Rivista Anarchica Online
Giustizia e mutuo appoggio
di Lamberto Borghi
Pëtr Kropotkin, anarchico russo vissuto a cavallo tra '800 e '900, fu una originale figura di filosofo,
militante
rivoluzionario, studioso di scienze naturali. Lamberto Borghi, autore di numerosi studi di pedagogia, analizza
qui
i risvolti del suo pensiero in ambito educativo. Questa relazione è stata presentata nell'aprile '91 a
Bologna nel
corso di un convegno promosso dall'associazione "La rete" e della Biblioteca "Armando Borghi" di
Castelbolognese
La portata educativa della personalità e del pensiero di Kropotkin supera
il suo tempo ed è ricca di valori che
incidono come fermenti innovativi nell'epoca presente. "Uomo universale", colpisce per la stretta unione che
caratterizza la sua attività scientifica e il suo impegno pratico. L'ampia prospettiva che si schiude
davanti a chi
tenti di raccogliere in un quadro complessivo e sistematico la sua vita e la sua opera è stata fatta oggetto
di studi
e di ricerche che inducono - per evitare ripetizioni o divagazioni prive di utilità - a selezionare alcuni
aspetti sui
quali maggiormente si soffermò la sua riflessione aprendo orizzonti la cui originalità offre
suggerimenti che lo
collocano tra coloro che col loro insegnamento costituiscono i promotori privilegiati della nostra formazione.
La
prima osservazione riguarda l'integrità e l'unità del suo atteggiamento in riferimento sia alla
realtà sociale del suo
tempo sia alla concezione del suo ideale educativo. In entrambi i settori tale atteggiamento si riassume in quella
che egli apprezzava come la qualità da lui ritenuta essenziale per il vero educatore: la creazione e il
possesso della
"visione di un mondo nuovo" (1). E' significativo che considerasse tale qualità fondamentale non
soltanto
nell'ambito del campo d'indagine che inizialmente fu propriamente suo, quello delle scienze esatte e
particolarmente della geografia e della biologia, esteso poi alle scienze umane e in modo speciale all'etica e alla
pedagogia, ma anche del settore umanistico e letterario. Ricordando nelle sue memorie di un "rivoluzionario"
quanto aveva soprattutto apprezzato nella scuola del corpo dei paggi, nella quale era stato ammesso
giovanissimo,
scriveva che "solo il professore di letteratura ...può dare unità alle varie discipline storiche e
letterarie grazie a una
larga visione filosofica e umanistica, e risvegliare nel cuore dei giovani ideali e aspirazioni più nobili".
Aggiungeva che "anche la musica" aveva avuto "una parte importante nella sua formazione,
dandogli un
godimento e un'esaltazione anche maggiori di quelli che gli dava la poesia". Il teatro, e in particolare il
melodramma, esercitarono su di lui una grande influenza. L'opera era favorita anche per i suoi risvolti
etico-politici; "durante quegli anni vi fu uno strano ma intimo rapporto fra l'opera italiana e il movimento
radicale;
e i recitativi rivoluzionari del Guglielmo Tell e dei Puritani erano sempre salutati
da applausi calorosi..." (2).
L'influenza dell'arte ebbe un posto di primo piano nella sua esperienza di vita e si protrasse fino alla sua tarda
età.
Emma Goldman,che si recò a visitarlo nel suo soggiorno a Dmitrov, non lontano da Mosca, dopo il suo
ritorno
in Russia dopo la rivoluzione del 1917 , annotava: "Persino i suoi amici più intimi ignoravano che Pietro
Kropotkin era un artista e un musicista di molto talento. Tra le sue opere scoprii una collezione di disegni di
grande valore. Egli amava la musica con passione ed era un musicista di non usuale abilità. Buona parte
del suo
tempo lo dedicava al pianoforte" (3). Nelle opere che Kropotkin scrisse dopo il suo ritiro in Inghilterra
dall'attività rivoluzionaria nel 1886, i riferimenti
all'arte nei suoi rapporti con la scienza e col lavoro produttivo ricorrono numerosi. Due di essi attraggono il
lettore
per la loro affinità che documenta la presenza costante nella mente di Kropotkin dei risultati di una
riflessione
che egli veniva elaborando senza stanchezza su un argomento che è in lui fondamentale: quello della
relazione
intercedente tra il lavoro intellettuale e il lavoro manuale. Esso ricorre anzitutto nel libro del 1891, La
conquista
del pane.
