Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 209
maggio 1994


Rivista Anarchica Online

Errori della sinistra e pericoli di destra
di Carlo Oliva

L'Italia, dunque, va a destra. L'elettorato ha scelto la destra, per la prima volta nella storia repubblicana, senza negarlo, con ostentazione e quasi con orgoglio, e la sua scelta è stata accettata da tutti, nella consapevolezza, comune ai proclami dei vincitori e ai lai degli sconfitti, di vivere un mutamento epocale. I media d'altronde avevano annunciato, ben prima delle elezioni, il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, e la nuova maggioranza, annunciando i più fieri propositi di rinnovamento costituzionale, va sicuramente al di là del mandato che ha ricevuto, ma risponde a un'esigenza largamente sentita.
L'osservatore distaccato, naturalmente, potrà avere i suoi dubbi sulle possibilità dei vincitori di realizzare un programma tanto ambizioso e sulla dimensione storica dell'evento. Farà osservare che al governo va una coalizione eterogenea, in cui convivono un partito decisamente nazionalista a forte radicamento meridionale e una Lega Nord a vocazione secessionista, sotto l'egemonia di un tycoon d'operetta che è stato tra i protagonisti del passato regime e si trova alla testa di un esercito di riciclati al cui confronto le ballerine del craxismo assurgono a dimensioni di alta dignità politica. Osserverà che l'Italia ha il singolare destino di andare a destra senza essere mai stata a sinistra: che da questo voto non è certo il caso di aspettarsi una qualsiasi modificazione della classe dirigente e che dal punto di vista politico, in buona sostanza, un governo moderato succederà a una successione infinita di governi moderati. In effetti, per quanto impopolari possano essere i programmi del nuovo ceto politico, è difficile richiamare alla memoria un governo italiano che non abbia agito in senso impopolare. Ma tant'è: la partita, come è regola, ormai, nella società dello spettacolo, è stata tutta giocata sul piano simbolico e sul piano simbolico i miti della sinistra hanno ceduto di fronte a quelli della destra. I problemi del governo sono tutt'altra cosa.

Illusioni consociative
Da questo punto di vista, la sinistra è riuscita a realizzare un vero e proprio miracolo negativo.
Confinata all'opposizione per tutta la prima repubblica, è riuscita a presentarsi, in presenza di una manifesta volontà di cambiamento, come l'erede legittima del regime da cui era stata sempre esclusa. Il Pci/Pds si è immolato, con indubbia coerenza, in nome delle sue illusioni consociative: incapace di mettere a frutto la sua eredità popolare, le sue tradizioni di lotta, ha preferito giocarsi il tutto e per tutto su un programma di continuità: risanamento economico in senso neoliberista, riduzione del debito pubblico, compatibilità con le esigenze del sistema finanziario, rispetto degli impegni internazionali, quelli militari compresi ... Tutte scelte eccellenti, da un certo punto di vista, e quasi obbligate da un certo altro, ma poi non bisogna stupirsi se gli elettori, di fronte a un programma di destra, decidono che a realizzarlo, in definitiva, sono più qualificate le forze di destra.
Il fatto è che non basta riferirsi un po' vagamente alle esigenze della «solidarietà» per fare da contrappeso al sostegno offerto alla ricandidatura al governo di un ex governatore della Banca d'Italia (organismo notoriamente egregio, ma non esattamente impostato su una logica solidaristica), e non basta giocare sul timore dell'illiberalità dell'avversario per far svanire il ricordo dell'illiberalità di cui, quando se ne è avuto occasione, si è data prova in prima persona (non tutti hanno dimenticato i cosiddetti anni di piombo). Sarebbe bastato questo per perdere, anche se non si fossero commessi tutti gli errori tattici di questi ultimi anni, quelli le cui denunce i nostri lettori si saranno probabilmente stancati di leggere.

Referendum truffa
Certo, di errori la sinistra ne ha commessi davvero tanti. Ha cominciato con l'aderire incondizionatamente a un referendum truffa la cui natura truffaldina era certificata dall'essere proposto da noti truffatori. Ha proseguito accettando una legge elettorale pazzesca, basata non tanto sull'uninominale quanto su un complicato sistema di apparentamenti e multiliste di riferimento, che era proprio quello che ci voleva per compattare a destra delle forze eterogenee, come quelle di Bossi e di Fini, e ben poco serviva a chi poteva vantare un'omogeneità molto maggiore e ben altre tradizioni d'unità. E ha coronato l'impresa inaugurando la campagna elettorale con una bella rissa fra alleati sulla spartizione delle poltrone sicure, in un bailamme di veti incrociati e idiosincrasie reciproche. Insomma, se mai c'è stata una sconfitta autoprocurata, è stata quella del 27/28 marzo 1994.

Ma esiste un'opposizione?
Ma gli errori degli sconfitti non devono nascondere le contraddizioni dei vincitori. E' uno strano destino, in definitiva, quello di un paese che si ritrova al governo, in nome del rinnovamento, non soltanto gli ex amici di Craxi, ma i fascisti di Fini (un partito la cui intrinseca complicità con il potere è testimoniata da tutta la storia occulta della prima repubblica). In fondo, tra i vincitori, l'unica forza portatrice, a modo suo, di un'istanza di rinnovamento qualsiasi resta la Lega, che è appunto quella che ha meno probabilità di vedere realizzati i propri programmi. Il povero Bossi sa benissimo di essere prigioniero della coalizione che ha contribuito a creare, marionetta in mano a giocatori più furbi di lui, costretto, dopo una «vittoria» che, con il suo indubbio intuito politico, ha da subito percepito come pericolosa, a ingoiare tutti i suoi veti e le sue pregiudiziali nel breve spazio di quindici giorni.
La seconda repubblica parte male: parte in nome di ideali che non potrà realizzare, come quello federalista, e di principi asseriti in aperta contraddizione con gli interessi dei nuovi padroni, come quelli del liberismo. Ma non è certo il caso di sottovalutare la capacità di nuocere dei vincitori, la dimensione autoritaria dei loro veri programmi, la protervia con cui sono intenzionati a smantellare i residui di stato sociale e di garantismo economico verso i soggetti deboli. Spetta all'opposizione politica e sociale (ma esiste un'opposizione in Italia?) far sì che la farsa delle elezioni non si risolva, una volta ancora, in una tragedia.