Rivista Anarchica Online
Libertà per Giovanni Marini
a cura della Crocenera Anarchica di
Milano
Lottare per la liberazione dell'anarchico Marini significa affermare il diritto a difendersi dalla
violenza fascista
Il 7 luglio dello scorso anno a Salerno due anarchici, Marini e
Mastrogiovanni, venivano aggrediti da
una banda di accoltellatori e pestatori fascisti. Rimanevano feriti il Mastrogiovanni ed uno degli
aggressori, il dirigente missino Falvella, il quale moriva poco dopo. L'aggressione del 7 luglio era
solo l'ultimo episodio di una storia di provocazioni che i fascisti di Salerno
avevano messo in atto contro Giovanni Marini. Questa storia ha tutti gli aspetti (documentati negli atti
del processo) di un'operazione sistematica, condotta con metodo e determinazione per arrivare a togliere
di mezzo un nemico politico. Non si tratta solo di un fatto "personale" fra Marini ed i fascisti. A
Salerno c'era sin da prima delle
elezioni del 7 maggio una situazione che divenne via via più rovente fino all'aggressione del 7
luglio
contro Marini e Mastrogiovanni, per culminare poi in un vero e proprio stato di assedio imposto dalle
bande fasciste, in un clima di autentico terrorismo squadrista. Lo testimoniano nientemeno che le
dichiarazioni di Rumor poco dopo i fatti del 7 luglio. Lo stesso procuratore della Repubblica è
stato
costretto, nel novembre scorso, ad aprire un'inchiesta sul neofascismo a Salerno, dopo aver raccolto una
valanga di testimonianze, dal novembre del '71 sino ad oggi, sulle intimidazioni, le minacce, le feroci
aggressioni e la violenza squadrista, con cui, secondo i piani di Almirante e dei suoi scagnozzi, Salerno
doveva diventare la base fascista per il centro sud della penisola.
un anno di provocazioni
È in questo clima che l'impegno politico coerentemente e concretamente antifascista e il
credito cui
godeva non solo presso gli anarchici, facevano di Marini un elemento intollerabile per i fascisti locali
e
per i loro dirigenti napoletani. Per di più Marini era impegnato da tempo in una attività
di
controinformazione sulle circostanze misteriose che portarono cinque compagni, nella notte del 28
settembre '70, a schiantarsi contro un camion guidato da un fascista salernitano, di Ordine Nuovo,
mentre portavano a loro volta a Roma i risultati scottanti di un'inchiesta sugli attentati di Gioia Tauro
e del dicembre '69. Per molti mesi Marini fu oggetto di minacce, telefonate anonime, provocazioni
continue. Due volte era
stato assalito dai fascisti mentre ritornava a casa, fino al punto che sentendosi in pericolo
abbandonò per
alcuni giorni Salerno. Al ritorno scrisse una lettera in cui denunciava le continue provocazioni, che
venne
inviata ai giornali con la firma degli esponenti del Manifesto, di Lotta Continua e degli altri gruppi
extra-parlamentari. In luglio quattro militanti di Lotta Continua subirono una aggressione armata al bar
"Nettuno", uno di loro ne uscì con una prognosi di 40 giorni. Passarono quindici giorni e fu la
volta di
Marini, che dopo spallate e gesti provocatori non raccolti, vide il compagno Mastrogiovanni aggredito
e ferito con una coltellata ad una gamba dai fascisti Falvella e Alfinito, accorse in sua difesa e nella
colluttazione colpì a morte Falvella. Come sia successo il fatto nei particolari lo spiega lo
stesso Marini nella lettera pubblicata dal settimanale
anarchico Umanità Nova del 3 settembre 1972. A dispetto dei tentativi di mistificazione delle
deposizioni
dei fascisti, raccolti a piene mani dal Pubblico Ministero, la versione data da Marini è
pienamente
confermata dagli atti istruttori. Ed è da notare che per tre giorni dopo il suo arresto, e quindi
durante
gli interrogatori più importanti, Marini fu stato praticamente privo dell'assistenza di un legale.
I pochi
avvocati che sulle prime avrebbero accettato di prendere le sue difese furono infatti "dissuasi" con crude
minacce dall'accozzaglia di giuristi e squadristi di fama accorsi a difendere Falvella e Alfinito.
la requisitoria del P.M.
