disciplina sfociate nella settimana rossa del
1914.
In questo periodo fiorente di una nuova cultura e nuove prospettive sociali, il nucleo anarchico e sindacalista
rivoluzionario era allargato ai socialisti rivoluzionari e ai mazziniani intransigenti, che gli austeri repubblicani
d'oggidì non ricordano più. Ma nella sopravvenuta egemonia culturale del marxismo che ha
esaurito la storia nel
trinomio Marx-Engels-Lenin, nessuno ricorda più niente, sono pagine strappate dal libro della storia.
In questo
stesso periodo, l'anima autoritaria presenta in prevalenza un aspetto parlamentare e riformista. Il socialismo
rivoluzionario incentrato sulla conquista violenta dello stato, militava come minoranza del partito socialista.
In
questo quadro dell'anima autoritaria accomunata nell'idea di una direzione politica dei lavoratori, la componente
parlamentare si dissocia da quella riformista. Essa mantiene la prospettiva della metà più uno
nel parlamento,
destinata a cambiare la società radicalmente senza il passaggio delle riforme. Il famoso "socialismo per
decreto
reale" come dicevano gli anarchici per burla. La componente riformista invece, pur mantenendo valida la pratica
parlamentare, riteneva opportuno collaborare direttamente con lo stato borghese per introdurre riforme che
migliorassero le condizioni popolari (legislazione sociale, normativa del lavoro, eccetera). Dopo la prima guerra
mondiale, l'anima anarchica della sinistra fu travolta e sommersa dagli eventi, mentre quella autoritaria si
sviluppò
in due esperienze storiche diverse. L'esperienza democratica-parlamentare e l'esperienza dittatoriale della
rivoluzione russa. Nell'esperienza democratica, il socialismo passò dall'illusione parlamentare della
metà più uno
alla piena integrazione negli stati capitalisti. Nell'esperienza dittatoriale invece, il comunismo praticò
l'irreggimentazione politica delle masse al servizio della ragione di stato russa. In entrambe le esperienze,
gli interessi diretti e finali del lavoro sono stati annullati nella politica del potere
perseguito con metodi elettorali e dittatoriali. Dopo il patatrac del socialismo reale ma irriconoscibile e il suo
rifluire nella socialdemocrazia, ci troviamo una sinistra irriconoscibile e completamente asservita alla logica
padronale. Di fronte a queste macerie della sinistra, sarebbe assurdo volerla ricostruire mettendo insieme i pezzi
sparsi della sua rovina. Allo stato attuale si tratta piuttosto di spazzare e ripulire il campo e verificare se ci sono
ancora fondamenta valide per l'avvenire. Si tratta di guardare se c'è ancora il sole dopo il diluvio. La
coscienza turbata della sinistra, dentro e fuori dei partiti, ha bisogno di ritrovare la prima scintilla che ha potuto
accendere più di un secolo di lotte popolari. Ha bisogno di ritornare sui primi passi, facendo
però attenzione a non
rifare i passi sbagliati. Sembra puerile ricordare che essere di sinistra significa battersi per il miglioramento e
non
per il peggioramento della condizione popolare. Eppure un tale richiamo potrebbe oggi raddrizzare la funzione
e il senso della sinistra. Sembra puerile ricordare che le prime leghe di resistenza si battevano per l'aumento
delle paghe e la riduzione
dell'orario di lavoro. Eppure questi due moventi di origine sono più che mai attuali per una svolta di
sinistra della
nostra realtà. E qual è il primo passo falso da non ripetere? Non sottomettere la volontà
dei lavoratori a una
direzione politica, perché è di questo male che è morta la sinistra. L'emancipazione del
lavoro dev'essere opera
dei lavoratori stessi. Ed è un'opera strettamente legata alle ragioni di vita e di libertà per tutti.
Sarà lo stesso
svolgimento di queste ragioni immediate e vitali a tracciare le strade dell'avvenire.
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