Rivista Anarchica Online
Fuori, straccioni!
di G. E.
Uno dei fatti più positivi a cui assistiamo in questi ultimi tempi
è lo svilupparsi delle lotte spontanee degli sfrattati,
lotte che sono, sia pure a livello embrionale, sintomo della rinascita dell'autonomia proletaria. Autonomia
di
organizzazione e di lotte che, al di fuori della legalità, tendono a colpire i punti più
evidenti dello sfruttamento. È in questo contesto che si pone la lotta delle 25 famiglie di
sfrattati che con l'appoggio di molti compagni, il 23
gennaio hanno occupato gli appartamenti della I.A.C.P. situati in via Mac Mahon. Queste famiglie
stanche dello stato di miseria in cui sono tenute nei ghetti, stanchi infine di essere presi in giro
con false promesse, si sono prese ciò che spettava loro doppiamente di diritto: doppiamente
perché per prima cosa
le case le costruiscono i proletari ed è giusto che siano loro ad abitarci, secondo perché
dalla loro busta paga (già
decurtata dallo sfruttamento) viene sottratta una percentuale a favore della Gescal che dovrebbe servire
per
costruire case popolari. Ma la Gescal, che ha accumulato in questo modo 630 miliardi,
anziché far case a basso prezzo per i lavoratori,
tiene questi soldi in banca e percepisce 24 miliardi annui di interesse e, così facendo, fa anche
gli interessi dei
proprietari d'appartamenti che possono imporre affitti molto alti. A Milano esistono numerose
famiglie di immigrati che sopravvivono nei centri sfrattati (10 persone in due stanze,
area recintata da filo spinato, divieto di ricevere visite, orario di ingresso ed uscita) ed al tempo stesso vi
sono,
a causa dell'alto costo degli affitti, migliaia di appartamenti vuoti. Ora, come già è
stato detto, le famiglie occupanti non han fatto altro che prendersi ciò che spettava loro di diritto
ed il significato più alto dell'occupazione si può così riassumere: a) La
coscienza che la condizione di miseria degli sfruttati dipende proprio dallo sfruttamento che subiscono
ogni
giorno per mantenere i profitti della borghesia. La coscienza che la carta bollata e la delega ad altri della
propria
richiesta di una vita più umana, è del tutto sterile. b) La quasi completa
auto-organizzazione, unica condizione per risolvere, almeno in parte, la loro situazione di
miseria. c) L'azione diretta consistente nel prendere e non chiedere quello che è giusto avere.
Una azione che esce
completamente dalla legalità e dal raggio d'azione dei partiti e dei sindacati. Una volta entrati
negli stabili gli occupanti decisero di rimanervi finché le "autorità" non si fossero decise
a
consegnare loro una casa decente. Furono anche erette barricate intorno all'edificio per difendere dai
fascisti e
da qualsiasi attacco repressivo quello che avevano preso. Di fronte a questo tipo di lotta il potere
mandò il pomeriggio seguente un grosso numero di agenti e carabinieri.
È da notare come l'intervento della polizia contro la lotta dei quartieri sia stato in crescente
aumento: da pochi
poliziotti per uno sfratto, a 200 a Baranzate, a 600 all'occupazione nel quartiere Gallaratese ed infine a
1.500 in
Mac Mahon. Inoltre va sottolineato come i sedicenti rivoluzionari del Movimento Studentesco,
dell'Unione e di Avanguardia
Operaia, che si dicono nella lotta con i proletari e dei quali sostengono addirittura di essere
l'"Avanguardia", quel
giorno, mentre gli occupanti si difendevano dalla polizia e gli abitanti del quartiere solidarizzavano con
loro (la
polizia caricò anche la folla che esprimeva la sua solidarietà nel momento dello scontro),
fossero riuniti in
assemblea per decidere quale fazione dovesse gestire l'università statale. Lo scontro
circostante l'edificio fu breve data la disparità del numero (200 persone comprese donne e
bambini),
l'inutilità stessa dello scontro e l'estrema violenza della polizia, che utilizzò perfino i cani
addestrati. Nella zona gli scontri tra la polizia e gli abitanti del quartiere, schifati dall'intervento e
concordi con l'azione degli
sfrattati, continuarono per tre ore dopo lo sgombero. Inoltre, per la prima volta a Milano, la polizia,
oltre ad agire con la solita brutalità, chiuse tutte le possibile vie
d'uscita con lo scopo preciso di fare una retata. Solo una ventina di compagni riuscirono a scappare. La
polizia
mise di nuovo sulla strada le famiglie degli sfrattati e fermò 66 persone appartenenti a gruppi di
estrema sinistra.
