Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 2
marzo 1971


Rivista Anarchica Online

Fuori, straccioni!
di G. E.

Uno dei fatti più positivi a cui assistiamo in questi ultimi tempi è lo svilupparsi delle lotte spontanee degli sfrattati, lotte che sono, sia pure a livello embrionale, sintomo della rinascita dell'autonomia proletaria. Autonomia di organizzazione e di lotte che, al di fuori della legalità, tendono a colpire i punti più evidenti dello sfruttamento.
È in questo contesto che si pone la lotta delle 25 famiglie di sfrattati che con l'appoggio di molti compagni, il 23 gennaio hanno occupato gli appartamenti della I.A.C.P. situati in via Mac Mahon.
Queste famiglie stanche dello stato di miseria in cui sono tenute nei ghetti, stanchi infine di essere presi in giro con false promesse, si sono prese ciò che spettava loro doppiamente di diritto: doppiamente perché per prima cosa le case le costruiscono i proletari ed è giusto che siano loro ad abitarci, secondo perché dalla loro busta paga (già decurtata dallo sfruttamento) viene sottratta una percentuale a favore della Gescal che dovrebbe servire per costruire case popolari.
Ma la Gescal, che ha accumulato in questo modo 630 miliardi, anziché far case a basso prezzo per i lavoratori, tiene questi soldi in banca e percepisce 24 miliardi annui di interesse e, così facendo, fa anche gli interessi dei proprietari d'appartamenti che possono imporre affitti molto alti.
A Milano esistono numerose famiglie di immigrati che sopravvivono nei centri sfrattati (10 persone in due stanze, area recintata da filo spinato, divieto di ricevere visite, orario di ingresso ed uscita) ed al tempo stesso vi sono, a causa dell'alto costo degli affitti, migliaia di appartamenti vuoti.
Ora, come già è stato detto, le famiglie occupanti non han fatto altro che prendersi ciò che spettava loro di diritto ed il significato più alto dell'occupazione si può così riassumere:
a) La coscienza che la condizione di miseria degli sfruttati dipende proprio dallo sfruttamento che subiscono ogni giorno per mantenere i profitti della borghesia. La coscienza che la carta bollata e la delega ad altri della propria richiesta di una vita più umana, è del tutto sterile.
b) La quasi completa auto-organizzazione, unica condizione per risolvere, almeno in parte, la loro situazione di miseria.
c) L'azione diretta consistente nel prendere e non chiedere quello che è giusto avere. Una azione che esce completamente dalla legalità e dal raggio d'azione dei partiti e dei sindacati.
Una volta entrati negli stabili gli occupanti decisero di rimanervi finché le "autorità" non si fossero decise a consegnare loro una casa decente. Furono anche erette barricate intorno all'edificio per difendere dai fascisti e da qualsiasi attacco repressivo quello che avevano preso.
Di fronte a questo tipo di lotta il potere mandò il pomeriggio seguente un grosso numero di agenti e carabinieri. È da notare come l'intervento della polizia contro la lotta dei quartieri sia stato in crescente aumento: da pochi poliziotti per uno sfratto, a 200 a Baranzate, a 600 all'occupazione nel quartiere Gallaratese ed infine a 1.500 in Mac Mahon.
Inoltre va sottolineato come i sedicenti rivoluzionari del Movimento Studentesco, dell'Unione e di Avanguardia Operaia, che si dicono nella lotta con i proletari e dei quali sostengono addirittura di essere l'"Avanguardia", quel giorno, mentre gli occupanti si difendevano dalla polizia e gli abitanti del quartiere solidarizzavano con loro (la polizia caricò anche la folla che esprimeva la sua solidarietà nel momento dello scontro), fossero riuniti in assemblea per decidere quale fazione dovesse gestire l'università statale.
Lo scontro circostante l'edificio fu breve data la disparità del numero (200 persone comprese donne e bambini), l'inutilità stessa dello scontro e l'estrema violenza della polizia, che utilizzò perfino i cani addestrati.
Nella zona gli scontri tra la polizia e gli abitanti del quartiere, schifati dall'intervento e concordi con l'azione degli sfrattati, continuarono per tre ore dopo lo sgombero.