Il genio della scoperta Trattando della condizione dell'uomo nella "Comune
anarchica", liberato dallo sfruttamento della proprietà privata
e dall'autoritarismo statale, Kropotkin scriveva: "...poiché la forza dell'anarchia deriva dal
comprendere tutte le
facoltà umane e tutte le passioni, non ignorandone alcuna, diremo in poche parole come ci si potrebbe
sistemare
per soddisfare ai bisogni intellettuali e artistici dell'uomo. Lavorando quattro o cinque ore al giorno fino a 45-50
anni... l'uomo potrebbe produrre tutto ciò che è necessario per garantire la comodità
alla società... L'uomo che
avrà fatto quattro o cinque ore di lavoro manuale necessario per vivere avrà ancora davanti a
sé cinque o sei
ore che egli cercherà di riempire secondo i suoi gusti. E queste cinque o sei ore al giorno gli daranno
piena
possibilità di procurarsi, associandosi ad altri, tutto quello che vorrà al di fuori del necessario
o dell'assicurato
a tutti. Si libererà dapprima, sia nei campi che nelle officine, del lavoro che dovrà alla
società per la parte di
contributo alla produzione generale. E impiegherà l'altra metà della giornata, della settimana,
o dell'anno alla
soddisfazione dei bisogni artistici o scientifici... E' questo un sogno che noi facciamo? Certamente no per coloro
che hanno osservato e riflettuto. In questo stesso momento la vita ci spinge già in questa direzione.
È sognare,
il concepire una società nella quale tutti essendo divenuti produttori, tutti ricevendo una istruzione che
permette
loro di coltivare le scienze o le arti, e tutti avendo la libertà di farlo, si associano fra loro per pubblicare
i loro
lavori apportando la loro parte di lavoro manuale?... È la via della libertà... Le lettere e la
scienza non
prenderanno il loro vero posto nell'opera del progresso umano che il giorno in cui, liberi da tutto il servaggio
mercenario, esse saranno esclusivamente coltivate da coloro che le amano e per coloro che le amano"
(4). Kropotkin dedica gran parte dell'ottavo capitolo del libro a illustrare questo che chiama il suo sogno
di una società
liberata nella quale "il genio della scoperta" emergerà e fiorirà non soltanto nel campo del
lavoro produttivo, ma
anche nel multiforme dominio dell'arte nella letteratura, nella pittura, nell'architettura, nella scultura,
nell'urbanistica. Una così profonda e comprensiva trasformazione, conclude Kropotkin, "non
potrà realizzarsi
che in una società nella quale tutti godranno della comodità - e della libertà...
Lavorando per abolire la divisione
fra padroni e schiavi noi lavoriamo per la felicità degli uni e degli altri, per la felicità
dell'umanità" (5). La seconda opera nella quale il problema dell'arte viene messo a fuoco
da Kropotkin è Campi, fabbriche, officine
ma la questione di fondo ivi trattata è quella della realtà economico-sociale che occupa le prime
tre parti del libro
nell'edizione inglese ridotta ed aggiornata da Colin Ward (5).
