Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Giraffe
D.: Come definirebbe la musica?" R.: "Musica". (Muhal Richard Abrams, intervista
del giugno 1977)
Volevo approfittare dell'occasione, cioè della segnalazione di questo "Giraffe" di Massimo Giuntoli,
per affrontare
in qualche modo la questione delle difficoltà spesso insormontabili che separano il "creare" dal
"diffondere". Mi spiego, e prendo il discorso partendo da lontano. Nella nostra società, anche in
questo settore, quello musicale,
creatività e conti in banca sono strettamente interconnessi. Mi si dirà che diverse sono le
dimensioni, ma in
sostanza restano simili gli schemi (e le situazioni, le strategie, i rapporti, le responsabilità e grande parte
di tutto
il resto) sia che ci si trovi nel mondo dello show-business, che negli uffici casalinghi delle piccole etichette
indipendenti. E' come un serpente che si mangia la coda: capita che idee innovative, essendo poco o per
niente commerciabili
perché diverse dal "già stabilito" (che funziona, che vende), siano ritenute inutili ed
inutilizzabili, e quindi
emarginate, messe da parte o addirittura messe a tacere. Arte e comunicazione si vengono allora ad intrecciare
su di un piano politico, e qui il discorso si fa più grosso ed antipatico (è un argomento di cui
ci si è occupati
spesso su questa rivista ma, se volete, se ne può riparlare). Dice bene la Redazione della rivista
Musiche nel foglietto di presentazione che accompagna questo disco, quando
afferma che, mai come adesso, si ha bisogno di "(...) percorsi che privilegiano il possibile sull'esistente,
l'originalità sulla stereotipia, il divenire sulla replica, fugando il rischio dell'elitarismo con un incessante
legame
con le radici sociali della propria attività, dove il piacere dell'orecchio e del corpo sono anteposti alla
sterile
gratificazione intellettuale, e dove complesso non è, finalmente, sinonimo di
complicato...". Tornando alle cose piccole-per-forza, ma ragionando secondo quanto si è detto
all'inizio, "Giraffe" è un lavoro
complesso, e pure complicato, che effettivamente suscita più d'un interrogativo sulla sua reale ragione
d'esistenza.
Nel senso che non rappresenta nulla di ragionevolmente vendibile: lo "scopo", il "fine" di tutto questo creare,
di
questo "fare musica" e "fare rumore" a tutti i costi, devono essere ricercati altrove. Massimo Giuntoli, nella
pratica, ha raccolto in un'ora un catalogo di proposte personali ed originali mescolate a
una mezza dozzina d'innamoramenti artistici appassionati: Frank Zappa (il cui spirito maestro occhieggia
ammiccante, e con frequenza, in tutto il disco), poi Alan Gowen, Dave Stewart e in genere lo stile che
contraddistingue l'uso delle tastiere in certi cosiddetti "gruppi rock di Canterbury" in attività una ventina
d'anni
fa. Se da una parte l'ispirazione a questi modelli è evidente, non si possono chiudere le orecchie
di fronte agli
altrettanto evidenti talento e creatività; il tutto è frutto di anni di composizione, ricerca, fantasie
e dedizione. Una
strada fatta di studi con Antonio Ballista ed esperienze con la cooperativa l'Orchestra, rassegne di gruppi rock
"non allineati" e festival come Musique De Traverses fianco a fianco con Rip Rip & Panic, Gavin Bryars,
Tuxedomoon e Mike Westbrook. Una storia perbene, insomma, eppure avara di vie d'uscita: dopo una
specie di pellegrinaggio per le grandi e
piccole etichette discografiche nazionali, e una conseguente serie di risposte negative, silenzi e dubbi (non siamo
più negli anni '70, e nessuno "rischia più", tanto per tornare al discorso di prima), l'unica strada
è stata, ancora una
volta, l'auto-produzione. Storia vecchia questa, storia già sentita, che sia voi che io conosciamo
bene. Ma non meravigliamoci poi se da
appassionati di musica si sente sempre più come appassionati di vino buono: i negozi di dischi come
enoteche,
con le bottiglie buone nascoste in fondo agli scaffali oppure dimenticate, senza etichetta, dietro a un angolo,
Non
saprei darvi indicazioni sulla reperibilità né sulla distribuzione di questo disco, Provate da ADN,
che di solito ha
in catalogo quintali di opere devianti e anti-commerciali (via Decembrio 26, 20137 Milano), oppure
direttamente
a Massimo Giuntoli c/o Rombo, via C. da Sesto 19, 20123 Milano.
Inflammable material
Una sera, qualche mese fa, mi telefona Luca Trazzi di Rockerilla: sta preparando una fanzine - meglio, una
"punkzine" - e desidera utilizzare qualcosa da un libro sui/dei Crass che avevo pubblicato circa una decina
d'anni
or sono. Bene, dico io, fammi sapere. Dopo qualche tempo arriva a casa il primo numero di "Inflammable
material", una
"punkzine" appunto, come non se ne vedevano in giro da un pezzo. Di buone intenzioni ce ne sono molte, in
questi otto fogli A3 scritti a macchina e fotocopiati. Qualche nome nuovo e - per forza - tanta "roba" vecchia,
di
cui ci si occupa diligentemente: un misto accettabile di informazioni e celebrazioni nostalgica in classico stile
fanzinaro, proposto in una maniera forse un po' troppo ordinata per essere punk (sempre stando ai ricordi,
divento
vecchio pure io). Nonostante il lavoro sia complessivamente valido e interessante (Luca si dimostra un fan
più che capace), mi
riesce difficile sorvolare su un paio di aspetti, a mio dire, discutibili. Sul prezzo di vendita, intanto, che trovo
davvero poco giustificato, e su numerose perplessità a proposito di certi contenuti: ad esempio, tre
pagine fitte
fitte sotto il titolo di "Origini e sviluppi della cultura punk in Italia" dove, misteriosamente, trova posto
un'intervista a Claudio Sorge (se il punk non è morto, certo sta davvero poco bene...). Immagino
sia già in circolazione il secondo numero, che mi auguro migliorato e altrettanto interessante.
Informazioni, contatti, suggerimenti, materiale: spedite tutto a Luca Frazzi, Via Tasso 6, 43036 Fidenza
(Parma).
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