Tra queste furono trattenuti in stato di arresto 24 militanti di cui 17 di Lotta Continua, 5 anarchici, 2 di
Sinistra
Proletaria. Il processo per "direttissima" si è concluso, come è noto, il 17 febbraio con
due condanne a 4 mesi per
resistenza alla forza pubblica e con l'assoluzione degli altri 23 incriminati. Per il reato di occupazione
abusiva, il Tribunale ha assolto con formula piena tutti gli imputati affermando in
sostanza che l'occupazione non è un reato ma una legittima manifestazione dei cittadini nei
confronti di uno stato
inadempiente. In altre parole il Tribunale ha scoperto, che non può essere reato il prendere
possesso della casa,
che oltre ad esser un diritto civile, sociale e naturale, era stata regolarmente pagata. La giustizia ha
scoperto,
sembra con stupore, che gli sfrattati, gli "straccioni" come li insultavano i poliziotti, erano anche derubati
di una
parte del salario che andava a gonfiare le casse dell'I.A.C.P. e della Gescal (come abbiamo detto il furto
ammonta
a 630 miliardi). L'affermazione del diritto dei lavoratori a prendere ciò che loro appartiene,
ha sollevato un vespaio in diversi
ambienti e in particolare ha destato profonde preoccupazioni nelle alte sfere della magistratura: contro
la sentenza
ha immediatamente ricorso il De Peppo (procuratore capo della repubblica), a difesa degli interessi della
borghesia e del diritto allo sfruttamento che la magistratura viene chiamata a tutelare nei momenti
più gravi. Commentando il processo il prof. Venegoni (il presidente dell'Istituto Case
Popolari che si premurò di chiedere
l'intervento illegale della polizia), nel dichiararsi "umanamente soddisfatto" della sentenza, ha fatto
giustamente
osservare che non solo l'Istituto da lui presieduto è inadempiente e rapinatore, ma anche, ad
esempio, la Gescal.
Il professore ha invitato gli sfrattati ad estendere anche agli altri istituti per la casa il motto "la casa si
prende,
l'affitto non si paga". Ha poi ricattato le 40.000 famiglie ancora in attesa di un alloggio minacciando di
abbandonarli nelle fauci della speculazione privata qualora, con il loro atteggiamento ribelle,
contribuissero a
"peggiorare la situazione alloggiativa". Al processo, gli sfrattati, senza paura, hanno portato accuse
gravissime contro le forze di polizia narrando le frasi
e i fatti precisi: "sbattete fuori questi straccioni", "fuori voi e i vostri stracci" e particolari ancora
più dettagliati,
i bambini strappati dalle mani della madre, i vestiti e gli oggetti scaraventati dalle finestre, ragazze e madri
picchiate lungo le scale. Non ci meravigliano i metodi della polizia, chiamata a mantenere "l'ordine
pubblico",
ma questa volta, forse per il poco tempo a disposizione, la polizia non è riuscita a montare e
ricostruire il caso
con i soliti testimoni falsi, riconoscimenti falsi, fotografie false, è caduta in un mare di menzogne
e contraddizioni
talmente manifeste che alcuni di loro rischiano l'incriminazione ed il P.M. ha aperto un'inchiesta. Il
questore Allitto Bonanno si è reso responsabile di uno "straripamento di poteri", termine
giuridico che indica
quello che il popolo conosce come prepotenza, angheria e violenza indiscriminata. La funzione
politica di questo processo, manifestamente "democratico", è probabilmente quella di rifare un
po'
di verginità alle intenzioni dello Stato in occasione della riforma della casa varata pochi giorni
fa. Con 2.500
miliardi, una sentenza "equa", il riconoscimento del diritto alla casa, si cerca di controllare il rifiuto
violento di
quanti da anni attendono un'abitazione decente, ad aspettare ancora. Ma nei ghetti malsani dei centri
sfrattati le
parole e le promesse non bastano. I proletari, la casa, la vogliono subito.
G. E.
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