Libero sviluppo dell'individualità Nella quarta parte, che ha per titolo
"Lavoro intellettuale e lavoro manuale", Kropotkin riprende motivi già
illustrati nella Conquista del pane. Insiste sul principio che mediante la soppressione delle
disuguaglianze sociali
e della divisione classista della società si accrescerebbe la creatività del lavoro, mentre se ne
diminuirebbe la
durata quotidiana. In tal modo sarebbe data a tutti la possibilità di impegnarsi nelle occupazioni preferite
liberamente scelte ed emergerebbero quelle dedite all'arte e alla scienza. Scriveva Kropotkin al riguardo:
"Se
ciascuno si accollasse la sua parte di produzione, e se la produzione venisse socializzata... allora a noi
rimarrebbe più della metà della giornata lavorativa da dedicare all'arte, alla scienza o a qualsiasi
altra
occupazione preferita; e il nostro lavoro negli stessi settori sarebbe più proficuo se impiegassimo l'altra
metà
della giornata in lavoro produttivo; se l'arte e la scienza fossero coltivate per pura inclinazione, e non per scopi
commerciali. Inoltre, una società organizzata sul principio che tutti lavorino sarebbe abbastanza ricca
per
sollevare uomini e donne, una volta raggiunta una certa età, diciamo i quarant'anni o poco più,
dall'obbligo
morale di partecipare direttamente all'esecuzione del necessario lavoro manuale, e per consentire loro di votarsi
interamente all'arte, alla scienza o a qualsiasi altra occupazione" (6). Aggiungeva Kropotkin,
accentuando alcuni dei motivi salienti della sua concezione educativa: "In questo modo
sarebbero pienamente garantiti la libera ricerca in nuovi rami dell'arte e del sapere, la libera creazione e il
libero sviluppo individuale. E una società come questa non conoscerebbe miseria in seno
all'abbondanza;ignorerebbe la dualità di coscienza che permea la nostra vita e paralizza ogni nobile
sforzo; e
volerebbe liberamente verso le più alte regioni del progresso compatibile con la natura umana"
(7). L'ideale di Kropotkin dell'intimo legame tra attività intellettuale e attività manuale, tra
sviluppo artistico
scientifico e sviluppo delle capacità produttive non costituisce una sua prerogativa personale, anche se
è del tutto
originale la posizione che egli assunse nei suoi riguardi. Esso trova dei precedenti degni di menzione non
soltanto
nel collettivismo comunista di Marx e nel federalismo libertario e mutualista di Proudhon, ma anche nel
pensiero
democratico orientato in direzione socialista di John Dewey. Quanto a Marx, alcuni motivi preannuncianti
l'atteggiamento di Kropotkin assumono un rilievo assai accentuato in alcune pagine dei Lineamenti
fondamentali
della critica dell' economia politica ( Grundrisse) del 1857-1858. "Un lavoro realmente
libero può divenire
lavoro attraente, autorealizzazione dell'individuo - Marx scrive con riferimento parzialmente polemico
ai rapporti
con la visione di Fourier - solamente 1) se è posto il suo carattere sociale, 2) se
è di carattere scientifico, e al
tempo stesso è lavoro universale, se è sforzo dell'uomo non come forza naturale appositamente
addestrata, bensì
come soggetto che nel processo di produzione... si presenta... come attività regolatrice di tutte le forze
naturali"
(8). Più oltre, sempre nei Grundrisse, Marx insiste sul mutamento della natura della
produzione, ormai "minimamente
posta in rapporto al tempo di lavoro immediato, ma dipendente invece dallo stato generale della scienza e dal
progresso della tecnologia". Insieme colla trasformazione del lavoro attraverso il suo
sviluppo scientifico e
tecnologico, ha luogo la trasformazione della stessa personalità, "(Subentra) il libero sviluppo
delle individualità
e la riduzione del lavoro necessario della società ad un minimo, a cui corrisponde poi la formazione e
lo sviluppo
artistico, scientifico, ecc. degli individui grazie al tempo divenuto libero e ai mezzi creati per tutti loro"
(9).
Riprendendo la critica già espressa nei riguardi dell'idea del lavoro come gioco del Fourier, Marx ne
attenuava
la portata e ne sottolineava gli aspetti positivi. "Il lavoro - scriveva - non può
diventare gioco, come vuole
Fourier, al quale rimane il grande merito di avere indicato come obiettivo ultimo la soppressione non della
distribuzione, ma del modo di produzione stesso nella sua forma superiore. Il tempo libero - che è sia
tempo di
ozio sia tempo per attività superiori - ha trasformato naturalmente il suo possessore in un soggetto
diverso..."
(10).
