Rivista Anarchica Online
Expo 1000
di Silvia Golino
23 anni di occupazioni attive a Utrecht. Brevi brani su ciò che si è andato sviluppando dentro
ed attorno al
movimento, ripercorrendo le tappe di questo periodo
La città di Utrecht, circa duecentocinquantamila abitanti, situata
in posizione molto centrale nella piccola
Olanda, possiede una storia di occupazioni che comincia 23 anni fa. Non si
sono certo mai celebrati anniversari per questo, ma quando, sfogliando le schede su cui si tiene segnato
l'indirizzo e la «vita» in breve di ogni casa occupata, i krakers di questa città scoprirono un numero
tondo e
sorprendente, si pensò di festeggiare: presto si sarebbe riempita una millesima scheda. La millesima
occupazione era imminente. Allora perché non fame una grande occupazione, una giornata di incontro,
di
discussioni e di ricordi. L'idea era anche quella di allestire un'esposizione nella millesima
casa occupata, che raccontasse e mostrasse
le immagini di come tutto era andato succedendo lungo questi anni. Non solo per la
quantità di materiale raccolto, ma anche perché «scritta con il cuore», dicono i tre autori,
l'expo 1000 è diventata un lavoro molto interessante. Qui sotto ho voluto riportare
i brani dell'esposizione riguardanti la storia di Utrecht. Le foto vogliono mostrare
gli aspetti odierni dell'Utrecht occupata. Un grazie a Norb per aver saputo cogliere e fermare immagini
così
significative di ciò che appartiene a questo piccolo mondo.
S.G.
«Cos'altro si può dire; che la politica si preoccupi o meno degli occupanti e delle occupazioni,
occupare è una
soluzione. Offre a chi cerca una casa la possibilità di possederla. Senza diritto di proprietà,
senza contratto
d'affitto, ma con il diritto di avere un alloggio. Nel momento in cui il procuratore dà un responso
positivo, significando che non viene disturbata la quiete
domestica di altri, gli occupanti hanno il diritto di abitare. Ciò implica che ora sono gli occupanti ad
avere diritto
alla quiete domestica. Essi utilizzano una casa e nessuno può entrare così semplicemente in una
casa abitata.
Anche la polizia ha bisogno di un'autorizzazione del tribunale per entrare. Il proprietario stesso perde questo
diritto.» «Nel 1970 si organizza la prima giornata nazionale delle occupazioni, in Utrecht è una
nottata. Ex-provo's e la
gioventù socialista occupano circa 15 case. Il Kargadoor, un centro giovanile politico
e culturale è un importante punto di ritrovo per organizzare azioni
ed occupazioni. Non si parla ancora di movimento con una vera e propria struttura. Vi è invece
già un nome:
«centro di consulenza per krakers». Lavori di demolizione affliggono il quartiere attorno alla
stazione. Ciò provoca, già dal 1968, alcune iniziative
di occupazione. L'immediato bisogno di case è il motivo di base, ma lo scontento rispetto alla politica
delle
demolizioni del Comune è una ragione altrettanto valida per occupare. Nell'ottobre del 1971 si
forma il «kraak -gruppo '71». Questo gruppo occupa sei case con successo. Vi è grande
tolleranza nei confronti dell'atto di occupare. La carenza di case è vista come un grande problema
sociale.
Solamente le (frettolose) parti politiche non prendono atto di questo. Quando in parlamento nel '73 si inizia
a pensare una legge anti-kraak, si comincia automaticamente a protestare.
Una notte di azioni aggiunge nuove case occupate... Il forte contenuto sociale che assume l'occupare ha
come conseguenza l'appoggio attivo di due associazioni:
JAC e Release». «Di nuovo nel 1971 gli occupanti prendono posizione contro l'abbattimento delle case
attorno ad una strada ed
una piazza, per fare spazio alla costruzione di un enorme centro commerciale ed all'espansione di uffici. Dalla
resistenza posta da parte degli abitanti stessi prende forma un'associazione: "riporta la vivibilità".
Questa
associazione sottolinea che le case da abbattere hanno valenza monumentale, opponendosi alla costruzione di
uffici e nuove strade, e presenta i propri piani alternativi. Dal 1972 l'associazione si orienta alle
problematiche della città intera. Fino ad oggigiorno è stata attiva nella
lotta per abitare, sola o in collaborazione con comitati di quartiere. Circa dello stesso periodo, ed
ugualmente tuttora attivo, è il gruppo VAK (unione dei collettivi di lavoratori).
Obiettivo del gruppo è lo svilupparsi di alternative sociali, l'arrivare ad avere nelle proprie mani quanto
più
possibile degli aspetti anche basilari della vita, a cui appartengono l'abitare ed il lavorare. Il gruppo V AK
è attivo su diversi fronti per dare ambito ad una economia alternativa, basata sulle proprie idee.
Per il movimento dei krakers il gruppo è importante per ottenere la legalizzazione di
piccole case occupate. Esso
può giocare un ruolo primario nella risoluzione di problemi tecnici o finanziari per l'acquisto delle
case». «Nel 1975 circa trenta case sono occupate e i gruppi JAC e Release costituiscono l'unione dei
krakers.
