Rivista Anarchica Online
Un foglio bianco
Dopo qualche tentennamento (non ho mai scritto a questo giornale per motivi simili, e mi
auguro siano
comprensibili le mie perplessità) ho pensato di dare forma scritta alla crisi d'identità che mi ha
assalito alla
lettura della lettera di Diego Negri («A» 206). Non desidero «combattere», solo fare qualche considerazione
ad alta voce perché mi sento un po' confuso. È vero, sono piuttosto disorientato: mi sono
accorto improvvisamente di collaborare attivamente (anche se con
un contributo di discutibile spessore) con i redattori di «A Rivista Anarchica» da oltre dieci anni senza essermi
mai posto dei problemi politici, storici e di schieramento. Il mio senso anarchico l'ho improvvisamente
scoperto vuoto di riferimenti storici e critici. La mia ignoranza
giunge al punto di rendermi sconosciuto il significato di quasi tutte le sigle: OCL, FCA, GIA, FACA, GAF?
Per non parlare delle vicende, delle scissioni, degli scazzi che costellano la storia politica dell'anarchia che
Diego dimostra di conoscere, interpretare, e altrettanto bene e frettolosamente spiegare e risolvere. Sono
confuso. Immaginavo ci fossero dei presupposti diversi, un rapporto diverso, una diversa aria da respirare
nello stare assieme, nel costruire queste pagine mese dopo mese: è evidente che mi sto sbagliando.
Sono sopravvissuto agli anni Settanta, ma adesso mi ritrovo con Diego che mi sbatte in faccia slogans,
punti
esclamativi, organigrammi e strategie. Complimenti: a neanche vent'anni sa già inscatolare il futuro.
Io,
coglione, sogno una vita più libera per i miei figli e cerco di darmi da fare un poco ogni giorno
perché abbiano
davanti a sé un foglio bianco, non un quaderno a quadretti dove scrivere a loro volta le proprie idee e
disegnare
i propri sogni.
Marco Pandin (Padova)
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