La morale come società Quasi un secolo più tardi, nel 1944,
John Dewey riprendeva l'idea di Kropotkin circa il rapporto inscindibile tra
lavoro, scienza e educazione come trasfigurazione dell'uomo in forme di vita democratica coinvolgenti sia
l'individuo che la società. "Il compito - scriveva in "Problems of men" - è
questo: usando le parole in senso lato,
esso consiste nell'umanizzare la scienza. E in concreto questo scopo non può essere raggiunto se non
si umanizza
anche il frutto della scienza, che si chiama tecnica!". Questa finalità egli esprimeva a conferma
di quanto aveva
affermato poco prima in merito al rapporto tra lavoro intellettuale e lavoro manuale: "...il compenetrare
l'educazione professionale di uno spirito liberale e il riempirla di un contenuto liberale non è un sogno
utopistico.
E' una possibilità dimostrata da scuole sorte qua e là, nelle quali le materie recanti di solito
l'etichetta di
'praticamente utili' sono insegnate insieme all'intelligenza scientifica e a un senso delle applicazioni morali e
sociali che esse posseggono in potenza" (11). Queste affermazioni richiamano il senso del nostro
discorso sui valori etici e sociali della concezione di
Kropotkin. La sua teoria della morale occupò una parte importante della sua età matura e non
venne portata a
compimento a causa della sua morte. Scriveva Herbert Read nella sua introduzione alla "Società aperta"
che "in
punto di morte Kropotkin si fermò a mezzo di un frase del suo lavoro sull'ETICA. Nell'opera sul 'Mutuo
appoggio' pubblicata nel 1902 egli affermava essere evidente che il mutuo appoggio sia il fondamento reale
delle
nostre concezioni etiche e che nell'ambito dell'etica l'importanza predominante del principio del mutuo appoggio
appare nella sua interezza" (12). Chiariva questo motivo di fondo del suo pensiero nell'Introduzione
di quest'opera: "L'amore, la simpatia ed il
sacrificio di sè compiono certamente una funzione immensa nello sviluppo progressivo dei nostri
sentimenti
morali. Ma non è sull'amore e nemmeno sulla simpatia che la società è basata,
nell'umanità: è sulla coscienza
della solidarietà umana, non fosse essa che allo stato d'istinto; sul sentimento incosciente della forza
che dà a
ciascuno la pratica del mutuo appoggio, sul sentimento della stretta dipendenza della felicità di ciascuno
dalla
felicità di tutti, e sopra un vago senso di giustizia o di equità che porta l'individuo a considerare
i diritti di ogni
altro individuo come uguali ai propri. Su questa larga base si sviluppano i sentimenti morali superiori".
Citava
la conferenza, "Giustrzia e moralità" dove aveva trattato la questione della morale appena accennata
nell'Introduzione al Mutuo appoggio (13). Lo stretto rapporto tra moralità, giustizia
e mutuo appoggio è approfondito negli scritti di Kropotkin come motivo
fondamentale della sua visione filosofica e sociale. L'influenza dell'opera di Proudhon De la giustice dans
la
révolutiòn et dans l'église è fortemente avvertita nell'etica di Kropotkin.
L'idea della morale come socialità si
imparenta a quella di essa come reciproco aiuto. L'apertura all'universalità degli uomini e degli esseri
viventi
nonché alle cose sottolinea la concezione dell'uguaglianza, dell'importanza, della dignità e del
valore di ogni
partecipante nella totalità del reale. L'accento posto sulla socialità nello sviluppo etico
dell'uomo, oltre che a
Proudhon, accomuna Kropotkin ai grandi teorici dello sperimentalismo, a William James e a John Dewey e a
pensatori libertari, nel senso più lato del termine, come Andrea Caffi e Nicola Chiaromonte. Un
ulteriore approfondimento della concezione che Kropotkin ha sviluppato della morale supera i limiti posti al
mio intervento. Mi sembra opportuno soffermarmi soltanto ancora un istante sulla valenza della morale nella
dimensione della giustizia, intrinsecamente collegata all'uguaglianza sociale. Kropotkin aveva caro tale
collegamento. Affermava che Proudhon poneva in risalto primario nel suo scritto sulla
proprietà, l'identità della giustizia con l'uguaglianza citando l'antica definizione di giustizia:
Justum aequale est,
injustum inaequale, e aggiungeva con Proudhon che supremo scopo morale per l'uomo è
la realizzazione della
giustizia (14). L'idea della morale come giustizia rappresenta una nota essenziale nella filosofia,
nella letteratura ed altresì nella
scienza dell'educazione. Ricordo sotto quest'ultimo aspetto l'elaborazíone del Test Tsedek che H. Baruk
e M.lle
Rivière presentarono nel 1947 alla Società medico-pedagogica allo scopo di indagare il giudizio
morale in base
a una valutazione obiettiva. Gli autori utilizzano il termine biblico "Tsedek", intraducibile in altre lingue, che
esprime una specie di fusione ed integrazione di "Giustizia" e "Carità"... (15).