Inoltre, per la prima volta a Milano, la polizia, oltre ad agire con la solita brutalità, chiuse tutte le possibile vie d'uscita con lo scopo preciso di fare una retata. Solo una ventina di compagni riuscirono a scappare. La polizia mise di nuovo sulla strada le famiglie degli sfrattati e fermò 66 persone appartenenti a gruppi di estrema sinistra. Tra queste furono trattenuti in stato di arresto 24 militanti di cui 17 di Lotta Continua, 5 anarchici, 2 di Sinistra Proletaria. Il processo per "direttissima" si è concluso, come è noto, il 17 febbraio con due condanne a 4 mesi per resistenza alla forza pubblica e con l'assoluzione degli altri 23 incriminati.
Per il reato di occupazione abusiva, il Tribunale ha assolto con formula piena tutti gli imputati affermando in sostanza che l'occupazione non è un reato ma una legittima manifestazione dei cittadini nei confronti di uno stato inadempiente. In altre parole il Tribunale ha scoperto, che non può essere reato il prendere possesso della casa, che oltre ad esser un diritto civile, sociale e naturale, era stata regolarmente pagata. La giustizia ha scoperto, sembra con stupore, che gli sfrattati, gli "straccioni" come li insultavano i poliziotti, erano anche derubati di una parte del salario che andava a gonfiare le casse dell'I.A.C.P. e della Gescal (come abbiamo detto il furto ammonta a 630 miliardi).
L'affermazione del diritto dei lavoratori a prendere ciò che loro appartiene, ha sollevato un vespaio in diversi ambienti e in particolare ha destato profonde preoccupazioni nelle alte sfere della magistratura: contro la sentenza ha immediatamente ricorso il De Peppo (procuratore capo della repubblica), a difesa degli interessi della borghesia e del diritto allo sfruttamento che la magistratura viene chiamata a tutelare nei momenti più gravi.
Commentando il processo il prof. Venegoni (il presidente dell'Istituto Case Popolari che si premurò di chiedere l'intervento illegale della polizia), nel dichiararsi "umanamente soddisfatto" della sentenza, ha fatto giustamente osservare che non solo l'Istituto da lui presieduto è inadempiente e rapinatore, ma anche, ad esempio, la Gescal. Il professore ha invitato gli sfrattati ad estendere anche agli altri istituti per la casa il motto "la casa si prende, l'affitto non si paga". Ha poi ricattato le 40.000 famiglie ancora in attesa di un alloggio minacciando di abbandonarli nelle fauci della speculazione privata qualora, con il loro atteggiamento ribelle, contribuissero a "peggiorare la situazione alloggiativa".
Al processo, gli sfrattati, senza paura, hanno portato accuse gravissime contro le forze di polizia narrando le frasi e i fatti precisi: "sbattete fuori questi straccioni", "fuori voi e i vostri stracci" e particolari ancora più dettagliati, i bambini strappati dalle mani della madre, i vestiti e gli oggetti scaraventati dalle finestre, ragazze e madri picchiate lungo le scale. Non ci meravigliano i metodi della polizia, chiamata a mantenere "l'ordine pubblico", ma questa volta, forse per il poco tempo a disposizione, la polizia non è riuscita a montare e ricostruire il caso con i soliti testimoni falsi, riconoscimenti falsi, fotografie false, è caduta in un mare di menzogne e contraddizioni talmente manifeste che alcuni di loro rischiano l'incriminazione ed il P.M. ha aperto un'inchiesta.
Il questore Allitto Bonanno si è reso responsabile di uno "straripamento di poteri", termine giuridico che indica quello che il popolo conosce come prepotenza, angheria e violenza indiscriminata.
La funzione politica di questo processo, manifestamente "democratico", è probabilmente quella di rifare un po' di verginità alle intenzioni dello Stato in occasione della riforma della casa varata pochi giorni fa. Con 2.500 miliardi, una sentenza "equa", il riconoscimento del diritto alla casa, si cerca di controllare il rifiuto violento di quanti da anni attendono un'abitazione decente, ad aspettare ancora. Ma nei ghetti malsani dei centri sfrattati le parole e le promesse non bastano. I proletari, la casa, la vogliono subito.

G. E.