L'obiettivo dell'unione è di organizzare meglio gli occupanti, per contrastare con le loro stesse
forze le sempre
più attive politiche di sgombero e la minacciosa legge anti-kraak. Hanno luogo molte
occupazioni di grande
partecipazione. Il 5-5-75 (la seconda giornata nazionale degli occupanti) duecento persone occupano varie case.
La resistenza nel 1975/76 si fa più decisa che mai. Ugualmente però la polizia
e le forze dell'ordine sgomberano
molte case violentemente. Dal 1977 l'unione dei krakers si orienta più all'occupare
case per famiglie bisognose. Anche i giovani e gli
studenti tengono conto della possibilità di occupare in modo organizzato, con tutto l'impegno in senso
politico
che questo comporta. L'Unione pubblica un periodico, con articoli di fondo sull'occupare, su case occupate,
discussioni attorno a temi
politici soprattutto riguardanti la carenza di case. Essa pubblica inoltre fogli o dispense e compie ricerche sul
fenomeno delle occupazioni. L'Unione è esistita quasi sei anni, portando a termine decine di azioni,
scrivendo lettere, occupando...». «Dal 1978 il comitato Nomadi protesta contro l'enorme carenza di case
per gli immigrati. Il 7/7/78 ha luogo
un'iniziativa spettacolare. Con l'occupazione di 26 case vuote altrettante famiglie turche trovano riparo. Ma le
famiglie non possono godere a lungo delle loro nuove abitazioni, il giorno dopo la polizia sgombererà
infatti
tutte e 26 le case ... Il comitato continua le proprie attività. Seguono altre occupazioni, ma purtroppo
la polizia
perdura nella sua tattica di sgombero immediato. Il 16 ottobre si manifesta di fronte al municipio. Ma le
azioni del comitato non hanno successo, soprattutto a causa della repressione poliziesca. Esse trovano
tuttavia ripercussione, poiché diventano manifeste le politiche discriminatorie del Comune.
L'opinione pubblica si rivolge contro gli impiegati e i politici che sono responsabili di questi errori. Alla
fine
qualcosa si riesce ad ottenere.» «Una occupazione a cui prendono parte circa cento persone non riesce, ma
si decide di non mollare. Si occupa
un'altra casa lungo un canale, l'Asch van Wickskade. Durante questa occupazione (1978) nasce il collettivo dei
krakers 'occupa la speculazione'. Il collettivo ha due finalità: intervenire contro il
Comune che non limita la speculazione e contro gli speculatori
stessi, e rendere possibile la convivenza in gruppi o comunità. Inoltre si vuole diffondere
più informazione, contrastare l'inutilizzo di case, ricercare e denunciare le pratiche
di speculazione, trovare buoni avvocati per appoggiare in tutti i modi gli occupanti. Si creano alcune
tensioni tra l'Unione e il collettivo dei krakers. Quelli del collettivo dicono che l'unione è
diventata una sorta di ufficio degli alloggi alternativo e vuole preservare se stesso dalla stessa fine. Attraverso
il collettivo gli occupanti dovrebbero arrivare a conoscersi e a lavorare insieme, a collaborare attivamente con
nuove occupazioni, a prepararsi in modo organizzato, avendo chiaro ciò che si vuole. Un altro
motivo di tensione tra VAK e collettivo è la «regola delle 24 ore», dal momento che proprio questa
regola nasce da un accordo tra VAK ed il procuratore generale. Il collettivo non vede di buon occhio la
collaborazione con le autorità. Per aggirare questa regola si fa uso di testimonianze false, creando un
forte attrito
con le forze dell'ordine. Nemmeno un anno dopo la regola viene ritirata. Attorno allo stesso periodo si
dà un nuovo sviluppo: il comportamento della giustizia si irrigidisce molto. Il
perché, lo sanno solo i responsabili di questi ordini. Forse è solo una tattica per provocare i
krakers e
criminalizzar1i. Forse i politici pensano che ciò che fanno per chi cerca casa sia efficace ... vengono
costruite
piccole case popolari, anche i giovani al di sotto dei 18 anni si possono iscrivere nelle liste d'attesa. Questo
sviluppo provoca anche ad Utrecht le proprie conseguenze. Nonostante l'irregolare ed ingiusto inutilizzo
di case, immediati sgomberi si susseguono senza tregua. Il proprietario della casa sull'Asch van Wijckskade,
un noto speculatore, cita gli occupanti in giudizio utilizzando il nome di alcuni amici o visitanti (citare
anonimamente si può solo dall'87). Questa è la goccia che fa traboccare il vaso, ... bisogna
agire. Krakers e
simpatizzanti occupano l'edificio del tribunale; gli occupanti dell'Asch van Wijckskade barricano la casa da
dentro. Questa è una delle prime case nei Paesi Bassi che viene difesa pesantemente e da dentro. Tale
modo di
opporsi non riesce ad evitare lo sgombero, ma fa riflettere molta gente. Non tutti sono contenti dei risultati della
