Rivista Anarchica Online
ZIO FRANK
di Marco Pandin
Il 1993 ha portato via con se uno zio d'America che amavamo tanto: non zio Sam,
quello antipatico e
guerrafondaio, ma purtroppo zio Frank, il musicista. Non è una perdita da poco: con lui se n'è
andata una grossa
fetta della nostra musica e della nostra cultura. Per quasi trent'anni si è offerto di accompagnarci
al suo luna park effervescente, un'enorme giostra luminosa
che non s'è mai accesa delle luci della cultura ufficiale. Col pretesto degli spartiti e delle scorribande
zio Frank
ci ha insegnato quella che era la sua idea di libertà: un sogno composito e mutevole che bisogna
realizzare e a
tutti i costi. Un sogno fatto di tentazioni, esagerazioni, risate e sberleffi, gesti sporcaccioni, e parolacce buffe
ma soprattutto di uno sconfinato amore per i grandi spazi della creatività e della saggezza. Offrendoci
caramelle
fatte di allucinazioni e presagi, zio Frank ci ha insegnato che c'è un' altra faccia dell'educazione: ci ha
mostrato
la vera faccia del perbenismo, ha fatto nomi e cognomi dei poliziotti della censura, ci ha svelato i trucchi dei
predicatori e mostrato le mutandine sporche delle casalinghe annoiate... Zio Frank ci ha tenuto sulle
ginocchia allegramente, facendoci divertire e riflettere. Ha inventato per noi una
galleria di personaggi strampalati apposta per insegnarci a pensare, a crescere. Un bestiario che prende vita in
quei quintali di ore di registrazione che sono, alla fine, la migliore autobiografia ed eredità: un enorme
album
di fotografie sonore scattate ovunque, nel garage di Joe o in compagnia di principesse ebree, King Kong o
esseri-pesce, esquimesi o aspirapolvere zingari, con lui in primo piano (...in prima linea, sempre!) la chitarra
stretta in pugno, carica di micidiali pallottole eversive. Uno zio scomodo e attaccabrighe, che non aveva rispetto
di niente (tantomeno che delle ferree regole del pentagramma, da lui più volte massacrate) e di nessuno.
«Qual'è la parte più sporca del vostro corpo?» - aveva osato chiedere, ancora tanti anni
fa, alla Moral Majority.
«Per alcuni di voi è il naso, per altri le dita dei piedi, ma io penso sia la vostra mente!».
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