Immanentismo laico Nella poesia Dante ha conferito un posto di primo piano
al principio della giustizia e alla personalità dell'uomo
giusto. "Giusto" si dichiara Pier della Vigna, poeta della Scuola Siciliana, che tenne "ambo le chiavi del
cor di
Federigo" (Inferno XIII, 58-59 e 72). "Giusto" è chiamato Romeo di Villanova che
"accrebbe lustro alla casata
di Ramondo Beringhieri conte di Provenza, il quale fu indotto dalle calunnie a dimandar ragione a questo giusto
che gli rendè sette e cinque per diece" (Paradiso, VI, 136-133). Desidero terminare questo
breve riferimento alla concezione della giustizia e del giusto nel corso dei tempi
ponendo in rilievo l'importanza che ebbero "i giusti" - zaddikim - nella storia dell'ebraismo. Si tratta di una
tendenza iscritta nello sviluppo del misticismo delle comunità ebraiche dell'Europa orientale che ebbe
la sua
maggiore fioritura nei secoli decimottavo e decimonono, ma che vive ancora in diversi paesi, non soltanto in
Israele e negli Stati Uniti, ma anche in Francia e in Italia. Questo spiritualismo mistico è ben lontano
dall'immanentismo laico di Kropotkin e degli anarchici. Gli zaddikim e i loro seguaci - i Hasidim (devoti) -
ebbero
la loro prova del fuoco durante l'olocausto e sono degni di un ricordo particolare in un discorso
in cui l'ideale
morale ha avuto la sua più veridica rappresentazione in chi, come Kropotkin e gli anarchici, hanno
collocato il
principio della solidarietà umana all'apice della loro coscienza e alla base del loro comportamento.
Scriveva
Martin Buber, il maggiore storico dell'Hasidismo: "Non gli insegnamenti del Zaddik ma la sua esistenza
costituiscono la sua effettiva realtà; e non tanto la circostanza che egli è presente in occasioni
stroordinarie, rna
che egli lo è nel corso ordinario dei giorni...; non che egli è lì come un capo intellettuale
ma come il completo
essere umano con tutta la sua vita mondana in cui la compiutezza dell'essere umano è
comprovata" (16). Questa è stata l'influenza del giusto ("zaddik") sui suoi discepoli... Uno
dei grandi principi dei "hasidim" sta in
ciò che il giusto e la comunità dipendono l'uno dall'altro. Il loro rapporto è affine a
quello che hanno la sostanza
e la forma, il corpo e l'anima nella vita dell'individuo.. Così i giusti hanno bisogno della
comunità e la comunità
ha bisogno dei giusti. Le realtà dell'insegnamento "hasidico" si sostanziano in questa interrelazione (17).
Giustizia
e mutuo appoggio in tale rapporto interculturale avvalorano la visione etica di Kropotkin in un inedito contesto
nel quale l'essenza della vita spirituale esprime nella più alta misura le congiunte dimensioni della
realizzazione
dell'esistenza personale e della comunicazione sociale.
1) Kropotkin,
Memorie di un rivoluzionario, Editori Riuniti, 1968, p. 60. 2) Memorie di un rivoluzionario, pp. 60 e 80.