resistenza attiva. Alcuni membri dell'Unione pensano che quelli del collettivo mirino troppo a colpire l'opinione
pubblica. Molti nel movimento ne hanno abbastanza di resistere passivamente. Si vuole mobilitare più
gente
possibile, e per questo nasce una lista d'allarme telefonica. L'emittente dei krakers «Gladiool»
comincia a
trasmettere. Sempre più occupanti difendono la loro casa in maniera attiva. Nessuno può
negare le tensioni che vi sono state tra l'Unione ed il collettivo dei krakers. Altrettanto non si
può
parlare però di una vera e propria frattura nel movimento. Si è sempre conservato costante
contatto e confronto
tra i due gruppi. Quando più tardi nascono gruppi di occupanti di quartiere, entrano a farne parte sia
persone
dell'Unione che del collettivo; vi era differenza d'opinione rispetto alla tattica da usare, ma non rispetto all'idea
di base: occupare è una soluzione, la carenza di case è il problema». «Durante il
'79/'80 nascono i gruppi di quartiere in cinque rioni della città, due dei quali
si propongono anche
come gruppi contro la speculazione. Inizialmente essi non incidono molto sulla forma e la vita del quartiere,
dal momento che non molte case vengono occupate. Si esercita soltanto un più completo ed ordinato
controllo
sulla città. Nell'82/'83 questi gruppi si sciolgono. Solo nel quartiere turco il gruppo continua
silenzioso. Tra l'86 e l'89 si
organizzano decine di occupazioni. Nell'89 se ne festeggia la centesima! Si pensa inoltre di potere legalizzare
molte di queste case. Nel 1987 si riforma un forte gruppo in un altro quartiere popolare. Anche qui viene
occupato molto. Il gruppo
si scioglie nel '90, quando i tentativi di dare una struttura alle zone occupate del quartiere risultano privi di una
base solida e quando ci si accorge che tutte le case vuote sono in fondo state occupate». «Già
prima dell'entrata in vigore della "legge sull'inutilizzo di alloggi", si discute a livello cittadino su come
gli occupanti si potrebbero o dovrebbero comportare di fronte ad essa. Si decide, accanto alla resistenza in caso
di sgombero, di provare a fare sì che il Comune reclami la proprietà di alcune case. La stessa
nuova legge aveva
d'altronde l'obiettivo di rendere questa pratica più semplice ed efficiente. In tal modo ha luogo una
assemblea sulla legalizzazione (LEGO), che vuole appoggiare i tentativi in questo
senso. Il Comune soffoca ogni richiesta della LEGO, solo tre case vengono infine requisite. Forse per ignoranza,
forse per mancanza di potere, o forse per entrambe, il Comune non riesce a portare a successo i propri sforzi
di reclamo. Dal 1990 non vi sono quasi più membri del consiglio comunale che vogliano fare pressione
per
questo, gli impiegati comunali devono farsi carico di tali procedure, ma è chiaro quanta poca importanza
venga
data a questa pratica. Anche gli attivisti della LEGO non trovano più il senso della propria
identità, hanno già
visto come vanno le cose...». «Sebbene da sempre vi fosse stata una certa avversione alle sentenze
giudiziarie, solo nel 1979 si arriva al primo
confronto diretto in risposta alle politiche ufficiali della linea rigida: lo sgombero dell'Asch van Wijckskade.
Da quel momento la resistenza passiva lascia spazio ad una più dura presa di posizione. I primi anni
'80 sono
i tempi di maggiore opposizione. Sotto la minaccia di sgombero gli occupanti di due gradi case in centro
città trasformano gli interni in vere e
proprie fortezze. Questa tattica riesce valida. Timoroso dell'eventualità di azioni troppo violente, il
Comune
legalizza alcune case, tra cui anche una delle due case minacciate (Kromme Nieuwegracht 43). L'altra casa
è
invece lasciata nelle mani delle forze dell'ordine. Ne segue uno sgombero noto per la violenza con cui è
stato
portato a termine. La resistenza a tutti i costi non si limita alla città di Utrecht. Anche altri luoghi
offrono buoni esempi: la
Vondelstraat ad Amsterdam, la Piersonstraat a Nijmegen. Tutto questo portò anche a forti discussioni
su quanto
tale tattica valesse la pena di essere perseguita. Rispondere creativamente alle diverse situazioni non
è sempre così facile. Gli sgomberi diventavano a volte
rituali da ripetersi gratuitamente e troppo spesso. Un bell'esempio di autocritica in questo senso è la
"prova
generale" dello sgombero di una grande casa lungo un viale, in cui gli occupanti assunsero i ruoli di se stessi,
della polizia, del proprietario che arrivava arrabbiato ad esigere la sua casa; tutto con veri passamontagna,
manganelli e bombe di vernice ... durante questa "prova generale" ci si fece più male che non durante
l'effettivo
sgombero, avvenuto pochi giorni dopo».
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