Rivista Anarchica Online
Occhio per occhio
di Marco Serio
Ha una veste moderna, pubblica belle fotografie a colori, è stampato su
carta patinata e costa pure poco, l'unico
problema è leggerlo: dopo poche colonne ti viene voglia di strapparlo. Cos'è? E' "Lasga Difesa"
un mensile
destinato ai dipendenti del ministero della difesa, che si occupa non solo di cose militari, ma anche di
attualità. Me ne è capitata una copia tra le mani e, sfogliandola, il mio interesse è
stato catturato da un pezzo riguardante
l'uso dell'esercito in Sicilia e in Sardegna dal titolo (che è tutto un programma) "Occhio per occhio".
In esso sono
elencate una serie di proposte circa i provvedimenti che dovrebbero accompagnare l'utilizzo dell'esercito nella
lotta contro la criminalità organizzata. Vediamo cosa scrivono i militari: "...se, formalmente le forze
armate di
uno stato straniero invadessero il territorio nazionale, non avremmo remore (almeno ce lo auguriamo) a
dichiararci in guerra con quello stato, a mobilitare, a sparare sul nemico per ucciderlo, per difenderci, per
ricacciare i superstiti al di là dei confini. Non si vede perché, allora, essendo oggi,
sostanzialmente in guerra
contro un nemico che ha praticamente occupato la Sicilia e si sta infiltrando oltre le nostre retrovie, non
dovremmo applicare le stesse regole e ricorrere alle stesse difese". Ancora: "...Preso atto che esiste un
codice militare di guerra, che è legge dello stato regolarmente in vigore ed
esplicitamente legittimato dall'art. 27 della Costituzione, avere il coraggio di applicare l'art. 5 secondo il quale
'...nei casi straordinari, in cui ragioni di urgente e assoluta necessità lo richiedano, può, con
decreto del presidente
della repubblica, ordinarsi l'applicazione, anche in tempo di pace, della legge penale militare di guerra in tutto
il territorio dello stato o in una o più parti di esso'... solo così sarebbe compatibile, giustificata
ed utile la presenza
dei militari nei territori a rischio. Per inciso, essi sarebbero utilissimi anche nei nostri centri cittadini (il centro
storico di Genova, ad esempio) solo che si ripristinasse l'uso delle ronde...". L'estensore, dopo aver ricordato
il testo dell'art. 17 del codice penale militare di guerra ("chiunque compia atti
di guerra contro lo stato italiano, senza avere la qualità di legittimo belligerante, è punito con
la pena di morte
mediante fucilazione"), conclude con la solita retorica militarista: "ormai abbiamo i turchi alle porte, addirittura
dentro le mura. Discutere del sesso degli angeli è idiozia masochista. La pietà è
vigliaccheria, l'ignoranza è
diserzione, l'indifferenza è tradimento". Un'ultima cosa: bisogna ricordare l'unica nota stonata in
questa poco rassicurante prospettiva che è la richiesta
di liberalizzazione della droga: essa darebbe, da sola, un colpo fortissimo ai trafficanti rendendo inutili i
provvedimenti richiesti. Ma verrà davvero dichiarato lo stato di guerra? Avremo ronde di soldati che
girano per
le strade? Attraverso il cavallo di Troia della lotta alla criminalità si vuole arrivare a un controllo sociale
sempre
più capillare? Queste righe e queste citazioni non vogliono servire a sostenere questa tesi o a
negarla, ma a riflettere su un
fenomeno che dura da tempo: l'acquisizione, da parte dell'esercito, di un ruolo sempre più importante
nella
società. Anche se la prospettiva "sudamericana" di cui si parlava non si realizzerà è pur
vero che un processo di
limitazione e chiusura delle libertà civili è in atto (vedi la legge Jervolino, la legge antisciopero,
la legge Martelli
ecc.) e, in questo processo, l'esercito è uno strumento utile: ogni volta che esso viene impiegato (in Iraq,
Albania,
Jugoslavia, Sicilia, Sardegna), oltre al perseguimento degli scopi dichiarati, siano essi la guerra, il soccorso alle
popolazioni balcaniche o la lotta alla criminalità, si consegue anche lo scopo di trasmettere alla
società la logica
autoritaria che lo regge contribuendo a creare un clima sociale che renda più accettabile la restrizione
di libertà
di cui si parlava. Ogni volta che un problema viene presentato come un'"emergenza", la sua soluzione
appare possibile solo
ricorrendo a misure "eccezionali" che i "normali" cittadini non sono in grado di prendere, bisogna quindi
affidarsi
all'efficienza, alla forza (vera o immaginaria) delle forze armate. Così ognuno viene spinto a non
occuparsi più
di nessuna questione perché è tutto così complesso che solo lo stato ha gli strumenti
e la capacita di intervenire.
Se l'esercito, fino a poco tempo fa, era considerato la scuola di gerarchia per eccellenza, ma al contempo
un'"entità" parassitaria, incapace di interagire con la società, le cose sono cambiate. Di questo
dobbiamo tener
conto se vogliamo che la nostra lotta contro l'istituzione militare sia incisiva. La scelta dell'obiezione totale
e la solidarietà verso chi la pratica non si discutono, occorre però trovare nuovi
strumenti per sbarrare il passo alla militarizzazione (in senso lato) della società che, sia il ruolo
internazionale,
sia la situazione interna dello stato italiano (una conflittualità che molti davano per estinta), richiedono.
Abbiamo
davvero "i turchi alle porte, addirittura entro le mura": bisogna combatterli.
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