La requisitoria del P.M., Alfonso Lamberto, (non a caso considerato il più reazionario di
Salerno con
una notoria predilezione per la destra estrema) è un monumento di retorica e
mistificazione. Secondo le vedute del P.M. la vicenda inizia con la rissa di cui si ritiene responsabile
il solo Marini e si
conclude pochi minuti dopo con la morte del Falvella. Di un anno di minacce, aggressioni, pestaggi
e provocazioni non si fa alcun cenno nelle ventun pagine
della requisitoria; anzi ci si premunisce dalla tentazione asserendo che nella fattispecie "... è
irrilevante
perfino l'accertamento della causale". Con ciò si liquida tutto. Dopo questa premessa,
Marini viene gratificato con giudizi quali: "malvagità d'animo", "bieca vendetta",
"cieco furore", fino a "... l'ultimo gradino dei valori etici e morali". Questo per Marini, il fascista Falvella
invece "... credeva in una idea alla cui realizzazione mirava con l'esempio, la parola, la protesta e in
qualsiasi altro modo civile, ma mai con il sangue di altre vite umane", degno discepolo del fucilatore
Almirante. Continuando su questo tono ed essendo risalito "fino alle fonti più remote della
sua condotta criminosa"
viene chiesto al giudice istruttore il rinvio a giudizio di Marini per omicidio volontario e tentato
omicidio
con l'aggravante della premeditazione e dei futili motivi. Cioè richiede l'ergastolo. Di
legittima difesa nemmeno l'ipotesi. Per l'ex parà Alfinito, responsabile con Falvella
dell'aggressione
e feritore del Mastrogiovanni, si chiede il completo proscioglimento. Nella sentenza di rinvio a
giudizio, firmata dal giudice Gentile, cadono per motivi evidenti le aggravanti
della premeditazione e dei futili motivi, ma per Giovanni Marini rimane l'imputazione di omicidio
volontario, malgrado da molte testimonianze e dall'esame obiettivo della dinamica dei fatti emerga
chiaramente che la rissa fu premeditata dai fascisti, e che Marini fu costretto a difendersi, dopo il
ferimento di Mastrogiovanni, a sua volta imputato di rissa aggravata. Dopo otto mesi di carcere il
compagno Mastrogiovanni ha ottenuto la libertà provvisoria il marzo
scorso. Da notare che il fascista Alfinito imputato di lesioni pluriaggravate, non è neppure stato
fermato. La data e la sede del processo non sono ancora state fissate e pare escluso che possano
esserlo prima
della fine dell'autunno.
i fascisti si preparano
Per il prossimo processo, il M.S.I. intende infatti organizzare una gazzarra politica (e non sappiamo
cosa
organizzeranno Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale) senza precedenti. Lo schieramento della parte
civile e del fascista Alfinito, frequentatore di corsi per paracadutismo, e figlio di un colonnello
dell'esercito, comprende oltre il notissimo fascistone e "principe del foro" De Marsico, l'avvocato
Cassani, consigliere regionale del M.S.I. e noto fanatico provocatore di risse (diverse volte buttato fuori
persino dal consiglio regionale), l'avvocato Tedesco del MSI e alcuni altri della stessa risma. Non
c'è
dubbio che tenteranno di sfruttare l'occasione della vittima (occasione rara del resto per i fascisti) per
montare una campagna di "propaganda" con i metodi consueti dei seguaci di
Almirante. Quest'ultimo il giorno dei funerali di Falvella si precipitò a Salerno per tenere
un drammatico comizio
sulla morte del camerata, durante il quale assicurava che durante la sua assenza da Salerno (a Monza,
n.d.r.) il Marini aveva seguito, in Ungheria, corsi di addestramento all'arma bianca (sic!); poi la sera il
massacratore di partigiani se ne andò al "night club" sulla costa amalfitana. Per l'occasione, poco
tempo
dopo, arriva a Salerno, sempre per tenere un comizio, un altro personaggio famoso: Pino Rauti,
scarcerato di fresco da S. Vittore, giusto in tempo per essere eletto deputato in Parlamento. Poco dopo
ancora Almirante, per commemorare di nuovo Falvella, con un classico discorso dal balcone. Quello
che succederà al processo è quindi abbastanza prevedibile sul piano legale e su quello
squadristico. Ma i compagni di Salerno non hanno nessuna intenzione di farsi trovare impreparati, sia
sul piano legale che politico: la difesa di Marini sarà un discorso e un momento di autentica lotta
antifascista.
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