Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 197
febbraio 1993


Rivista Anarchica Online

Parola di sordomuto

In riferimento al recente ingresso, per la prima volta, in Parlamento di un deputato sordomuto, ho scritto queste righe come testimonianza delle mie esperienze e per sostenere che, oltre al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche dei sordi, è fondamentale rispettare e riconoscere la loro cultura "visiva" e la loro lingua "ufficiale". Sono "sordo profondo" dall'età di due anni in seguito ad una encefalite prodotta dalla vaccinazione antivaiolosa.
Per la società sono "sordomuto" (Legge 381/1970), termine - secondo me - improprio in quanto stabilisce una relazione di complementarietà tra sordità e mutismo. Ho acquistato l'uso della parola con il metodo "oralista" e sono addestrato alla "labiolettura".
Nel buio della sordità emergono sprazzi di ricordi, quando a Parigi con Madame Borel iniziai le prime lezioni (stimolazione/educazione acustico-fonologica) e poi giocavo con i bambini nei prati. Ricordo a Roma le facce severe ma amorose di mia zia e mia madre che mi insegnavano a parlare, a scrivere, a saper leggere sulle labbra altrui e a capire il vero concetto e il vero senso delle parole.
Dopo le elementari, di cui poco ricordo, alle scuole medie inferiori i compagni mi volevano bene, ma nelle scuole superiori iniziai a sentire l'emarginazione e la coscienza di non poter partecipare attivamente alla vita informativa e comunicativa degli udenti. All'Università, Facoltà di Scienze biologiche, raggiungo un ottimo rendimento intellettivo, cognitivo e linguistico, ma trovo difficoltà a gestire la mia "prestazione fonatoria" (non porto più le protesi acustiche), anche perché i miei interessi si rivolgono a un profondo desiderio di conoscenza.
E' un periodo in cui mi isolo, studio, leggo molti testi di fisica, filosofia e biologia. Comincio a sentire in me un dissenso verso la biologia "ufficiale," e una ribellione interiore verso tutte le forme di potere, dominio e discriminazione del più forte sul più debole, non solo tra gli umani, ma anche da parte degli umani sulla natura e sugli animali (come nel caso specifico della sperimentazione).
Mi laureo con una tesi sui metodi che nella ricerca scientifica non usino animali. La mia sofferenza e quella di tutti coloro che sono malati, incompresi, diversi e discriminati, mi insegnano che la fratellanza universale è l'unica realizzazione della nonviolenza sulla terra per eliminare la prepotenza, il possesso e la speculazione su qualsiasi "altro" che sia debole o insicuro o differente.
Così divento un "sordo animalista" scavalcando, in un certo senso, gli ostacoli della mia sordità, per essere protagonista umano di un processo attivo di cambiamento di vita per tutti gli esseri viventi che soffrono, vengono torturati, uccisi e/o sfruttati da esseri umani incoscienti.
Inizio anche un lavoro non nel campo della biologia, ma dell'informatica nella gestione e nel controllo di dati informativi in una importante società di ingegneria e impiantistica, inserendomi senza problemi nell'ambiente tra simpatici colleghi e dirigenti comprensivi. Ora che ho quarant'anni , e già la barba grigia, di queste mie esperienze posso dire che, nonostante gli aspetti positivi e fortunati della mia vita, resta anche in me, come in tutti i sordi, la difficoltà di inserimento nella comunicazione con gli udenti (e anche con i sordi che praticano la lingua dei segni, perché le mie "maestre" non me l'hanno insegnata).
Esiste una barriera "comunicativa" tra sordi e udenti. Da una parte, i sordi addestrati alla labiolettura trovano difficoltà a concentrarsi per capire i collegamenti tra le parole nelle conversazioni e nei dibattiti, mentre quelli che usano la lingua dei segni sono emarginati e ambedue tendono a diventare irritabili, diffidenti e antipatici fino ad isolarsi, "chiusi" in varie comunità. Dall'altra parte gli udenti si trovano in comprensibile difficoltà a parlare con i sordi per evitare di soffrire e/o far soffrire, quasi provando un senso di vergogna di fronte alle urla incomprensibili dei "sordomuti".
Eppure, così come i "normali" fanno uno sforzo per andare incontro a tutti coloro che hanno handicap, un po' di pazienza dovrebbe essere dedicata anche ai non udenti, che - privi di sensazioni uditive e di controllo del tono della propria voce - potenziano al massimo la percezione cinestetico-tattile e le capacità visivo-gestuali.
Spesso i normo-udenti sono indifferenti perché non rispettano e non conoscono i veri e propri linguaggi spontanei, naturali, non verbali o comunque "diversi" in quanto espressioni di culture "diverse" sia per quanto riguarda gli altri umani (come ad esempio la lingua mimico-gestuale degli indiani del Nord-America), ma anche riguardo ai vari linguaggi dei non umani. Credo che nessuna lingua (ad es. quella "parlata") sia superiore ad un altra lingua (ad es. quella "segnica") perché ogni lingua o linguaggio esprime la propria cultura con modalità diverse.
Così la LIS (lingua italiana dei segni) dei sordi profondi, è oggi una lingua a tutti gli effetti, tutt'ora in fase di miglioramento della grammatica e della sintassi "spaziale" e di arricchimento del lessico. Pur non essendo ancora considerata una lingua nazionale, perché suddivisa in tante lingue regionali con varianti personali, subisce le stesse trasformazioni ed evoluzioni di quella verbale, di cui ha già le stesse competenze comunicative (regole per costruire frasi) e linguistiche (regole per produrre un numero potenzialmente infinito di frasi corrette).
Il linguaggio gestuale è codice naturale di comunicazione nei primi due anni di vita di qualsiasi bambino, che esprime desideri, emozioni e sentimenti con grande varietà di gesti e con la mimica facciale. Nel bambino sordo che viene addestrato all'apprendimento oralista, il divieto di usare il linguaggio gestuale, se può rendere facile la rieducazione alla parola, può reprimere, fino a creare disturbi, la sua personalità e a volte può inaridire la sua spontaneità e spiritualità.
Per questo sono favorevole al metodo bimodale-bilingue (LIS, lingua italiana dei segni + italiano parlato) perché rispetta e potenzia le tendenze del bambino sordo, metodo sostenuto e promosso in particolare dall'Istituto di Psicologia del CNR di Roma, il quale studia gli aspetti psico-linguistici della comunicazione visivo-gestuale. Seguendo e ampliando in più vasti campi tale direzione penso - ed è la mia Utopia - che si potrà arrivare alla Comunicazione Totale con una lingua di gesti-segni-suoni accessibile e comprensibile da quanti più individui possibili.
La Comunicazione Totale rispetta i diritti di umani e non umani, alla diversità, all'eguaglianza, all'identità e all'integrità dando a tutti la possibilità di comunicare in modo essenziale e semplice con il proprio linguaggio orale, parlato, segnico, mimico-gestuale, sensitivo, scritto, tattilico, braillico, tadomico, ideografico e pittografico. La comunicazione essenziale, la comprensione, l'attenzione alla diversità dei linguaggi nella sintesi di uno, valido per tutti, ci potrebbero liberare dalle catene dell'esistenza materiale e sollevare in un mondo aereo per un abbraccio empatico verso tutto ciò che è vita, sensibilità, libertà.

Giovanni Peroncini
(Roma)