Rivista Anarchica Online
Voci in viaggio dal sé al mondo
di Nadia Agustoni
Nel poco mutevole scenario del panorama editoriale italiano, fanno la loro
comparsa ogni tanto delle piccole
case editrici che si assumono l'onere di pubblicare testi scomodi che sfuggirebbero altrimenti all'attenzione dei
lettori. Specializzata nel reperire scritti di teoria lesbica e femminista o comunque voci del mondo femminile
in movimento, è la casa editrice Estro con sede in Firenze, via Borgo Pinti,
33, che dal 1985 seguendo un
percorso lineare è arrivata a introdurre in Italia alcuni bellissimi testi di scrittrici e poete poco note qui
da noi
presso il grande pubblico, ma discusse, amate e criticate da molte donne e di indubbio successo nei paesi
anglosassoni. Guardate da prima con scetticismo se non con sospetto, queste pubblicazioni si sono ritagliate
un loro spazio
e un loro pubblico portando una fresca brezza in una cultura sempre più monolitica e poco incline a farsi
vere
domande e una severa ma necessaria autocritica. I testi di Estro hanno avuto il merito nel loro piccolo, di gettare
uno sguardo su ciò che il mondo delle donne produce anche all'estero, per aiutarci a capire che molte
sono le
forme dell'agire e le vie aperte e possibili per una cultura dai molti plurali. Il femminismo lesbico sta
esplorando con coraggio i margini e l'altrove per porsi al centro e in divenire con la
forza e l'autorità di soggetti sessuati le cui voci sono indizio di libertà e qualità nel
difficile viaggio dal sé al
mondo. Ne parliamo con una delle fondatrici di Estro, Liana Borghi, docente di letteratura Americana
all'Università di
Bologna.
Quando e come è nata la vostra casa editrice?
Estro è nata nel gennaio del 1985 su iniziativa mia e di Rosanna Fiocchetto e il nostro primo
libro fu una
raccolta completa delle poesie di Saffo. Io e Rosanna scommettemmo sul fatto che avremmo trovato in Italia
del materiale lesbico da pubblicare ma la difficoltà era che non c'erano case editrici pronte a prendere
questo
materiale né grandi scrittrici lesbiche disponibili. Si incominciò mettendo come capitale iniziale
250.000 lire
a testa, praticamente nulla, e con l'idea di seguire la nascita di ogni libro dall'inizio alla fine seguendolo passo
per passo. Non ci interessavano le leggi di mercato, facevamo un libro e appena recuperati i soldi li
investivamo di nuovo e ne facevamo un altro. Prevalse fin da subito il discorso culturale.
Dove avete preso il nome Estro?
Eravamo a un convegno Rosanna Fiocchetto e io, quando una signora che parlava dell'evoluzione
del
femminile attraverso i secoli ad un certo punto disse che praticamente la cosa importante nell'evoluzione umana
rispetto alle scimmie era che in un dato momento le donne avevano perso l'estro. Ci mettemmo a ridere e
dicemmo: "bé noi lo abbiamo ritrovato»: da qui il nome della casa editrice che fra l'altro all'inizio non
piaceva
a nessuna.
Cosa voleva essere Estro e cosa è ora?
Sia io che Rosanna siamo sempre in mezzo ai libri. Essendo entrambe nella libreria delle donne io
a Firenze
e lei a Roma (inoltre lei è scrittrice, io insegno letteratura all'università di Bologna), il discorso
era di un
interesse di un certo tipo. Per Rosanna era fare un percorso politico ben preciso mentre il mio era un interesse
pedagogico e il desiderio di portare in Italia un certo discorso culturale. Quello che abbiamo
scelto di fare con la Estro è stato di introdurre in Italia un discorso già sviluppato in altri
paesi. Da una parte abbiamo tradotto di Adrienne Rich un discorso a livello diciamo chiuso, che però
è l'anello
di passaggio tra il pensiero tradizionale o culturale femminista (strettamente collegato con il femminismo
italiano), con il pensiero del femminismo anglosassone delle etnie, lesbico, e delle differenze. Questo secondo
pensiero è arrivato anche da noi ora e si sta evidenziando in contrasto con il pensiero della differenza
sessuale
inteso solo come differenza tra uomo e donna. Allora si era solo agli inizi ma scegliemmo comunque di tradurre
autrici come Nicole Brossard, Teresa de Laurentis e tra poco Donna Haraway.
Chi volevate raggiungere: un pubblico di studiose e teoriche o anche altre realtà del mondo lesbico
femminista?
Da una parte abbiamo introdotto il piccolo saggio difficile ma che con fatica tutte potessero leggere
e che
servisse da presupposto per un discorso e ragionamento lesbico. Dall'altra la scelta di un libro rosa come «Un
posto per noi» accessibile a tutti i livelli ma che mantenesse con allegria e gioia anche un corretto discorso
politico. Oggi (e qui parlo per me) avrei voglia di pubblicare cose diverse.
Pensa ci sia un punto di partenza, un qualcosa che lega autrici lesbiche tanto diverse,
addirittura come nel caso
di Monique Wittig e Hélene Cixous agli opposti tra loro?
Possiamo definire il lesbismo una disposizione, dis/posizione; all'interno di questa disposizione vi
sono
intenzioni, complessità, posizioni di vita e arte diverse. Trovo molto bella e ricca questa
complessità di donne
che amano altre donne, estremamente vitale e interessante. Nessuna ha target sulla parola lesbica che poi per
me è una posizione politica che ha a che fare con propensioni sessuali che a loro volta non hanno solo
a che
fare col sesso ma su come, dove e quando si fa il sesso.
Lei pensa che esista una scrittura femminile?
Io non credo esista una scrittura femminile. Credo che le donne siano da sempre state condizionate
a scrivere
in un certo modo per ragioni sociali, editoriali, aperture di mercato, quello che si poteva e non si poteva
scrivere, il ruolo delle scrittrici, ecc. Cixous dice che le donne scrivono una scrittura femminile ma ci sono
altre, e penso a Wittig, che fanno tutt'altro discorso.
Ma esiste uno specifico lesbico nella scrittura?
Intendiamoci, non credo esista uno specifico lesbico innato ma esiste una ricerca, che è poi
una grossa
costruzione, di donne il cui interesse primario è rivolto a delle donne per cui anche il linguaggio
è di un certo
tipo. Parlerei quindi di una scrittura al lesbico più che di una scrittura lesbica; parlerei di donne che
scrivono
coscientemente testi degeneri, testi che attraversano tutti i generi letterari, li compongono e li scompongono;
parlerei di una scrittura al lesbico che è cosciente di indagare un vasto macrotesto patriarcale.
Avete pubblicato altri titoli nell'ultimo anno?
È uscito il primo giallo di Estro, «Un collare per uccidere» scritto da una nota femminista
americana lesbica
Barbara Wilson, che tra l'altro è anche editrice. Inoltre abbiamo pubblicato «Ritratto di Mabel Dodge
a Villa
Curonia» di Gertrude Stein, un piccolo testo che è un saggio di scrittura cubista e poi è in
preparazione
«Manifesto Ciborg» di Donna Haraway.
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