3) Kropotkin, La società
aperta, scelta degli scritti e introduzione di Herbert Read con una nota di Carlo Doglio, Edizioni
Antistato,
Cesena 1973. Le citazioni relative alla vita di Kropotkin contenute nel diario di Emma Goldman sono riportate
da Herbert Read nella
sua introduzione alle pagine 11-15 4)
Kropotkin, La conquista del pane, Anarchismo, Catania, p.70-73. Ivi pp.
75-77. 5) Avverte Colin Ward nella
introduzione all'edizione inglese che Campi, fabbriche, officine nacque da una serie di articoli
pubblicati
tra il 1888 e il 1890, e raccolti in volume nel 1899. L'edizione inglese del libro venne pubblicata nel 1977 col
titolo originale Fields,
factories and Workshops Tomorrow. La traduzione italiana è stata pubblicata nel 1975 a Milano
nelle edizioni Antistato. 6) Kropotkin,
Campi, fabbriche, officine, ediz. cit., p. 214. 7) Kropotkin, Ivi, pp. 214- 215. 8)
Marx, Lineamenti fondamentali ecc., Firenze , La Nuova Italia, vol. II 1970, pp. 278-279.
9) Marx, Lineamenti, vol. II,
pp. 401-402. 10) Ivi, p.
410. 1 1) Dewey, Problems of
Men, New York, 1946, Part I: Democracy and Education: I) The democratic faith and education
(1944), p.
32. Traduz. ital. di G. Preti, Mondadori, 1950, p. 56. 12) Kropotkin, La società aperta, ed. cit. p.223. 13) Kropotkin, Il mutuo appoggio, Bologna, 1950, p.
17 14) Kropotkin, L'etica,
Edigraf, 1972 pp. 232 e 235. 15)
Contributo allo studio del Test Tsedek. Rivista di psicologia sociale, IV,
1957. 16) Martin Buber, Tales of the
Hasidim vol. 1°, New York 1947 , p. 6. Trad. italiana I racconti dei hasidim, Milano, 1979,
p. 16. 17) Martin Buber, Tales of the
hasidim, ed. cit., p. 7.
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Pëtr Aleksejevic Kropotkin (1842 -
1921)
Discendente di una delle più antiche famiglie nobili russe, abbandona a vent'anni la carriera
militare, a cui la
famiglia l'aveva destinato, e si dedica ad importanti ricerche scientifiche di zoologia, antropologia e
geografia. Nel '72, durante un viaggio in Svizzera, aderisce all'AIL. Tornato in Russia viene arrestato nel
'74 per la sua
attività contro il regime ed imprigionato nella fortezza Pietro e Paolo, da cui riesce ad evadere nel 1876.
Scienziato, conferenziere, scrittore, Kropotkin è uno dei massimi e più prestigiosi teorici
anarchici; di lui
notissimi sono gli scritti che, per la prima volta, contrappongono alle teorie darwiniste, allora in auge, della
selezione naturale, una concezione mutualista dello sviluppo biologico. Per Kropotkin è il senso di
solidarietà
sviluppato che stabilisce proporzionalmente il grado di sviluppo e di ambientazione, per gli animali quanto per
gli uomini. Nel 1914, allo scoppio della guerra, mentre tutto il movimento anarchico resta fedele alla propria
tradizione antimilitarista, Kropotkin è uno dei firmatari del noto "Manifesto dei Sedici", la dichiarazione
che
alcuni anarchici fecero a favore della Francia e dell'Inghilterra contro la Germania. Nel 1917, dopo lo scoppio
rivoluzionario, ritorna a Pietroburgo accolto trionfalmente da Kerensky e bande militari. Due anni dopo incontra
Lenin per chiedere la liberazione degli anarchici imprigionati e perseguitati dai bolscevichi. Ma è solo
nel 1921
che, tra una folla di centomila persone che seguono la sua bara, si potranno vedere, fra tante ipocrite bandiere
rosse, le bandiere nere dell'anarchia, quelle dei prigionieri libertari liberati per l'occasione dalle segrete
bolsceviche.
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